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  Intervista di Dmitrij Zlodorev all'archimandrita Nektary (Haji-Petropoulos)

Orthochristian.com – Parte 1, 28 febbraio 2022; Parte 2, 1 marzo 2022; Parte 3, 2 marzo 2022

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Parte 1: "Serviamo il popolo di Dio e la Chiesa, e tutti i nostri guadagni sono per questo"

La Missione ortodossa russa in Messico è molto attiva. I suoi membri si aiutano a vicenda, aiutano quelli che li circondano con la preghiera e le parole; e quelli che sono nei guai seri, con soldi, medicine e supporto legale.

La forza motrice, il cuore e l'anima di questa missione è l'abate del monastero russo della santissima Trinità a Città del Messico, l'archimandrita Nektary (Haji-Petropoulos). Quando alcuni conoscenti comuni me lo hanno presentato, dicendo che è un uomo retto, confesso che preso questa presentazione solo come una percezione personale. Quando ho visto un film sulle numerose attività straordinarie intraprese da questo monaco, l'ho presa come una richiesta di aiuto.

Ma dopo una conversazione personale con lui mi sono sentito improvvisamente come se qualcosa si fosse trasformato in me e ho voluto agire. Padre Nektary stesso ha scelto un formato di videointervista e solo in seguito mi sono reso conto di quanto fosse importante per me non solo ascoltare la sua voce, ma anche vedere gli occhi di quest'uomo. Per oltre un'ora ha parlato in modo misurato e premuroso del suo percorso verso l'Ortodossia russa, del metropolita Laurus (Shkurla), della missione russa in Messico e della sua vita, e solo allora ho pensato: "Come è riuscito a trovare il tempo per un discorso, con tutti i suoi impegni?" Infatti, per sostenere la missione svolge tre lavori secolari ventuno ore al giorno, sette giorni su sette.

Sono sicuro che padre Nektary ha preso come un'obbedienza il compito di raccontare a un giornalista sconosciuto non di se stesso, ma della chiesa. Solo in seguito mi sono reso conto che padre Nektary non mi aveva fornito date, forse perché vive per l'eternità.

Sapevo che ha ricevuto ripetute minacce di morte da banditi e che quindi non poteva muoversi liberamente e in sicurezza nel Paese. A questo proposito, gli ho subito detto che poteva interrompermi da un momento all'altro se gli fosse sembrato pericoloso. Padre Nektary ha annuito, ma poi... ha risposto a tutte le mie domande.

Questa è la prima parte della sua storia, sulla vita della Missione ortodossa russa in Messico.

l'archimandrita Nektary (Haji-Petropoulos)

Padre Nektary, lei è il capo della Missione ortodossa russa in Messico. Come è nata, e come vive?

Anche prima di entrare nella ROCOR, io e altri due monaci avevamo fondato un eremo a Città del Messico. Ma poi abbiamo deciso che dovevamo andare da qualche altra parte, perché eravamo semplici monaci e non potevamo fare nulla.

Così sono finito al monastero della santissima Trinità a Jordanville.

In effetti, non avevo intenzione di tornare in Messico, ma il metropolita Laurus, che era allora il primo ierarca della ROCOR, e l'arcivescovo Kirill (Dmitriev) di San Francisco e dell'America occidentale mi hanno benedetto per ritornarvi di nuovo.

Eravamo solo in tre, io come ieromonaco e altri due monaci, e ci siamo trovati di fronte alla domanda: come attirare la comunità russa e come portare le persone alla Chiesa? C'erano molti russi a Città del Messico, ma solo una manciata di loro frequentava le chiese greche o antiochene. Gli altri non andavano da nessuna parte.

Ho contattato l'ambasciatore russo in Messico solo per informarlo dell'esistenza di una chiesa russa a Città del Messico e l'ho invitato a farci visita. Ha parlato di noi ai suoi dipendenti e le cose hanno iniziato a procedere.

Tutto è iniziato con due o tre persone, e all'inizio è stato molto, molto difficile. Io e i miei fratelli parlavamo a malapena russo, ma abbiamo deciso di celebrare le funzioni in slavonico ecclesiastico poiché è più vicino al russo e la maggior parte degli immigrati dell'ex Unione Sovietica poteva capirlo.

