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  Il robot, il mutante e l'artista

di Jonathan Pageau

dal blog Orthodox Arts Journal, 11 marzo 2016

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san Luca dipinge la Theotokos

Una delle debolezze della nostra visione del mondo è che si tende a guardare a ciò che ci circonda da una di due parti opposte. È una cosa inevitabile, perché l'esistenza dell'umanità si muove come una ruota, salendo e calando, trainata da forze opposte da estremo a estremo. Questi estremi si alimentano l'un l'altro, si chiamano l'un l'altro in esistenza tanto che spesso il nostro nemico più feroce è il nostro riflesso in uno specchio.

Cristo viene come rimedio a questa vertigine frenetica. Egli è allo stesso tempo l'Alfa e l'Omega, l'inizio e la fine. Egli è l'unione degli estremi, non solo la perfetta unione del cielo e della terra, del creato e dell'increato, del divino e dell'umano, ma meditando sulla sua storia scopriamo la sua vita come unione degli opposti in una vasta gamma di categorie. Cristo è servo e re, pietra d'inciampo e testata d'angolo, pastore e giudice. Nelle parole del profeta Simeone egli viene per la rovina e la risurrezione di molti, porta la pace e il fuoco, indossa una corona di spine. Potrei riempire quest'intero testo con i modi in cui Cristo unisce ed è allo stesso tempo l'origine degli opposti.

In un'immagine di Cristo, l'umanità è chiamata a imitarlo in questa funzione di unire gli opposti senza distruggerli, attraverso l'amore e la comunione, e questo è il motivo per cui san Massimo il Confessore parla dell'uomo come microcosmo, la cui natura è "il laboratorio in cui tutto è concentrato e che in se stesso media naturalmente tra le estremità di ciascuna divisione" [1]. Comprendendo questo mistero, arriviamo a vedere che ogni caduta, proprio come la caduta nell'Eden, è una caduta in un opposto, un'illusione che ci fa vedere un lato di una dualità come pienezza e totalità. Questa è la causa di ogni conflitto e di ogni guerra, a cui Cristo risponde dicendoci di amare i nostri nemici.

Il mondo moderno, che dal tardo Medioevo fino a oggi, si è sviluppato in un certo modo come una "de-incarnazione", una separazione e una radicalizzazione degli opposti. Per esempio, spesso caratterizziamo il mondo moderno come materialistico e anti-spirituale, ma naturalmente, non è così. La modernità ha dato origine al materialismo e al tempo stesso ha riacceso diverse forme di "spiritualismi", teosofie o speculazioni esoteriche. Non dobbiamo dimenticare che René Descartes, che ci ha dato l'universo meccanicistico in cui ancora viviamo, aveva anche passato la sua vita alla ricerca della società esoterica segreta dei Rosacroce, o che Karl Marx è vissuto allo stesso tempo di Helena Blavatsky. Entrambi questi estremi sono moderni, ed entrambi nascono dalle rispettive posizione di estremi opposti.

Nella pratica del fare umano, ciò che chiameremo "arte", anche questa radicalizzazione degli opposti ha assunto diverse forme. L'ho spiegato in precedenza, ma nei tempi antichi la nozione di arte, techne o ars, includeva tutte le discipline del sapere applicato. Anche se esistevano distinzioni tra diverse forme d'arte, secondo le loro funzioni – pittura, retorica, medicina – non c'era l'opposizione che troviamo oggi. Le belle arti non erano opposte all'arte popolare, o all'arte commerciale, o alla tecnologia.

Se l'artista sacro deve prendere sul serio il ruolo di mediatore, è fondamentale che giunga a una comprensione di questa realtà, in modo da non cadere involontariamente preda di tale pensiero oppositivo. Ci sono stati molti articoli su Orthodox Arts Journal che tentano di mostrare come le qualità astratte dell'arte moderna sono legate in qualche modo l'icona e queste sono affermazioni importanti da fare. Ma bisogna sempre tenere a mente che ciò che chiamiamo arte moderna, che spesso spiritualizza in modo astratto ed elitario oggetto, forma e colore, è in se stessa in un'opposizione radicale. Non vi è alcun'avanguardia tedesca o russa senza un realismo sociale che sia apparsa come il suo nemico esplicito, portando a far bandire l'arte d'avanguardia in entrambi i paesi. Anche in America, non c'è espressionismo astratto, senza regionalismo, non c'è alcun Jackson Pollock senza un Thomas Hart Benton. Nella nostra prospettiva storica, il lato dell'arte di "avanguardia" è così preponderante da farci semplicemente dimenticare o ignorare che Grant Wood dipingeva nello stesso tempo di Georgia O'Keeffe.

