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  Coronavirus: "la Chiesa deve essere preparata a catastrofi su vasta scala"

Intervista del diacono Sergej Geruk all'arcivescovo Feodosij (Snigirjov) di Bojarka

Orthochristian.com, 1 aprile 2020

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Oggi l'intero mondo dei media non fa che parlare del tema del coronavirus. Come hanno dimostrato le ultime settimane, questo problema è diventato argomento di intenso dibattito per la comunità ecclesiale. Su questo difficile argomento, presentiamo un'intervista condotta con l'arcivescovo Feodosij (Snigirjov) di Bojarka – uno dei vicari di sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina e amministratore del vicariato settentrionale della capitale dell'Ucraina, professore associato all'Accademia teologica di Kiev e capo del tribunale ecclesiastico della diocesi di Kiev.

Vladyka, c'è un acceso dibattito nella comunità ecclesiale sull'opportunità o meno di applicare i requisiti sanitari delle autorità secolari all'interno della Chiesa. Un virus può essere trasmesso attraverso la comunione? Che accadrà se dovremo chiudere le chiese? Che cosa ha da dire su questi problemi?

Il fatto che il coronavirus sia diventato un argomento e un catalizzatore per la discussione ecclesiastica è molto buono. La Chiesa ha sempre bisogno di essere preparata per sfide e pericoli esterni, e i momenti di calma la rilassano. Il coronavirus è una buona occasione per la nostra Chiesa ortodossa di prepararsi dottrinalmente ai tempi escatologici [i tempi della fine, ndt] Prepararsi teologicamente, canonicamente e anche liturgicamente. Finora, ciò che viene espresso in questo dibattito è, per la maggior parte, concettualmente crudo e miope.

Cosa ha in mente?

Vengono espresse due posizioni opposte, ognuna delle quali è un estremismo. Estremismi irragionevoli, mi sembra.

Il primo è: ascoltiamo senza dubbio tutte le istruzioni epidemiologiche delle autorità locali, chiudiamo le chiese, annulliamo la comunione e gli altri sacramenti per un certo tempo, fino alla fine della pandemia. Alcune Chiese locali hanno già intrapreso questa strada e hanno preso decisioni corrispondenti.

E il secondo estremismo è questo: non può toccare i credenti, non prestiamo attenzione a queste storie dell'orrore, andiamo spesso in chiesa, riceviamo la comunione e tutto andrà bene. E se veniamo infettati, questo è il nostro destino.

Credo che entrambi questi estremismi siano teologicamente imperfetti e possano essere molto pericolosi per la Chiesa, se non ora, almeno in futuro.

Vede, il principe di questo mondo, che si oppone alla Chiesa di Cristo in nome del mondo secolare, mette costantemente alla prova le nostre forze, alla ricerca di luoghi deboli dove può aprire un abisso nella vita della Chiesa. Ora ci sta mettendo alla prova anche con questo coronavirus. Forse tra un paio di mesi rideremo mentre guardiamo indietro a questa storia dell'orrore, come ora ricordiamo le influenze "aviaria" o "suina". Ma ciò che la Chiesa dirà e farà ora avrà conseguenze in senso teologico, canonico e liturgico per molto tempo, e forse per sempre.

Senza discutere di ciò che è il coronavirus, se sia un'influenza della tecnologia [panico o isteria dei media] o una vera pandemia, diremo solo che le dottrine che la Chiesa svilupperà oggi in relazione a questa situazione diventeranno protezione o immunità contro attacchi più potenti e sofisticati, che si abbatteranno in futuro sulla Chiesa; oppure diventeranno una "breccia nello scafo" nell'Arca della Chiesa.

Come è potuto succedere, quali sono i punti deboli delle posizioni comunemente espresse oggi dai credenti?

Inizierò dal secondo estremismo – "nulla ci farà del male!" Come minimo, questo suona molto sicuro di sé e odora di prelest [delusione spirituale, ndt] Tale fiducia in se stessi nasce dal neofitismo [1] di quelli che la sostengono, dalla loro ignoranza della storia della Chiesa e dell'ascetismo ortodosso, dalla mancanza di esperienza delle loro debolezze, comprese le debolezze della loro fede personale. Sono sicuri che le parole del Vangelo: prenderanno in mano i serpenti; e se berranno qualche veleno, non farà loro danno; (Marco 16:18), sono dirette personalmente a loro, nella loro attuale condizione spirituale.

