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  Un'intervista con l'iconografo Seraphim O’Keefe

dal blog Orthodox Arts Journal

7 settembre 2016

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Nota del redattore: Seraphim O'Keefe è un giovane, promettente iconografo che ha già fatto alcuni lavori notevoli. Siamo lieti di ospitare qui la sua interessante storia di vita, così come le immagini del suo principale e più recente progetto – le pitture murali nella chiesa ortodossa di San Cipriano a Midlothian, in Virginia. È chiaro dalla qualità di queste pitture che Seraphim è uno dei più talentuosi iconografi in formazione negli Stati Uniti.

Andrew Gould: Seraphim, raccontaci qualcosa sul tuo background come artista. Hai studiato pittura nella Repubblica di Georgia. Come hai fatto a finire così lontano da casa, e com'è stata questa esperienza?

Seraphim O'Keefe: Il mio desiderio di essere un artista è stato ispirato prima di tutto da mio padre. Dalla sua infanzia, mio ​​padre ha avuto talento e lo zelo per il disegno, che ha seguito con lo studio alla Parsons School of Design, alla Cooper Union a New York City, e nella sua carriera nel marketing. Crescendo, i miei tre fratelli e io siamo stati tutti ispirati a identificarci con l'arte visiva, e la siamo tutti ancora perseguendo in vari modi. Nella mia adolescenza, l'arte è diventata la via centrale per legarmi alla vita ed esplorare chi ero. Il mio lavoro a quel tempo era sperimentale, post-moderno, e spesso piuttosto scuro.

Alle scuole superiori, ho incontrato un uomo di nome John Wurdeman, dalla mia città natale di Richmond in Virginia, che aveva vissuto come artista nella Repubblica di Georgia. Era andato da MICA a Baltimora all'Istituto Surikov di Mosca in cerca della più intensa formazione di arte classica che riuscisse a trovare. Ha studiato nello studio del maestro Vjacheslav Nikolaevich Zabelin, diventando il primo americano a completare l'istituto, e poi si è spostato nel villaggio di Sighnaghi in Georgia dove ha sposato Ketevan Mindorashvili, la leader di un complesso georgiano di musica sacra e folk. Mi ha invitato a entrare in un gruppo di cinque pittori provenienti dall'America per un praticantato estivo di pittura in Georgia, guidato da lui e dal suo compagno di classe, Il'ja Jatsenko. Ero il più giovane del gruppo; gli altri quattro erano artisti professionisti.

Nessuno di noi prevedeva la terra meravigliosa che ci attendeva in Georgia. Sighnaghi è un villaggio di montagna che domina la fertile valle di Alazani dove hanno fatto il vino per migliaia di anni, e che si estende verso le cime innevate delle montagne del Caucaso. Abbiamo fatto lunghe ore di pittura e disegno dal vivo, ma l'estate è stata anche satura di personaggi incredibili, canzoni georgiane, danze, feste e attività spirituali. Non avevo mai visto una cultura così ricca e avventurosa. I miei insegnanti hanno visto che ero ansioso di imparare, e mi hanno invitato a tornare come apprendista dopo il liceo. Ho scelto questo apprendistato al posto del college perché prometteva una formazione classica più intensa, ma anche perché avevo imparato ad amare e ammirare i miei insegnanti e le loro famiglie, ed ero rimasto incantato dal loro modo di vivere.

Come apprendista, ho vissuto al fianco dei miei insegnanti, di solito a Sighnaghi con John, ma a volte per una stagione con Il'ja in una capanna di legno in un remoto villaggio russo. Lavoravamo lunghe ore dipingendo e disegnando ritratti, nature morte e paesaggi, e avevo vari esercizi di disegno da fare da solo. Nel corso ogni compito ero in dialogo con i miei maestri; mi correggevano e mi guidavano, e ho visto i loro modi di affrontare i nostri temi. Abbiamo trascorso tempo a guardare le opere dei maestri e a discutere il nostro lavoro in questo contesto. L'obiettivo era sempre quello di formare il mio occhio a vedere le cose in relazione, e a esprimerle come proporzioni. Per l'ultimo anno dei miei studi sono andato a Mosca, dove ho affittato uno studio e ho studiato con il maestro di Il'ja, Nikolai Ilarionevich Kozlov, che mi ha dato un rigoroso programma di lavoro di disegno accademico.

