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  Il vescovo Nestor sull'arcivescovo Serge di Eucarpia

Dal blog Parlons d'Orthodoxie

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Intervento del vescovo Nestor di Chersoneso, alla tavola rotonda dell'OLTR del 12 dicembre 2012 dedicata alla memoria dell'arcivescovo Serge (Konovaloff)

Cari padri, fratelli e sorelle,

È con gioia che ho accettato di partecipare alla tavola rotonda sull'arcivescovo Serge (Konovaloff) di beata memoria. Ciò mi offre l'opportunità di contribuire, anche se solo modestamente, in questa felice iniziativa. Dobbiamo mantenere la memoria di un uomo straordinario, un buon pastore che ha sofferto così tanto per le  nostre parrocchie infelici",  per usare le sue stesse parole, e che si sentiva in gran parte responsabile per il suo gregge così diverso, multietnico e multiculturale. Mons. Serge si è sentito responsabile per il futuro della diocesi a lui affidata. È nostra responsabilità, ancora oggi, continuare a riflettere sulla personalità di mons. Serge, sui suoi orientamenti, sulle sue aspirazioni, sui suoi desideri per la sua eparchia. Tutti questi problemi sono ancora attuali.

Dobbiamo cominciare col dire che è con la benedizione dell'arcivescovo Serge che io mi sono trovato in Francia. Un gruppo di sacerdoti parigini ha preso l'iniziativa di chiedere alle scuole teologiche di Mosca di inviare due giovani ieromonaci a Parigi per assistere l'arcidiocesi. Mons. Serge aveva convalidato questa proposta. Invece di due studenti ne fu scelto uno solo, che ero io. Il nostro primo incontro è stato alla fine del 1999, nelle settimane che seguirono il mio arrivo a Parigi. Poco dopo Natale fui invitato da Mons. Serge per un tè. Su sua richiesta mi ero già messo a officiare nella chiesa del Cristo Salvatore ad Asnières. Mi ha offerto un tè che lui stesso aveva preparato, molto buono e molto forte.

Tutto in lui testimoniava la sua semplicità. Dal quel primo contatto fino alla fine, si è mostrato con me costantemente aperto e benevolo. Non l'ho mai visto in collera o semplicemente irritato verso di me. Mi è capitato di assistere a situazioni delicate o difficili per l'arcivescovo Serge, e invariabilmente ha reagito con benevolenza.

Ho beneficiato dal suo sostegno costante durante i tre anni in cui ho soggiornato presso l'arcidiocesi. Al nostro primo incontro, ha osservato: "Non potete immaginare come mi sento a conversare con un giovane che indossa una tonaca e la croce pettorale, in grado di conversare liberamente, che viene dalla Russia, e rappresenta la nuova generazione". Mi ha fatto partecipe delle sensazioni che lo avevano invaso, quando sulle strade della capitale russa, un poliziotto aveva spontaneamente chiesto la sua benedizione.

Poco dopo questo incontro sono stato ufficialmente nominato alla parrocchia di Asnières. Su richiesta dell'arcivescovo Serge sono diventato un membro a pieno titolo del clero dell'arcidiocesi. Tuttavia, continuavo ad appartenere alla Chiesa ortodossa russa, cosa che non mi impediva di partecipare a tutte le riunioni del clero e alle votazioni. C'era in questa situazione una certa ambiguità, ma tale era la volontà dell'arcivescovo.

Conservo il ricordo di diverse funzioni celebrate a rue Daru con la partecipazione del vescovo Innocenzo di Chersoneso, funzioni seguite da incontri del clero a cui prendevano parte sacerdoti di entrambe le entità. Come dimenticare Mons. Serge che teneva in mano l'incensiere all'ingresso episcopale nella chiesa cattedrale dei Tre Santi Dottori quando vi si celebrava la festa parrocchiale!

Mons. Serge è venuto  a celebrare ad Asnières all'anniversario della consacrazione della parrocchia. Durante il pasto l'arcivescovo non è mai rimasto al suo posto, faceva il giro degli ospiti conversando con tutti. Ha celebrato la liturgia ad Asnières nel novembre 2002, poco prima della sua morte. Superando la sua debolezza l'arcivescovo ha espresso la sua gioia nel vedere la parrocchia crescere e prosperare.

