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  Le prospettive di un italiano ortodosso sull'Italia

Intervista di Tudor Petcu (nella foto) all’igumeno Ambrogio

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Ci tengo a dirle sin dall'inizio di questo dialogo che per me l'Italia rappresenta la fonte dell'arte e della spiritualità occidentale, prendendo in considerazione il modo in cui la cultura italiana ha arricchito e animato l'Europa. Per questo, la prima mia domanda sarebbe la seguente: che cosa rappresenta per lei l'eredità culturale che ha alle spalle, in altre parole qual è il significato del fatto di essere italiano da un punto di vista spirituale?

Riscoprire la mia eredità culturale sarebbe davvero un bel viaggio interiore, un viaggio che io stesso non ho ancora intrapreso in tutto il suo percorso.

Come le ho detto nella nostra ultima intervista, sono nato e cresciuto a Torino, una città dall’identità culturale abbastanza marcata, ma aperta a integrazioni culturali interregionali (immigrazioni dalla Sardegna fin dagli inizi del XIX secolo, dal Triveneto nella prima metà del XX secolo e dal Sud Italia nella seconda metà) e internazionali (dai più antichi influssi da Francia, Svizzera e Spagna alle diverse immigrazioni recenti da tutto il mondo). Sono cresciuto praticamente bilingue (frequentando il mondo di lingua inglese fin dalla scuola materna) e senza una forte identificazione con il cattolicesimo romano (un tratto che ho in comune con la maggioranza degli italiani della mia età), e il mio essere italiano non è mai stato molto “caricato” dal patriottismo. In parte lo scarso patriottismo si spiega con la storia recente: sono nato in un dopoguerra in cui l’identità italiana era fortemente moderata dalla riflessione sui frutti negativi della disastrosa esperienza del fascismo, ma nel mio caso ci sono state anche interazioni con identità interne ed esterne alla cultura italiana. Per legami di famiglia sono molto vicino al mondo di lingua piemontese (una lingua regionale che capisco e che leggo con un certo diletto), e per esperienze di contatti e di legami ho potuto esplorare diverse lingue, culture e religioni senza neppure la necessità di muovermi dalla mia città (e quindi, senza mai sentire la mia identità di italiano minacciata o sfidata in alcun modo). Perciò, il fatto di essere italiano non mi ha mai particolarmente motivato nelle mie scelte. Credo che questo abbia un certo peso nella mia vita all’interno della Chiesa ortodossa, dove per ragioni storiche l’identificazione etnica è stata causa di fin troppi problemi.

Crede che Leonardo Da Vinci rappresenti il cuore dell'arte e della spiritualità italiana? Partendo da questa domanda, mi piacerebbe anche sapere come lei intende alla luce dell'iconografia ortodossa il messaggio artistico di Leonardo Da Vinci?

Ritengo che Leonardo da Vinci sia molto vicino al cuore dell’uomo del Rinascimento italiano, ma vorrei evitare le identificazioni dell’arte (e soprattutto della spiritualità!) italiana con il mero ideale dell’uomo rinascimentale. Riconosco che il Rinascimento italiano rappresenta una reazione al mondo cattolico romano del basso Medioevo, ma come ortodosso riconosco che anche quel mondo cattolico romano era una reazione dovuta all’allontanamento dall’Ortodossia, e non sempre una reazione a una reazione ci riporta al punto di partenza. La vita di Leonardo (come tutte le vite dei personaggi veramente geniali) ha molto da insegnarci, ma non deve essere necessariamente armonizzata con i principi fondamentali di certe conoscenze alle quali non ha dato contributi significativi. La sua pittura, per esempio, non ha mai preteso di essere arte sacra, e pertanto non ritengo necessario studiarla alla luce dell’iconografia ortodossa.

Lei mi ha parlato due anni fa delle ragioni per cui ha scelto la conversione all'Ortodossia, ma ora le chiederei di dirmi e spiegarmi come definirebbe la sua identità italiana da quando è diventato ortodosso. Si potrebbe dire che diventando ortodosso, lei sia tornato alle vere origini spirituali italiane?

Come ho appena detto, la mia identità italiana non è mai stata particolarmente sentita né particolarmente minacciata nel corso della mia vita. Perciò, nell’ingresso nella Chiesa ortodossa mi sono ritrovato a preoccuparmi principalmente della mia identità umana.

