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  Viaggio tra le iconostasi ortodosse in Italia
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L'iconostasi non è solo un elemento fondamentale dell'arredo di una chiesa ortodossa odierna: è anche un piccolo compendio di verità di fede e di storia della salvezza cristiana sotto forma di immagini. Pertanto ha un forte valore di testimonianza di fede.

Negli ultimi decenni si sono moltiplicate in Italia le iconostasi ortodosse, costruite secondo i più diversi usi locali, con diversi materiali e tecniche, spesso rispondendo alle più diverse esigenze di adattamento, e anche con diversi stadi di complessità (dalle più semplici e provvisorie alle più elaborate), ma tutte riflettono una profonda unità di fede nella diversità delle ambientazioni.

Quello che vi presentiamo qui è un viaggio di scoperta delle iconostasi ortodosse presenti in Italia (includiamo anche esempi da Malta e da San Marino), antiche e nuove, temporanee e definitive, di luoghi di culto dei quali per uniformità indichiamo solo la località e la dedicazione della chiesa.

Come in tutti i viaggi, abbiamo dovuto seguire alcune regole per l'itinerario. Eccole qui, in breve:

1) L'ordine di presentazione dei locali di culto è rigorosamente l'ordine alfabetico dei nomi di località, e all'interno della stessa località, l'ordine alfabetico della dedicazione. Che Dio ci scampi, in una descrizione così vasta e complessa, dalla necessità di stabilire un ordine di priorità di un luogo di culto su di un altro!

2) Laddove la cosa non ci è sembrata essenziale alla comprensione di una determinata iconostasi, non ci siamo presi la briga di specificare se questa appartiene a una parrocchia, a una cappella, a un monastero o via dicendo. In alcuni casi, le iconostasi hanno avuto una loro evoluzione da strutture temporanee a quelle più definitive, e talvolta le iconostasi iniziali di una chiesa sono state "ereditate" da un'altra.

3) Abbiamo preso liberamente esempi disponibili in rete, oltre ad alcuni esempi di foto e cartoline che avevamo a disposizione. La qualità e chiarezza delle immagini è spesso disomogenea, così come il loro formato. Se siamo riusciti a far bene il nostro lavoro, tuttavia, scoprirete che pur nelle loro diverse tipologie, le iconostasi sono più armoniche tra loro di quanto non lo siano le loro fotografie!

4) Ci siamo limitati alle iconostasi ortodosse, pur consapevoli che in Italia ci sono esempi di iconostasi delle Chiese cattoliche orientali, delle Chiese ortodosse antico-orientali, e di diverse giurisdizioni non canoniche. Anche queste meriterebbero un'analisi, ma la loro è una storia che dovrà essere raccontata un'altra volta. Per il momento, vogliamo offrire oltre alla testimonianza iconografica anche una testimonianza di unità ecclesiologica: ovvero, un fedele ortodosso che può comunicarsi in una di queste chiese è autorizzato a comunicarsi anche in tutte le altre, senza eccezioni.

5) Di preferenza, abbiamo voluto usare immagini con le chiese vuote. Questo non è perché non ci piaccia vedere gente in chiesa (anzi, le iconostasi perdono senso, se non ci sono fedeli che le osservano); piuttosto, è perché le foto con persone davanti alle iconostasi non ci permettono di vederne appieno i dettagli. Purtroppo, non è stato sempre possibile trovare immagini più sgombre, e in loro assenza abbiamo fatto ricorso a immagini di momenti delle funzioni, oppure con gruppi di persone in posa davanti alle iconostasi.

6) Laddove ci è parso rilevante, abbiamo aggiunto alcuni nostri commenti, senza alcuna pretesa generalizzata di offrire definitive valutazioni teologiche o artistiche. Ovviamente, abbiamo discusso maggiori dettagli delle iconostasi che conosciamo di più. Se ci permettiamo di presentare un maggior numero di immagini e di commenti sulla nostra parrocchia di san Massimo a Torino, non è per auto-promozione, ma è perché si tratta dell'ambiente che conosciamo in maggior dettaglio, e di cui possiamo spiegare i particolari con cognizione di causa. Se pensate che nei nostri commenti abbiamo omesso alcuni dettagli importanti... non ce ne vogliate. Possiamo osservare le cose solo dal nostro limitato punto di vista.

7) Siamo consapevoli del fatto che la maggior parte delle immagini è ospitata su siti istituzionali delle diverse giurisdizioni ortodosse. Siamo particolarmente grati alla lista delle chiese e delle parrocchie della Sacra Arcidiocesi d'Italia e di Malta, che ha fatto un lavoro particolarmente puntiglioso e ammirevole nel provvedere adeguate fotografie degli interni delle sue chiese, nonché al sito della diocesi romena, strumento indispensabile per familiarizzarsi con il numero delle sue parrocchie, ormai più grande di quello di tutte le altre giurisdizioni messe insieme.

Quello che per ora mancava è un colpo d'occhio generale su TUTTE le iconostasi ortodosse, e speriamo che questo nostro viaggio non sia altro che una premessa di uno studio più attento e dettagliato.

8) Che cos'è un'iconostasi vera e propria, e che cosa non lo è? Di per sé, il termine iconostasi significa piedistallo delle icone, per cui qualsiasi balaustra con un paio di icone appoggiate sopra, o qualsiasi parete che abbia delle icone appese, potrebbe aspirare a questa definizione. Notiamo però che molte ambientazioni provvisorie non aggiungerebbero granché di sostanziale al nostro viaggio. Abbiamo deciso arbitrariamente di includere un certo numero di luoghi di culto con iconostasi di tipo minimale, la cui particolare scelta ci è sembrata rilevante.

9) Occorre ricordare che questo è un campo in continua crescita e trasformazione. Alcune delle iconostasi qui descritte oggi non esistono più, e altre non ci saranno più in breve tempo (per essere sostituite, ci auguriamo, da strutture più definitive e ancor più significative). Forse qualcuno che segue questo viaggio assieme a noi potrà trovare qualche idea o soluzione per i problemi dell'allestimento dell'iconostasi nella propria stessa chiesa. Se non fosse che per questo, il viaggio non sarà stato intrapreso invano.

A tutti, buon viaggio alla scoperta delle iconostasi ortodosse!

Alba (CN) – san Lorenzo

Un'iconostasi stretta e ben adattata al santuario, con icone eleganti e una struttura e decorazioni molto ben studiate per armonizzarsi all'interno della chiesa.

Albenga (SV) – san Giorgio

In un locale offerto in prestito alla comunità parrocchiale, l'iconostasi ha raggiunto il massimo possibile di occupazione dello spazio, dovendo sacrificare una delle porte laterali, e fungendo anche da sostegno per oggetti usati solo in particolari stagioni, come la scritta dell'annuncio pasquale e la scena della Natività (che è quanto meno curioso vedere sistemate una accanto all'altra). Il leggio centrale, oltre che essere il supporto dell'icona patronale, funge anche da armadietto, e questo è utilissimo nelle navate di piccole dimensioni. Forse è eccessivo dover decorare le ante di un tale armadio con riproduzioni di un crocifisso intagliato: per nascondere l'armadio è più che sufficiente un telo come quello sotto all'icona, lungo abbastanza per arrivare fino a terra.

Alcamo (TP) – san Leone di Catania

Iconostasi in legno scolpito, molto elaborata, e perfettamente incastonata in un presbiterio stretto e squadrato. La mancanza di spazio ha portato a sacrificare metà delle icone dei profeti e delle grandi feste, ma ha concesso a quelle rimaste di essere ampie e armoniose con il resto dell'insieme. Ci dispiace invece vedere che l'icona della Discesa agli Inferi, la "festa delle feste", sia stata inserita al livello delle altre grandi feste, svilendo la prospettiva veramente unica della Risurrezione nella cristologia ortodossa. Questo è un errore che non va fatto, particolarmente in aree di tradizione cattolica romana, dove la prevalenza della Pasqua sulle altre feste deve essere un punto importante del dialogo sulla fede.

Alessandria – santi Varlaam e Parascheva

La struttura dell'iconostasi è stata realizzata interamente in ferro battuto, la più imponente di questo genere in Italia, e davvero unica per la delicatezza e l'armonia dei suoi dettagli.

Alghero (SS) – santa Barbara

L'iconostasi, che aveva un certo effetto nella chiesa non ancora decorata, ha perso rilievo quando le pareti sono state affrescate, fino a rimanere appena definibile. È stato tolto il fregio superiore, verosimilmente per non ostruire la vista degli affreschi.

Ancona – san Dasios

Iconostasi lignea la cui visibilità è leggermente bloccata dalle due colonne laterali nella chiesa. La seconda foto offre un'idea dell'ampio spettro e dell'intenso contrasto dei cromatismi delle icone, contrasto che oggi potrebbe sembrare troppo sgargiante, ma che in realtà è piuttosto in linea con la tradizione iconografica ortodossa. Invece non è in linea con la tradizione l'inclusione della Risurrezione tra le dodici grandi feste, cosa che purtroppo accade anche qui.

Ardea (Roma) – santa Cecilia

Anche un'iconostasi molto basilare e autoprodotta, con tavole e grate di legno, può risultare armoniosa con un attento uso di dorature, elementi di colonnine, cornici e bordi di icone.

Arona (No) – Cristo Pantocratore

La cappella di un coro di monache è stata trasformata in chiesa ortodossa con pochi elementi essenziali, ma anche in questa fase iniziale riesce a offrire la giusta atmosfera. Lo spazio per le porte sante, piuttosto ampio, ed è stato sormontato da un archetto temporaneo per accomodare decorazioni natalizie o pasquali. Nella chiesa principale (adiacente al coro, e aperta sulla strada) si è optato per un'iconostasi costruita su misura, con elementi essenziali ma ben armonizzati con le linee architettoniche del locale.

Asolo (TV) – santo profeta Mosè

Una struttura bassa e semplice, che riesce a spezzare il grigiore di un locale temporaneo con diversi elementi, anche di decorazione folcloristica.

Asti – santi Pietro e Paolo

I proskinitaria con le loro cornici elaborate creano un insolito effetto di armonia con le pitture preesistenti nella chiesa, e attenuano il contrasto tra gli elementi cattolici e quelli ortodossi nell'insieme.

Avezzano (AQ) – santi Epitteto e Astione

Con un artificio diffuso in molte comunità ortodosse in Italia, soprattutto agli inizi, o quando non ci sono i permessi di erigere una parete, sono stati utilizzati provvisoriamente due elementi di proskinitaria parietali, di pregevole fattura.

Bari – cripta della basilica di san Nicola

Allestita negli anni dell'avvicinamento ecumenico dopo il Concilio Vaticano II, la cappella 'orientale' è stata pensata come luogo di culto per i numerosi pellegrini ortodossi in visita alla tomba di san Nicola, che si trova immediatamente alla sua sinistra. Questa destinazione di servizio non le ha impedito di servire per diversi anni come luogo di culto della parrocchia ortodossa romena a Bari.

Bari – podvor'e di san Nicola

La chiesa superiore del podvor'e (rappresentanza patriarcale) è studiata per accogliere un certo numero di pellegrini. Durante le feste di san Nicola, si presta bene ad allestimenti floreali dell'iconostasi, e a ricevere un flusso costante di pellegrini in venerazione. La chiesa inferiore, dedicata a san Spiridione, presenta un'iconostasi minimale, senza porte laterali, e una curiosa fila superiore occupata da vetri colorati.

Barletta – Madonna degli angeli

Un'iconostasi antica restaurata in modo impeccabile, dall'intenso cromatismo, che risalta ancor di più sullo sfondo bianco della chiesa non affrescata. Una delle particolarità è la presenza di una sola porta laterale, quella destra, che raffigura san Spiridione. Inoltre, ha rappresentazioni iconografiche negli spazi al di sotto delle icone regali e negli elementi laterali del fregio, punti in cui la presenza di icone è normalmente molto rara.

Bassano del Grappa (VI) – santa Protezione

Iconostasi lignea leggera, resa ancor più leggera dal traforo e dagli spazi vuoti che condivide armoniosamente con le colonne laterali. Ai fini della grandezza e della visibilità delle icone, si sono sacrificate alcune icone degli apostoli e delle grandi feste, una necessità spiacevole ma legittima. Malauguratamente, nel fare così, si è proceduto a una forzatura che invece viola le regole dell'iconografia: si è messa la Pasqua (l'icona della Discesa agli inferi) allo stesso livello delle dodici grandi feste, un errore che ha conseguenze teologiche (la Pasqua è la "festa delle feste", e non ricade nel rango delle dodici grandi feste, ma le sopravanza tutte). Se la Discesa agli inferi avesse preso il posto centrale (quello che in questo caso ha la Santa Cena), l'iconostasi sarebbe stata teologicamente corretta. Un vero peccato, perché questo dettaglio rovina il messaggio di una splendida opera d'arte sacra.

Bergamo – icona Vladimirskaja

L'iconostasi temporanea è realizzata con elementi di grata di legno per i supporti delle icone, e di metallo battuto per gli archetti sulle porte. L'aggiunta al di sotto delle icone di tendaggi colorati dello stesso materiale dei paramenti è a nostro parere una soluzione molto felice, che blocca la visione di alcuni pannelli a grata che potrebbero dare un'immagine troppo simile a quella di un gazebo da giardino, e al tempo stesso i tendaggi possono essere intonati alla particolare stagione liturgica. Va aggiunto che questa è una chiesa dove l'elemento cromatico deve essere trattato con estrema attenzione, per la presenza di vetrate colorate di epoca post-Vaticano II, che non solo proiettano luci sgradevoli e innaturali (è sufficiente vedere gli aloni verdi nel santuario), ma che possono anche creare un contrasto quanto mai spiacevole con le icone.