Di conseguenza, tutto ha iniziato a migliorare e nel tempo abbiamo potuto fondare un coro ecclesiastico russo. Ora possiamo dire che tutti i rappresentanti della diaspora a Città del Messico o sono nostri parrocchiani o per lo meno sono consapevoli della nostra esistenza. Alcuni anni dopo l'eremo è divenuto molto importante e molte persone hanno iniziato a riunirsi attorno ad esso, così con la benedizione dell'arcivescovo Kirill l'eremo è stato trasformato in un monastero dedicato alla santissima Trinità, proprio come a Jordanville. Da quando abbiamo iniziato a visitare sempre più spesso le comunità russe in altre città del Messico, il Sinodo della ROCOR ha istituito il decanato del Messico sotto la diocesi dell'America occidentale. Prima sono stato nominato abate e poi elevato ad archimandrita, dopodiché ho chiesto che gli altri due monaci, che erano stati con me durante questo viaggio, fossero ordinati ieromonaci.

Nel tempo, il nostro lavoro è diventato una parte molto importante della vita della diaspora russa e la missione è stata riconosciuta nel paese. Siamo rispettati anche dal governo messicano perché svolgiamo un'attiva opera sociale e aiutiamo i bisognosi.

Per favore, ci dica come e chi aiutate.

In Messico si verificano spesso terremoti devastanti. Ce ne sono stati molti nel 2017 e abbiamo aiutato i sopravvissuti con cibo e medicine. Per quanto riguarda i bisogni spirituali, noi ci prendiamo cura dei parrocchiani russi, ma cerchiamo anche di convertire le loro famiglie all'Ortodossia. Dopotutto, la nostra comunità è composta principalmente da famiglie miste: mogli russe e i loro mariti cattolici. So per esperienza che se uno nella famiglia rimane non ortodosso, allora allontana tutti gli altri membri dalla Chiesa e perdiamo questi fedeli. Io cerco di convertirli all'Ortodossia, e ora ci sono molti messicani tra i nostri parrocchiani: per la maggior parte sono sposati con donne russe o ucraine.

Diamo alle persone un aiuto non solo spirituale, ma anche puramente pratico. Una parte integrante del nostro lavoro è fornire servizi legali. Ci sono nella comunità avvocati dell'immigrazione che forniscono questo tipo di supporto a chi ne ha bisogno, specialmente in questioni come la violenza domestica o l'affidamento dei bambini. Mi creda, queste cose accadono abbastanza spesso qui.

Perché succede?

Molte donne incontrano i loro futuri mariti online, ma tali matrimoni sono spesso di breve durata. Iniziano le controversie legali, che riguardano in primo luogo i bambini, e noi aiutiamo le nostre parrocchiane a difendere i loro diritti in tribunale. Forniamo loro un avvocato e altra assistenza. Non hanno nessuno qui, tranne la Chiesa. Solo la Chiesa li aiuta.

Inoltre, dobbiamo affrontare questioni più delicate. Molte donne cadono preda di sfruttatori e sono costrette a prostituirsi. Cerchiamo di aiutarle, ma è molto, molto difficile ed estremamente rischioso per tutti, per noi e per loro allo stesso modo, quindi non approfondiremo questo tema.

Lo stesso vale per i rapimenti, molto comuni in Messico. I criminali chiedono riscatti alle famiglie delle loro vittime, ma anche dopo averli ricevuti a volte uccidono i loro ostaggi. Abbiamo a che fare con problemi come gli omicidi associati alla prostituzione o quando le persone finiscono nelle grinfie di criminali che le trasformano in tossicodipendenti.

Vede, il Messico è un paese dell'America Latina. Ha una sua cultura, che è diversa dalla cultura europea. E i russi con la loro pelle bianca e i capelli biondi si distinguono anche esteriormente tra la gente del posto, attirando l'attenzione.