Ritengo pericoloso giocare con affiliazioni identitarie per giustificare il proprio essere cristiani ortodossi, ancor più quando queste identità rimangono a livello ideale, come nel caso di un’Ortodossia italiana. Chi non si accontenta di considerare l’Ortodossia italiana come un ideale che non esiste più da secoli, e che oggi rimane tutt’al più un’indicazione per il futuro (un po’ come il concetto della Santa Rus’ per le persone di cultura russa), corre un serio rischio di disincarnarsi dalla realtà (e questo non è un buon comportamento per i seguaci del Dio incarnato) o ancor peggio di rifugiarsi in altre culture ortodosse storiche come se fossero queste, e non Cristo, a salvarci: ho purtroppo visto alcuni miei confratelli italiani “grecizzarsi” o “russificarsi” a livelli che trovo francamente demenziali, e ritengo che queste crisi di identità – pur vissute come sacrifici alla causa dell’Ortodossia – le rendano in realtà un pessimo servizio.

Visto il fatto che lei è un sacerdote ortodosso italiano, mentre l'Italia è un paese cattolico nella sua maggioranza, l'unico paese del mondo che confini fisicamente con la Città del Vaticano, come intende lei l'identità spirituale dell'Italia contemporanea? Crede che nel frattempo l'Italia abbia smarrito una certa autenticità spirituale e se sì, come potrebbe recuperarla?

Riguardo al confine fisico, vorrei premettere che la stessa Città del Vaticano è una creazione di compromesso imposta da un’Italia rivoluzionaria e fondamentalmente anti-cattolica. Se nell’Italia degli ultimi due secoli ci fosse stata davvero una maggioranza cattolica, questa non avrebbe mai permesso la distruzione definitiva di uno stato che – pur in un modo alquanto singolare – pretendeva di incarnare un ideale teocratico cristiano. La pretesa che l’Italia sia un paese cattolico mi ricorda un po’ la “corte” di Napoleone all’Isola d’Elba, certamente più sviluppata e rappresentativa della successiva “corte” a Sant’Elena, ma troppo ripiegata su se stessa nel sognare il precedente impero napoleonico. Di conseguenza, sì, ritengo senza dubbio che l’Italia abbia smarrito la sua autenticità spirituale, ma il processo è troppo lungo e radicato per avere una soluzione facile da proporre. Le rivoluzioni dell’ultimo millennio sono state tutte a modo loro anti-cristiane, da quella germanico-carolingia che recise i legami con l’Ortodossia a quella protestante che affossò il senso dell’appartenenza ecclesiale, dal movimento rinascimentale che riportò in luce fermenti di paganesimo, a quello illuminista che negò valore a ogni fondamento spirituale, dalle moderne rivoluzioni nazionaliste (come i regimi fascisti) a quelle internazionaliste (come i regimi comunisti).

Pretendere a questo punto di offrire dei rimedi potrebbe sembrare arrogante da parte mia, perciò mi limito a indicare alcune direzioni che possiamo prendere: studiare le immense ricchezze del patrimonio cristiano del primo millennio (grazie a Dio ne restano molte), vedere come il mondo ortodosso ha saputo mantenere e integrare tali ricchezze sino a oggi, capire che questa è una porta ancora aperta e transitabile da chiunque.

In questo momento vorrei farle una domanda molto semplice ma abbastanza importante nel mio approccio di scoprire e conoscere meglio la sua personalità spirituale: quali sono per lei i tesori più importanti della spiritualità italiana?

Ci sono due caratteristiche che tutto il mondo riconosce come molto “italiane”: l’arte di arrangiarsi e il menefreghismo. Comprendo che sia un po’ azzardato parlare di queste caratteristiche come “tesori di spiritualità”, ma spero che potremo vederle alla luce della capacità umana di trarre il meglio da ogni aspetto del nostro carattere. La capacità di arrangiarsi, che potrebbe facilmente degenerare in egoismo, è alla base il riconoscimento che Dio ci vuole partecipi del suo disegno creativo. Qui si possono davvero recuperare i migliori aspetti di Leonardo da Vinci e dei geni del Rinascimento che tutto il mondo invidia all’Italia. Il menefreghismo, che potrebbe facilmente degenerare in indifferenza per il prossimo, è alla base la capacità di non dare troppa importanza a se stessi. Curiosamente, è un tratto che gli italiani hanno in comune con i russi: la versione russa del termine (пофигизм, pofighizm) indica una simile noncuranza ed è allo stesso modo di difficile traduzione. A mio parere, chi sa farsi attivamente sub-creatore nei disegni di Dio, e allo stesso tempo sa mantenere un sano distacco dal proprio autocompiacimento, non è lontano dal regno dei cieli...

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