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  Pellegrinaggio alla Santa Montagna dalla parrocchia di san Nicola di Myra (Lecco)
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Di recente (dal 4 al 7 Luglio 2016) Dio mi ha donato la grazia di potermi recare in pellegrinaggio sulla Santa Montagna con padre Vitaly della parrocchia di san Nicola di Lecco.

Dato il bel diario che recentemente ho avuto la gioia di leggere sul sito della parrocchia di san Massimo mi è nato nel cuore il desiderio di condividere solo alcune considerazioni che al termine del nostro pellegrinaggio sono vive nel mio cuore.

monastero di san Panteleimon

Siamo stati ospitati presso una casa di accoglienza, la "Casa dei Russi" a Karies, e grazie alla disponibilità di una macchina, abbiamo potuto visitare in breve tempo diversi monasteri, così ci siamo potuti soffermare a pregare davanti a molte icone miracolose e le nostre labbra hanno potuto baciare molte reliquie.

Devo riconoscere che da occidentale non mi è stato immediatamente facile entrare nella logica del mio batjushka: la mia abitudine a "cercare di condurre le situazioni verso ciò che desidero" o anche solo  voler "avere un programma" ha rischiato di impedire alla Madre di Dio di condurci sui sentieri da lei pensati per noi fragili figli. Riconosco che la conversione verso una forma mentis che non sia "pagana" richiederà per me tanto tempo e capacità di morire a me stesso (pregate per me).

La prima cosa che ho sentito arrivando all'Aghion Oros è stata: "questo è veramente il giardino della Tuttasanta!", questo è stato un aiuto profondo, mi ha fatto sentire subito a casa e in mani materne; la tradizione che si narra sulla presenza di Maria sulla Santa Montagna dice:

"Nella Montagna Sacra del cristianesimo circa 2000 monaci vivono isolati dal mondo in una stretta e lunga penisola nel mar Egeo. Si entra solo per mare ed è un luogo interdetto alle donne, ma è dedicato alla Tuttasanta vergine Maria. È un luogo sotto la protezione della Vergine perché, secondo la tradizione, quando la Vergine e san Giovanni vi trovarono rifugio in una tempesta del mare circostante, Maria chiese a Cristo questo luogo per riservarlo a coloro che coltivano lo spirito, e per questo è chiamato il giardino della Tuttasanta".

Da tanto tempo sognavo di potermi recare sulla Santa Montagna per poter partecipare alle liturgie; il primo giorno ci siamo trovati in un grande e antico monastero e ci siamo potuti fermare alla Veglia.

Devo riconoscere che quello che ho visto è stato molto distante da ciò che immaginavo, nel coro i monaci erano spesso "buttati sugli scranni", il vociare tra l'uno e l'altro era un sottofondo durante tutto il canto liturgico,  la gestualità era ridotta al minimo; se anche solo una piccola parte di questo fosse successo tra noi servitori d'altare a Lecco il nostro padre ci avrebbe spediti in "ferie anticipate"... trovandomi davanti agli occhi questa scena inattesa ho provato a dirmi che non conoscevo la stanchezza di questi monaci che poteva giustificare la postura e gli sbadigli, ma non ho potuto comunque non dirmi che anche da noi in chiesa molte sorelle fanno lavori faticosi, devono badare ai propri figli, e hanno magari la croce di mariti non molto presenti nel cammino di fede, ma stanno con dignità angelica alla liturgia! Rendendomi conto che questo mio giudicare mi stava però allontanando dalla preghiera, ho cercato di vivere il Bello che la grazia e lo sforzo di alcuni ha reso visibile e presente.

Usciti, è stato per noi un balsamo l'incontro con padre Teofilo, padre greco con un buon italiano che ci ha amorevolmente chiesto del nostro pellegrinaggio, ci ha mostrato vicinanza e paterna preghiera e ci ha invitati a tornare in futuro per soffermarci con lui (gloria a Dio per tutto!); padre Teofilo ha imparato l'italiano attraverso le molte visite di figli spirituali di un suo confratello che ha avuto la benedizione di poter riaprire nel sud Italia il monastero di san Giovanni Theristis con regola athonita.

Nel monastero di padre Teofilo, Pantokratoros, è custodita un'icona che mi ha particolarmente colpito, la Madre di Dio dell'Anziano:

"L'icona miracolosa detta Panaghía Gheróntissa, ossia dell'Anziano, così denominata in quanto, secondo la tradizione, avrebbe sollecitato  l’officiante della liturgia, chiedendogli di accelerare i tempi della celebrazione al fine di poter portare i Santi Doni ad un confratello anziano morente. Della santa Madre di Dio raffigurata nell'icona i calogeri raccontano diversi prodigi: si narra, ad esempio, che in un periodo di carestia riempì un'intera giara di olio; che accecò un turco che l'aveva gettata in un pozzo e che nel 1950 protesse il monastero dal violento incendio, estinguendone miracolosamente le fiamme. Si narra che tutti gli sforzi per spegnere il fuoco furono vani, finché i monaci, in pericolo di vita, presero l'icona della Madre di Dio, la elevarono al cielo, e poi, cantando, attraversarono illesi le fiamme. La Madre di Dio li avrebbe così salvati!