Alcuni hanno bisogno di aiuti finanziari e noi raccogliamo fondi con i parrocchiani. Tutto questo lavoro va avanti da diciotto anni e la gente sa che la Chiesa li sosterrà sempre. Non solo soddisfiamo i bisogni interni dei fedeli, ma cerchiamo anche di integrare gli altri nella nostra comunità. Così, le persone vengono da noi, sapendo che la Chiesa riguarda la vita reale: è una famiglia, un luogo dove puoi ricevere aiuto, conforto e consigli giusti e dove puoi fidarti delle persone.

Padre Nektary, secondo me, quello che dice è stupefacente. Ma voi avete solo un piccolo monastero, mentre tutta la ROCOR non è affatto una Chiesa ricca, e voi non siete milionari. Come riesce ad aiutare queste persone spiritualmente, finanziariamente e tecnicamente?

È vero, siamo monaci, ma tutti abbiamo professioni e lavori secolari fuori dal monastero. Per esempio, io sono uno psichiatra per formazione: lavoro in un ospedale e in una clinica e insegno in un'università. Uno dei nostri sacerdoti è un giornalista e abbiamo un pittore di icone. Riceviamo uno stipendio e questo ci permette di pagare tutto il necessario, per esempio l'affitto dell'area in cui si trova il nostro monastero. Non mettiamo soldi nelle nostre tasche e non li risparmiamo: tutto va alle esigenze della nostra comunità. Siamo monaci e non abbiamo famiglie, solo figli spirituali, e li aiutiamo perché questo è il nostro compito principale. Serviamo il popolo di Dio e la Chiesa, e tutti i nostri guadagni sono per questo. Quando guadagniamo qualcosa, tutto rimane nella Chiesa e servirà le generazioni future.

Inoltre, riceviamo sostegno dal Fondo per l'assistenza alla ROCOR e da altri donatori. Ci aiutano enormemente, ma il reddito principale è ancora costituito dai nostri stipendi secolari.

Alcuni dei nostri sacerdoti che vengono a Città del Messico mi chiedono: "Padre, come sopravvive?" Rispondo che sono pagato dall'ospedale, dalla clinica e dall'università, do lezioni online e do tutti i soldi alla Chiesa. Poi mi fanno la domanda: "E per se stesso?" E io dico che non ho bisogno di niente. Se uno di noi si ammala, il Signore si prenderà cura della nostra salute. Io sono un medico e posso fornire un aiuto di emergenza, dare medicine; e se questo non basta, abbiamo altri medici nella comunità che possono aiutare. Ma anche se ciò non bastasse, il Signore risolverà sicuramente le cose.

"Se avessi più tempo, farei di più. Cerco di non perdere tempo perché questa è una grande responsabilità davanti a Dio, alla Chiesa e ai nostri benefattori". Queste sono le sue parole. Ascoltandola, non riesco nemmeno a immaginare come può lavorare ancora più duramente. Dopotutto, lavora letteralmente più di venti ore al giorno e dorme solo tre ore. Cosa farebbe se la giornata fosse lunga il doppio?

Oh, vorrei avere più tempo. Purtroppo ora abbiamo molte restrizioni: per vari motivi non possiamo visitare liberamente le nostre comunità in altre città del Messico per fornire loro assistenza immediata. Ma cerchiamo sempre opportunità, e il Signore le dà, quindi non me ne preoccupo. Se sono destinato a morire domani, altri sacerdoti che ho preparato verranno e prenderanno il mio posto e serviranno i fedeli. Sanno qual è il nostro obiettivo e cosa bisogna fare. E io sono solo una persona che serve, paga i conti e cerca di trasferire le nostre entrate per i bisogni della comunità.

Rimane un mistero per me come con un'agenda così piena lei abbia trovato il tempo per parlare...

Lavoro online e posso programmare le consultazioni con i miei pazienti in orari diversi. Di solito sono estremamente impegnato nel pomeriggio; ma ha detto che questo era il momento più comodo per lei, quindi ho deciso di alleggerire un po' il mio carico di lavoro. Ma normalmente, se le persone vogliono parlare con me, succede intorno a mezzanotte perché questo è l'unico tempo libero che ho. Dopo mezzanotte continuo a lavorare anch'io.

Quando la nostra conversazione è finita, in Messico molte persone finiscono di lavorare. Qual è il programma di questa normale giornata lavorativa che l'aspetta?