Biella – san Cipriano

Le decorazioni natalizie in questa foto non ci permettono di valutare quanto questa iconostasi di legno semplice e leggera, ma ricca di elementi iconografici, riesca ad armonizzarsi con il resto dell’ambiente della chiesa.

Bivongi (RC) – san Giovanni il Mietitore

Le prime due foto mostrano le due fasi dello sviluppo dell'iconostasi nella chiesa principale del monastero: da una semplice struttura a griglia a una ricca iconostasi in legno scolpito. La terza foto è quella dell'iconostasi interna nella cappella dell'edificio monastico.

Bologna – san Basilio

Nel corso di oltre 40 anni di servizio, la chiesa di san Basilio ha visto diverse fasi di crescita della sua iconostasi, e un cambio di icone per ben due volte (le icone della prima serie sono passate alla chiesa della Trasfigurazione a Genova, e oggi sono state installate nuove icone regali). Alcuni dettagli dell'iconostasi (come le porte laterali situate alle estremità) sono adattamenti dovuti alla speciale conformazione del santuario, che ha una mensa eucaristica in marmo di un'insolita larghezza.

Nella nuova serie di icone, la tipologia dell'icona regale della Madre di Dio è quella detta Blagoukhannyj tsvet, o "fiore dal buon profumo" (scelta recentemente come festa patronale dell'eremo a Musadino), e l'icona del Salvatore riprende invece la tipologia del Sommo Sacerdote.

Bologna – san Demetrio

Gli ampi spazi di doratura sulle icone e sulle cornici delle porte sante, oltre ad alcuni inconsueti elementi di decorazione scolpita, sono verosimilmente un tentativo di armonizzazione con gli elementi decorativi preesistenti e con gli affreschi interni. A quanto riusciamo a vedere, la chiesa è l’unica in Italia ad avere nelle icone regali la tipologia di Gesù il Buon Pastore.

Bologna – san Nicola

Da una leggera struttura in legno pendono teli con riproduzioni plastificate di icone. Questa soluzione è stata adottata anche in altre chiese in cui, per diverse ragioni, non era possibile montare un'iconostasi più stabile.

Bologna – santa Protezione

Una struttura in legno scolpito, con alcuni particolari insoliti in Italia, è appena stata montata; le colonne di raccordo fanno presupporre la possibilità di reggere un ulteriore ordine di icone.

Bolzano – fonte della guarigione

Un'iconostasi in legno scolpito con due caratteristiche insolite: due massicci proskinitaria con piano inclinato proprio sotto alle icone regali, e una sporgenza a baldacchino proprio sopra le porte sante. Spesso gli elementi aggettanti creano nelle iconostasi un'impressione di volume, e conferiscono una singolare gradevolezza all'insieme.

Bra (CN) – santa Caterina

Nel panorama delle iconostasi romene in legno intagliato, questa si distingue per la luminosità delle icone e per un imponente elemento centrale a torre. Spesso le decorazioni lignee sottraggono visibilità alle icone, ma qui nel pannello centrale, grazie anche all'effetto singolare delle cornici, le icone si impongono subito alla vista.

Brescia – Gioia degli afflitti

Due fasi successive dello sviluppo di un'iconostasi con forme eleganti, in armonia con gli elementi decorativi della chiesa. Le soluzioni iconografiche ci sembrano ancora in parte insufficienti: le figure nelle cupole superiori laterali "nuotano" in uno spazio esteso e disadorno, mentre quelle del timpano sono tanto piccole da richiedere uno sforzo per distinguere i soggetti. Potremmo essere a uno stadio intermedio, anche perché nel pannello laterale vediamo un arcangelo e non l'icona patronale della chiesa. Attendiamo soluzioni future, che possano soprattutto vivacizzare lo spazio della parte superiore.

Brescia – Pentecoste

L'ampio salone in cui è stata allestita la chiesa è stato oggetto di lavori di rifacimento completi, dalle decorazioni parietali e delle volte all'iconostasi all'illuminazione. Raramente si sono visti in Italia adattamenti così armoniosi, che si riflettono nell'eleganza generale dell'ambiente e nell'ideale armonia cromatica del giorno della festa patronale (alla Pentecoste la chiesa è decorata di rami e di fiori e ricoperta da un pavimento d'erba). 

Brescia – santi Costantino ed Elena

La prima iconostasi temporanea, con copertura in velluto, ha lasciato posto a un'elaborata struttura in legno scolpito. Le icone originali, già di un certo pregio, non sono passate sulla nuova struttura, con l'eccezione di quella centrale della Santa Cena.

Brindisi – san Nicola

L'alta iconostasi è reminiscente di quelle delle vicine Isole Ionie. Il problema dell'illuminazione nel santuario (che spesso si pone con iconostasi così alte) è risolto dall'ampia finestra sul lato destro.

Brunate (CO) – san Donato

Una struttura semplice, apparentemente in legno scolpito, ma in realtà riprodotta su pannello, occupa abbastanza armoniosamente lo spazio. Curiosamente, la struttura non ha una croce sulla sommità centrale, e questa funzione è ricoperta dal crocifisso dell'altare cattolico preesistente. Questo però si può notare solo osservando l'iconostasi dal centro della chiesa.

La stampa policroma su pannello crea un interessante effetto trompe l'oeil, che purtroppo si tradisce sotto i riflessi di luce (inclusi i flash delle fotografie).

N.B. L'iconostasi è stata spostata in seguito in una delle cappelle del monastero del Pantocratore ad Arona (NO).

Cagliari – san Sava

L'iconostasi con forme ad arco e riproduzioni di icone ha creato facilmente un ambiente caldo e raccolto. Purtroppo, la notevole altezza della chiesa (che non si vede in questa foto) e le pareti intonacate in modo grezzo creano un forte contrasto negativo, che sminuisce tutto l'apparato iconografico. Se la parete di fondo fosse affrescata in modo imponente, l'iconostasi bassa la valorizzerebbe al massimo. Se invece questioni economiche o di tutela dell'edificio impediranno la decorazione della parete, allora questa è proprio una chiesa in cui sarebbe ideale sistemare un'iconostasi alta in stile russo.

Calascibetta (EN) – san Giovanni il Precursore

Iconostasi a uno stadio ancora piuttosto rudimentale, con elementi che potevano essere meglio armonizzati, tra cui l'apertura laterale squadrata, e il colore dello sfondo che poco si adatta al cromatismo della chiesa (appena leggermente riallineato dal colore delle guide sul pavimento).

Caltanissetta – san Benedetto

L'iconostasi è ben adattata a un interno non tipicamente ecclesiale. Le icone con riza metallica su tutta la superficie dell'iconostasi ci sembrano francamente eccessive, visto che lo scopo della riza è quello di proteggere le icone dall'usura dovuta alla venerazione (baci e vari tipi di abrasione dovuti al contatto con i fedeli), e qui sono ricoperte icone che non saranno verosimilmente mai toccate dai fedeli. Anche se una copertura metallica è talvolta un'interessante contributo all'arte sacra, lo scopo delle iconostasi dovrebbe essere quello di far risaltare le icone, non di nasconderle.

Caltanissetta – san Calogero

Qui abbiamo l'opposto dell'esempio della vicina chiesa di Calascibetta, con una voluta esagerazione degli elementi decorativi, anche se nella chiesa sarebbero andati bene anche elementi più semplici. L'aggiunta alle pareti di stasidia da coro in legno conferisce un particolare aspetto monastico alla chiesa (il che non guasta, in una chiesa il cui santo patrono ha un nome che significa 'monaco').

Campo di Carne – Aprilia (LT) – santissima Trinità

Per decenni sede di una giurisdizione non canonica, la chiesa ha avuto diversi sviluppi nel suo interno. Oggi si presenta come un locale ampio e sobrio, uniforme nei suoi elementi, con un sentore di cappella di monastero.

Camposampiero (PD) – santi Ciro e Giovanni

Una caratteristica di alcune chiese che hanno iconostasi che non si estendono da parete a parete è la presenza di estensioni di muro che possono essere usate per diversi scopi. Qui, come in alcuni altri esempi in Italia, abbiamo un paio di porte supplementari (in questo caso armonizzate con lo stile delle porte diaconali dell'iconostasi). A seconda dei posti, queste porte supplementari possono aprirsi su locali di disimpegno, sacrestie o corridoi, oppure dare direttamente sugli spazi del santuario.

Canelli (AT) – sant'Andrea

Su una struttura molto semplice è stata sovrapposta una parte superiore in legno lavorato. La  chiesa sembra una di quelle nelle quali non guasterebbe un'iconostasi più alta, e può darsi che così come appare oggi l'iconostasi debba ancora essere completata.

Canicattì (AG) – santa Filotea

Una prima iconostasi dalle linee molto sobrie e severe (forse anche per la presenza di tendaggi di impronta quaresimale) e una successiva iconostasi più ricca di dettagli e cromatismi.

Carmagnola (TO) – santi Cosma e Damiano

Ancora un gioco di proskinitaria in legno, di tendaggi e di stendardi, qui comprensibili per non occultare l'ancor più ricca iconografia del fondo absidale.

Carrara – san Giovanni Crisostomo

Questo è l'unico esempio, tra gli oltre duecento da noi analizzati, che si discosta alla grande dai binari dell'iconografia e della pietà ortodossa per dare spazio alla genialità personale del suo pittore. Non obiettiamo che Sorin Dumitrescu sia un grande artista contemporaneo, ma l'impressione generale che ci lascia questa sua opera è che il suo posto ideale sia la parete di un museo di arte moderna, e non quella di un santuario ortodosso.

Casale Monferrato (AL) – san Giovanni il Valacco

In questa parrocchia che, in un curioso contrasto con la sua dedicazione, presenta alcuni elementi caratteristici delle chiese moldave, l'iconostasi è ai primi stadi di sviluppo, ma presenta già tutti i suoi elementi essenziali, ben combinati. Le lampade al di sopra delle teste delle icone principali fanno un effetto un po' strano, ma (come facciamo notare a proposito della parrocchia di san Jacopo a Firenze), può essere un metodo per evitare urti. La sommità crea un effetto di bloccaggio parziale della pala d'altare, che non ne permette la vista, ma al tempo stesso non ricopre elementi non ortodossi come i telamoni laterali: l'augurio è che la parrocchia possa presto avere un'iconostasi più alta, che offra posto alle icone di apostoli e profeti, e che attenui i contrasti della vista presente.

Cassano d'Adda (MI) – san Giuseppe di Maramureş

La forma appuntita delle porte dell'iconostasi e di alcuni ordini di icone si armonizza in modo singolarmente omogeneo con gli archi gotici delle volte della chiesa. Anche le linee ripetute di archi e colonne rendono l'iconostasi (che nelle dimensioni ristrette del santuario, potrebbe risultare un po' sovraccarica in una chiesa più lineare) uno dei tentativi di armonizzazione stilistica meglio riusciti in Italia. 

Castelfranco Veneto (TV) – san Giacomo

Iconostasi minimale, con due elementi semplici che sostengono icone regali piuttosto ampie, e un elemento centrale di raccordo.

Castelvetrano (TP) – san Teodoro Studita

L'iconostasi bianca con colonnine tortili e bordature dorate delle icone è riuscita a creare un'armonia quasi perfetta con le linee architettoniche della chiesa, tendenti allo stile neoclassico. Questo insieme aumenta anche la visibilità e la gradevolezza delle icone. Come per la vicina chiesa di Alcamo, dobbiamo invece deplorare l'uso di ridurre la Pasqua al livello delle altre grandi feste: in questa iconostasi – a differenza di quella di Alcamo – non c'è carenza di spazio, e si sarebbe potuto mettere senza problemi l'icona della Risurrezione in uno dei posti centrali.

Castiglione delle Stiviere (MN) – san Giovanni Crisostomo

Un discreto equilibrio di semplicità e di armonia di proporzioni, con le riproduzioni plastificate delle icone degli arcangeli piuttosto inadatte a essere cucite sulle tende (sul tessuto sarebbero state più adatte icone ricamate, oppure le stesse riproduzioni sarebbero state più gradevoli una volta distese su un paio di porte laterali leggere).

Castrovillari (CS) – san Giovanni di Kronstadt

Una delle poche iconostasi di cui si possono seguire in rete (sul blog Arberia ortodossa) tutte le fasi di costruzione e di allestimento. Si notano elementi tipici di diversi usi locali ortodossi. Il risultato è ancora provvisorio, e attende sviluppi. L'unica icona dipinta, quella dell'Annunciazione sulle porte sante, era stata sulla prima iconostasi della nostra chiesa di san Massimo a Torino.

Catania – sant'Agata (I)

La parrocchia degli ortodossi romeni a Catania, ospitata in una chiesa lunga e stretta, ha fatto una scelta di visibilità: poche icone nella parte superiore (appena le 12 grandi feste, disposte su due file di 6 icone, la Cena mistica e il crocifisso), ma molto ampie e ben visibili da lontano. Le icone poste a semicerchio davanti ai due archi del soffitto costituiscono un ideale complemento. 

La seconda foto è presa da un momento in cui la chiesa è usata per scopi didattici (una conferenza). Anche in tale contesto, giudichiamo che l'installazione di amplificatori proprio sopra le icone dell'iconostasi sia un gesto di un certo sgarbo e di svilimento delle cose sante, assolutamente da evitare se proprio non è una questione di vita o di morte.

Catania – sant'Agata (II)

Nella chiesa in cui gli ortodossi russi celebrano a Catania non c'è invece il problema di visibilità presente nella chiesa precedente, per cui le icone (sostanzialmente le stesse presenti nell'altra parrocchia di sant'Agata, più il Mandylion) possono essere di dimensioni più contenute.