In realtà, sembrerebbe che i monaci, in passato, non avessero agito così bene nei confronti dell’icona: un'antica leggenda narra infatti di quando, attaccati dai pirati, i monaci si erano nascosti nella torre. Pensando che i religiosi avessero nascosto la cassa del monastero e volendo farli uscire, i briganti presero l'icona dalla chiesa e andarono vicino ad un pozzo. I monaci, però, non si mossero affatto per salvare l'immagine della Vergine; così i pirati, irritati, gettarono l'icona nel pozzo e se ne andarono via. Molti anni dopo, tormentato dalla coscienza, il capo dei predoni inviò un parente al monastero e fece chiedere dell'icona: l'avevano tutti dimenticata miseramente nel pozzo! Quando la trassero fuori, constatarono con sorpresa che l'immagine della Vergine non aveva subìto alcun danno dall'acqua. Un monaco russo la restaurò e la rivestì con una lamina d'argento che la ricopre tuttora".

Mentre i nostri giorni stavano ormai volgendo alla fine, abbiamo deciso di andare a fare visita al monastero di Koutloumousiou vicino al luogo dove eravamo alloggiati, davanti al monastero ci accoglie un monaco che capisco essere la nostra guida, ma con mia grande sorpresa vedo che supera le mura del monastero per poi inoltrarsi nella vegetazione; dopo una decina di minuti di cammino mi permetto di chiedere la nostra prossima meta, e con grande sorpresa mi sento dire: "stiamo andando alla cella che è stata di padre Paisios al kellion Panaguda". Che dono meraviglioso, abbiamo potuto visitare un luogo veramente speciale abitato da un santo da poco canonizzato, luogo che ha ricevuto più volte le visite della Madre di Dio e di diversi santi; il luogo nella sua estrema semplicità portava veramente un' aria di anticipazione del paradiso, aria di dolcezza e solennità a cui non si può restare indifferenti.

Dopo aver ricevuto la benedizione dai monaci che ancora oggi abitano in questo piccolo insediamento, ripartiamo inoltrandoci ancora nella vegetazione e mi viene accennato che stiamo per andare a visitare la cella dello starets Gabriel.

Io da ortodosso acerbo mi immagino una splendida visita come quella da poco compiuta da padre Paisios, convinto che lo starets Gabriel fosse un santo monaco ora in cielo; e invece, entrando in un piccola cella, mi trovo al cospetto di uno starets in carne e ossa, un anziano steso su un letto in perfetto abito monastico con attorno al cuscino una schiera di icone di santi, di angeli e della Madre di Dio, dandomi un'immagine come se ormai la sua mente non fosse più sulla terra ma sempre nelle volte celesti! Dopo essermi buttato a baciargli la mano, riceviamo da lui benedizioni, sorrisi e qualche pugnetto sulle nostre teste (probabilmente ne riscontrava la durezza spirituale); ci intratteniamo nella sua cella e il suo giovane servitore facendoci da traduttore ci permette di porre allo starets diverse domande e richieste di preghiere per familiari e fratelli della nostra Chiesa.

Non dimenticherò mai questo viaggio sulla Santa Montagna, luogo che sento essere veramente il giardino della Madre di Dio, luogo in cui non è presente il mondo con le proprie seduzioni e dove non basta abitare per essere salvati, ma che anzi richiede una lotta più accesa, che porta in se la grande responsabilità di custodire la Tradizione di una vita santa e ortodossa, dove è possibile trovare rilassatezza eccessiva ma anche uomini angelici come padre Gabriel, dove ogni gesto se osservato nel suo senso profondo conduce all'incontro con Cristo.

Rientro con grande gratitudine verso Dio per avermi condotto alla comunità di san Nicola di Lecco, luogo che è la mia santa montagna, in cui i fratelli che vengono a pregare mi aiutano con il loro esempio e la loro vita ad entrare con il giusto passo nella Chiesa ortodossa; lo stesso padre Paisios diceva: "Se c'è qualche probabilità che io mi salvi, sarà per le preghiere delle madri".

Come monito rivolto a me prendo spunto dalle parole del mio padre spirituale, padre Gabriel Bunge, che ha lasciato in un bellissimo articolo su questo sito:

"Di fatto, i laici arrivano all'eremo con più o meno le stesse domande dei monaci: vengono con domande sulla vita spirituale, su come vivere una piena vita cristiana mentre sono circondati dal rumore del mondo. Io do loro gli stessi consigli che do ai monaci, ma la regola che do a ogni persona è adatta alle loro condizioni di vita. Non posso dare a un giovane uomo sposato con quattro figli, la stessa regola che darei a un uomo più anziano che vive da solo. La stessa cosa è per quanto riguarda una madre di famiglia.

Perché, vedete, non ci sono due spiritualità diverse. Non si può essere qualcosa di più di un cristiano. Un monaco non è più di un cristiano. Cerca di diventare un cristiano, con i mezzi che i Santi Padri hanno messo nelle nostre mani. Quindi posso dare gli stessi consigli che do ai monaci, ma sempre adattati alle circostanze della propria vita, la propria età, e pure la propria età spirituale".

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