Per me, il vantaggio del tirocinio era l'opportunità di sviluppare un tale legame con i miei insegnanti. Sono diventato come un membro della loro famiglia, mangiavo con loro, viaggiavo con loro, facevo esposizioni d'arte, ballavo, cantavo, celebrava, e sono passato attraverso molte avventure con loro. Mi hanno aiutato in molti dei miei momenti più difficili, e fino ad oggi sento che sto ancora procedendo sotto la loro guida, anche se raramente ho la possibilità di vederli di persona.

E in Georgia hai scoperto anche la fede ortodossa?

Proprio così. Sono cresciuto come ateo, ma quando sono andato in Georgia ero molto affamato spiritualmente. Sia John sia Il'ja, insieme alle loro famiglie, sono seri ricercatori, così mo sono unito alla loro ricerca, e presto mi sono unito a loro nella Chiesa ortodossa. Questo ha portato a molte avventure e prove.

Dicci come hai deciso di perseguire l'iconografia come seria vocazione.

Dopo la mia conversione all'Ortodossia, ho cominciato a intervallare i miei studi con visite ai monasteri. Alla fine, ho voluto provare il monachesimo, e sono andato a un monastero in Georgia, dove ho vissuto per circa quattordici mesi come novizio. Dal momento che ero addestrato come pittore, l'abate ha fatto venire degli insegnanti, in modo che potessi imparare l'iconografia. Quando ho lasciato il monastero, sono tornato ai miei insegnanti e alla pittura dal vivo, ma a poco a poco il mio interesse per l'iconografia è cresciuto. Dopo i miei studi a Mosca, sono tornato in America e vacillavo tra pittura ed esposizioni di belle arti, il lavoro di illustratore grafico e l'iconografia. Ero scoraggiato dalla cultura corrente di arte a pagamento, che di solito comporta presentare se stessi come una sorta di persona esotica, "l'artista", e convincere i ricchi a volere il tuo lavoro.

L'estate prima che ci sposassimo, mia moglie Ilaria e io abbiamo trascorso due mesi in Alaska, in una comunità in cui erano richiesti il talento di Ilaria per il canto e l'insegnamento della musica, e il mio talento per l'iconografia. L'esperienza di lavoro sui canti e sulle immagini, in una comunità la cui vita dinamica invogliava all'espressione attraverso i talenti di ciascun membro, ci ha ispirati entrambi. Quando ce ne siamo andati alla fine dell'estate, il prete mi ha detto con gioia; "Devi imparare l'iconografia!" Le sue parole hanno fatto risuonare qualcosa in me. Sono andato a trascorrere due mesi al Monastero della santa Trinità a Jordanville, dove mi hanno generosamente istruito nella tecnica della tempera all'uovo. Da allora in poi ho consultato padre Andrew Tregubov, la cui guida è stata importante per me, così come altri iconografi. Dopo il nostro matrimonio nel 2010, Ilaria e io siamo tornati in Georgia, dove le nostre spese erano molto contenute, e sono stato in grado di iniziare a dipingere icone a tempo pieno.

Quali icone storiche e iconografi ti senti attratto a imitare?