Cerignola (FG) – san Potito

Oltre a una dedicazione (per ora piuttosto rara in Italia) al santo martire locale, l'iconostasi di Cerignola presenta anche alcuni elementi insoliti in legno traforato. La sistemazione delle icone sembra ancora provvisoria, per cui dobbiamo ancora aspettare di capire la destinazione finale degli spazi sugli archi superiori.

Cerveteri (Roma) – santi Simeone e Anfilochio

L'immagine è a bassa risoluzione, ma ci permette di vedere alcuni particolari non comuni in Italia, come le croci in cima alle porte diaconali e le icone regali che seguono la tipologia della Deisis.

Cesena (FC) – san Timoteo

In una chiesa giunta purtroppo alla notorietà pubblica per un atto di devastazione nella notte pasquale del 2019, l'iconostasi combina la solidità degli elementi inferiori con una grande delicatezza delle arcate superiori, che formano porte a croce lobata, piuttosto rare in Italia. Comprendiamo la necessità di ricoprire l'ambone cattolico in marmo grigio, che avrebbe creato un contrasto non piacevole con il legno dell'iconostasi... anche se siamo del parere che le bandiere nazionali siano sempre piuttosto sbagliate nel contesto sacro, e sarebbe meglio coprire l'ambone con un panno decorato come quello che ricopre il leggio centrale, e riservare un uso legittimo delle bandiere - se le si desidera - per decorare le pareti di un salone parrocchiale.

Chianciano (SI) – san Giovanni Evangelista

Iconostasi imponente e ben studiata nelle dimensioni e nei cromatismi per armonizzarsi nella chiesa. Nuoce un poco all'insieme la visibilità delle barre laterali di ancoraggio al muro, effetto che si potrebbe eliminare con un semplice riempitivo ligneo. La seconda foto testimonia un posizionamento delle lampade piuttosto strano, troppo al di sopra delle icone per poterle illuminare come si deve, e anche al di sopra delle icone sulle porte diaconali (che non dovrebbero mai essere illuminate da lampade, per non causare ostruzioni al passaggio dei servitori d'altare). Purtroppo, anche qui abbiamo l'icona della Risurrezione fuori contesto, all'interno delle dodici grandi feste.

Chiari (BS) - Annunciazione

Un prolungamento della balaustra barocca, che presenta il pregio di completarla senza fare troppo contrasto e senza modificare l'impianto architettonico della chiesa; spesso, come nel caso presente, le balaustre hanno un solo ingresso, pertanto l'iconostasi deve necessariamente perdere (almeno dal punto di vista funzionale) le porte laterali. Qui abbiamo inoltre un raro caso di lampade votive preesistenti all'iconostasi.

Chioggia (VE) – san Nicola

Pochi elementi, ma estremamente ampi (inclusa la croce sulla sommità); la mancanza di ali laterali li fa risaltare ancor di più, dando alla parte centrale un aspetto di una certa leggerezza.

Chivasso (TO) – san Giorgio di Cernica

In una chiesa di ampie dimensioni costruita dalla comunità parrocchiale, i lavori stanno procedendo gradualmente. L'iconostasi centrale è adeguata per quanto basta a questo stadio, e gli elementi laterali mettono a disposizione due cappelle. Interessante l'impiego degli stendardi per spezzare il bianco uniforme dei pilastri. Al suo completamento, sarà un'imponente iconostasi tripla come si vede in molte chiese e monasteri nel mondo ortodosso, ma per ora ancora nuova in Italia.

Ciampino (Roma) – sant'Ippolito

Un'iconostasi semplice, ben studiata nell'uso degli spazi e con una disposizione curiosamente asimmetrica delle icone a medaglione degli apostoli. Frose sarebbe stato meglio lasciare queste ultime più compatte, alzando al contempo le icone regali. Simbolicamente, non è bello che i volti del Signore e della Madre di Dio siano più in basso di quelli dei fedeli, quasi come se le "finestre sul cielo" fossero quelle del piano di sotto...

Città di Castello (PG) – san Giovanni Damasceno

Quando manca una balaustra e si hanno ampi spazi di parete sul fondo della chiesa, una valida alternativa a mettere molte icone sui proskinitaria può essere quella di pannellare la parete con diverse icone disposte in un modo non dissimile da quello che avrebbero su un'iconostasi tradizionale. L'unico detrimento è costituito dalle dimensioni, che in casi come quello di Città di Castello, possono rendere le icone difficili da distinguere per chi sta nella navata.

Civita Castellana (VT) – sant'Ippazio

Un'iconostasi che mostra lo sforzo per vincere con armonia e garbo le sfide dovute alla dissimmetria di un locale a forma di "tunnel dimezzato".

Civitavecchia (Roma) – Incontro del Signore

La sede della parrocchia romena di Civitavecchia è stata ottenuta e restaurata con grandi sforzi. La chiesa è spaziosa, ma molto lunga e stretta; è anche di altezza limitata, il che esclude una sopraelevazione dell'area dell'altare. In tali condizioni, in cui la maggioranza dei fedeli presenti in chiesa non è neppure in grado di vedere l'iconostasi, quest’ultima rimane ancora al livello minimale di poche icone appese a una parete divisoria.

Como – Dormizione della Madre di Dio

Pochi elementi leggeri, adatti a una sistemazione temporanea, raccordati da archetti semicircolari, come nella parrocchia madre (quella di san Nicola a Lecco). Si nota anche un gusto per l'armonizzazione cromatica, con le parti in legno della stessa tonalità degli stalli da coro sui lati, e le dorature (anche sulle riproduzioni di icone) che si fondono in quelle dell'altare maggiore.

Como – san Gregorio Palamas

Insolitamente, su questa iconostasi manca un'icona centrale al di sopra delle porte regali: si è voluto dare spazio alle dodici grandi feste, ed è un'alternativa legittima. Purtroppo, ancora una volta, si è riservato uno dei dodici spazi all'icona della Risurrezione, che NON fa parte delle dodici grandi feste. Con il senno di poi, sarebbe stato possibile ridurre leggermente lo spazio delle dodici icone e lasciare un tredicesimo spazio centrale alla Discesa agli inferi, mentre se le cose non si possono più cambiare, un'alternativa perfettamente fattibile è quella di trasferire l'icona della Risurrezione in un posto distinto (magari un analoghio al centro della chiesa) e riportare sulla fila delle dodici feste l'icona dell'Esaltazione della Croce, che ne è stata estromessa. Dopo tutto, la parrocchia è dedicata a san Gregorio Palamas, uno strenuo difensore dell'Ortodossia dalle distorsioni latine, e la svalutazione della Pasqua è proprio una delle distorsioni dalle quali il santo ci avrebbe invitati ad astenerci.

Como – santi Pietro e Paolo

La parrocchia ha avuto nei suoi anni di formazione un'ospitalità presso la chiesa locale della metropolia di Milano (unico caso in Italia, per quanto ne sappiamo, di ospitalità concessa da ortodossi non canonici). La tipologia dell'iconostasi nella chiesa in prestito non si discosta molto da quelle delle parrocchie ortodosse di modeste dimensioni che si formavano negli anni precedenti alle grandi immigrazioni di fine millennio. Con lo spostamento nella nuova sede, una chiesa di dimensioni molto grandi, si è dovuta improvvisare un'iconostasi temporanea (dopo anni in cui non ci si era posti il problema, perché ce n'era già una disponibile), e solo dopo alcuni anni ne è stata installata una che ha potuto coprire una parete di fondo con una composizione in bianco e nero poco attinente all'iconografia ortodossa.

Cosenza – profeta Daniele

Molti locali di chiesa nell'Italia del sud sono lunghi e stretti, con le aree di santuario delimitate da archi (la stessa tipologia si vede nella chiesa romena di Catania). Qui si è scelto di erigere un'iconostasi minimale ma imponente, sfruttando al massimo lo spazio delle colonne preesistenti.

Cremona – Natività della Madre di Dio

Iconostasi di impianto molto semplice, ma abbellita da diversi elementi decorativi, estesa in avanti nella parte centrale (è un artificio che vediamo in diverse iconostasi in Italia, usato per offrire uno spazio leggermente maggiore attorno alla mensa dell'altare, e che come effetto collaterale crea anche una sovrapposizione di insiemi non sgradevole a vedersi).

Cuggiono – Magenta (MI) – san Paissio Agiorita

Iconostasi adattata a uno spazio di santuario piccolo, ben proporzionata (salvo forse l'icona centrale della Trinità, un po' piccola). Nella foto, padre Claudiu Cocan offre un'interessante dimostrazione catechetica "dal vivo", spiegando i dettagli del rito della Proscomidia e di quelle parti cerimoniali che di solito non sono visibili dal centro della chiesa. Uno degli effetti dell'esistenza dell'iconostasi è che molti fedeli hanno scarsa idea di questi dettagli, per cui questi tipi di catechesi hanno la loro importanza.

Cuneo – santi romeni

La parrocchia ha dovuto cambiare alcune sedi nei primi anni, cosa che di solito crea un certo disagio alla realizzazione di ogni tipo di iconostasi, ma oggi sembra aver risolto il problema in modo solido e durevole.

Dolo (VE) – santi Raffaele e Partenio

Una struttura robusta regge una traforatura delicata nei suoi ornamenti; la modularità degli elementi permette una risistemazione in periodi o in locali successivi. Questo tipo di iconostasi è pensato con uno sguardo al futuro.

Fabriano (AN) – san Bartolomeo

In una chiesa barocca molto elaborata, in cui verosimilmente manca qualsiasi permesso per sistemare un'iconostasi, ne hanno creata una temporanea... usando diversi stendardi processionali in fila. Anche se il risultato non arriva a soddisfare la definizione di 'iconostasi', è d'obbligo un complimento per una soluzione priva di conflitti.

L'iconostasi è stata invece sistemata in una cappella di dimensioni più piccole, sfruttando sapientemente tutto lo spazio disponibile e cercando di armonizzare le linee con quelle dello spazio barocco. 

Faenza (RA) – san Giovanni il Russo

Due fasi di realizzazione di un'iconostasi in legno scolpito, che dimostrano come la struttura può appoggiarsi a un paio di colonne laterali per acquisire sia ampiezza di spazio sia solidità, senza sacrificare la praticità delle porte diaconali.

Fano (PU) – santi Antonio, Teodoro e Tatiana

L'iconostasi occupa l'interno di un santuario molto stretto, in una chiesa dall'insolita pianta ellittica. Evidentemente non era possibile piazzare l'iconostasi appena al di fuori della balaustra: purtroppo, ne risente la visibilità (per non parlare della facilità di accesso) delle porte laterali. Si nota certamente un tentativo di armonizzare l'iconostasi con gli elementi stilistici della chiesa (anche se l'armonia dei cromatismi richiederebbe forse un verdetto a parte).

Feltre (BL) – san Teodoro Stratilate

Una combinazione di proskinitaria e tendaggi riesce a creare un'atmosfera da iconostasi con il minimo di elementi. È una soluzione da tenere in considerazione quando non sia possibile costruire una parete, o quando si deve rispettare la visibilità di elementi preesistenti, come in questo caso la pala d'altare.

Ferrara – san Nicodemo di Tismana

Iconostasi molto elegante, con una disposizione originale delle icone a medaglione dei dodici apostoli. Non ci convincono molto i lembi di tenda sopra alle porte laterali, che non coprono granché, e che anzi accentuano un senso di sproporzione tra le parti. A meno che non sia un artificio per indicare il posizionamento futuro di elementi in legno, l'impressione che ne resta è di una sorta di "panni stesi del bucato", che deprezzano la visione d'insieme.

Ferrara – santa Protezione

L'iconostasi è stata realizzata con elementi a pannello dalla forma insolita (che forse potranno inserirsi nel complesso di una futura iconostasi completa) e su due livelli di profondità.

Fiano Romano (Roma) – san Leone il Grande

Una leggera soprelevazione della sommità della parete, unita a medaglioni degli apostoli di dimensioni crescenti verso il centro, ha dato a questa semplice parete bianca una movimentazione unica. Le lampade votive non illuminano i volti delle icone, ma almeno, con una trovata davvero geniale, illuminano le croci poste alle loro sommità.

Fidenza (PR) – santissima Trinità

La prima foto è di un periodo in cui la chiesa soffriva di un divieto assoluto di ergere strutture architettoniche, per quanto temporanee. C'era tuttavia il permesso di usare delle tende, e il divieto è stato aggirato in modo geniale tendendo un robusto filo metallico tra due anelli sulle pareti del santuario, e appendendovi un'ampia iconostasi di velluto, usando come icone riproduzioni su carta plastificata. In seguito, all'arrivo dei permessi, è stata eretta un'iconostasi più stabile. Il colore rosa intenso è reso un po' meno scioccante dai tendaggi rossi, e forse dovrebbe essere esaminato nel suo contrasto con le pareti di mattoni a vista della chiesa.

Fiorenzuola d’Arda (PC) – santa Febronia

Una sistemazione di proskinitaria assolutamente minimale, utile in quei casi in cui si deve mantenere in tutto l'assetto di una chiesa cattolica, anche per quanto riguarda la tavola dell'altare. In questi casi, lo spazio interno da mobile dei proskinitaria permette anche una facile custodia degli arredi sacri.

Firenze – Ascensione del Signore

Una comunità storica per la quale è stata installata in tempi relativamente recenti un'iconostasi molto elegante e ampia, evidentemente studiata per non sacrificare la luminosità naturale nella chiesa. Le colonne centrali rubano visibilità all’insieme, ma sono state opportunamente armonizzate con la sovrapposizione di due proskinitaria nello stesso stile di legno scolpito.

Al trasferimento della comunità parrocchiale in una nuova chiesa più ampia, l'iconostasi è divenuta molto più visibile, ma al tempo stesso ha dovuto convivere con alcuni elementi estranei al culto ortodosso (organi a canne, stazioni della Via Crucis, pale gotiche e così via). Si notano tentativi di armonizzazione stilistica, tra cui l'inserimento di grandi icone sulle aree laterali.

