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  "Ad Antiochia, la fede ribolle di zelo apostolico"

Dal portale Pravmir

e dal blog Notes on Arab Orthodoxy

Originale in arabo sul sito del patriarcato di Antiochia

20 febbraio 2015

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Intervista della rivista Unity a sua Beatitudine il patriarca Giovanni X di Antiochia e di tutto l'Oriente

Vostra Beatitudine, fin dal primo giorno della sua costituzione, la sede di Antiochia è stata un luogo di sacrifici continui, di lotta e di prove. Fin dalla formazione dei primi gruppi cristiani, sono sorte le controversie cristologiche, seguite da una concorrenza tra le scuole teologiche, poi le tribolazioni connesse con la conquista islamica in Medio Oriente. Sembrava che Antiochia vivesse i suoi ultimi giorni, ma il Signore se ne è preso cura e della Chiesa ha resistito e continua fino ad oggi, a portare una testimonianza del vero Cristo tra i suoi milioni di fedeli che non sono solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo.

Oggi, come loro capo, come vede la forza del lavoro della Chiesa di Antiochia?

La Chiesa di Antiochia è la Chiesa dello Spirito per eccellenza. Inoltre, è la Chiesa dello Spirito che non dorme. Ad Antiochia, la fede ribolle di zelo apostolico. È da questa prospettiva che si legge la sua storia, con i suoi alti e bassi. Per quante scuole di teologia e orientamenti teologici ci siano al suo interno e in altri paesi, questo non è altro che un riflesso della libertà dello Spirito e della teologia ardente al suo interno. La storia può avere infierito su Antiochia e sulla sua chiesa, ma le difficoltà creano gli uomini e creano una fede ferma e incrollabile nel Signore. Molte persone nel mondo possono vivere da cristiani, ma Antiochia e Mosca, come altre, hanno vissuto e continuano a vivere un cristianesimo incarnato nella vita. Lo vivono come un movimento di vita e come il nucleo della loro essenza umana, non come una fede puramente teorica. La Chiesa di Antiochia sta cercando, per quanto le è dato da Dio si farlo in queste difficili circostanze, di essere al fianco dei suoi fedeli sfollati e afflitti. Sta cercando di incarnare in parole e opere il detto del suo figlio, Giovanni Crisostomo, "Il prossimo è l'altare di Dio". La cosa migliore che questa Chiesa sta offrendo oggi è che è a fianco dei sofferenti e dei bisognosi.

È un peccato che la politica in genere determini non solo il destino dei popoli, ma anche la situazione della religione nel mondo. Lei è stato eletto patriarca in un momento storico e tragico, quando è nata improvvisamente una situazione religiosa di tensione in Medio Oriente, con notizie di persecuzione di massa e di uccisioni di migliaia di fedeli e di distruzione di luoghi sacri cristiani. Che cosa possono fare gli ortodossi in tutto il mondo per aiutare il popolo della sua Chiesa in Siria e in altri paesi della regione?

Non c'è dubbio che ciò che sta accadendo in Medio Oriente è una lotta tra la logica dell'ascolto della moderazione e la logica dell'estremismo e delle ideologie estremiste. Non esageriamo se diciamo che il Medio Oriente ha conosciuto la convivenza tra tutti i suoi elementi costituenti. Torniamo indietro di soli quattro anni e ricordiamo come stavano le cose e come sono diventate oggi. C'è una situazione tragica, senza dubbio, ma la tragedia non significa che ci disperiamo e che ci siamo arresi a un destino che non vogliamo. Vi è la persecuzione dei cristiani e di altre voci di moderazione. Vi è la distruzione dei monumenti della convivenza. Attendiamo dal mondo più di una solidarietà verbale, perché siamo stufi del linguaggio delle promesse e vogliamo il linguaggio dei fatti. Il mondo intero sta osservando la tragedia dei rifugiati, la tragedia degli affamati, e invece di incoraggiare il dialogo, vediamo che alcuni continuano una politica di sanzioni economiche che stanno soffocando il popolo siriano, mentre il commercio di armi è spalancato.