Ho studiato ardentemente tutto quello su cui potevo mettere le mani. Recentemente, i maestri che hanno maggiormente ispirato i miei dipinti murali sono probabilmente Teofane il Greco e il maestro di Volotovo Pole, che hanno entrambi lavorato nella Russia del XIII secolo, e sono strettamente collegati. La maggior parte del loro lavoro è ormai perduta, ma i loro affreschi a Novgorod sono stati ben fotografati. Ho il sospetto che siano la stessa persona, ma credo che la maggior parte degli storici dell'arte dica il contrario. In ogni caso, questi affreschi sono dipinti con disarmante spontaneità e raffigurano gente piena di immediatezza espressiva. Le loro composizioni sono semplificate fino all'essenza del soggetto, sottolineando il carattere personale dell'incontro tra l'uomo e Dio. La loro libertà e giocosità in qualche modo rafforza la solennità del soggetto. Le loro linee cantano. Credo che queste qualità siano particolarmente attraenti per l'occhio moderno.

Mi baso anche sul lavoro di padre Grigorij Krug e di Leonid Uspenskij. Anche in questo caso, la semplicità, la spontaneità, e l'espressione umana sono enfatizzate. La creatività con la quale esprimono la tradizione ci ricorda che la fede non deve essere conservata come in un museo, ma incarnata. Questi due sono stati per me un ponte verso i vecchi maestri. Il mio maestro John e il suo maestro, V. N. Zabelin, sono entrambi soprattutto maestri del colore, e il lavoro di padre Grigorij mi ha aiutato a vedere come il loro senso di colore intuitivo, vivente può essere portato nell'iconografia.

Più di recente, vivendo vicino al museo dei Cloisters a New York, mi sono interessato a studiare l'iconografia romanica. Trovo emozionanti i colori vivaci e gli schemi ritmici del panneggio.

La chiesa della santa Croce a Linthicum nel Maryland è stata il tuo primo incarico importante? Come hai fatto ad avere un primo progetto tanto sostanziale?

Per le preghiere di san Bonifacio. Santa Croce è stata davvero il mio primo incarico di pittura murale. Ero stato un amico della comunità parrocchiale per sette/otto anni prima della commissione. Circa un anno dopo il nostro matrimonio, mia moglie e io abbiamo visitato Santa Croce in un viaggio. Avevano avuto recentemente in dono una reliquia di san Bonifacio, e il prete locale, padre Gregory Mathewes-Green, mi ha chiesto di dipingere un'icona per la reliquia. Io ero ansioso di avere commissioni. Il giorno successivo, abbiamo visitato il St Vladimir's Seminary, e per un caso non correlato, qualcuno mi ha incaricato di dipingere un'altra icona di san Bonifacio. Ottenere due commissioni in due giorni era una coincidenza abbastanza speciale in quel momento – e il fatto che entrambe fossero per icone di san Bonifacio, a mio parere, significava che il santo era al lavoro nella mia vita. Ho letto la sua biografia e ho dipinto le icone.

Quando ho portato l'icona finita a Santa Croce, erano ben contenti, e padre Gregory mi ha chiesto a bruciapelo se ero disponibile a fare le pitture murali che stavano progettando per il ventesimo anniversario della parrocchia. Io ero disposto, ma credo che padre Gregory abbia corso un grosso rischio ad assumere me, così inesperto. La parrocchia mi ha sostenuto con le proprie preghiere ed entusiasmo, e ne è venuto del bene. Potete certamente vedere che ero in fase di apprendimento quando ho realizzato quelle pitture murali, ma è anche possibile vedere che santa avventura è stata. Ancora più importante, il cammino della comunità parrocchiale con Dio si note attraverso le immagini.

San Bonifacio è stato incluso nella immagine finale del progetto durato due anni, in un gruppo di santi missionari, e la sua immagine è uscita con una chiarezza sorprendente, segnalando ancora una volta il suo ruolo in tutta la faccenda. Il rischio che la parrocchia ha corso con me e l'aiuto dei santi mi hanno permesso di fare il passo improbabile verso la pittura professionale delle chiese.

Seraphim, hai recentemente completato la tua seconda opera maggiore – la pittura del coro della chiesa ortodossa di san Cipriano a Midlothian, in Virginia, e sono le foto di quel progetto che vi proponiamo in quest'articolo. Raccontaci come sei arrivato a lavorare in quella chiesa, e quali sono le sfide e le opportunità che ti ha presentato.