Può capitare che una parrocchia ortodossa si trasferisca in un luogo di culto più grande, e in previsione di questo, chi progetta un'iconostasi deve tenere conto di una sua eventuale ricollocazione. Per fortuna, come questo esempio dimostra, le iconostasi ben fatte hanno solitamente una certa adattabilità a un nuovo ambiente.

Firenze – Natività del Signore

Per apprezzare l'iconostasi marmorea di quella che è stata considerata la più bella chiesa russa dell'Europa occidentale, occorre vederla in un quadro d'insieme con i due cori laterali, di fattura e decorazioni simili, e osservarla nel contesto della cupola, che permette di comprendere la sua disposizione arretrata nella navata absidale.

L'iconostasi della cripta, proveniente da una cappella privata, è altrettanto ben inserita nel contesto.

Firenze – san Jacopo

Come si vede dalla prima foto, le icone erano fissate sulla balaustra di marmo: questo accade nella maggior parte delle chiese barocche che si utilizzano per il culto ortodosso. In seguito, sono state inserite in una struttura che le valorizza bene, essendo al tempo stesso elegante, non invasiva e armonizzata con la balaustra precedente (forse non troppo con le linee barocche del resto della chiesa, ma tale contrasto potrà modificarsi con l'introduzione di successivi arredi). Non si è ritenuto importante circondare le porte sante di una struttura più massiccia, e questo permette un colpo d'occhio sulle icone che sono state piazzate (in modo molto appropriato) sull'altare maggiore barocco.

L'unico aspetto che rimane un po' strano sono le lampade piazzate alla sommità delle icone. Spesso si deve usare quest'accorgimento per evitare di urtare le lampade durante le funzioni, ma la funzione delle lampade è quella di creare un riflesso di luce sui volti, non al di sopra del capo, proiettando invece sui volti la loro ombra (come si può vedere dalle lampade laterali nella seconda foto).

Firenze – santa Lucia

Anche se ha forme e dettagli piuttosto singolari, l'iconostasi segue la linea generale delle forme della chiesa.

Firenze – santa Nino

La prima iconostasi della Chiesa georgiana in Italia, ha una struttura leggera e riccamente decorata, e icone ampie e luminose. Non ha porte laterali, ma a quanto pare dall'immagine la chiesa ha aperture sui locali ai lati del santuario, che rendono le porte diaconali non strettamente necessarie.

Le posizioni più alte all'interno delle cupole delle chiese sono solitamente associate alla raffigurazione simbolica dell'alto dei cieli. Non è un caso che la sommità della cupola centrale sia generalmente occupata dalla figura del Pantocratore. Qui, al di sopra delle icone dei santi e della Croce del Signore, nel posto più alto abbiamo... la bandiera nazionale in formato gigante, che neppure le sue croci riescono a redimere da un messaggio sostanzialmente filetista. Se gli ortodossi in Italia vogliono essere accusati di tribalismo etno-politico, ecco un eccellente modo di porgere il fianco a queste accuse.

Forlì – san Gregorio il Teologo

Nelle chiese barocche molto elaborate, una sfida importante del posizionamento di un'iconostasi è quella di farla armonizzare con il contesto. In questo caso, anche se non propriamente in unità stilistica con il resto della chiesa, l'iconostasi non risulta affatto disarmonica.

Fossano – san Giacomo di Putna

In questa chiesa assistiamo al massimo grado possibile di esposizione iconografica in assenza di qualsiasi struttura di iconostasi oltre alla balaustra cattolica.

Francavilla Fontana (BR) – santa Protezione

Una delle più eleganti realizzazioni tra i locali di culto in ambiente domestico (un ampio salone seminterrato). Le prime due fotografie risalgono a un periodo in cui era estremamente difficile procurarsi icone dipinte su misura, per cui vediamo l'uso di riproduzioni di icone antiche adattate alle dimensioni reali della parete lignea. Nella terza foto vediamo l'arrivo delle icone regali, e la sistemazione delle altre icone sulle pareti laterali.

Gallicianò (RC) – santa Maria di Grecia

Una struttura semplice, ma che riesce a richiamare l'ambiente di molte chiese rupestri del mondo ortodosso greco.

Genova – san Demetrio

Iconostasi lignea elegante, imponente e perfettamente incastonata nel contesto della chiesa.

Genova – san Nicola

L'iconostasi semplice, con pochi ma eleganti elementi decorativi, va vista nel contesto di una delle più straordinarie chiese ortodosse in Italia, dove si è riusciti a trasformare un appartamento sfruttando al massimo ogni suo elemento e particolarità, e realizzando un gioiello, soprattutto nell'iconografia parietale.

Genova – Trasfigurazione

In una chiesa realizzata nei locali di un lungo e stretto magazzino del vecchio porto, gli spazi hanno dovuto essere sfruttati con precisione millimetrica. Si è dovuta sacrificare una delle porte laterali (espediente usato in numerose chiese e cappelle rupestri), ma al tempo stesso questo ha permesso lo spazio per icone regali piuttosto ampie (sono quelle ereditate dalla chiesa di san Basilio a Bologna). Ci scusiamo per la qualità della foto, che non riesce a rendere la complessità e la ricchezza delle icone, e purtroppo non permette la visione a porte sante aperte, che lasciano intravedere un santuario con una splendida Platytera. Ci associamo ai commenti di quanti hanno definito questa chiesa "la grotta di Betlemme dell'Ortodossia in Italia".

Nella nuova sede presso la storica chiesa di san Giorgio, come si vede dalla foto panoramica, non è ancora stata sistemata l'iconostasi, e per ora lo spazio dell'altare centrale è delimitato da stendardi. Non mancano le potenzialità future, che possono comprendere anche un uso creativo degli altari laterali.

Genzano (Roma) – santa Anastasia Romana

Iconostasi imponente, elegante e ben posizionata, sia grazie alla sopraelevazione del presbiterio, sia per l'effetto aggettante della parte centrale.

Giaveno (TO) – san Teotimo

In una chiesa neogotica caratterizzata da decorazione parietale a bande orizzontali, l'ampia struttura estesa in avanti sulla navata è realizzata proprio con pannelli di legno a motivi orizzontali. Gli stessi motivi sono stati mantenuti anche nei successivi abbellimenti. Forse questo è uno dei rari casi in cui non avrebbe sfigurato (o quanto meno, avrebbe armonizzato meglio con l'insieme della chiesa) un'iconostasi con archi a sesto acuto.

Grosseto – santi Zotico, Atallo, Camacio e Filippo

Fasi successive della costruzione di un'iconostasi in un grande salone, dove un elemento divisorio ad arco è stato trasformato in una parte di "pre-iconostasi". Questa può essere una soluzione ingegnosa in ogni luogo composto di più vani che deve essere adattato a chiesa.

Gubbio (PG) – san Giorgio

Qui abbiamo le più ampie icone regali di tutto il nostro viaggio, che evidentemente sono in attesa di essere sistemate su una struttura adeguata. Per ora sono appoggiate a poca distanza dal suolo: una soluzione che può essere comprensibile per fini pratici. Tuttavia, se per le icone a figura intera (o in trono) il risultato è accettabile, le icone a mezzo busto lasciano l'impressione un po' grottesca che il Pantocratore e la Madre di Dio stiano facendo capolino da un buco nel terreno. In questi casi, è sempre meglio cercare di sistemare le icone su un tipo qualsiasi di sopraelevazione (anche un tavolo, in mancanza di piedistalli più robusti), in modo che una "finestra sul cielo" non dia l'idea di essere posizionata su una trincea.

Guidonia (Roma) – profeta Geremia

In una chiesa edificata secondo lo stile tradizionale romeno, pur con tecniche architettoniche contemporanee, il collocamento di un'iconostasi in legno non è un problema. Resta invece la svista del collocamento dell'icona della Risurrezione tra le dodici grandi feste, un errore liturgico e teologico che, a vederlo ripetere così tante volte, ci fa sorgere il dubbio che sia trascurato anche in Romania...

Imola (BO) – santi Costantino ed Elena

Una combinazione essenziale di elementi iconografici e decorativi, ben studiati per armonizzarsi con le linee, il cromatismo e le pitture della chiesa barocca preesistente.

Ivrea (TO) – san Leonzio

Una grande abbondanza di componenti pittoriche è stata incastonata in modo sapiente e armonioso con il resto della chiesa. Notevole il risultato ottenuto con la giustapposizione di elementi circolari, ellittici e ad arco.

Jesi (AN) – santa Croce

L'iconostasi è al tempo stesso robusta e leggera. Si nota una certa cura nella sistemazione di elementi iconografici al posto giusto: il massimo dei voti va alla Cena Mistica che, all'ingresso nella chiesa, traspare proprio al di sopra delle porte sante. L'unica nota stonata sono gli epitrachili appesi a grande altezza: l'uso di lasciare un epitrachilio appeso all'iconostasi è comune nel monachesimo athonita (si veda la foto della cappella interna di Bivongi), per permettere un inizio immediato delle funzioni monastiche quotidiane. Nei punti a cui sono appesi in questa chiesa, invece, gli epitrachili sono inaccessibili e servono solo a un inutile sfoggio museale di paramenti: al loro posto si possono molto più adeguatamente appendere icone o stendardi.

Ladispoli (Roma) – sant'Andrea

Iconostasi lignea ampia e con decorazioni complesse, con elementi di colonna, a fronte di un fregio superiore molto essenziale. Dalle infiltrazioni di luce che si vedono in alto, sembra che le icone delle grandi feste siano ancora temporanee. Chissà se non si vorrà sostituire l'icona della Discesa agli inferi con una più adeguata teologicamente, anche un'icona della Riurrezione di Lazzaro, che in questa foto si trova sull'analoghio a destra: in senso stretto non è l'icona di una delle dodici grandi feste, ma esprimendo un'unità di festa con l'Ingresso in Gerusalemme (come testimoniato dal Tropario che le due feste hanno in comune), ha ben più diritto di figurare tra le dodici grandi feste che non l'icona della Pasqua, che non ne fa parte e che dovrebbe essere posta in un rango superiore.

La Spezia  – santi Cirillo e Alessandro

 

Originale tentativo di inserire le icone degli ordini superiori dell'iconostasi in pannelli che prolungano quelli delle icone principali, con un pannello superiore a completamento. Risultato omogeneo, forse un po' troppo squadrato, ma che non stona con le linee essenziali del locale di culto.

Lanciano (CH) – santi Sergio e Bacco

L'iconostasi bassa e squadrata può creare un certo contrasto con le linee della chiesa barocca, ma si deve attendere il completamento per una valutazione finale. Per ora, si è provveduto con gusto e con competenza a sistemare elementi di iconografia ortodossa nelle aree pittoriche della parete absidale: questo serve come conferma che una chiesa barocca, anche se presenta elementi scultorei e decorativi che non sono in linea con il concetto ortodosso di spazio sacro, può comunque essere adattata al culto ortodosso senza grandi problemi.

Lecce – san Nicola

Per ora una struttura molto semplice e lineare, ha tutte le potenzialità per svilupparsi in modo armonioso con le linee eleganti e solide della chiesa.

Lecco – san Dositeo

Nelle chiese a pianta lunga e stretta, un'iconostasi con la parte centrale che rientra verso la mensa eucaristica può fornire alcuni vantaggi, tra cui la creazione di un'area che può servire da ambone senza sottrarre spazio alla navata (come si vede in questa foto), e la presenza di spazi laterali nel santuario che, per quanto piccoli e di base triangolare, possono servire come aree di deposito di paramenti e altri oggetti liturgici. Se la comunità parrocchiale dovesse trovare un nuovo luogo di culto più ampio, inoltre, questo tipo di iconostasi può essere facilmente smontato e rimontato in forma lineare.

La sistemazione delle icone in questa chiesa ci sembra ottimale, con l'eccezione dell'icona della Risurrezione tra le dodici grandi feste. Poiché si è scelto di mettere su un lato una grande icona della Trinità sul modello di Rublev, non vediamo ragioni per non mettere nella stessa posizione anche una grande icona della Discesa agli inferi.

Lecco – san Nicola

Un'iconostasi che merita una menzione di merito per quella che è, a nostro modesto avviso, la più bella iconostasi d'Italia per rapporto tra la semplicità ed essenzialità della struttura e la ricchezza e bellezza delle icone dipinte. Se la cosa più importante di un'iconostasi sono le icone, questa particolare iconostasi ha fatto centro al cento per cento. Un unico neo: la sistemazione dell'elemento aggettante centrale ha dovuto mantenere diagonali i pannelli immediatamente contigui a quello centrale, invece dei successivi pannelli con le porte laterali, per cui ci si trova con le icone regali messe per traverso. Ci auguriamo che con qualche successiva risistemazione si possa risolvere anche questo problema.

Legnago (VR) – san Caralambo 

Per quanto poco visibile nella foto, l'iconostasi risulta elegante e ben posizionata; purtroppo, il soffitto del locale e la sua illuminazione detraggono non poco all'armonia dell'ambiente.

Limbiate (MB) – santi Bretanione e Parascheva

Le fasi successive della decorazione di una chiesa di grandi dimensioni ci offrono molti spunti di riflessione. Dobbiamo far notare che a Limbiate i lavori sono ancora in corso (per esempio, dalle ultime foto che circolano in rete si vede che sono già stati affrescati gli angoli laterali con le piccole porte di servizio). Attendiamo di osservare una sistemazione finale prima di dare una valutazione definitiva, ma intanto possiamo notare che una parete di cartongesso, per quanto semplice, può essere una buona base d'inizio per la sistemazione di un'iconostasi di legno: la parete permette di aggiungere gli elementi lignei mano a mano, rendendo il lavoro di completamento più agevole.

