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  Sua Eminenza vladyka Serafim (Rodionov), arcivescovo di Zurigo 1905 - 1997

Una breve biografia

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Nato l'11/24 aprile 1905 a Mosca da una famiglia della nobiltà cosacca del Don, vladyka Serafim (Vladimir Ivanovich Rodionov) riceverà la raffinata educazione della sua comunità. La famiglia, da parte di suo padre, contava dei soldati e viveva a San Pietroburgo; [1] da parte di madre, erano di Mosca, proprietari terrieri e artisti. [2] Circondato dall'affetto, cresciuto con il fratello Jaroslav da precettori scelti tra pittori e scrittori, vivrà la terribile frattura della rivoluzione. Come tutti i suoi contemporanei, si trovò improvvisamente immerso nella barbarie e nella negazione della giustizia e dell'umanità. [3]

Sin dalla tenera età, Vladimir mostrò un vero e antico talento per il disegno e la pittura. Fu ammesso, eccezionalmente, alla Scuola di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca, mentre studiava ancora al ginnasio (liceo). Inoltre, questo giovane talento mostrò una predisposizione per le scienze ed entrò alla Facoltà di fisica e matematica dell'università di Mosca.

Nel 1923, ha 18 anni. Dopo diversi tentativi di fuga dal Paese durante la Guerra Civile e grazie alla nuova politica economica, [4] riceve la benedizione di sua madre ed emigra in Occidente. Là ritrova suo padre, quindi si stabilisce a Parigi. Completa i suoi studi all'Accademia di Belle Arti e frequenta la Sorbona (studi di filologia greca e storia bizantina). A Parigi, è accolto con affetto dalla famosa pittrice Natalia Goncharova e dal suo compagno Michel Larionov. Lei lo presenterà alla squadra dei decoratori dei Ballets Russes di Serge Diaghilev. [5] È qui che frequenterà tanti artisti famosi come Georges Auric, Darius Milhaud, Erik Satie, Francis Poulenc, Pablo Picasso, Georgi Yakulov, Leon Bakst, Serge Lifar. Questo periodo della gioventù rimarrà sempre per lui come un momento privilegiato, di libertà, dedicato alla sua arte. Ma la vita dei circoli creativi di una delle capitali più brillanti d'Europa non poteva soddisfare la mente e il cuore del giovane, che aspirava a trovare il vero significato della vita. Nel 1926, quando si unì al padre a Mostar, in Jugoslavia, gli fu offerta l'opportunità di conoscere lo Spirito Santo. [6] Questo momento unico determinerà la sua intera vita.

Tornato a Parigi, si confessava, ma non trovato alcuna comprensione per queste cose. fu un eremita, che andò a trovare nelle montagne jugoslave, che lo mise in contatto con un monaco athonita, il monaco del "grande abito" Siluan (+ 1938), ora canonizzato dalla Chiesa ortodossa. [7] Fu lui a discernere la verità di questa chiamata dello Spirito Santo e della sua vocazione monastica. San Siluan gli scriveva i suoi consigli spirituali e lui, Vladimir, ne condivideva il contenuto con i suoi amici, la futura madre Teodosia e padre Serge (Shevich).

Nel 1934 Vladimir entrò all'Istituto teologico ortodosso di San Sergio a Parigi. Più tardi parlerà sempre con affetto di padre Cyprien Kern. Dal 1935, fu novizio (poslushnik) presso il metochio dei Santi Tre Ierarchi a rue Pétel, a Parigi. Lo scisma che divideva l'emigrazione lo mise di fronte a una scelta molto difficile. Scelse di rimanere fedele alla Chiesa madre, nonostante ciò che gli costava. [8] Di conseguenza, abbandonò con tristezza il suo confessore, padre Serge Bulgakov, e lasciò l'Istituto San Sergio. Continuò i suoi studi in filosofia, bizantinologia, greco e patristica presso l'Università di Parigi.

Nel 1937, Vladimir Rodionov fu ordinato diacono dal Metropolita Elefterij (Bogojavlenskij) della Lituania, uno dei pochi vescovi rimasti fedeli al Patriarcato di Mosca.