Midlothian è un sobborgo di Richmond in Virginia, la mia città, e io avevo conosciuto questa parrocchia per circa dodici fino a questa commissione. Avevo spesso discusso le possibilità di pitture murali a San Cipriano con il loro sacerdote, padre David Arnold, negli anni prima che fossero pronti a iniziare questo lavoro. Un gruppo della parrocchia è venuto a vedere le pitture murali a Santa Croce mentre le finivo, e hanno deciso di commissionarmi le immagini del loro presbiterio. Il cambio di dinamica tra le due parrocchie ha insegnato a mia moglie e a me molto sulla natura della nostra vocazione. Vedo sempre di più questo lavoro come un ministero di ascolto che dà voce alla conversazione particolare che esiste tra Dio e la comunità.

La prima sfida qui è stata il nostro desiderio di rendere le pitture murali più permanenti possibile. Con il tuo consiglio, Andrew, abbiamo deciso essenzialmente di costruire un muro. al di sopra del muro a secco esistente dipinto in lattice, costituito da pannelli di cemento in fibra su cui è stato applicato del gesso. Questo ha comportato una spesa considerevole per la parrocchia, ma abbiamo sentito che ne valeva la pena – l'intonaco interagisce piacevolmente con luce e suono, e offre una superficie permanente per le immagini. Questa parte del progetto mi ha concesso più tempo per sviluppare i miei disegni preliminari prima di iniziare il lavoro sulle pareti. Lavorare a partire da questi disegni su quel bel muro di gesso è stato un grande piacere.

La forma insolita del muro del presbiterio a San Cipriano era un'altra sfida. È molto più ampio di quanto sia alto, e ha un soffitto piatto piuttosto che a semicupola. La parte superiore dell'iconostasi è una linea retta orizzontale a circa metà altezza dal pavimento al soffitto. Tutti questi fattori hanno reso particolarmente indesiderabili le zone con linee di divisione orizzontali. Ciò ha reso particolarmente impegnativa la questione di come comporre la Theotokos, l'immagine centrale dell'abside, che incarna il suo scopo incarnazionale. La soluzione di rappresentarla in una mandorla ha permesso agli altri elementi di riunirsi in una disposizione che richiama tutto l'immaginario, e quindi l'intera dinamica dei servizi liturgici, verso il momento della comunione, l'unione di Dio e dell'uomo.

Preferisco eseguire pitture murali in loco, perché è molto importante per me che ogni forma e colore interagiscano con le diverse condizioni di illuminazione durante il giorno, e faccio attenzione alle dinamiche della comunità durante il culto, così che in ogni modo le immagini possono esprimere il particolare rapporto di Dio con il popolo. Poche cose sono tanto stimolanti per una comunità quanto il vedere l'espressione della propria vita e visione.

Il sacerdote fondatore di San Cipriano, padre George Detrana, ha investito in una meravigliosa serie di icone dipinte dalla signora Maria Struve, allieva di Leonid Uspenskij. La parrocchia si identifica fortemente con queste icone; hanno storie interessanti su come sono state scelte e come i parrocchiani hanno viaggiato in Francia per raccoglierle e portarle in patria alla chiesa domestica in cui si trovava in origine la parrocchia. Questa serie comprende quattro grandi icone sulla loro iconostasi. Padre George era un allievo devoto di padre Alexander Schmemann, che era un amico della signora Struve; anche l'attuale prete, padre David Arnold, si identifica con questo lignaggio attraverso la sua formazione presso il St Vladimir's Seminary, e aveva questo in mente quando ha scelto l'architetto, padre Alexis Vinogradov, anch'egli strettamente legato a quella comunità. Tutto questo ha costituito un precedente per me per farmi prestare la massima attenzione alla scuola iconografica parigina, definita principalmente dall'opera di Leonid Uspenskij e di padre Grigorij Krug; la stessa cosa che io stesso ero ansioso di fare.