Non ci convincono molto i pannelli con gli angeli posti in diagonale ai lati dell'iconostasi: forse si potevano usare elementi meno stereotipati. Attendiamo comunque di vedere anche queste parti in un contesto futuro. Speriamo altresì che il balcone interno (evidentemente pensato come pulpito), possa essere abbellito da pannelli a icona invece che da mattoni a vista.

Ci auguriamo che la chiesa possa quanto prima installare un riscaldamento a pavimento, sia per rimpiazzare il pavimento presente (francamente brutto in un contesto di chiesa ortodossa), sia per poter eliminare i tubi di ventilazione, esteticamente orrendi e pericolosi per icone e dipinti (come sa chiunque abbia avuto per alcuni anni aree dipinte esposte a getti d'aria calda).

All'iconostasi non mancano grandi spazi, per cui riteniamo che tirare giù l'icona della Risurrezione dalla linea delle grandi feste e darle un posto prominente (anche nella linea delle icone regali) sarebbe un bel gesto, teologicamente rilevante.

Livorno – san Paissio

proskinitaria posti ai piedi dei gradini sono leggermente distanti dalla balaustra, e con le icone poste su quest'ultima, creano un effetto di "doppia linea" di iconostasi., che aumenta ancor più la sensazione di profondità dell'abside semicircolare.

Lodi – santi Tre Ierarchi

L'iconostasi, ricca ed elegante, sembra inserirsi in modo perfetto nel locale, nonostante l’evidente dissimmetria. La trasformazione delle colonne centrali in altrettanti proskinitaria sembra una soluzione particolarmente ingegnosa e felice.

Lucca – sant'Antonio il Grande

Ogni discorso sull'iconostasi (di per sé molto bella e imponente) di questa chiesa sarebbe riduttivo se non inserito nel contesto della sua splendida iconografia parietale, che ne fa una delle più belle chiese d'Italia, in assoluto. A dover trovare proprio un difetto (ed è il proverbiale pelo nell'uovo) notiamo, come su fin troppe iconostasi romene in Italia, l'icona della Risurrezione relegata tra le dodici grandi feste invece che posta in un luogo di prominenza.

Lunghezza (Roma) – san Giovanni il Digiunatore

La prima iconostasi è stata una semplice parete in cartongesso, con le aperture per le poste e la potenzialità di installare mano a mano tutti gli elementi necessari. Questa può essere un'alternativa economica e funzionale nelle chiese provvisorie.

Il modello della parete è stato mantenuto anche nella chiesa successiva, dove si nota una grande attenzione al design del locale e all'equilibrio tra le linee architettoniche e le parti decorative. Appare evidente che si sta attendendo uno sviluppo futuro dell'iconostasi, ma già così il risultato è molto garbato.

Tra tutte le icone, che seguono buoni modelli tradizionali, ci stupisce che proprio sulle porte sante si sia scelto di sistemare una "Trinità del Nuovo Testamento", francamente eterodossa, e oggi facilmente sostituibile con modelli più canonici, come quelli ispirati alla Trinità di Rublev.

Macerata – san Cirillo di Gerusalemme

La prima iconostasi, di tipo eclettico, riusciva a mettere assieme in modo non sgradevole elementi romeni e ucraini, e perfino una copia del crocifisso francescano di san Damiano, che essendo basato sui canoni dell'iconografia siriaca della Crocifissione, può essere ritenuto contiguo all'iconografia ortodossa.

La successiva iconostasi in legno scolpito mantiene le icone della precedente, con l'aggiunta delle icone delle dodici grandi feste in uno stile barocco e naturalistico. In questo stadio dei lavori notiamo una curiosa inversione di quanto succede in molte chiese in Italia, dove si è provato a inserire iconografie ortodosse tradizionali in ambienti barocchi che non le valorizzano al meglio. Qui invece si mantengono icone di genere barocco, in una chiesa dalle linee molto essenziali, in cui icone di stile più tradizionalmente ortodosso, come quella del santo patrono, non stonerebbero affatto.

Malta – Natività di san Giovanni Battista

Vedendo questa foto, ci sembra di essere in una situazione surreale: come può una parrocchia formatasi nel 2014 avere un'iconostasi tanto elegante e storica nella sua fase iniziale? La risposta al dilemma è semplice: la parrocchia ortodossa romena è ospitata presso la chiesa greco-cattolica della Madonna di Damasco. Ci complimentiamo con i suoi fedeli, ai quali è stata risparmiata la fatica di costruire da zero la propria iconostasi, e ci auguriamo che questo aiuti uno sviluppo più sereno di un loro luogo di culto.

Malta – san Giorgio

La cattedrale greco-ortodossa a La Valletta ha una partizione a colonne tra la navata e il santuario: il risultato è indubbiamente elegante, ma lascia poco spazio per un'eventuale iconostasi. Le icone sono sistemate sulle pareti circostanti.

Mantova – san Giovanni Crisostomo

Iconostasi lineare con motivi ad archi che creano un po' di contrasto (marcato ma non sgradevole) con la linearità squadrata del locale. Il pilone centrale, nel bel mezzo della chiesa, è stato trasformato in un proskinitarion. Questa chiesa ha la particolarità di avere una partizione interna, nello stesso materiale, che di fatto crea un locale di disipegno (potrebbe essere un artificio per non considerare un'area di passaggio come parte integrante del santuario).

Marcellina (Roma) – san Giovanni di Prislop

Un'ideale armonia tra un locale affrescato in stile e un'iconostasi semplice ma con icone ampie e brillanti. Restano ancora da completare le parti laterali: non perdiamo la speranza che l'icona della Discesa agli inferi ritrovi una sua dimensione unica (di fatto, qui è già prominente nell'affresco di sinistra della volta dell'altare) e che le icone delle dodici grandi feste tornino a raffigurare... le dodici grandi feste.

Marrubiu (OR) – perpetuo soccorso

Una delle iconostasi in Italia (e forse nel mondo) più ricche di elementi decorativi dipinti. L'unico rimpianto è che, con una superficie di parete tanto vasta e alta, non si sia potuto sistemare qualche ulteriore ordine di icone.

Merano (BZ) – san Nicola

Una storica iconostasi russa del XIX secolo, in cui gli elementi iconografici e decorativi sono condivisi armoniosamente con i due cori laterali.

Messina – Panaghia Sumelà e san Giacomo Maggiore

La pannellatura di legno a liste non è sgradevole, e offre calore ai toni di bianco e grigio del locale. Ci sembra ancora una struttura temporanea, ma con l'installazione di icone più ampie e il completamento di un elemento ligneo che circondi o sostenga le icone delle grandi feste, l'iconostasi risulterà molto elegante nella sua semplicità.

Messina – san Nicola

Un aspetto estremamente curioso dell'ospitalità di una comunità ortodossa in una chiesa evangelica. Al di là del lodevole gesto di accoglienza, si nota che il contrasto degli elementi tipici delle due chiese non potrebbe essere più stridente.

Messina – san Pancrazio

Accanto all'iconostasi in legno scolpito, leggera ed elegante e molto ben proporzionata al locale, ci si presenta un caso di studio sulla permanenza di elementi di una precedente cappella cattolica. Qui il crocifisso cattolico scolpito è stato mantenuto con una giustapposizione di un crocifisso ortodosso dipinto, e il contrasto non è affatto stridente. La presenza della statua, che invece sembra moderna e di non particolare rilevanza nella sua collocazione, crea una forte dissonanza cognitiva, tale da far dubitare, a chi entra in questa cappella, che si tratti davvero di una chiesa ortodossa. In questi casi, se proprio si vuole onorare una comunità cattolica che ha offerto un luogo di culto agli ortodossi, la cosa migliore è sistemare elementi come queste statue in un decoroso contesto separato dal locale di culto (una cappellina dedicata, una nicchia, un portico esterno, una 'grotta' in un giardino, e così via): in tal modo si vedrà un genuino rispetto senza elementi di confusione e sincretismo

Milano - Annunciazione

La più antica chiesa ortodossa ancora in funzione a Milano presenta numerosi esempi di iconografia e decorazione di origine greca; è l'unico esempio in Italia in cui abbiamo visto colonne di iconostasi con capitelli ionici.

Milano – inno Acatisto

Nella nuova chiesa ortodossa greca a Milano, agli inizi, si è fatto ricorso a un'iconostasi minimale, con ampie icone che formano proskinitaria sottili. Più recentemente, è stata montata un'iconostasi lignea ben armonizzata con le decorazioni preeesistenti.

Milano – Pentecoste

Una delle più imponenti iconostasi in legno intagliato, elegantemente sistemata nel contesto della chiesa di Santa Maria della Vittoria a Milano. Non siamo rimasti molto convinti dall'icona di sant'Ambrogio in paramenti medioevali (soprattutto in presenza di iconografie di sant'Ambrogio ben più antiche, e a lui quasi coeve), ma questo non è che un dettaglio di gusti personali.

Milano – sant'Ambrogio

L'iconostasi proveniente dal convento di Novodevich a Mosca è stata la prima iconostasi provvisoria della chiesa di santa Caterina a Roma, prima di essere portata a Milano, dove non poteva essere più adatta di così, per dimensioni, linee e ambientazione.

Milano –  sant'Ambrogio (n. 2)

Anche la Chiesa bulgara ha in Milano una parrocchia dedicata a sant'Ambrogio, che ha avuto la sua iconostasi dopo diversi anni dalla sua fondazione. Gli elementi laterali sono molto ricchi ed elaborati. Manca invece una parte centrale, e la vista sul santuario con statua lascia una certa impressione di sincretismo liturgico.

Milano – santi Sergio e Serafino

La prima sede della parrocchia (in una casa privata) aveva un'iconostasi semplice ma gradevole, con una particolarità: tutte le icone (ad eccezione di quelle delle dodici grandi feste, che erano riproduzioni del Dodecaorto di Fotis Kontoglou) erano dipinte dal parroco.

Nella successiva sede, si è affrontato il problema di conciliare le esigenze di un'iconostasi ortodossa con il vincolo architettonico della visibilità dell'affresco absidale. Si è giunti a una soluzione con un'iconostasi in ferro battuto, che permette la massima visibilità attraverso l'ampia apertura centrale, e al contempo dona un particolare risalto al numero selezionato di icone presenti sulla struttura.

Milano – santi Silvano e Benedetto

La prima sede della parrocchia dei santi Sergio e Serafino è stata nuovamente allestita come cappella, dedicata ai santi Silvano e Benedetto, e fornita di un'iconostasi con nuove icone.

Mirabella Eclano (AV) – Annunciazione

L'iconostasi bassa riesce a ridurre abbastanza bene il contrasto con l'asimmetria del tetto del locale. Gli spazi per le icone patronali sono stati ricavati sui muri laterali, con un risultato che, se riduce un poco la visibilità e l'accessibilità delle icone, rende l'iconostasi più solenne e completa.

Mirandola (MO) – san Demetrio

L'iconostasi sfrutta al meglio lo spazio, donando assieme agli arredi lignei un gradevole aspetto di cappella monastica a un locale squadrato. Si possono ancora fare dei passi per ottimizzare l'illuminazione interna. Vista l'enorme icona della Risurrezione sulla parete sinistra, non vediamo una ragione per sacrificare l'icona dell'Esaltazione della santa Croce tra le dodici grandi feste.

Mirano (VE) – arcangelo Michele

La foto è a bassa risoluzione, ma riesce a rendere l'idea di come uno stretto spazio absidale sia stato ottimamente riempito da un'iconostasi in legno. Purtroppo, le statue laterali continuano a creare un non indifferente contrasto stilistico (e quel che è peggio, teologico e simbolico). Chi si occupa di erigere iconostasi in luoghi di culto di origine cattolico-romana dovrebbe sempre fare attenzione a questi contrasti, che rischiano di protrarsi negli anni. In un caso come questo, non c'è alcun bisogno di "sfrattare" le statue dalle nicchie: basta coprire le nicchie con icone di pari dimensioni. I proprietari delle chiese che non hanno obiezioni a vedere il loro santuario centrale coperto da un'iconostasi non avranno generalmente problemi a veder trattare allo stesso modo anche le nicchie laterali.

Modena – tutti i Santi

L'iconostasi in gesso è un piccolo gioiello, che risalta ancor di più in una cappella completamente affrescata. L'insieme iconografico della chiesa, estremamente omogeneo per stile (è uno dei rarissimi casi in cui sia le icone dell'iconostasi sia quelle alle pareti sono dello stesso autore), ma incredibilmente vasto per soggetti di vari paesi, è non solo un capolavoro, ma anche un paradigma dell'internazionalità dell'Ortodossia in Italia. Ci dispiace di non poter contare su un'immagine di miglior qualità. L'icona della Madre di Dio sull'iconostasi è dipinta sul modello della Modenskaja, un'icona che negli ultimi secoli ha costituito un forte legame ideale tra Modena e la Russia.

Moncalieri (TO) – santi 40 Martiri

La chiesa lignea edificata a Moncalieri, nello stile architettonico del 'gotico del Maramureș', ha un'iconostasi con uno stile pittorico assolutamente singolare, ma a differenza dello stile dell'iconostasi della chiesa di san Giovanni Crisostomo a Carrara, si tratta di uno stile genuinamente popolare, e per quanto possa sembrare insolito, molto più ortodosso. Nella seconda foto vediamo la decorazione lignea (anch'essa con gli stessi elementi tradizionali) aggiunta in seguito per abbellire e sostenere le icone.

Mondovì (CN) – san Giovanni di Suceava

Fin dall'ingresso in questo locale, la comunità ha dovuto convivere con un elemento architettonico di grande disturbo: un pilastro di cemento proprio in mezzo alla sala e proprio davanti alle porte sante. La foto testimonia i tentativi di nascondere il pilastro, cercando di utilizzare elementi da proskinitarion, l'icona della Cena Mistica che abitualmente si mette sopra alle porte sante, e la grande riproduzione dell'icona del Pantocratore che era stata sopra all'iconostasi della nostra parrocchia a Torino.