Nella primavera del 1939, ricevette l'abito monastico nella chiesa della santa Trinità a Parigi dalle mani dell'archimandrita Afanasij (Nechaev), con il nome di Serafim. Il grande santo della Russia, perfezionato nello Spirito Santo, divenne così il suo protettore e guida. Il giorno di Pentecoste dello stesso anno, fu ordinato sacerdote a Kaunas dal metropolita Elefterij. Fu quindi assegnato al clero della chiesa dei santi Tre Ierarchi, dove la sua presenza spirituale lasciò un segnò su molte anime. [9]

Visse con entusiasmo gli inizi della Fraternità di san Fozio, che testimoniava la radiosità spirituale e la profusione intellettuale dell'emigrazione russa. Fu in questo contesto che fu introdotto all'iconografia e prese parte alla ricerca di Leonid Uspenskij. Disse che non era un iconografo, ma che il suo lavoro era la pittura. Tuttavia, quando gli chiedevano del suo lavoro iconografico, affermava che la cosa più importante è "dare gioia, leggerezza e amore" e anche "risvegliare la vita spirituale nella persona che prega davanti all'icona". Era questo che guidava tutto il suo lavoro. Partecipò anche all'esperienza del monastero con doppia tradizione, bizantina e benedettina, con padre Denis (Chambault), e visse nello skit dello Spirito Santo a Mesnil-Saint-Denis. Questo fu un periodo di grandi lotte spirituali e ascetiche.

Ma si stava già abbattendo la tormenta della seconda guerra mondiale. Si arruolò volontario nei corpi sanitari dell'esercito francese e ne visse la sconfitta. In seguito, avrebbe ricordato la profonda pace che accompagnava i soldati al momento della morte. Era sempre presente il volto di Cristo. Durante l'occupazione, una vita liturgica intensa, fervente e fedele sostenne la comunità monastica e parrocchiale di rue Pétel. Le prove e la miseria non lo risparmiarono. Servì come staffetta nel piano di salvataggio degli ebrei di madre Maria (Skobtsova), fu arrestato dalla Gestapo e dovette subire la stessa sorte di madre Maria. Tuttavia, dovette la sua salvezza a una tubercolosi molto avanzata che fece dire all'ufficiale delle SS incaricato dello smistamento dei prigionieri: "Non durerà una settimana, non vale nemmeno la pena di un proiettile". Così fu rilasciato miracolosamente. Dal 1943 al 1945 fu rettore della chiesa di rue Pétel. Nel 1945, grazie al ministro della Svizzera a Parigi Carl Jakob Burckhardt, poté andare a soggiornare in Svizzera per un trattamento a Davos. Ne uscì guarito, con un solo polmone e una sordità indotta da un dosaggio sbagliato di streptomicina.

Nel 1945, il metropolita di Krutitsy Nikolaj (Jarushevich) elevò lo ieromonaco Serafim all'egumenato. Nel 1949 gli confidò "in via provvisoria" la parrocchia della Risurrezione di Zurigo. Questo compito "provvisorio" durerà quasi cinquanta anni.

Fu in questo periodo (1947) che poté tornare per la prima volta in Russia, non senza apprensione. Ritrovò la sua madre di cui non aveva notizie da più di vent'anni e fece soprattutto la conoscenza di sua Santità il patriarca Alessio I, che, nelle parole di vladyka Serafim, fu colui che contò di più nella sua vita spirituale, dopo san Silvano. Il Patriarca gli offrì per tre volte di elevarlo all'episcopato in Russia, ma padre Serafim si rifiutò ogni volta dicendo: "Non potrei mai tacere, e i bolscevichi finirebbero per spezzarmi".

In quel periodo, fondò e diresse la parrocchia della Natività della Madre di Dio a Ginevra. Alla Pasqua del 1952, il Patriarca Alessio I lo elevò ad archimandrita.

Il contributo di padre Serafim al consolidamento dei rapporti tra i cristiani fu considerevole. Ha favorito molto la scoperta in Occidente dei fondamenti spirituali dell'Ortodossia. Ha partecipato a numerose interviste, incontri e convegni teologici internazionali su invito di organizzazioni religiose e di parrocchie anglicane, protestanti, vecchio-cattoliche, cattolico-romane, così come dell'Università di Ginevra (1947), e della facoltà di teologia protestante di Zurigo (dove fu docente privato dal 1950 al 1953).

Ha realizzato le basi per l'ingresso della Chiesa ortodossa russa presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese, cosa che ha avuto luogo durante la terza riunione di New Delhi.