Il mondo intero sta guardando in alla crisi dei nostri fratelli, i metropoliti Yuhanna Ibrahim e Paul Yazigi e si limita alla solidarietà o anche al silenzio. Noi siamo qui in Russia prima di tutto per far sapere il nostro dolore per quello che sta accadendo. Facciamo questa domanda al mondo intero: dove sono i nostri vescovi?

Naturalmente, ringraziamo tutti coloro che hanno buone intenzioni e tutte le brave persone che stanno dando i loro soldi per aiutare la nostra gente e speriamo che tutti si rendano conto che l'aiuto di prima necessità ai cristiani sta spingendo politicamente a portare la pace nella nostra patria e che il materiale necessario o l'aiuto morale ai cristiani e a tutte le persone dolenti in questo mondo è il test primario del cristianesimo e dell'Ortodossia in particolare.

Quali sono le sfide presenti nel sistema globale che rappresentano una minaccia per la civiltà cristiana, in particolare quelle che esistono nel mondo islamico nel cui ambiente vive la vostra Chiesa? È sufficiente per il popolo della vostra Chiesa preservare il potere della fede, la lotta spirituale e l'umiltà in una società che esplode per il male, e dove i cristiani sono chiamati agenti dell'Occidente e degli Stati Uniti? Il dialogo e la comprensione reciproca tra le civiltà orientali e occidentali è possibile nella situazione attuale?

I cristiani in Medio Oriente sostengono i paesi di cui sono nativi. Non sono visitatori o resti di campagne d'invasione. Che questo sia chiaro. I cristiani non sono mai stati agenti di nessuno, ma piuttosto sono stati al fianco di coloro che vogliono il meglio per i loro paesi e le loro nazioni.

La stella polare degli ortodossi è sempre stato il bene dei loro paesi. Il loro orientamento non è mai stato partigiano o settario. È loro diritto vivere in pace nella terra dei loro antenati, ed è loro diritto e dovere difenderla di fronte agli estranei.

Damasco non è solo la città della conversione dell'apostolo Paolo. È anche sede storica di grandi asceti e santi. Qual è la situazione dei cristiani a Damasco? Che cosa rimane nella coscienza del popolo? Che cosa resta del patrimonio storico di quei tempi?

Il destino di Damasco è di essere sempre la città di coloro che sono guidati lungo la vera via. Questo è il significato del proverbio francese, "Ha trovato la via di Damasco". La situazione dei cristiani a Damasco è la situazione di coloro che desiderano vivere in sicurezza e pace. Sappiamo che i giorni sono difficili per noi e per tutti. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che le ceneri della tribolazione non possono oscurare il raggio di luce e il bagliore della verità. La verità storica è che nei giorni luminosi della sua storia, la Siria ha conosciuto la convivenza tra tutte le sue comunità.

Se si guarda alla storia, la Siria è come l'ape di cui parla san Basilio il Grande, che seleziona i migliori tra i fiori. Dobbiamo costantemente ricordare che quattro anni di turbolenze non dovrebbero scuotere l'immagine di pace e bellezza in questo Medio Oriente che amiamo e di cui desideriamo la pace.

Nella coscienza della gente rimane tutto il patrimonio storico di un tempo.

Resta vero che i nostri antenati cristiani hanno sopportato di tutto e che noi siamo stati nutriti dalla fede in Cristo, insieme con il latte materno. A sua volta, trasmettiamo questa fede ai nostri figli e trasmettiamo con essa il nostro attaccamento alla terra di Antiochia, che per prima ci ha segnati con il nome di Cristo.

Nel 2016 ci attende un evento importante, il Concilio pan-ortodosso a Istanbul. A suo avviso, come è il cambiato mondo nei duemila anni da quando la necessità di tenere un concilio come questo è stata dichiarata a Gerusalemme, e che cosa considerate come la cosa più importante tra le sue decisioni?