Monfalcone (GO) – profeta Zaccaria

Nel panorama delle iconostasi ortodosse, questa colpisce per l'uso insolito di scritte che rimandano ai termini del simbolismo eucaristico. Questo potrebbe richiamare qualche uso locale in Romania, ma nel contesto italiano lascia un ambiente ortodosso stranamente confuso con quello di tante chiese evangeliche, dove – per pregiudizio contro le icone – si usano spesso scritte o versetti biblici sulle pareti. Il problema in questo caso è che non ci troviamo neppure di fronte a citazioni scritturali, né a frasi di uso ben noto, come "Cristo è risorto!", ma semplicemente a concetti simbolici. Ora, se proprio si vuole richiamare i fedeli a concetti come "il pane della vita" o "la vigna del Signore", che problema c'è, in una chiesa ortodossa, a illustrare questi concetti attraverso le icone del pane della vita o della vigna?

Come nel precedente caso di Mirandola, vediamo un'enorme icona della Risurrezione sulla parete, e non capiamo perché dover replicare quest'icona tra le dodici grandi feste, togliendo il posto alla festa della santa Croce.

Montaner (TV) – santa Barbara

Iconostasi pregevole per elementi pittorici, decorazione e armonizzazione con gli affreschi circostanti. Peccato che non si sia potuto ricavare un posto per un'icona patronale. Dopo il recente incendio nella chiesa (che grazie a Dio non ha intaccato le icone) potremo assistere a una risistemazione generale di questi elementi.

Montecatini (PT) – santa Pelagia

Questa comunità parrocchiale ha avuto la sede in più locali, molto diversi tra loro, e in tutti è riuscita a sistemare un'iconostasi con un certo garbo. Nel primo caso, abbiamo l'ospitalità in una cappella cattolica di spazio contenuto, con un'iconostasi in legno minimale ma elegante. Nella sede successiva, un locale squadrato di poca eleganza (un'ex fabbrica di pane) è abbellito mediante una disposizione armoniosa di archi e di elementi decorativi semplici, come cornici e fregi. Nella successiva chiesa (di cui per ora è usato solo il locale sotterraneo), ritorna una struttura "a scatola", che richiude con dignità il salone.

Montecorvino Rovella (SA) – santi Cosma e Damiano

Un'iconostasi semplice, arricchita di spessore dai bordi dorati attorno alle porte e sulla sommità. Le lampade al di sopra delle icone regali sarebbero adatte a icone di ben maggiori proporzioni.

Montichiari (BS) – sant'Artemio

Questa iconostasi, incastonata in modo perfetto in una parete absidale appositamente preparata, non è che uno dei dettagli di un progetto veramente singolare: la trasformazione di un capannone industriale in una chiesa ortodossa in stile romeno. Un'analisi di tutto il progetto andrebbe al di là degli scopi di questo viaggio tra le iconostasi, ma va tenuta in considerazione ogni volta che si parla dell'adattamento a chiesa ortodossa di una struttura diversa e preesistente. 

Monza – tutti i Santi

In una chiesa dall'ampio nartece esterno, ma dal limitato spazio interno, era necessario trovare una soluzione che limitasse il più possibile lo spazio attorno all'altare. Questa soluzione è stata la creazione di un'iconostasi 'a scatola', con le porte diaconali sui lati. La soluzione si può apprezzare meglio attraverso la foto panoramica.

Musadino (VA) – icona Blagoukhannyj tsvet

La cappella dell'eremo è stata realizzata suddividendo una stanza che (nemmeno a farlo apposta) aveva il soffitto con la volta a croce, e applicando riproduzioni di icone sull'iconostasi, sulle pareti e sul soffitto.

Napoli – sant'Andrea

L'iconostasi barocca si armonizza bene con l'interno della chiesa. Anche se alcuni possono considerarla manieristica e preferirle uno stile più tradizionalmente ortodosso, bisogna stare attenti nel creare ibridi con elementi barocchi.

Napoli – san Giovanni di Suceava

In questa parrocchia di Napoli lo sviluppo dell'iconostasi ha scelto una direzione inversa a quella della vicina chiesa di sant'Andrea: su una pannellatura semplice e autoprodotta sono state poste riproduzioni di icone più tradizionalmente ortodosse. L'effetto è esteticamente molto più dissonante, ma teologicamente più sapiente.

Napoli – santi Pietro e Paolo

L'iconostasi della storica chiesa greca di Napoli è molto maestosa e solenne, e perfettamente inquadrata nel contesto della chiesa.

Neive (CN) – san Michele Arcangelo

L'iconostasi della prima parrocchia ortodossa macedone in Italia testimonia lo sforzo e la determinazione di un gruppo di fedeli che ha saputo creare un perfetto ambiente ecclesiale con i propri mezzi (il rientro della Chiesa ortodossa macedone nella comunione ortodossa è coinciso con l'acquisto e la consacrazione del luogo di culto, una chiesa settecentesca di confraternita). 

Novara – san Nettario

Un'elegante iconostasi in legno lavorato offre un momento di autentico sollievo spirituale in un edificio costruito nel più agghiacciante stile brutalista postconciliare. Speriamo che le informi macchie di luce provenienti dalle finestre policrome (di cui si possono vedere gli aloni nella foto) non ricadano sulle icone rovinandone l'insieme.

Novara – san Nicola

In una chiesa in cui l'iconostasi deve essere rimossa ogni anno per permettere una funzione cattolica, si è installato un modello di iconostasi che offre la massima solidità in una situazione ancora provvisoria. Le porte regali aggettanti sono in realtà una struttura che stabilizza il resto dei pannelli, e le ali della balaustra sono divenute spazi per i cori, schermati da icone collegate al marmo della balaustra per mezzo di robuste fasciature.

Da notare, sulla parte inferiore delle porte laterali, una scelta iconografica tipica delle iconostasi russe di vecchio rito: le icone del patriarca Melchisedec e del Buon Ladrone. Interessante la scelta, sopra le porte sante, dell'icona "doppia" della Cena Mistica, con le raffigurazioni della comunione degli apostoli al pane e al calice. Delle dodici grandi feste, possono essere sistemate solo otto (per ora solo sette, a causa della presenza inopportuna in mezzo a loro dell'icona della Discesa agli inferi).

Oderzo (TV) – santa Irina

Iconostasi ampia e con elementi decorativi gradevoli; le icone sembrano un po' perse negli spazi, ma immaginiamo che in questa sistemazione siano ancora provvisorie.

Orbassano (TO) – sant'Emiliano

No, qui non si sono dimenticati di costruire l'iconostasi... la stanno ancora preparando! Si tratta della seconda chiesa in stile 'gotico del Maramureș' costruita nei dintorni di Torino. Questa foto può offrire un'idea delle proporzioni della vicina chiesa dei santi 40 martiri a Moncalieri. Attendiamo con interesse di vedere quali soluzioni saranno adottate nel completamento di questa nuova chiesa.

Orvieto (TR) – san Nicola

Si era partiti da una soluzione minimalista, fatta con elementi di proskinitaria verticali collegati a mo' di paravento, che lasciava una piena visibilità sul ciborio centrale.

L'iconostasi successiva non è male, ma avendo tolto completamente la visibilità al ciborio, e in gran parte alla volta absidale affrescata, questo è uno dei casi in cui è lecito chiedersi se un'iconostasi bassa non sarebbe stata più rispettosa dell'armonia della chiesa. La soluzione di avere 14 icone delle feste, anche se raramente adottata, permette di includere l'icona della Risurrezione al livello di quelle delle altre feste senza alcun rimprovero. Probabilmente l'aspetto dell'iconostasi potrebbe migliorare ulteriormente con l'inserimento di icone più ampie sulle porte regali.

Padova – Natività della Madre di Dio

Un'iconostasi ben bilanciata tra elementi iconografici e decorativi. Il leggero prolungamento in avanti non è tanto funzionale ad avere più spazio attorno all'altare (il santuario è infatti abbastanza lungo), quanto piuttosto a permettere il giusto spazio alle icone delle dodici grandi feste.

Padova – santa Parascheva

Iconostasi bassa e ampia, riccamente scolpita, con elementi di proskinitaria coordinati.

Padova – santi Pietro e Paolo

Un'iconostasi su cui vediamo tende davanti a tutte le porte e, particolarità unica in Italia, un'icona patronale circolare (un modello che si adatta di solito ai medaglioni dipinti a parete).

Palermo – san Caralambo

Nell'iconostasi provvisoria, una struttura minimale reggeva icone di ampie dimensioni e di stili piuttosto diversi. Lo sviluppo successivo mostra uno sforzo ben riuscito di armonizzazione delle icone con le linee della chiesa precedente.

Palermo – san Marco di Efeso

L'iconostasi ospita i ripidia (che abitualmente sono conservati dietro alla santa mensa, o ai lati del trono) e poiché le porte laterali sono costituite da tende, le icone degli arcangeli sono poste ai loro fianchi.

Palermo – sant'Alessandro di Comana

Iconostasi con una storia interessante: realizzata in Bielorussia sul modello di un'iconostasi privata (oggi in Svizzera) della cappella di Villa Florio, residenza di vacanza dei Romanov a Palermo. La grande Trinità nell'abside è opera dell'iconografo russo Aleksandr Sokolov, defunto prima di aver potuto completare le icone dell'iconostasi.

Parma - Mirofore

Locale adattato a chiesa: la presenza di tante dorature ed elementi barocchi contrasta con il salone bianco e squadrato, ma l'insieme non è disarmonico.

Parma – san Nettario

La prima iconostasi si limitava all'essenziale (due pannelli con icone duplici, e tende), lasciando lo sguardo libero su pareti ricche di elementi iconografici. L'iconostasi definitiva ha una grande armonia di dettagli, copre con garbo le basi delle colonne laterali con due proskinitaria, e mostra le icone delle 12 grandi feste come dovrebbero essere. Chi ha paura dell'esclusione dell'icona della Risurrezione dall'iconostasi, può vedere dalla terza foto come la cosa non costituisca affatto un problema.

Pavia – sant'Ambrogio

I larghi elementi di colonna conferiscono all'insieme un aspetto di grande solidità. Poiché la presenza di portacandele davanti alle icone regali impedisce incidenti da passaggio diretto, non dovrebbe esserci pericolo ad abbassare le lampade votive in modo che possano illuminare i volti delle icone regali, piuttosto che il culmine degli archi.

Pavia – santi romeni

Ampia iconostasi lignea dagli elementi squadrati. Le lampade votive delle icone regali sono un po' fuori asse: è un artificio a cui si fa talvolta ricorso nei casi in cui ci sia poco spazio e rischio di urti nella zona attorno alle porte centrali.

Perugia – san Gerasimo

Iconostasi minimale, con pannelli di balaustra in legno e icone di grandi dimensioni.

Perugia – san Sava di Buzău

Iconostasi singolare nel panorama italiano. La struttura in legno scolpito risulta molto leggera grazie all'impiego del traforo, e al tempo stesso in rilievo, per gli elementi di colonne sormontate da croci. Anche il pulpito è stato decorato nello stesso modo. Le due icone della Risurrezione e della Natività di Cristo, anche se non tradizionalmente collegate all'iconostasi (rimandano piuttosto ad affreschi parietali), ne prolungano l'imponenza nella chiesa.

Pesaro – san Giovanni di Prislop

Una serie di soluzioni geniali ha sfruttato tutto lo spazio disponibile di un santuario piuttosto stretto e ha esteso l'iconostasi all'arco esterno, guadagnando tutto lo spazio della corona dell'arco.

Piazzare una riproduzione di icona "a ritaglio" è sempre un rischio, e se qui ci sembra che ne sia valsa la pena per il Mandylion sopra alle porte sante, le figure della Vergine e di san Giovanni Evangelista accanto al crocifisso centrale, così come gli angeli con i ceri sulla corona esterna, ci sembrano ancora piuttosto spiazzate e fumettistiche.

Le nicchie laterali sono state progressivamente coperte di icone, e il risultato finale è buono e armonico nelle proporzioni. Nella fase intermedia, tuttavia, le statue nelle nicchie erano coperte a metà da icone, e questo lascia un'impressione strana, non proprio cattolica, non proprio ortodossa, ma generalmente trascurata. In questi casi, se le statue non si possono coprire (basta tendere un velo), sarebbe meglio lasciarle a vista.

Pesaro – santa Protezione

Uno dei rari casi in cui gli elementi aggettanti non sono quelli centrali, con le porte sante, ma piuttosto quelli laterali (cosa che non nuoce comunque allo sguardo d'insieme). È anche piuttosto infrequente (e leggermente irrispettoso) che l'Annunciazione sulle porte sante sia ottenuta dividendo in due una singola icona, con il triste effetto di tagliare in due la mano dell'arcangelo.

Pescara – Natività della Madre di Dio

Singolare adattamento di un salone con una marcata asimmetria e un'illuminazione alquanto irregolare. Lodevole il tentativo di mantenere un'armonia cromatica attraverso l'uso di sfumature di bianco e azzurro chiaro.

Pescara – santi Simeone e Anna

 

Nel salone usato per le prime celebrazioni, abbiamo avuto l'unico caso in Italia in cui le icone erano proiettate sulla parete di fondo durante le funzioni, con la stessa tecnica usata negli incontri di catechismo, quando il salone era usato come scuola. Conoscendo e apprezzando la propensione di padre Alin Iarca per il catechismo, non possiamo che fargli i complimenti per aver saputo focalizzare l'attenzione dei fedeli su una buona iconografia ortodossa in quello che altrimenti sarebbe risultato un ambiente un po' squallido. Gli sviluppi non si sono fatti attendere, con la costruzione di una chiesa in stile tradizionale ortodosso (uno degli esempi meglio riusciti in Italia), di cui possiamo vedere nelle foto successive l'iconostasi bassa e semplice, che si inserisce alla perfezione nel contesto della chiesa.