Aveva numerosi amici nell'episcopato, soprattutto i metropoliti Nikodim (Rotov) di Leningrado, Filarete di Minsk (un tempo suo confessore), Vladimir (Sabodan) di Kiev, Emilianos di Silivria, il patriarca Elia della Georgia, e tanti altri.

Il 6/19 dicembre 1971, il Santo Sinodo ha nominato l'archimandrita Serafim come vescovo di Zurigo, vicario del metropolita Antony (Bloom) di Sourozh, a quel tempo esarca del patriarca di Mosca in Europa occidentale. Fu consacrato vescovo nella cattedrale navale di san Nicola di san Pietroburgo da sua Santità il patriarca Pimen, il metropolita Nikodim di Leningrado e Novgorod, l'arcivescovo Juvenalij di Tula e il vescovo Meliton di Tikhvin. Il patriarca gli affidò la cura pastorale della Svizzera e dell'Italia. È al vescovo Serafim che dobbiamo l'origine del decanato d'Italia, attualmente diocesi.

In tutto il suo episcopato, ha irradiato la vita del Signore risorto e si è guadagnato il rispetto e l'amore di tutti, ortodossi o meno. Ha testimoniato instancabilmente l'amore di Cristo, la gioia e la pace dello Spirito Santo. Alcuni occidentali sono divenuti ortodossi, altri sono rimasti quello che erano, ma hanno mantenuto per sempre il ricordo della sua personalità forte e luminosa. Credeva con determinazione che Dio aveva permesso la rivoluzione perché l'Ortodossia potesse rinascere in Occidente. Quindi non si allontanò mai dalle sue amicizie, specialmente quella con padre Evgraf Kovalevskij, che divenne vescovo di Saint-Denis. Diceva sempre cosa provava nel suo cuore, anche se ciò non era sempre "politicamente corretto", come si dice oggi.

Gli anni si facevano sentire e la sua salute declinava. Eppure ha continuato la sua missione. Nel 1989, il patriarca Pimen lo ha elevato al rango di arcivescovo in considerazione dei suoi molti anni di servizio alla Chiesa e in occasione dei suoi 50 anni di sacerdozio.

Fu anche un periodo che vide crescere la sua sofferenza spirituale e il suo esaurimento generale. Nel 1988, trovò ancora la forza di partecipare alle celebrazioni del millennio del battesimo della Russia.

Nel 1992, le sue grandi sofferenze spirituali si allontanarono e la pace dello Spirito Santo lo invase di nuovo. Ritrovò persino l'uso delle gambe che aveva perso nelle sue tribolazioni. In quell'anno fondò la parrocchia di Payerne (Svizzera) e vi si trasferì. Nel 1995, fondò il monastero della santissima Trinità a Dompierre, il primo monastero ortodosso in Svizzera. Si stabilì lì nell'estrema precarietà degli inizi, quando aveva già 90 anni. [10]

I suoi ultimi anni di vita lo hanno avvicinato a Dio. Venivano a confessarsi a lui da lontano, chiedendo le sue preghiere, alla ricerca di una parola di conforto, pace dell'anima, un chiarimento, un discernimento sul proprio modo di vivere, Vladyka Serafim accoglieva tutti con gentilezza e gioia. Quando confessava diventava straordinariamente concentrato, contribuiva a raggiungere il punto, dava sollievo con grande compassione, non faceva mai sentire giudicati e aiutava a ritrovare una vera pace e gioia. Irradiava amore e gioia.

Coloro che hanno conosciuto l'arcivescovo Serafim affermano che era al tempo stesso facile e difficile frequentarlo. Facile, perché era un uomo puro e luminoso, e c'era in lui una semplicità infantile, davvero angelica; e difficile, perché vladyka era molto esigente verso le cose della vita, soppesandole di fronte alla concezione ortodossa del mondo. Niente era mai banale, tutto era importante per lui e doveva manifestare la presenza di Dio.