Ci sono diverse caratteristiche un po'insolite delle pitture nel presbiterio – in particolare il fondo bianco e le composizioni senza bordi. Le figure galleggiano insieme in questo spazio saturato di luce. È così diverso dal blu scuro con bordi rossi rigidi che noi vediamo di solito. Perché hai scelto di dipingere con questo delicato uso della luce e dello spazio compositivo? Pensi che ci sia qualcosa di particolarmente moderno o americano in questa brillante semplicità?

Gli sfondi luminosi e la semplicità della composizione sono molto caratteristici della scuola iconografica di Parigi, e ho notato che queste tendenze appaiono nelle opere degli iconografi contemporanei in tutto il mondo. Credo che gli spazi luminosi e aperti e le composizioni semplici e audaci sono particolarmente accoglienti per l'occhio moderno, compreso il mio. Nella mia esperienza, le persone rispondere più facilmente con l'apertura verso l'altro di quanto non facciano quando si entra in uno spazio scuro o densamente ornato. Ma ogni luogo richiede una propria estetica.

Puoi spiegare la logica alla base delle composizioni che hai scelto, e dove sono state posizionate?

Il tema generale potrebbe essere espresso nella famosa frase: "Dio si è fatto uomo perché l'uomo possa diventare Dio", dal testo Sull'Incarnazione di sant'Atanasio. Il programma di icone è stato progettato per interagire con i servizi liturgici e interpretarli, ricordando ai fedeli riuniti che questo tema ci coinvolge direttamente.

Il soffitto presenta l'etimasia, il trono preparato per Dio. Quest'immagine non è facilmente visibile dalla navata, e per vederla dall'interno del santuario è necessario guardarla direttamente, in modo che, in pratica, al solito, quest'immagine gioca il ruolo di "qualcosa che accade al di sopra", che è appropriata per il suo significato. L'etimasia rappresenta il luogo del Dio trascendente, "inconcepibile, indicibile, invisibile, incomprensibile..." al quale abbiamo accesso attraverso la croce di Cristo. Questo è il Dio che si è incarnato dalla Vergine Maria, e queste due immagini sono correlate qui dalla somiglianza della loro presentazione in mandorle. L'etimasia qui si trova direttamente sopra la santa mensa dell'altare, e interpreta il suo significato. La colomba appollaiata sul trono rappresenta lo Spirito Santo, che noi invochiamo dall'alto sui doni durante la liturgia.

Le otto mandorle più piccole intorno alla parte superiore della parete absidale, vicino al soffitto, raffigurano i profeti, quattro su entrambi i lati della Theotokos. Insieme, queste nove mandorle presentano le nove odi e gli inni del canone che compongono una parte prevalente del Mattutino e degli altri servizi giornalieri. I profeti qui sono gli autori dei nove cantici su cui si basano queste odi, e reggono pergamene recanti le prime righe dei loro cantici, ognuna che suggerisce un certo atteggiamento verso il Signore. Il Dio trascendente suggerito dall'etimasia al di sopra è Colui che i profeti hanno desiderato vedere. Come con l'ordine innografico delle nove odi, i gesti dei profeti anticipano il momento in cui questo desiderio ha avuto una risposta – nella nona ode – il cui autore è la Vergine stessa. Le prime parole del suo canto, "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore", proclamano l'atteggiamento di accettazione da parte del genere umano della venuta di Dio nella carne.

La Madre di Dio è l'immagine centrale, che interpreta il santuario come lo spazio simile al grembo materno in cui Dio viene a incarnarsi attraverso l'eucaristia, che unisce i fedeli come corpo di Cristo. La presenza di Gesù è sottolineata come il centro del cerchio, e il movimento verso l'esterno della sua benedizione, così come il gesto supplichevole verso l'alto di sua madre, si trasportano nelle forme e linee circostanti. Gli arcangeli Michele e Gabriele sono al suo fianco su entrambi i lati con i ventagli che potrebbero anche richiamare alla mente le pinze che reggono il carbone in Isaia 6. Tutto questo forma un movimento a forma di croce, che parte dall'elemento a forma di diamante della mandorla. Orizzontalmente, estende il gesto benedizione di Cristo verso l'esterno. Verticalmente, mette in correlazione l'etimasia soprastante e il calice sulla santa mensa raffigurato qui sotto.