Piacenza – san Daniele l'Eremita

L'iconostasi è fatta con elementi combinati, che si è saputo ricomporre in modo molto efficace in due contesti diversi (questa è una prova della versatilità di un'iconostasi ortodossa). Elementi cattolici preesistenti come le statue spesso non si possono spostare oppure occultare, ma il contrasto rimane aspro, come se si stesse vivendo in due chiese diverse allo stesso tempo.

Piacenza – san Procoro di Pcinja

La seconda parrocchia ortodossa macedone in Italia ha avuto la prima sede in una chiesa rurale sull'Appennino piacentino. Vi è stata costruita un'iconostasi in legno ampia e solida, in armonia abbastanza elegante con le linee architettoniche della chiesa, se non fosse stato per gli elementi dei condizionatori d'aria sulle pareti e davanti alla solea, sgradevoli a vedersi per quanto indubbiamente utili.

Recentemente la parrocchia ha potuto acquistare una chiesa in città, dove l'iconostasi è ancora in allestimento. Come si può notare nella seconda foto, il precedente santo patrono della chiesa (l'apostolo Bartolomeo) è stato affiancato nell'icona laterale a san Procoro di Pcinja, patrono della parrocchia ortodossa macedone. In questo caso (che si può notare anche nella parrocchia dei santi Sergio e Serafino a Milano), l'inclusione del patrono precedente enfatizza il fatto che una comunità ortodossa non si pone in contrasto con il precedente culto dei santi in Occidente, e se un santo è riconosciuto come tale dalla Chiesa ortodossa, può essere inglobato nella vita di culto della comunità senza soluzioni di continuità.

Piacenza – santi tre Ierarchi

Una soluzione che dovrebbe essere presa in considerazione da chiunque si trovi in una chiesa temporanea, povera o con vincoli di edificazione di iconostasi. I pannelli di questa iconostasi, che appaiono elaborati e complessi, sono in realtà molto leggeri (laminato plastico), facili da montare e smontare, eleganti nella loro essenzialità e – ultimo ma non da meno – estremamente economici. Sono anche personalizzabili: le icone regali, quelle degli arcangeli e delle feste che vedete qui sono le stesse che abbiamo richiesto anche noi a Torino (con un'iconostasi di tutt'altra fattura) quando abbiamo avuto bisogno di riproduzioni temporanee. Pur nella loro leggerezza (li possiamo paragonare alle lastre di polistirolo delle imbottiture) sono abbastanza robusti, come si vede nella foto, da reggere lampade e sistemi di cardini e di chiusure delle porte. La loro possibilità di impiego per usi estemporanei (incluse le celebrazioni all'aperto) è davvero senza limiti.

Pinerolo (TO) – santo Stefano il Grande

In molte chiese si usano pannelli con icone per creare un'iconostasi temporanea, ma quello della chiesa di Pinerolo ai suoi inizi è l'unico caso in cui abbiamo visto sistemare l’Epitaffio (o Sindone) del Signore e quello della Madre di Dio per delimitare lo spazio dell'altare.

La seconda foto testimonia lo stadio successivo, con l'arrivo di una tradizionale iconostasi romena in legno intagliato. In questa foto, e soprattutto nella terza foto grandangolare, vediamo anche il geniale impiego di grandi riproduzioni parietali di icone, che sostituiscono molto dignitosamente gli affreschi in quei casi in cui problemi burocratici e/o finanziari ne impediscono la realizzazione.

Pino Torinese (TO) – santa Protezione

Sono stati necessari diversi adattamenti per incastonare un'iconostasi tradizionale in una cappella modernista costruita in modo molto peculiare su livelli differenti, e se in alcuni aspetti (come l'illuminazione interna) non si è potuto eliminare del tutto un certo contrasto, bisogna riconoscere che lo sforzo ha prodotto un ottimo risultato.

Pistoia – Natività della Madre di Dio

L'iconostasi a paravento viene dagli anni in cui era richiesta con una certa frequenza la sua rimozione per la celebrazione di funzioni cattoliche nella chiesa. Nonostante le sue dimensioni, è stata studiata apposta per essere montata e smontata facilmente (in caso di necessità, anche da una singola persona), e per essere ripiegata in uno spazio minimale. Le icone regali e laterali possono sembrare un po' troppo sottili: in effetti, erano state originariamente pensate per gli spazi ben più stretti e alti della nostra parrocchia a Torino.

Pistoia – san Mina

L'iconostasi sembra essere studiata in vista della successiva decorazione del vasto spazio absidale. Curioso il contrasto tra elementi solidi a triangolo ed elementi traforati ad arco.

Pomezia (Roma) – san Sebastiano

L'iconostasi della chiesa di Pomezia si distingue in vari modi dai modelli prevalenti nella diocesi romena; le sue particolarità danno a questa chiesa un aspetto molto elegante, sobrio e luminoso.

Porretta Terme (BO) – santa Barbara

La struttura dell'iconostasi ha racchiuso e circondato la conca absidale centrale, mentre per quelle laterali si è preferito lasciare gli altari ornati da affreschi, a vista libera. Tali altari, anche se indubbiamente eleganti, non sono molto funzionali nel rito ortodosso: uno dei loro usi più solenni potrebbe essere quello di ospitare teche con reliquie di santi.

L'inclusione delle luci absidali all'interno dell'iconostasi deve far riflettere sul tema dell'illuminazione interna delle chiese. Spesso, quando si erige un'iconostasi alta in una chiesa con un precedente sistema di illuminazione generale, si rischia di avere un altare intensamente illuminato e una navata che resta al buio.

Portogruaro (VE) – san Sava il Santificato

Iconostasi elegante, ampia, ricca di dettagli e di cromatismi. Sarebbe ideale, se l'icona della Risurrezione non fosse inclusa tra quelle delle 12 grandi feste.

Prata di Pordenone (PN) – santa Cristina

Il salone è chiuso da una parete in cartongesso che ospita tutti gli elementi consueti di un'iconostasi, tranne le lampade e le porte, che è sempre possibile aggiungere in momenti successivi. Preferiamo non commentare sulle bandiere nazionali poste a striscione, essendo sicuri che i chierici e i fedeli di questa parrocchia abbiano sentito parlare degli stendardi che si usano nelle processioni ecclesiastiche.

Prato – santi Anastasia la Romana e Petru Movilă

Iconostasi con molti elementi lignei traforati, che inizieranno a risaltare sulla parete di fondo man mano che sarà dipinta.

Quartu Sant'Elena (CA) – san Giuda Taddeo

Questo è uno dei rari casi in cui la parete divisoria che funge da iconostasi ha subito nel tempo modifiche strutturali (in questo caso, per accomodare la forma delle nuove porte).

Ravenna – san Giorgio

Questo è l'unico caso in cui dobbiamo concludere con tristezza che, nel cercare di fare un passo avanti per un'iconostasi, si è fatto un passo indietro per l'Ortodossia.

Ravenna è una città in cui è ancora piuttosto viva la memoria dell'antico templon bizantino (a un singolo ordine d'icone). Nella splendida cornice della storica basilica dello Spirito Santo, l'iconostasi temporanea (pur suscettibile di miglioramenti) era sicuramente sulla strada giusta per restituire alla chiesa un senso di solennità ortodossa, cosa che peraltro si poteva notare più nella sistemazione cattolica preconciliare che in quella odierna. Non abbiamo dubbi che padre Dan Vesea (che conosciamo come esperto d'arte bizantina) avesse proposto quel primo modello sulla base di notevoli testimonianze architettoniche. Ecco perché ci siamo sentiti del tutto spiazzati nel veder sistemare in seguito un'iconostasi barocca in legno intagliato, molto raffinata nei suoi dettagli artistici, ma del tutto disarmonica con le basi stesse dell'arte ravennate.

Ci basti vedere come le altre chiese di Ravenna hanno risolto le loro iconostasi: la parrocchia di san Giovanni Battista ha sistemato un'iconostasi barocca in una cappella barocca, la parrocchia della santa Protezone ha creato un'iconostasi neoclassica in una chiesa neoclassica... quanto sarebbe costato offrire una reminiscenza dello stile paleocristiano in una chiesa paleocristiana?

Ravenna – san Giovanni Battista

Elemento a croce lobata che ricorda quelli della vicina chiesa di san Timoteo a Cesena, ma con l'aggiunta delle icone degli apostoli nella cornice. In una cappella barocca fortemente ornata di elementi statuari barocchi, resta da vedere come potrà armonizzarsi con l'ambiente.

Ravenna – santa Protezione

Su un insolito sfondo azzurro, vediamo una combinazione di icone e di elementi decorativi di un certo pregio. In particolare, viste le difficoltà di riprodurre dignitosamente la Vladimirskaja, dobbiamo convenire che – almeno da lontano – l'icona regale che ne segue fedelmente la tipologia è tra le riproduzioni meglio riuscite. Si tratta di uno dei pochi casi in Italia in cui il Mandylion è usato come icona regale del Signore.

Reggio Calabria – san Gregorio Decapolita

Un'iconostasi semplice e leggera, ha subito una sopraelevazione con un curioso effetto cromatico: non si tratta di una diversa illuminazione, è proprio che le icone della parte sopraelevata sono a sfondo azzurro (e generalmente rotonde), mentre quelle della parete originaria sono a sfondo dorato (e generalmente quadrate). Il contrasto è piuttosto accentuato, e non molto gradevole a vedersi. Non avrebbe guastato un po' più di uniformità.

Reggio Calabria – santi Pietro e Paolo

In una chiesa costruita secondo i criteri architettonici ortodossi greci, l'iconostasi in legno intagliato si adatta alla perfezione, e si estende sulle tre absidi. Davvero imponente la parte centrale.

Reggio Emilia – san Dionigi vescovo

Ospitata in un salone temporaneo, la comunità ha ereditato la prima iconostasi della parrocchia di san Nettario a Parma.

Reggio Emilia – san Giobbe di Pochaev

Gli elementi costitutivi dell'iconostasi ci sono tutti, ma non sembra che sia stato fatto un grande sforzo per armonizzare o inserire l'iconostasi nel contesto della chiesa.

Reggio Emilia – san Spiridione

Purtroppo non abbiamo trovato fotografie con una migliore luminosità o maggiori dettagli, ma già vediamo più attenzione all'integrazione nell'ambiente rispetto al caso precedente. Gli archetti sulla sommità rispecchiano un poco le nicchie presenti nella chiesa. Per farci un'idea definitiva, dovremo comunque attendere il completamento delle icone.

Revello (CN) – san Basilio

Un'iconostasi semplice ed essenziale in una cappella di piccole dimensioni. A differenza di quanto avevamo notato nella chiesa della santa Protezione a Pesaro, la figura completa dell'Annunciazione sulle porte sante qui è realizzata dipingendola su due pannelli separati, e non, come nel caso precedente, tagliando in due una riproduzione preesistente.

Rieti – san Giuseppe di Partoș

In una chiesa costruita in stile tradizionale romeno, questa iconostasi ancora agli inizi ha a disposizione una vasta parete per una potenziale elevazione di molti ordini di icone.

Rignano Flaminio (Roma) – profeta Elia

Da quanto abbiamo potuto vedere, questa è una delle poche iconostasi che sono state spostate da una chiesa a un'altra nella stessa località (in poco tempo, come possiamo dedurre dalle ultime icone dei profeti nella fila superiore, che sono in corso di completamento). Da questi cambiamenti di ambiente si vede la versatilità dell'iconostasi, che si può adattare a nuovi locali con una certa facilità.

Nella prima sistemazione, l'iconostasi ancora bassa lasciava intravedere un ciclo di affreschi preesistenti, in questo caso ormai scarsamente visibili. Le decisioni di elevare o meno l'iconostasi spesso non dipendono dalla comunità ortodossa, ma da fattori locali quali la visibilità delle pareti tutelate come beni artistici.

Rimini – Ingresso al tempio

Una delle iconostasi più riccamente decorate di motivi ornamentali, si inserisce in modo eccellente nel contesto di una chiesa completamente dipinta.

Rimini – san Nicola

In realtà si tratta di una cappella laterale di una chiesa cattolica: l’ingresso alla cappella è stato decorato da una struttura di iconostasi completa di tende, per facilitare le Liturgie per i pellegrini ortodossi che vengono a venerare la reliquia del braccio di san Nicola.

Rivarolo Canavese (TO) – san Giulio il Veterano

Gli elementi ancora incompleti riescono a delimitare in modo adeguato lo spazio dell'altare barocco. Il fatto che non si sia trovato un panno per fare una tenda alle porte sante (reminiscenza del velo del tempio biblico), ma siano presenti bandiere nazionali per riempire i varchi dell'iconostasi, dovrebbe farci riflettere sulle nostre priorità in una chiesa.

Roma – Dormizione della Madre di Dio

In quanto cappella della residenza episcopale, si potrebbe pensare che la struttura dell'iconostasi sia un po' troppo minimalista, ma va tenuto conto che la cappella è frequentata da un gran numero di preti, diaconi e servitori d'altare, soprattutto in occasione di riunioni e raduni del clero. Questa struttura aperta e semplice permette la massima elasticità nel caso di concelebrazioni molto affollate, pur senza rinunciare all'eleganza e alla dignità.

Roma, Borghesiana – san Dimitrie il Nuovo

Curiosa iconostasi "a scatola" con icone anche sulle pareti laterali, studiata per garantire il massimo di mobilità senza rinunciare alla parte iconografica.