È bene, anzi è necessario che i fratelli si incontrino insieme, soprattutto in questo momento. Ed è bene, anzi è un obbligo che il loro incontro trascenda il livello della formalità per toccare veramente le preoccupazioni delle loro chiese e le preoccupazioni dei loro popoli. È necessario che tutti noi guardiamo alla base della piramide, alle persone e le loro esigenze, prima di andare a studiare la disposizione delle sedi. Il successo del Concilio verrà da una sua buona preparazione e dalla rimozione delle barriere che impediscono ai fratelli di stare seduti insieme. In tutta semplicità, speriamo in una soluzione al problema dell'assalto di Gerusalemme alla Chiesa di Antiochia rappresentata dalla ratificazione di un "arcivescovo" per il Qatar, che geograficamente, ecclesiasticamente e canonicamente appartiene al patriarcato di Antiochia. Ci dispiace che il patriarcato di Gerusalemme abbia aggiunto l'insulto al danno e faccia rimbalzare come contro un muro tutti i tentativi di mediare una soluzione. Noi crediamo che le deliberazioni più importanti e le decisioni di questo concilio saranno quelle che esaminano la questione della presenza dei cristiani in Medio Oriente. La loro presenza radicata in tale area è un ponte verso il mondo islamico e altri mondi, ed è una necessità e un pilastro per la testimonianza cristiana ortodossa di Gesù Cristo nella sua terra e un ponte attraverso il quale tutti possono convenire insieme. Guardiamo pure con interesse la questione della diaspora, della presenza cristiana e dell'organizzazione ecclesiastica nei paesi della diaspora.

I nostri lettori sono interessati a conoscerla meglio. Come ha fatto lei, da persona appassionata di musica, a scegliere il sentiero del servizio al Signore? Quali sono i desideri e doveri che si trovano sotto i suoi occhi? Quali sono le sue priorità, come capo dell'antica Chiesa di Antiochia?

Sono cresciuto a Lattakia, nella diocesi che era stata affidata al mio predecessore Ignazio IV quando era metropolita. Nel 1979 sono stato ordinato diacono da sua Eminenza il metropolita Giovanni Mansour di Lattakia. Ho studiato a Balamand e ho completato la mia formazione teologica in Grecia. Sono stato eletto vescovo di el-Hosn nel 1995 e metropolita d'Europa nel 2008. I padri del Santo Sinodo di Antiochia mi hanno designato patriarca nel dicembre 2012. Ricordo che quando sono entrato a Damasco il 20 dicembre 2012 mi è stata data una candela nella cattedrale Maryamiyya. Mi è stato chiesto quel giorno, "Qual è il suo programma, Beatitudine?" Ho risposto semplicemente: "Essere come questa candela. Sciogliermi nella misura delle mie debolezze in modo che la Chiesa di Cristo possa elevare la sua gente. Sciogliermi nel servizio per quanto Dio ha concesso.

La redazione le fa le sue più sentite congratulazioni, Vostra Beatitudine, per il suo ben meritato premio dedicato al Patriarca Alessio II, dato dalla Fondazione Internazionale per l'Unità dei Popoli Ortodossi, per il suo prominente lavoro per rafforzare l'unità dei popoli ortodossi e sostenere i valori cristiani nella vita della società. Come sente questa decisione e quali sentimenti vuole esprimere a Mosca?

Ringrazio gli organizzatori di questa celebrazione. Considero questo un onore per la Chiesa di Antiochia e per il popolo delle sue terre che soffrono per il terrorismo e il takfirismo. Considero la medaglia posta sul mio petto come una testimonianza di stima che a mia volta metterò sul petto dei nostri vescovi rapiti, Yuhanna e Paul. Il loro rapimento rimane un marchio di vergogna per coloro che falsamente offrono un rispetto di facciata per i diritti umani. La considero una medaglia che porrò sul petto di ogni persona che soffre in questo Medio Oriente che anela alla pace. Per questo io prego per la pace in Siria e la stabilità in Libano. È vero che i miei sentimenti sono mescolati con tristezza per ciò che sta accadendo nella terra della Chiesa di Antiochia, tuttavia, dopo la croce, è arrivata la risurrezione.

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