Se il movimento dal trono del Dio trascendente verso l'incarnazione rappresenta il "Dio si è fatto uomo", il movimento verso il calice sulla mensa dell'altare nella zona inferiore della iconografia rappresenta il "perché l'uomo possa diventare Dio". Qui, san Giovanni Crisostomo e san Basilio il Grande, ai quali sono attribuiti i due ordini più comunemente usati dei testi della Divina liturgia, servono a un altare a cui partecipano anche gli angeli. Reggono pergamene recanti il testo dell'epiclesi che si trova in ciascuna delle loro liturgie, e questo testo continua nei rotoli dei vescovi in ​​piedi dietro di loro, sottolineando la continuità del culto attraverso il tempo e la distanza geografica. Alle loro spalle sta in piedi san Gregorio il Teologo della Cappadocia del IV secolo, san Cipriano di Cartagine dall'Africa del III secolo, e in seguito, i santi Tikhon e Innokentij, che servirono entrambi in America nel XX secolo. Questa immagine continua nella nostra liturgia, quando i fedeli sentono le stesse parole lette durante l'epiclesi, ricordandoci che, mentre siamo alla liturgia, ci uniamo con tutto il Corpo di Cristo di ogni tempo e luogo, e con le schiere angeliche. Ecco perché queste figure appaiono a grandezza naturale e in piedi al livello dei fedeli e in mezzo ai fedeli – il loro movimento riflette la posizione delle persone riunite nel culto.

Oltre ai vescovi americani, sulle pareti nord e sud, ci sono un prete e un diacono su entrambi i lati, un'aggiunta insolito a questo soggetto. I sacerdoti, san Giovanni di Chicago e san Giacomo dell'Alaska, sono entrambi martiri che hanno prestato servizio in America; san Giacomo è il primo prete ortodosso nato in America, e san Giovanni è il primo martire della rivoluzione bolscevica. I diaconi sono appena dentro le "porte" diaconali dell'iconostasi; santo Stefano, il diacono il cui martirio è raccontati nel libro degli Atti, e santa Olimpia, una monaca del IV secolo amica di san Giovanni Crisostomo.

Above queste cifre sulle pareti nord e sud sono due scene della risurrezione. L'apparizione del Cristo risorto a Luca e Cleopa di Emmaus interpreta la nostra Eucaristia per il riconoscimento dei discepoli di Cristo, nel momento in cui si spezza il pane. L'apparizione di Gesù ai discepoli sul mare di Tiberiade ci ricorda la riconciliazione come preparazione per la comunione, quando Pietro si tuffa in acqua per nuotare verso Gesù, che aveva rinnegato tre volte, per riconciliarsi con la sua risposta alla triplice domanda di Gesù: "Mi ami tu?"

C'è un'icona che non mi ricordo di aver mai visto prima: santa Olimpia la diaconessa. È ritratta come un diacono in senso moderno, e regge un incensiere. C'è un precedente per questa immagine?

Penso di sì. Non sappiamo solo ciò che una diaconessa avrebbe indossato nel IV secolo, ma ho visto questi paramenti come un modo semplice per indicare il suo servizio diaconale, e allo stesso modo per mettere in relazione il servizio dei diaconi al servizio degli angeli che stanno all'altare, e che qui indossano paramenti identici. A quanto mi risulta, le diaconesse nella Chiesa primitiva assistevano principalmente nei battesimi delle donne, un ruolo che con il passare del tempo è diventato superfluo. Tuttavia, non è raro per le monache avere compiti all'altare, e nei monasteri ho visto che le monache incensano abitualmente durante le funzioni. Ho progettato quest'immagine con la consulenza dei miei mentori.