Senza entrare nei dettagli di questa discussione, noterò solo che i chierici delle generazioni più anziane, così come i laici ortodossi "di famiglia", che hanno assorbito la loro religiosità dai loro nonni e bisnonni, non hanno questo slogan del Komsomol: "niente ci danneggerà!" Sebbene le generazioni più anziane, in virtù della loro fede e umiltà, probabilmente non saranno danneggiate da nulla. E dov'è il confine tra "danneggiare" e "non danneggiare "? Il calice eucaristico – l'acqua santa – le icone miracolose – le icone semplici – la Chiesa – la zapivka [2] le benedizioni sacerdotali – le candele, le prosfore?

Come si può determinare il confine tra dove puoi essere infettato o no? E se ci ricordiamo della dichiarazione del Santo Sinodo, sulla necessità di disinfettare le chiese e di usare bicchieri usa e getta per la zapivka, significa che possimo comunque essere infettati da qualche parte. C'è spazio per i miracoli? E dov'è il confine tra il miracoloso e l'ordinario? Personalmente, penso che ci sia sicuramente un posto per un miracolo, ma esiste comunque un confine. È solo che questo confine non può essere definito in modo così primitivo, come vorremmo, e come sarebbe conveniente per noi da un punto di vista pratico: ecco, non puoi essere infettato dal calice eucaristico, ma puoi esserlo dalla zapivka, ed è per questo che abbiamo dovuto passare a tazze usa e getta. Qui tutto è molto più complicato, ed è un compito delle commissioni sinodali e di saggi padri spirituali. Ma non è questo il problema.

Se, ipoteticamente, un'ipotesi così carina – "niente può farci del male!" – fosse oggi accettata come dottrina della Chiesa, senza eccezioni, potrebbe diventare in futuro un potente strumento nelle mani del diavolo per combattere contro la Chiesa. In effetti, quelli che sono fiduciosi nella propria rettitudine e nel loro diritto a un miracolo, che rifiutano il dono divino della ragione – sono per il nemico persone molto facili da spezzare sia spiritualmente che fisicamente. Dio stesso resiste agli orgogliosi, ma dà grazia agli umili. [3] Penso che i nostri stessi lettori riescano facilmente a pensare a possibili scenari in cui gli oppositori della Chiesa sarebbero in grado di avvelenare, infettare o profanare intere comunità di persone tanto orgogliose e arroganti. A meno che, naturalmente, il Signore non abbia misericordia dei suoi figli stolti e sicuri di sé e mandi il grande martire Teodoro Tirone in loro soccorso.

D'altra parte, quale danno potrebbe venire alla Chiesa se questa dovesse obbedire categoricamente e pienamente a tutte le istruzioni degli epidemiologi, come è già stato fatto in diverse Chiese?

In tal caso, entreremmo semplicemente in una trappola, che si chiuderà dietro di noi. Il militante della Chiesa, in ogni caso, al tempo dell'Anticristo, si troverà in questa trappola, quando saremo privati ​​della libertà nella celebrazione della Liturgia e in molti altri modi. Ma perché avvicinarci a questo da soli? Se la Chiesa adotta una posizione "qualunque cosa dicano, lo faremo" come dottrina della risposta ai problemi sociali, nel prossimo futuro le autorità di diversi paesi saranno in grado di chiudere le nostre chiese e privare i fedeli della Liturgia con qualsiasi pretesto umanitario: una pandemia, il pericolo della guerra nucleare, i cambiamenti climatici, ecc. I credenti in Ucraina, e ora in Montenegro, hanno recentemente compreso molto bene come la politica moderna, senza cambiare la propria veste umanitaria, possa provare a rovinare e distruggere comunità ecclesiali di milioni di persone, usando la propria influenza. Questo non aggiunge ottimismo alla situazione. E dobbiamo essere pronti oggi a vedere la Chiesa in tali condizioni. Seguire ciecamente la guida di coloro che sono al potere comporterà una separazione.