Andrò in ospedale, dove mi aspettano diversi pazienti. Poi andrò a visitare una famiglia e chiederò agli avvocati se è necessario un aiuto da parte nostra. Poi devo portare le medicine da una farmacia al monastero. Ho un elenco di medicinali che devono essere acquistati oggi per consegnarli domani ai membri malati della nostra comunità. Poi pregheremo con i fratelli, dopo di che faremo un piccolo pasto insieme. Dopodiché andrò nella mia stanza per ascoltare confessioni, consultarmi e tenere lezioni online. Inoltre, c'è ancora qualcosa da preparare per domani. Prevedo di andare a letto verso le tre del mattino, e alle sei mi alzerò e tornerò a lavorare.

Parte 2: "Mentre i nostri piedi sono sulla terra, i nostri pensieri sono in cielo"

L'archimandrita Nektary (Haji-Petropoulos), capo della Missione ortodossa russa in Messico, ha sempre cercato di cercare la volontà di Dio. Per fare questo, ha viaggiato in tutto il mondo, ha visitato molti paesi e si è unito all'Ortodossia russa negli Stati Uniti, dove ha lavorato presso il monastero della santissima Trinità a Jordanville. Ma non ha avuto la possibilità di rimanere nella "Lavra russa all'estero" perché la volontà di Dio per lui era di tornare in Messico e stabilirvi una missione russa.

il monastero della santissima Trinità, Città del Messico. Foto: Google Maps

Padre Nektary, per favore, ci racconti come si è convertito all'Ortodossia.

Io ho radici greche e georgiane, quindi sono nato nella fede ortodossa e l'ho adottata dalla mia famiglia. Questa fede è stata con me fin dalla nascita.

Direi che per me è stato logico entrare a far parte dell'Ortodossia russa, prima di tutto perché sono stato cresciuto secondo il vecchio calendario giuliano, a cui aderisce la Chiesa russa. Quando il mio padrino, che era vescovo nella Chiesa greca, e io arrivammo in Messico dall'Europa, l'unica chiesa a cui potevamo andare era quella greca che apparteneva al Patriarcato di Costantinopoli. L'ho frequentato per un po', ma quando sono finito negli Stati Uniti, ho deciso di cercare una chiesa ortodossa più tradizionale, orientata al calendario giuliano.

In sostanza, la Chiesa russa fuori dalla Russia è diventata l'unica (e la migliore) opzione per me. In America avevo molti amici che ne sono membri, quindi praticamente non avevo scelta. Ma d'altra parte, era una cosa buona. È vero, non parlavo russo, ma è solo una questione di lingua perché l'Ortodossia è sempre l'Ortodossia. E amo la Chiesa russa perché ha più tradizioni monastiche e una fede più tradizionale, per così dire.

Di conseguenza, essendo sempre stato vicino alla Chiesa, sono stato tonsurato nella Chiesa greca e sono diventato ierodiacono e ieromonaco nella Chiesa russa. Sono stato ordinato sacerdote al monastero della Santissima Trinità a Jordanville pochi mesi dopo il mio arrivo sul posto.

Come ha scelto la vita monastica e cosa significa per lei?

La tonsura monastica è stata per me un passaggio assolutamente naturale. Sono cresciuto in una piccola famiglia e non ho fratelli. Sono sempre stato molto legato alla Chiesa e ho voluto viverci e servire Dio.

È vero, in Messico non avevamo un monastero, solo la parrocchia greca che frequentavo con il mio padrino. Lì facevo da segretario, cantore e lettore: tutto ciò che è necessario. Ma questo tipo di vita parrocchiale non era affatto ciò a cui volevo dedicarmi. Quindi, dopo aver lasciato il Messico, ho deciso di cercare qualcosa di più grande e più profondo: volevo entrare in un monastero, una confraternita monastica e saperne di più sull'Ortodossia.