Quel giorno i parrocchiani gli hanno dato una bella mitra ornata con un'aquila bicipite bizantina. Non ha mai avuto l'opportunità di indossare questo dono che aveva espresso il suo piacere di ricevere. Ma era un po' confuso dalla presenza su questo copricapo sacerdotale di "un pollo bizantino", furono le sue stesse parole, e voleva sbarazzarsi di questo dettaglio.

Abbiamo conosciuto momenti di tensione: sono andato una sera nel suo ufficio in rue Daru a porgli una domanda. Era proprio il momento in cui la parrocchia di Roma passava alla Chiesa russa. Ho trovato il Vescovo Serge molto emozionato e turbato. Non gli ho fatto domande, avendo la sensazione che lui non avesse affatto voglia di parlare. Ha parlato invece del tema della situazione in Ucraina. Temeva la ripetizione in questo paese della crisi ecclesiale che aveva conosciuto l'Estonia nel 1996. Forse peggio, ha detto. Come avrebbe dovuto reagire l'arcidiocesi in questo contesto? I rapporti con la Chiesa ortodossa russa gli stavano a cuore, erano una cosa essenziale e importante... Alla celebrazione dell'anniversario della chiesa dei Tre Santi Dottori l'arcivescovo Serge era venuto a concelebrare con il metropolita Kirill, nostro futuro patriarca.

Tra i miei ricordi più forti c'è quello della revoca dell'interdetto che aveva colpito il padre Michel Ossorguine: l'arcivescovo aveva trovato in sé la forza, la nobiltà d'animo e l'umiltà necessaria per ignorare i suoi sentimenti personali in nome dell'unità ecclesiale e mantenere buoni rapporti con la Chiesa ortodossa russa.

L'unità ecclesiale, lo sviluppo di buone relazioni con la Chiesa ortodossa russa occupavano costantemente il suo cuore. Il suo entourage più vicino condivideva questi atteggiamenti, penso a quei preti che la pensavano come lui, i giovani che lo circondavano e gli erano devoti. Come non menzionare qui padre Sabba Toutounov, ora archimandrita. Ma potrei citare molti altri nomi.

Mi ricordo di aver scritto, assieme ai miei parrocchiani, una lettera di congratulazioni al patriarca Alessio II a nome della nostra parrocchia di Asnières e dedicata alla memoria della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, che era stata fatta saltare in aria all'epoca dal regime sovietico. I tempi erano cambiati e la cattedrale era stata ricostruita a Mosca, doveva essere consacrata presto. La lettera terminava con la frase: "Vogliamo condividere questo momento solenne con la Chiesa russa a cui sentiamo di appartenere. "Mons. Serge sostituì la frase con quest'altra: "con cui siamo indissolubilmente legati nello spirito".

Infatti, l'arcivescovo Serge si sentiva responsabile dell'ente ecclesiale che gli era stato affidato, della sua coerenza, voleva conservare l'unità dell'arcidiocesi e delle sue tradizioni e la ricca esperienza pastorale che essa aveva accumulato, mantenere relazioni fraterne, calde e informali tra il clero e la gerarchia e capiva l'impossibilità di dire che una delle sue parrocchie era una parte della Chiesa russa. Preferiva parlare dei legami spirituali indissolubili che si erano instaurati tra noi, cosa che era al tempo stesso più precisa e più importante. Mons. Serge era nella sua mente, nei suoi interessi culturali rivolto verso la Russia, verso la Chiesa russa, e questo è stato uno dei fondamenti della sua personalità. Perché cercare di immaginare come sarebbero state le cose se il vescovo Serge fosse vissuto qualche anno in più? Come dice l'apostolo "le vie del Signore sono imperscrutabili".

La morte inaspettata dell'arcivescovo ha segnato la fine di un'epoca nella storia dell'Ortodossia in Europa occidentale. La sua memoria resta importante per noi, più di dieci anni sono passati, ma quando pensiamo al defunto sentiamo un aumento di speranza, un'immensa gratitudine a Dio che, nei momenti difficili, ha dato alla sua Chiesa un pastore straordinario, un uomo di un'integrità a tutta prova, che ignorava le astuzie e diceva la verità in tutte le circostanze. A servizio della Chiesa, ci teneva a essere tutto per tutti.

Eterna memoria.

Vi ringrazio.

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