Morì nella notte dal 1/14 al 2/15 dicembre 1997 nel suo 93esimo anno. Fu veramente una Pasqua. Rimase pienamente cosciente fino alla fine e coloro che avevano il privilegio di accompagnarlo, possono testimoniare che cosa sia una nascita al cielo. Gli si fecero cinque giorni di veglia nella chiesa del monastero e Dio gli diede la grazia di essere sepolto il 6/19 dicembre, festa di san Nicola di Mira e anniversario della sua ordinazione episcopale. Secondo il suo desiderio, il patriarca Alessio II ha inviò l'arcivescovo Sergij (Fomin) di Solnechnogorsk a presiedere ai funerali. [11] Si può onestamente dire che l'arcivescovo Serafim è morto in odore di santità e ci sono stati molti che hanno trovato la riconciliazione e la pace in quel giorno benedetto: "Dalla sua bara emana la santità, la leggerezza; vogliamo pregare, vogliamo vedere la presenza di Dio; non c'è il solito odore che accompagna un cadavere in una bara". [12] In effetti, la chiesa in cui era stato depositato si riempì di un profumo dolce per diversi giorni. Secondo la sua volontà, l'arcivescovo Serafim è stato sepolto vicino al monastero in questo paese dell'Elvezia di cui era orgoglioso di essere divenuto un cittadino e si cui fu veramente l'apostolo, per dirla con le parole del suo caro amico l'archimandrita Sergij (Shevich).

Archimandrita Martin (De Caflisch)

Dompierre, 29 settembre/12 ottobre 2005,

Completato il 19 luglio/1 agosto 2009

Note

[1] Il suo nonno paterno, il generale Aleksandr Nikolaevich Rodionov, comandava il reggimento cosacco "Leib Kosak Gvardia" a San Pietroburgo. Suo padre, Ivan Aleksandrovich, divenne capitano della guardia, poi pubblicista e famoso scrittore. Suo cugino Nikolaj Nikolaevich Rodionov era un ufficiale dello yacht imperiale "Standart".

[2] Il suo nonno materno, Vladimir Anzimirov, fu quasi rovinato dall'applicazione nei suoi domini delle teorie agrarie sulla partecipazione e l'emancipazione dei contadini di Leone Tolstoj. Sua madre, Nina Vladimirovna, una pittrice di talento, teneva un salotto in cui si incontravano molti artisti e intellettuali.

[3] Tra le altre cose, vedrà un groppo rurale stabilirsi nella casa di Mosca della sua infanzia, dove vivrà con le umiliazioni che si possono immaginare.

[4] "Novaja Ekonomicheskaja Politika", una nuova politica economica messa in atto da Lenin nel 1921 dopo lo spaventoso fallimento del comunismo di guerra. Questo periodo di relativa liberalizzazione economica permise a molti intellettuali e artisti di andare in esilio.

[5] Nel 1927, ha contribuito al balletto "Le Pas d'Acier" (musica di Serge Prokofiev, coreografia di Leonide Massine e costumi di Georgii Yakulov).

[6] "La gioia celeste che sentivo mi riempì del desiderio di dedicare tutta la mia vita a Cristo senza alcuna riserva. Ho ricevuto il dono divino per tutta la vita". (Il mio percorso spirituale)

[7] Fu durante questo periodo che Vladimir fu impegnato come pittore dai servizi culturali del Regno di Jugoslavia, per fare accurate indagini sui magnifici affreschi del monastero di Grachanitsa. Questo lavoro sarà decisivo per l'approfondimento della sua vita spirituale e artistica.

[8] Nelle sue stesse parole: "La Chiesa in croce non può essere abbandonata".

[9] Un aneddoto rivelatore della sua vita spirituale: chiese al metropolita Elefterij, che era ansioso di ordinarlo sacerdote con il suo amico Evgraf Kovalevskij, di poter pronunciare prima i suoi voti.

[10] "Nella preghiera, ho sempre chiesto al Signore la ragione per tenermi vivo così a lungo. Il mio unico desiderio è di unirmi alla patria celeste. (...) Amo Cristo e la sua Chiesa, gli ho dato la vita. Il mio unico desiderio è servire la Chiesa donando a tutti quelli che lo vogliono veramente l'amore celeste, secondo il modo in cui mi ha indicato Saint Silouane. La risposta è arrivata: fondare un monastero". (Testamento spirituale)

[11] Questo vescovo, ora metropolita di Voronezh e Borissoglebsk, aveva conosciuto personalmente vladyka Serafim durante i sei anni trascorsi a Ginevra come rappresentante del Patriarcato al CEC.

[12] Ultima frase del sermone pronunciato dall'arcivescovo Sergij al funerale.

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