Volevo anche entrare in un monastero perché non mi sentivo sufficientemente preparato per rispondere alle domande spirituali delle persone. Alla fine, con diversi giovani che sarebbero diventati monaci, siamo andati in altri paesi. Volevamo fondare un monastero in Sud America sotto la giurisdizione della Chiesa greca, ma questo non ha funzionato e alla fine ho deciso di cercare l'Ortodossia altrove. Ho lottato per il compimento della volontà di Dio e ho visitato la Grecia, la Serbia e la Georgia. Quando il patriarca di Gerusalemme mi ha consigliato di unirmi alla ROCOR, sono tornato negli Stati Uniti e ho parlato con l'arcivescovo Kirill (Dmitriev). Vladyka ha ricevuto me e gli altri membri del nostro eremo nella ROCOR.

È così che ci siamo uniti tutti all'Ortodossia russa.

Dopo di che ho parlato di nuovo con vladyka e ho chiesto la sua benedizione per vivere tra i monaci russi. Ha detto che era una buona idea e mi ha mandato al monastero della santissima Trinità.

Là, a Jordanville, ero pronto a fare qualunque cosa mi venisse chiesto; e certamente ho avuto occasione di entrare nella confraternita. Tuttavia, il metropolita Laurus aveva altri piani per me. Ha detto: "No, no, no! Dovresti tornare in Messico e avviare lì l'Ortodossia russa. Non abbiamo niente sul posto, quindi vai lì, apri un monastero e fonda una missione russa".

Dopo così tanti anni in Messico, questo era qualcosa che non potevo nemmeno sognare. Mi sembrava abbastanza; non ero propenso a tornare perché lì non c'era quasi nessuna presenza ortodossa. Ma vladyka mi ha benedetto e mi ha ordinato prima ierodiacono e poi ieromonaco.

Alla fine, sono stato incaricato di fondare un monastero a Città del Messico e di aprirlo ai russi. È stato l'inizio di una nuova vita per tutti noi.

l'archimandrita Nektary (Haji-Petropoulos)

Vladyka Laurus ha detto di aver sentito il bisogno di mandarla in Messico durante una profonda preghiera. Capì che questa era la volontà di Dio. Sognava di stare a Jordanville e voleva insegnare lì in seminario, ma ha accettato la decisione del vescovo come volontà di Dio. Com'è riuscito a venire a patti con questo? In che modo il Signore l'ha aiutata allora, e come l'aiuta ora?

A quel tempo, avevo già vissuto abbastanza nel mondo; e sebbene la Chiesa fosse parte integrante della mia vita, non era il centro della mia attività. Ho insegnato in un college, ho goduto di una certa fama in Messico ed ero considerato da alcuni una persona di grande successo per la mia età. Ma non era quello che volevo. Ottenere una laurea non era il mio desiderio principale, non aspiravo a questo. Certo, dovevo studiare, ma questo non era l'obiettivo principale della mia vita: ero pronto a rinunciarvi.

Decidendo di cercare la volontà di Dio, ho viaggiato in altri paesi e alla fine sono arrivato a Jordanville, dove speravo di entrare a far parte della confraternita. L'archimandrita Luka (Murianka), ora vescovo, mi ha sostenuto e ha detto: "Questa è una buona idea: resta con noi. Jordanville ha una grande comunità e abbiamo bisogno di persone".

Tuttavia, l'America non era il paese dei miei sogni. Ci avevo già vissuto prima, e non mi importava molto. Volevo fare del servizio a Dio la cosa principale della mia vita, quindi non c'erano altri progetti nella mia mente. Volevo solo provare a trovare la volontà di Dio e ad accettarla.

E quando vladyka Laurus ha detto che dovevo tornare in Messico, l'ho subito accettata come un'obbedienza, anche se lì non avevo nulla e non avevo idea di cosa avrei dovuto fare esattamente. Sapevo bene che c'erano altre giurisdizioni ortodosse che esistono in questo paese da oltre cento anni, ma essenzialmente non c'era una chiesa russa e avrei dovuto affrontare molte difficoltà.

Ma io, un monaco, mi fidavo di Dio, accettando la sua volontà e sapendo che mi avrebbe aiutato a risolvere tutti i miei problemi. Certo, avevo dei dubbi, ma non c'era paura e non c'era voglia di chiedere al metropolita di cambiare idea. Ho semplicemente agito come un monaco e ho accettato questo percorso con umiltà.

Il suo monastero è situato nel centro di una grande città. È difficile rimanere monaco in tali condizioni? Tale vicinanza alla cultura mondana causa problemi?