E allora, qual è la via d'uscita? Quali basi teologiche e canoniche è necessario che la Chiesa stabilisca come soluzioni per questi problemi umanitari, al fine di proteggerci da questi problemi futuri?

La nostra Chiesa ha già iniziato a operare in tal senso. La dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa in relazione all'epidemia, così come le encicliche diocesane locali dei vescovi della nostra Chiesa in relazione al coronavirus, guidano saldamente e inequivocabilmente il gregge lontano da una comprensione unilaterale, e pertanto, da una soluzione unilaterale al problema. Penso che le commissioni ecclesiastiche pertinenti dovrebbero ancora lavorare molto bene e rapidamente su questo per trovare i meccanismi necessari per proteggere la Chiesa e le parole necessarie per spiegare questi meccanismi ai credenti.

Esprimerò il mio punto di vista, che, forse, in qualche parte, potrebbe rivelarsi imperfetto o errato, ma dopo le risoluzioni ecclesiastiche finali, questo diventerà chiaro. Mi sembra che, da un lato, sia necessario sviluppare un concetto intra-ecclesiastico di protezione informativa del gregge da tutti i tipi di falsi virus, nonché dalle macchinazioni della moderna geopolitica. Allo stesso tempo, è necessario tenere conto dell'incertezza della reale situazione epidemica, quando tali tecnologie saranno utilizzate in futuro e, quindi, la protezione sanitaria per i fedeli che visitano le chiese dovrebbe essere pronta per una "rapida consegna".

D'altra parte, dobbiamo sempre essere pronti ad adempiere al comandamento del Vangelo:

Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori [4] (Matteo 24; 6–8).

Ciò significa che è necessario sviluppare e possedere un concetto liturgico della vita ecclesiale, se la società dovesse davvero incontrare improvvisamente un'infezione mortale, o una contaminazione dei territori con veleni o radiazioni, senza possibilità di evacuazione. Questa non è una fantasia o una storia dell'orrore inventata da qualcuno. Questa è la realtà apocalittica del futuro. Quando la Chiesa incontrerà questa realtà, nessuno lo sa tranne Dio. Ma qualche forma di eco, o per così dire, di "prova generale", sta accadendo ora. Per esempio, il coronavirus. E la Chiesa oggi deve essere pronta per la possibilità di disastri su vasta scala e di vere pandemie.

Quale alternativa abbiamo al culto pubblico? Qual è la misura della disinfezione consentita (decontaminazione, ecc.) per gli oggetti sacri? Esiste un'alternativa alla comunione in chiesa durante una pandemia totale? Forse, in situazioni così eccezionali, sarà data la benedizione che la riserva eucaristica sia affidata ai laici e che si possa ricevere la comunione a casa – come avveniva nell'antica Chiesa? In questo caso, è necessario determinare chi è un vero "laico" e chi non lo è. Dovrebbero esserci liste fisse di parrocchiani? Contenitori monouso per il sacramento riservato? Confessioni a distanza? Tutte queste sono domande che, ne sono certo, prima o poi verranno affrontate dalla nostra santa Chiesa ortodossa. Possa Dio concedere che questa avvenga il più lontano possibile nel tempo. Ma ora dobbiamo prepararci a dare le risposte.

Note

[1] Un neofita è una persona appena iniziata in una tradizione, specialmente nel cristianesimo, e che non ha lunghi anni di esperienza nella vita ecclesiastica. Lo possono essere i convertiti di recente battezzati o "troppo zelanti", o allo stesso modo persone ortodosse "di famiglia" che solo recentemente si sono seriamente "ecclesializzate" o sono divenute devote più tardi nella vita.

[2] Una bevanda o, per essere più accurati, un lavaggio post-comunione a base di acqua calda e vino, che si offre ai comunicanti dopo la comunione nella tradizione slava, insieme all'antidoro. Questo uso non esiste nella tradizione greca.

[3] Giacomo 4:6

[4] Nella traduzione sinodale russa, si può leggere anche come "l'inizio delle malattie".

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