Autumn Rythm, di Jackson Pollock, un esempio supremo di espressionismo astratto americano

Sources of Country Music, di Thomas Hart Benton. Un esempio supremo di regionalismo americano. Benton era insegnante di Pollock alla Art Student’s League, e Pollock disse spesso che l'insegnamento di Benton gli aveva dato qualcosa contro cui ribellarsi

Detto questo, dobbiamo assumere una visione ancora più ampia. Se nel Medioevo la realizzazione di un pettine o una sedia era tanto "arte" quanto il dipinto di un affresco, nel mondo moderno abbiamo opposto "arte" e produzione. Abbiamo opposto l'oggetto d'arte, che è unico, autonomo e senza utilità, a innumerevoli oggetti "privi d'arte" che compriamo al negozio, che sono invece identici, prodotti in serie e utilitaristici.

pettine medievale d'avorio

pettine moderno prodotto in massa

Anche se può essere rappresentato in una miriade di forme, uno dei modi più utili per vedere la tendenza agli estremi sono due tipi di umanità nati nell'immaginario moderno, entrambi presenti nella nostra psiche e nelle nostre narrazioni. Potremmo chiamare questi due tipi di umanità la macchina umana da una parte e l'individuo assoluto dall'altra. O per dirla più semplicemente, il robot e il mutante.

Il robot è una copia artificiale di una persona umana, una copia senza personalità, senza individualità, un essere infinitamente riproducibile che è assolutamente servile, uno schiavo senza responsabilità morale che esiste per pura utilità. La sua estensione nella società è l'uomo come numero, la massa anonima di esseri statistici, l'operaio e il sistema burocratico dello stato moderno.

Rosie, la cameriera robot del cartone animato americano The Jetsons (I pronipoti), in onda negli anni '60

D'altra parte, il mutante è l'individuo assoluto, un Übermensch il cui stesso corpo, oserei dire la cui stessa natura, è unica, e questa unicità (in particolare la versione del mutante dei fumetti Marvel) appare come un potere e un aspetto peculiare. È anche presentato come "avanguardia umana", il prossimo passo nel progresso evolutivo dell'umanità. L'estensione del mutante nella società è la rock star, l'artista come genio, il milionario che si è fatto da sé e il ribelle indomabile che si erge contro il "sistema".

Wolverine, il mutante archetipo nella narrativa moderna

Se si applica questo schema all'iconografia, per esempio, quelli con tendenze robotiche tenderanno a sottolineare lo status quo, l'utilità pura delle icone, potrebbero tendere a enfatizzare la ripetizione di modelli antichi, o forse potrebbero non trovare alcun problema con le icone riprodotte meccanicamente. I robot potranno vedere con sospetto coloro che innovano, chi ha uno stile personale e troppo visibile nelle proprie icone. Quelli con tendenze mutanti d'altro canto favoriranno l'individualità, il cambiamento, l'esplorazione e l'aspetto di "belle arti" delle icone. Potrebbero voler vedere le loro opere in gallerie e collezioni, cercare una certa fama e notorietà e tendere a vedere il cambiamento e l'innovazione come cose aventi valore in sé. I mutanti potrebbero anche guardare dall'alto in basso quelli che si limitano "semplicemente a copiare" come se fossero una razza inferiore di iconografi.

Ma il potenziale dell'arte liturgica, per sua stessa natura, viene a noi come soluzione pratica per la dualità di estremi che si è sviluppata nell'arte. Quelli di noi che hanno intenzionalmente abbandonato il mondo dell'arte contemporanea per abbracciare l'iconografia di solito ne sono consapevoli. Per noi, il fascino dell'iconografia è esattamente il fatto che essa attraversa e comprende tutte le divisioni del fare umano. È un oggetto di utilità assoluta, pienamente ancorato nella vita e nelle pratiche spirituali della Chiesa, ma è anche un oggetto di bellezza fatto da una persona, oltre a essere un profondo testo visivo con strati e strati di significato. L'icona è tipologica, segue regole canoniche, ma non deve essere tirannica nella riproduzione sistematica, come si vede negli oggetti realizzati in fabbrica. L'icona si trova nelle chiese imperiali così come nelle più comuni capanne dei contadini. L'icona può essere una creazione sia individuale sia comunitaria, che esprime la qualità unica dell'artista che l'ha fatta, ma può anche essere fatta per una comunità e all'interno di una comunità e all'interno del linguaggio visivo comune che lega assieme quella comunità. In questo modo fare un'icona può essere un atto d'amore.

angolo rosso di una piccola casa di campagna russa

interno della chiesa del Sangue Versato, a San Pietroburgo, la cui costruzione fu avviata nel 1883 dall'imperatore Alessandro III in memoria di suo padre

Ma perché l'arte liturgica sia un atto d'amore, deve trovare la via di mezzo, come ci dice san Gregorio di Nissa commentando le famose parole di Cristo: "Né la prudenza del serpente, né la semplicità della colomba sono da lodare, se ne scegliamo una da sola. Piuttosto è la disposizione che unisce strettamente queste due che è virtù" [2]. Per trovare la virtù nell'arte liturgica dobbiamo cercare di evitare sia la copia senza senso sia l'innovazione senza senso, sia il puro utilitarismo sia la pura contemplazione estetica. Piuttosto dovrebbe riunire un'esplorazione gioiosa dei nostri predecessori con lo sforzo di includere questi linguaggi visivi nelle nostro, andando avanti con la preghiera e l'umiltà, e allora i linguaggi visivi e tipologici della icona saranno come vivere e respirare l'arte comune che può ancora essere un testimonianza vibrante e autentica in un mondo di robot e di mutanti.

Note

[1] San Massimo, citato in Andrew Louth, "Saint Maximos the Confessor", p.73

[2] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 289

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