Certo è difficile, perché ci sono tante tentazioni ovunque. Ma ogni giorno andiamo ovunque in tonaca così le persone possono sapere chi siamo. E ricordiamo che non dovremmo andare in luoghi dove non dovrebbe apparire un monaco. Dobbiamo sempre ricordare che mentre i nostri piedi sono sulla terra, i nostri pensieri sono in Cielo.

Parte 3. "Chiedo a Dio di mettermi in bocca le parole giuste"

Il mio colloquio con padre Nektary (Haji-Petropoulos), abate del monastero russo di Città del Messico, è diventato per me una perla spirituale. Abbiamo parlato con lui per più di un'ora, e questo è stato un raro caso in cui ho voluto assorbire ogni parola: sulla fede, sulla Chiesa, sull'amore, su come Dio può diventare mio amico e come posso percepirlo.

Molti vogliono imparare a fidarsi di Dio e ad affidarsi alla sua volontà. Cosa potrebbe dire a riguardo?

Direi che è più facile farlo quando si vive secondo la Chiesa. È vero, io ho avuto successo nella vita mondana e avrei potuto benissimo vivere al di fuori della Chiesa. Ma questo vale solo per le cose materiali. Spiritualmente desideravo essere vicino a Dio. Avevo bisogno di essere nella Chiesa e fare affidamento sulla volontà di Dio.

La fiducia è la madre dell'esperienza e il fondamento di tutto. Questa esperienza mi ha accompagnato per tutta la vita, e il Signore è sempre vicino a me, in ogni momento, soprattutto quando rinuncio a me stesso e cerco di aiutare gli altri (che ne hanno bisogno), quando do tutto ciò che ho e non tengo nulla per me. So che Dio si prenderà cura di me, e questo è vero perché ho a cuore il popolo di Dio. Si prenderà cura di tutti i miei bisogni, quindi fidarmi di lui non è un problema per me.

Che consiglio darebbe a coloro che stanno cercando di imparare a confidare nel Signore?

Occorre essere più vicini alla Chiesa e cercare di aiutarla, partecipando alla sua vita spirituale quotidiana, pregando, digiunando e confessandosi. A un certo punto, poiché riceverai la grazia divina, essa diventerà vitale per te.

Allora inizierai a sentire la presenza di Dio. Lo sentirai non con la tua mente, ma per esperienza. E se ciò accade, diventerà sicuramente tuo Amico. Sentirai che lui è vicino, potrai sempre parlargli e ascoltarlo sempre. E lui ti guida sempre.

La fiducia è sicurezza, la sensazione che il Signore è sempre con te, fintanto che gli permetti di essere con te, dentro di te, e fintanto che gli permetti di guidarti attraverso la vita.

Nell'appello del Fondo per l'assistenza alla ROCOR leggo: "Se vuoi aiutare nella lotta contro il coronavirus, sostieni padre Nektary". Cosa sta facendo per aiutare le persone?

Ci sono medici nella nostra missione russa, dove utilizziamo speciali "protocolli Covid". Per esempio, io ho una specializzazione medica diversa, ma ho studiato medicina e so cosa bisogna fare per il trattamento. Inoltre, ci sono altri medici sempre pronti ad aiutare.

Adesso abbiamo tanti pazienti: direi decine, e ogni giorno apprendiamo che qualcuno si è infettato. Chiamiamo queste persone e le consigliamo su ciò che deve essere fatto. Se non possono andare in farmacia, scriviamo prescrizioni o compriamo i farmaci noi stessi e glieli consegniamo.

Questo vale non solo per i membri della nostra comunità, ma anche per le persone al di fuori di essa. Sanno che stiamo aiutando. Dal momento che gli ospedali e le cliniche sono ora sopraffatti e in quei luoghi è difficile ottenere attenzione, ci chiamano al monastero e i nostri medici danno loro consigli o inviano loro medicine.

Molti hanno paura della situazione attuale. Alcuni la considerano una punizione di Dio e altri una benedizione di Dio o qualcos'altro. Cosa dice alle persone quando le fanno domande?

