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  Intervista di Tudor Petcu all’igumeno Ambrogio sul ruolo della Russia
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Cosa rappresenta per lei la Russia nel panorama ortodosso universale? Come definirebbe il ruolo spirituale che la Russia gioca nel mondo ortodosso?

Prima di accennare alla “Russia” nella prospettiva di un prete ortodosso, voglio premettere che in queste risposte parlo della Rus’, ovvero del raggruppamento ideale dei popoli cristiani della terra storica dei russi (oggi divisa in diversi stati) e di quanti nel mondo si identificano nella sua Chiesa. Identificare il mondo della Rus’ con l’attuale Federazione Russa, o con l’ex Unione Sovietica, o con l’ex Impero Russo, è precisamente come identificare il mondo della francofonia con l’attuale Repubblica Francese, o con l’ex Impero di Napoleone... Si tratta di un concetto sovranazionale e internazionale, che non a caso si identifica con la più estesa delle Chiese locali nel mondo. Essendo composta da molti popoli (spesso piuttosto diversi tra loro), la Chiesa russa ha la maggior capacità dinamica di far sentire a casa propria un popolo di tradizione diversa da quella cristiana ortodossa, che tuttavia ne vuole abbracciare la fede. Al tempo stesso, essendo caparbiamente ortodossa, è una Chiesa che sa rispettare l’immersione nella fede cristiana delle diverse culture, e quindi sa trattare con rispetto anche quelle Ortodossie locali che non vogliono, per qualsiasi ragione, identificarsi con essa. Un ruolo spirituale ideale sarebbe pertanto quello di salvaguardare l’autonomia delle altre Chiese locali (spesso con forme di aiuto concreto... avendone peraltro i mezzi), offrendo allo stesso tempo un ampio punto d’ingresso nell’Ortodossia per tutti quelli che si sentono chiamati a entrarvi. Il fatto che la Chiesa russa sia composta per lo più di fedeli che hanno ripreso da poco a frequentare la vita ecclesiale la rende anche una Chiesa sorprendentemente umile, che non opprime i nuovi arrivati dall’altezza (vera o presunta) della sua tradizione storica.

Quali sono i rappresentanti più importanti della Chiesa russa nella sua prospettiva?

Circa 150 milioni di anime che si sforzano di camminare sul sentiero della salvezza... non scherzo, l’immensità stessa della Chiesa russa aiuta a ridimensionare molto le pretese d’importanza dei singoli, e anche se si possono trovare esempi straordinari in tutte le categorie (pastori d’anime, padri spirituali, monaci e monache, confessori, uomini di fede e di scienza esemplare), il loro mero numero fa sì che non dobbiamo necessariamente fare gare d’importanza, e lasciare a ognuno il suo maestro.

Ho spesso sentito dire che la Russia rappresenta anche il più grande messaggero dell'Ortodossia nel mondo. È d'accordo con una tale affermazione?

Certamente il più sottovalutato, ma forse va bene così. Solo chi è davvero grande non si preoccupa davvero di farsi piccolo per i singoli che lo cercano.

Per quel che si sa, la Russia ha contribuito moltissimo allo sviluppo dell'Ortodossia nell'Occidente, soprattutto in Francia e in Inghilterra. Cosa potrebbe dirmi in riferimento al mondo in cui la Russia ha contribuito allo sviluppo dell'Ortodossia in Italia?

Qui si dovrebbero aprire fin troppe pagine particolari. Diciamo solo, come riferimento generale, che il “punto di forza” che ha attratto tanti eterodossi alla fede ortodossa è stato la fiducia. Spesso tale fiducia è stata tradita da singoli e da gruppi che non hanno saputo apprezzarla, ma non si potrà dire che la Chiesa russa non abbia accolto i convertiti con grande apertura e rispetto.

Padre Andrew Phillips, un noto rappresentante dell'Ortodossia in Inghilterra, dice che la Russia è l'unico paese ai nostri giorni che difende i valori tradizionali dimenticati e respinti dalla società contemporanea. Quanto è vera tale affermazione?

Il cardine della visione “apocalittica” di padre Andrew (nella quale, almeno a breve termine, ha mostrato un’insolita preveggenza) è una Russia (o una Rus’, per capirci) che come effetto dell’avere sofferto la più estesa persecuzione dei cristiani in tutta la storia, ha ottenuto l’onore (e l’onere) di ritardare i mali che l’umanità sta attirando sul proprio capo. Le modalità di applicazione di questo ritardo potranno variare a seconda di varie circostanze, ma l’impulso è certamente presente e innegabilmente attivo.

Quali sono le opere teologiche russe che lei apprezza di più?

Molto dipende dalla nostra definizione di teologia. Devo ricordare che la Chiesa ortodossa della Rus' non si è sviluppata, per motivi storici facili da studiare, in mezzo ai dibattiti dogmatici, ma piuttosto nello sforzo di mantenere una retta ortoprassi nel culto e nella vita cristiana. Per questo, rispetto alle opere teologiche speculative (che portano sempre il rischio di degenerare in insegnamenti devianti, come nel caso del sofianismo promosso negli ambienti dell’emigrazione parigina), vorrei dare la preferenza alla testimonianza dell’espressione liturgica in tutta la sua ampiezza.

Cosa rappresenta per lei come sacerdote ortodosso l’opera "Racconti di un pellegrino russo"?

Curiosamente, questo libro ha avuto un ruolo più importante nei miei anni di avvicinamento all'Ortodossia, che non nei miei anni di servizio sacerdotale. È un interessante entry point sulla mentalità cristiana ortodossa per innumerevoli persone, e per questo non sarà mai ringraziato a sufficienza, ma (nel vero stile russo), non presume di dare una base dottrinale alla preghiera (cosa che affida esplicitamente alla Filocalia), e soprattutto non fa sconti sulla durezza del cammino ascetico (lo stesso pellegrino dei Racconti vive una vita di un rigore impensabile per la stragrande maggioranza dei lettori). Raramente ha avuto punti di contatto con la mia effettiva esperienza pastorale.

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