Dipingi le tue pitture murali, e anche alcune icone su tavola, usando pittura ai silicati su intonaco di calce. Io uso questo stesso gesso e vernice nelle chiese che progetto, e mi è stato chiesto di scrivere le specifiche di costruzione per l'applicazione dell'intonaco nella chiesa di san Cipriano. Così ho un particolare interesse per questo mezzo.

Sono particolarmente lieto di vedere come lavori con scioltezza con la pittura ai silicati. Alcuni iconografi, abituati all'acrilico, la trovano frustrante da usare e lottano contro le sue caratteristiche. Ma il tuo lavoro mostra una sorprendente economia di pennellate. È chiaro che utilizzi la pittura ai silicati con grande vantaggio ed efficienza. La tua tecnica è completamente esposta – nessun movimento appare nascosto da pennellate successive. Devi avere una grande fiducia nella tua padronanza della tecnica. Ci puoi dire, come artista, come la gestisci, e quali vantaggi ti dà?

Sono così felice che tu promuova l'uso della pittura ai silicati per le pitture murali della chiesa – credo che sia la migliore opzione nella maggior parte dei casi. È progettata per essere anche più permanente degli affreschi, e ha le stesse qualità visive che rendono l'affresco ideale per le pitture murali della chiesa: luminosità, trasparenza, e una finitura minerale opaca. Diversamente dalla vernice acrilica, permette al substrato di gesso di mantenere la sua luminosità e il suo aspetto caldo e solido. Ma a differenza dell'affresco, la pittura ai silicati viene applicata sull'intonaco asciutto, quindi non richiede che il pittore applichi l'intonaco sezione per sezione, completando il quadro di ogni sezione prima che l'intonaco si asciughi. La chiesa può completare l'opera in gesso tutta in una volta, con il massimo anticipo sul progetto iconografico, se lo desidera, e tutto ciò che rimane da fare è dipingere. Per me, questo significava che avrei potuto costruire l'intero programma delle immagini del presbiterio contemporaneamente.

Io uso il sistema "Design Lasur" di vernice ai silicati della compagnia Keim, che è stato consigliato da Vladimir Grigorenko per la sua trasparenza e la sua relativa facilità di utilizzo. La vernice è già pronta per l'uso, i colori sono fatti di pigmenti minerali e possono essere miscelati liberamente. Tengo i colori in bottiglie da spremere, e li dispongo su tavolozze di ceramica da mescolare mentre dipingo. Vi è uno speciale liquido da diluizione per diluire la vernice. Come con qualsiasi tecnica, la gamma dei colori e il comportamento dei pigmenti richiedono un po' per abituarsi. Avendo lavorato con acquerello, tempera all'uovo, olio e varie altre tecniche nel corso degli anni, ho trovato la pittura ai silicati relativamente semplice da imparare. Penso all'acrilico come il mezzo meno istruttivo, perché è inerte e opaco, e richiede poca visualizzazione prima dell'azione. Il colore al silicato richiede questa visualizzazione, perché, mentre l'intonaco bagnato sembra più scuro di quello secco, questa vernice si schiarisce mentre si asciuga. Si asciuga e diventa permanente molto rapidamente.

Anche la gamma dei colori richiede inizialmente una certa pratica; ci si può sentire limitati in un primo momento, ma col tempo ho imparato come ottenere una vasta gamma di colori da questa tecnica. Dopo quattro anni di utilizzo di questa vernice, sono ancora spesso sorpreso dai nuovi effetti che posso produrre. Solo molto raramente utilizzo i colori al loro pieno potenziale di luminosità.

Come reagisce la gente al tuo stile di pittura? Qualcuno obietta che è troppo austero? Oppure le persone trovano che possono connettersi meglio con le icone a causa della loro semplicità diretta?