Non credo che il Signore punisca nessuno, per nulla. Siamo noi che non ci preoccupiamo della sua creazione e che attiriamo su di noi tutti questi disastri. Se non ci preoccupiamo delle nostre vite e del modo in cui viviamo, diventiamo dipendenti. E, naturalmente, compaiono malattie e le persone muoiono.

Ma direi che la situazione attuale è nuova solo per la nostra generazione di persone relativamente giovani. Nel secolo scorso ci sono state molte epidemie che hanno causato milioni di vittime e le persone delle generazioni più anziane ricordano quei tempi.

Questo è ciò che dico a coloro che mi ascoltano in chiesa: "Non temete, perché il Signore è con voi, è dalla vostra parte". Allo stesso tempo, esorto le persone a ricordare le proprie responsabilità, a fare determinate cose e, al contrario, a evitare ciò che non dovrebbe essere fatto. Se ti ammali, prendi le medicine. Non aspettare, sii responsabile della tua vita e poi diventerà più facile.

La pandemia è la punizione di Dio? No. Noi ci siamo allontanati da lui? Sì. Ci stiamo allontanando dalla Chiesa e da Dio, questo è un tratto caratteristico del nostro tempo. Ma chi perde qui? Le persone. Se il Signore vive in noi, sentiamo il suo sostegno sia mentalmente che fisicamente. Ma se lo abbandoniamo, allora, naturalmente, contraiamo malattie e moriamo in agonia, senza speranza, senza consolazione. Sarà una vita futile e una fine futile lontana da Dio.

Come evitare questa fine futile?

Ora le situazioni del coronavirus variano da paese a paese. Un anno fa in Messico, l'infezione significava quasi sempre la morte, perché qui il sistema sanitario è povero. Ora vediamo che molte persone guariscono, anche se alcune muoiono ancora, e io ne sono stato testimone. Se non accetto la volontà di Dio, comincio a combatterla e poi muoio, ma muoio senza aiuto e conforto. Tuttavia, se confidiamo nel Signore anche in tali situazioni, se ci arrendiamo nelle sue mani e accettiamo la sua volontà, allora lui decide se dobbiamo morire o sopravvivere. E almeno riceviamo l'aiuto spirituale del sacerdote, la Chiesa prega per noi, e in questo troviamo pace, grazia e accoglienza.

Cosa aspetta di più in questo momento?

Spero che saremo in grado di tenere sotto controllo la pandemia e continuare a servire la nostra comunità come prima. Ora è molto difficile. Per vari motivi non abbiamo l'opportunità di viaggiare molto in tutto il paese: non possiamo viaggiare in auto a causa della situazione criminale e i biglietti aerei sono molto costosi, quindi dobbiamo comunicare con le persone tramite Internet. Durante il lockdown abbiamo iniziato i servizi di live streaming, e ora continuiamo a farlo per le persone che vivono in altre città e non possono venire alla Liturgia. Questo è un modo nuovo per noi; e sebbene sappiamo come fare queste cose, non è corretto.

Di solito trascorre la maggior parte della sua giornata fuori dal monastero. Lavorare in ospedale, clinica o università è un servizio a Dio?

È vero, io lavoro nel mondo, ma lo faccio per il monastero e il mio gregge – per mantenere il monastero in modo che le persone possano avere un posto dove pregare. Sono un monaco e il mio unico desiderio è servire Dio attraverso il suo popolo.

Come consiglia alle persone di servire Dio ogni giorno fuori dalla chiesa?

Essere cristiano significa condurre un certo modo di vivere, e non solo andare in chiesa e comportarsi in modo appropriato lì. Se viviamo da cristiani, rispettiamo il nostro prossimo e facciamo il nostro lavoro come possiamo, in questo modo ringraziamo Dio per il grande dono della vita e della salute, soprattutto ora che ci sono così tante malattie e tanti morti intorno a noi. Se aiutiamo il più possibile i bisognosi, mostriamo amore per il Signore! E se ci prendiamo cura dei suoi figli, lui si prende cura di noi. Io prego giorno e notte e mi rendo conto che non sono nessuno e niente. Chiedo al Signore di mettermi in bocca le parole giuste, per ogni persona e in ogni momento, e cerco di mantenere la mente rivolta al Cielo.

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