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  Il Patriarca Pavle di Serbia
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Un tributo al Patriarca Pavle di Serbia (1914 -2009)
 
Domenica 15 novembre 2009, presso l'ospedale militare di Belgrado, è deceduto all'età di 95 anni il patriarca Pavle (Paolo), quarantaquattresimo patriarca della Chiesa ortodossa serba, o, per usare il suo titolo completo, "Sua Santità Pavle, Arcivescovo di Pec, Metropolita di Belgrado e Karlovci e Patriarca dei Serbi".
 
Capo spirituale degli ortodossi serbi dal 1990 alla sua morte, il patriarca Pavle è la figura più amata di tutto il popolo serbo contemporaneo. Era il più anziano tra i capi delle chiese ortodosse locali: nell'ottobre del 2008 (dopo 11 mesi passati in ospedale) aveva chiesto di poter dare le dimissioni, ma un mese dopo il Santo Sinodo della Chiesa serba lo riconfermò patriarca a vita.
 
Per capire le ragioni di questo gesto di rispetto e di stima, ripercorriamo la sua biografia. Nato da una famiglia di contadini nel 1914 nel villaggio di Kucanci in Slavonia (allora nell'Impero austro-ungarico, oggi in Croazia), il suo nome al secolo era Gojko Stojcevic. Rimasto orfano dei genitori all'età di 4 anni, fu allevato da una zia e avviato a studi di liceo e di medicina (a Belgrado) e di seminario (a Sarajevo). Durante la seconda guerra mondiale visse come profugo al monastero dell'Annunciazione a Ovcar. Dopo la guerra lavorò alla ricostruzione di Belgrado, e fu tonsurato monaco a Ovcar con il nome dell'apostolo Paolo (per cui aveva una particolare venerazione, e di cui citava spesso le opere). Servì come diacono a Ovcar e quindi al monastero di Raca tra il 1949 e il 1955.
 
Nel 1955 fu ordinato prete, e tra il 1955 e il 1957 fece studi dottorali di teologia ad Atene. Al ritorno dalla Grecia, fu eletto vescovo di Ras e Prizren (la diocesi che include tutto il Kosovo). Nella migliore tradizione monastica cristiana, fuggì dall'episcopato, e ci volle tutta l'autorità dei suoi superiori monastici a convincerlo a farsi consacrare vescovo. Sarebbe rimasto in carica per 33 anni, fino all'elezione a patriarca.
 
Nella diocesi di Ras e Prizren il vescovo Pavle si adoperò per la costruzione di numerose chiese e per la ricostruzione di quelle più antiche, scrisse libri di liturgia e insegnò musica ecclesiastica e lingua slavonica al seminario di Prizren. Molto del suo tempo fu passato a viaggiare e a incontrare la popolazione della sua diocesi, a piedi o con mezzi pubblici, spesso schernito come simbolo dei serbi del Kosovo, e talvolta fatto oggetto di insulti e percosse. Quando gli fu chiesto perché non aveva un'automobile (tutti i suoi confratelli vescovi ne avevano una per viaggiare nelle loro diocesi), rispose: "non ne comprerò una finché ogni famiglia albanese e serba in Kosovo e Metohija avrà un'automobile."
 
Dopo 33 anni passati in Kosovo il vescovo Pavle fu eletto nel 1990 come successore del patriarca German e si trasferì a Belgrado, proprio nei giorni della vittoria elettorale del Partito Socialista Serbo di Slobodan Milosevic. Le relazioni tra il nuovo governo e la chiesa, all'inizio buone, si deteriorarono a causa delle guerre yugoslave. Dopo anni passati a mediare tra le richieste delle popolazioni serbe minacciate e le rivendicazioni dell'opposizione politica, il patriarca stesso fu tra i promotori delle manifestazioni antigovernative del gennaio 1997. Chi ama ripetere il luogo comune delle chiese ortodosse asservite ai poteri politici locali dovrebbe ricordare la Chiesa serba, che non ebbe estazioni a schierarsi (con il proprio patriarca in mezzo alle piazze) contro le politiche di violazioni di diritti umani.
 
Nei rapporti interecclesiali, il patriarca Pavle è noto per avere risolto lo scisma interno con la Chiesa serba libera (nata all'estero in opposizione al regime comunista), anni prima che la Chiesa russa risolvesse il proprio analogo scisma interno. Allo stesso modo il patriarca si è sforzato di guarire lo scisma con la Chiesa Ortodossa Macedone.
 
Nel 2007, quando le sue condizioni di salute si sono aggravate, il patriarca è stato ricoverato in clinica, e il Santo Sinodo ha eletto il metropolita Amfilohije (Radovic) del Montenegro e del Litorale come luogotenente patriarcale. Lo stesso metropolita Amfilohije è stato nominato come reggente del trono patriarcale fino all'elezione del nuovo patriarca.
 
La vita del patriarca Pavle è un autentico florilegio di eventi e insegnamenti, che verosimilmente saranno messi per iscritto e diffusi in futuro. Noi stessi ne abbiamo ascoltati molti, da parte dei collaboratori del patriarca, e tutti testimoniano la vita di un cristiano esemplare.
 
Spesso il patriarca è stato chiamato il "santo che cammina", a causa del suo rifiuto non solo di possedere un'automobile, ma spesso anche di essere trasportato in auto. Memorabile il suo trasferimento in metropolitana al centro di Mosca per le celebrazioni giubilari del 2000. L'immagine di un patriarca ottantaseienne che congeda l'auto messa a sua disposizione dal Patriarca Alessio - e si avvia in metropolitana con il suo sacco sulle spalle - può sembrare comica o addirittra estremista, ma mostra un cristiano che ha saputo passare nella sua vita dalla miseria ai trionfi, e non è rimasto schiavo di nessuno dei due.
 
Lo stile della semplicità non copriva il solo campo dei trasporti, ma si estendeva a ogni aspetto della vita del patriarca. Da vero monaco, il suo stile di vita era sobrio, laborioso e senza pretese: una vera rivoluzione "dall'interno", nei palazzi del potere. L'imbarazzo provato dagli ospiti che egli stesso serviva a tavola sottolineava la grande distanza tra le regole sociali e la carità evangelica.
 
Ho incontrato il patriarca Pavle una sola volta nella mia vita, il 18 novembre 2004, in una Belgrado che con fatica si riprendeva dalle ferite di una guerra tanto spietata quanto inutile. Circondato da poche persone (per lo più donne anziane, semplici, modello di quel popolo che amava), il patriarca stava celebrando la Divina Liturgia quotidiana, non nella cappella patriarcale (allora in restauro), ma in una sala utilizzata temporaneamente per le funzioni. Davanti a un semplice tavolo usato come altare, con un paio di icone e qualche candela come tutta atmosfera di culto, il patriarca Pavle stava sereno come qualsiasi giovane sacerdote che pieno di speranza compie le prime celebrazioni per una parrocchia in costruzione. Raramente in vita mia ho sentito così vicina la forza della fede cristiana. Al termine ho avuto appena il tempo per chiedere una breve benedizione a sua Santità, che dopo una parola di incoraggiamento per un ospite venuto dall'Italia, ha dovuto correre a una riunione del Santo Sinodo. Porterò sempre con me quella benedizione e quell'incoraggiamento, nel ricordo di una persona che ha saputo far risplendere in sé la vita di Cristo.
 
igumeno Ambrogio - Torino
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