Trovo che la semplicità e la leggibilità aiutino le persone a connettersi con l'immagine. Nelle chiese che ho dipinto finora, ho avuto la benedizione di essere parte della comunità, insieme con la mia famiglia, per tutto il progetto. Questo mi ha permesso di imparare a dare voce alla vita della comunità attraverso l'iconografia. Per me, questo non comporta stabilire con il consiglio parrocchiale quale immagine andrà fatta e in quale punto; in primo luogo, io lavoro a stretto contatto con il sacerdote che prende le decisioni. Piuttosto, essa comporta un certo tipo di osservazione e di ascolto, e la dipendenza dalle preghiere e dall'energia della comunità. Non esiste una formula per fare questo lavoro, ma quando succede, la comunità riconosce le immagini come proprie. A volte le persone mi dicono che sentono come se le immagini fossero sempre state sul muro, ma nascoste, e che man mano che procedono è come se si diradasse una nebbia, o qualcosa di simile. Anch'io provo spesso una sensazione analoga.

L'anno scorso ti sei iscritto al St Vladimir's Seminary. Cosa stai studiando lì, e che cosa immagini come tuo futuro percorso di carriera?

Sto facendo il programma di Magistero teologico triennale. Questo è lo stesso corso di studio che si intraprende per preparare l'ordinazione sacerdotale, ma io non sto cercando l'ordinazione, o un particolare cambiamento di carriera. Si è aperta l'opportunità di studiare, e la mia famiglia ha deciso di approfittarne. Naturalmente, la formazione teologica informerà il mio lavoro come iconografo. Ma anche, man mano che andiamo avanti, la mia famiglia ha scoperto che il nostro lavoro porta molte opportunità per il ministero. Mia moglie è stata in grado di servire attraverso le sue doti musicali, e in altri modi. Cerchiamo modi di costruire e rafforzare la comunità nella Chiesa, soprattutto attraverso le arti. Se questo poi comporta l'insegnamento o l'assunzione di apprendisti, voglio essere in grado di presentare in modo responsabile l'arte nel contesto della vita e della teologia della Chiesa cristiana ortodossa.

Hai dei pensieri sullo stato dell'iconografia in America in generale? Quali sono le tue speranze per il futuro?

Penso che l'iconografia abbia un ruolo speciale tra le arti visive del nostro tempo. È arte fatta per una comunità, per esprimere la sua vita, i suoi valori e le sue aspirazioni. Ed è l'arte con cui una comunità vive e interagisce, giorno dopo giorno e anno dopo anno. Fa parte di una sinfonia globale; interagisce organicamente con l'architettura, gli oggetti e le azioni liturgiche, la poesia e la musica dei servizi, tutti i suoni, gli odori, e movimenti. Ma ancora di più, interagisce con le parti profonde della vita delle persone, che ogni giorno cercano di vivere la vita che le icone esprimono. La gente viene in chiesa nei propri momenti duri e bui, nei momenti di gioia e di festa, e nei tempi di transizione e di crescita. Incontrando le immagini durante questi periodi le vedranno in modo nuovo, e si svilupperà per loro il significato delle immagini. Non molti artisti hanno questo tipo di opportunità. Per questo motivo penso che dovremmo cercare di fare iconografia che esprime la grande dignità e il valore della vita umana, e la nostra alta vocazione. Ti vedo lottare per questo scopo nella progettazione delle chiese, Andrew. Dobbiamo camminare in questo spazio e percepire la nostra alta vocazione. La stragrande maggioranza delle immagini che vediamo intorno a noi, nella nostra cultura, ci chiama ovunque, tranne che più alto e più in profondità.

A livello pratico, per gli iconografi, penso che questo significhi che abbiamo bisogno di imparare a disegnare. È una questione di rispetto. Sto predicando questo a me stesso, prima di tutto. Abbiamo bisogno di un set completo di strumenti nella nostra cassetta degli attrezzi. Ci vuole coraggio per imparare ad amare a passare il tempo con una matita, ma è molto utile.

Grazie, Seraphim, per quest'interessante intervista.

Il sito web di Seraphim O'Keefe può essere visto qui

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