Roma, La Rustica – Concezione di sant'Anna

In una chiesa ricavata da un salone sportivo, la struttura dell'iconostasi è ancora minimale, ma non mancano le potenzialità future. Curiosa, come icona regale, la riproduzione della Madre di Dio Piangente del monastero di Boiani.

Roma, Monterotondo / Tor Lupara – Battesimo del Signore

Al pianterreno di un'edificio di una zona industriale, quest'iconostasi è un esempio di capacità creativa, che ha trasformato uno spazio anonimo e squadrato in un piccolo gioiello. L'iconostasi con sobri elementi lignei usa in modo sapiente tutto lo spazio disponibile per icone di grandi dimensioni, lasciando posto per futuri sviluppi senza compromettere l'armonia dell'insieme.

Roma – Natività della Madre di Dio

Iconostasi in legno dagli elementi molto solenni, dona un aspetto unico a un salone absidato che non sembrava progettato come chiesa.

Roma, Ostia – Ingresso a Gerusalemme

Un caso singolare in cui tutte le icone sulla parete hanno la sommità ad arco.

Roma, Palestrina – san Mina

Questa chiesa ha sfruttato nel modo migliore gli spazi di un ampio capannone in mezzo al verde, dimostrando anche con la propria iconostasi (una parete di legno larga e semplice) che trasformare un locale in chiesa ortodossa non richiede alcun particolare vezzo architettonico, ma solo una buona dose di semplicità e buon gusto.

Roma, Prima Porta – Ingresso al tempio

Iconostasi curata e pregiata, posta inizialmente in un locale di culto molto moderno e dalle linee squadrate, e poi sistemata in una chiesa acquistata dalla comunità, a cui è stata adattata perfettamente.

Roma – san Nicola

L'iconostasi è adattata al salone di un palazzo nobiliare romano. È di grande effetto l'abside a mosaico (di cui nella prima foto si intravede appena la sommità, e nella seconda foto qualche particolare dello sfondo).

Roma – san Panteleimone

Iconostasi bassa riccamente intagliata, prevista per ospitare poche icone ma di ampie dimensioni. Nella seconda foto si vedono già installate le icone, tra cui le icone patronali di san Panteleimone e del co-patrono sant'Efrem il Nuovo di Nea Makrì. Per aggiungere una dimensione inter-ortodossa, la foto testimonia la visita dell'arcivescovo Juraj di Michalovce e Košice in Slovacchia, un grande amico degli ortodossi in Italia.

Roma – san Teodoro

Un'iconostasi essenziale, elegante, armoniosa con il resto della chiesa. Le porte diaconali sono sui lati.

Roma – sant'Andrea (1)

La più antica chiesa greca ancora in funzione a Roma. Di dimensioni contenute, ma dall'iconostasi molto elaborata.

Roma – sant'Andrea (2)

Così come l'iconostasi della parrocchia di santa Nino a Firenze, quella della parrocchia georgiana di Roma unisce poche icone particolarmente luminose a motivi di legno scolpito, con caratteristiche singolari dell'architettura cristiana del Caucaso.

Roma – santa Caterina (chiesa superiore)

Un'iconostasi in marmo con icone di gran pregio. Di recente la chiesa è stata affrescata, portando le parti marmoree dell'iconostasi a risaltare ancora di più. Tecnicamente, non si trova in Italia (è sul suolo extraterritoriale dell'ambasciata russa).

Roma – santa Caterina (cripta)

Iconostasi con rivestimenti in porcellana, caso unico – per quanto ne sappiamo – tra quelli qui analizzati. Ha di fronte uno dei più pratici battisteri a immersione per adulti.

Roma – santa Croce

L'iconostasi in legno scolpito ospita in modo elegante alcune delle più grandi icone in Italia: un ottimo risultato artistico, a cui nuoce un poco la solita inclusione dell'icona della Risurrezione tra le icone delle 12 grandi feste.

Roma – santa Protezione

Anche qui si è scelto o si è dovuto scegliere di usare come iconostasi due elementi di proskinitaria verticali, ma il loro aspetto modernizzante e cromato ci lascia un po' interdetti. Troviamo interessante invece l'uso di lampade a stelo al posto di quelle pensili, una soluzione in questo caso più giustificabile.

Roma – santo protomartire Stefano

L'iconostasi ha linee sobrie e icone interessanti, con un mix armonico di elementi tondeggianti e quadrati. Le tende davanti alle porte sante (particolare comune alla chiesa dei santi Pietro e Paolo a Padova) ci sembrano fuori luogo, a differenza di quelle sulle aperture laterali, prive di porte.

Roma, Torre Spaccata – sant'Alessio

Attraverso il delicato traforo del legno dell'iconostasi filtra la luce di una vetrata multicolore che offre ben poco di ecclesiastico, ma per una chiesa dedicata a un santo che si accontentò di vivere in un sottoscala di Roma, ci accontenteremo anche noi...

Roma, Trullo – san Martino il Confessore

L'iconostasi a parete in cartongesso è tanto minimale che si è voluto sistemare riproduzioni rettangolari delle icone delle grandi feste dietro aperture fatte per icone ad arco. Non guasterà chiedere che quando saranno fatte le icone delle feste su misura, quella della Risurrezione sia posta in un luogo a parte da quelle delle altre feste.

Roma – santi Vincenzo e Anastasio

Nella storica parrocchia del Quirinale accanto alla fontana di Trevi, la comunità ortodossa bulgara ha sistemato ampi pannelli in ferro battuto, il cui delicato intreccio risalta particolarmente quando si tirano le tende tese dietro di loro.

Rossano (CS) – icona "Compagna nel Cammino"

Iconostasi ancora da completare, speriamo, con la sostituzione delle croci piuttosto semplicistiche sulla fascia inferiore, più adatte a chiese evangeliche spoglie di ornamenti che a chiese ortodosse con icone, e che di fatto stanno già creando un contrasto sgradevole con i portacandele e il leggio.

Rovigo – santo Ioan Iabob

Iconostasi a parete liscia, asimmetrica rispetto al locale, con sommità ad archetti multipli (verosimilmente basi per le future icone della fila degli apostoli).

Rovereto (TN) – santa Ksenija

Iconostasi più che adeguata per il suo scopo, anche se crea un effetto cromatico dissonante, non sufficientemente smorzato dalla presenza di teli e drappi bianchi.

Salerno – san Matteo

La struttura "a scatola" in cartongesso è stata costruita con le aperture a misura per ospitare gli elementi di legno intagliato. Questa è una soluzione brillante per quelle chiese che hanno già alcune parti di iconostasi in legno, ma non possono, per qualsiasi ragione, completare una parete con elementi dello stesso tipo.

Saluzzo (CN) – san Procopio

Il lavoro di intaglio è pregevole: se all'inizio lasciava l'impressione che ci fosse un po' troppo legno rispetto alle icone, dobbiamo ammettere che il risultato finale è ben proporzionato. Peccato che le riproduzioni di icone sulla parete di fondo dell'altare sino stranamente spezzate in due (né veramente visibili, né veramente coperte) dall'arco superiore dell'iconostasi, e che le icone poste sulle colonne laterali non riescano ad armonizzarsi con l'ambiente, risaltando in un modo un po' fumettistico (forse sarebbe bastato applicare loro una cornice e/o usare un più decoroso sfondo giallo-dorato, come era stato fatto per le due grandi icone della prima foto).

Saluzzo (CN) – san Giuda Taddeo

Iconostasi di una cappella privata, non più esistente (alcuni elementi lignei sono passati alla prima iconostasi della cappella di sant'Anastasia a Torino), testimonia il grado di amore e di cura nella realizzazione di un'iconostasi anche in ambiente domestico.

San Giovanni Valdarno (AR) – san Teodosio di Brazi

Iconostasi ricca e complessa, ben adattata alla chiesa, anche se forse sarebbe stato un po' più armonico un elemento più arrotondato sulla sommità al centro.

San Marino – san Michele Arcangelo

La prima iconostasi ortodossa nella Repubblica di San Marino ha una struttura semplice ed essenziale. La seconda foto testimonia uno stato di avanzamento ulteriore dei lavori, in cui l'iconostasi è stata ulteriormente armonizzata con l'artificio di fasce parietali per le icone.

San Marino – santa Marina

La struttura centrale è molto leggera e e per il momento si armonizza bene con l'ambiente della cappella. L'icona della Risurrezione sul leggio a sinistra mostra come sia possibile offrire a quest'icona un posto prominente al di fuori degli spazi riservati alle 12 grandi feste.

Sanremo (IM) – santi Cirillo e Metodio

Iconostasi ampia e imponente con icone belle e luminose, lunette a icona sulle porte laterali, e una serie di icone dei santi apostoli in dimensioni crescenti verso il centro. L'insieme non crea disarmonia con le linee gotiche della chiesa, se si eccettua forse un colore di base troppo scuro.

Sanremo (IM) – Cristo Salvatore

 

I lavori nella chiesa, interrotti dalla rivoluzione russa, sono proceduti in modo lento ma graduale, prima con la sopraelevazione dell'iconostasi, e quindi con la cornice degli affreschi sulla facciata, realizzando un'opera di grande pregio.

Santa Lucia del Mela (ME) – Presentazione al Tempio

L'iconostasi dell'eremo messinese, con icone regali molto ampie, racchiude un santuario posto curiosamente nella parte più bassa della cappella.

Schiavonea (Corigliano Calabro – CS) – san Fantino il Nuovo

Evoluzione di un'iconostasi da una semplice parete di legno con porte a una struttura dotata di un elaborato schema di decorazioni.

Seminara (RC) – santi Elia e Filareto

Iconostasi molto elegante e minuta, a una sola porta laterale, ben inserita nel complesso degli affreschi del monastero.

Siena – santa Anastasia Romana

Nell'iconostasi minimale fatta con icone fissate sopra la balaustra, l'icona della Cena Mistica costituisce l'elemento di arcata superiore e di raccordo con le icone regali, permettendo l'installazione della tenda centrale.

Siracusa – santa Lucia

Si nota un tentativo di riprendere le volute barocche nelle linee dell'iconostasi, anche se il risultato finale è ancora piuttosto disomogeneo dall'insieme della chiesa. Le ampie icone regali seguono i modelli del Sommo Sacerdote e della Pantanassa (Regina del mondo).

Siracusa – santi Paolo e Lucia

Lo spazio sulle porte centrali a forma di cerchio è abbastanza raro (si vedano l'iconostasi definitiva della chiesa della Trinità a Fidenza, la prima cappella dei santi Sergio e Serafino a Milano e la chiesa di sant'Andrea a Napoli), ma può creare una cornice ideale per una croce centrale. In questo caso, la cornice in legno intagliato è anch'essa parte dell'opera d'arte.

Il soffitto a luci multicolori irregolari, già strano per il locale in sé, costituisce il proverbiale pugno nell'occhio di chi usa questo spazio come chiesa.

Spilimbergo (PN) – san_Giovanni_Battista

Un vero gioiello per la delicatezza dell'intaglio del legno e l'ampiezza e la bellezza delle icone. Da una chiesa situata nella più famosa "città del mosaico" in Italia, ci saremmo aspettati qualche elemento a mosaico nell'insieme, ma è vero che la realizzazione dei mosaici è lenta e costosa: speriamo solo che da un rinnovato contatto di Spilimbergo con l'Ortodossia possano rinascere alcuni spunti di un'arte senza tempo.

Susa (TO) – san Niceta di Remesiana

Due fasi della crescita di un supporto semplice in legno liscio. La sommità arcuata della seconda versione contrasta con le le linee squadrate e semicircolari della preesistente pala d'altare, con la quale non sarebbe stato difficile concordare nella forma.

Taranto – santi Cosma e Damiano

La realizzazione dell'iconostasi è stata una sfida alle dimensioni minuscole dell'area dell'altare. Sembra che la sfida sia stata vinta con un certo garbo e armonia.

Tarquinia (VT) – Trasfigurazione e sant'Antonio il Grande

Iconostasi bassa, poco comune nelle chiese di tradizione russa, ma che ha trovato impiego in chiese russe contemporanee, soprattutto in casi in cui l'abside presenta grandi icone ad affresco o a mosaico. In questo caso, l'iconostasi è stata armonizzata con le linee della chiesa, creando un rimando ideale a un templon paleocristiano.
Teramo – santi confessori dellaTransilvania

Qui vediamo un curioso tentativo di inserire tutto il necessario per la celebrazione di un culto ortodosso, mantenendo contemporaneamente tutti gli elementi di base di una cappella cattolica. Può essere una via da seguire quando si ha in uso una chiesa che si deve regolarmente sgomberare dopo ogni celebrazione.

Thiene (VI) – tutti i Santi

Proskinitaria simili a quelli della vicina chiesa di san Giorgio a Vicenza, ma con icone più larghe ed elementi scolpiti più leggeri.

Torino – Natività di san Giovanni Battista

La realizzazione di questa iconostasi ha dimostrato come sia possibile avere icone di grandi dimensioni anche sulle porte diaconali, create con un telaio leggero rivestito di stoffa.

Torino – san Massimo

Ci soffermiamo un poco sull'evoluzione delle iconostasi nella nostra chiesa. Quando nel 1997 la nostra comunità ha avuto il suo primo luogo di culto in un locale privato, abbiamo sistemato un'iconostasi, sorretta da una barra metallica fissata a pressione ai muri (un'opzione da tenere in considerazione quando per qualche ragione non si possono piantare chiodi nelle pareti). La prima foto non mostra ancora il completamento, quando abbiamo ricoperto le estremità della barra con pannelli in legno a cui abbiamo fissato delle tende. Quando nel 2001 la comunità è stata ospitata nella sede attuale, abbiamo costruito un'iconostasi del genere "a scatola", sul fondo della navata orientale (la nostra chiesa ha la pianta a croce), usando come icone regali le prime icone della parrocchia di Tutti i Santi a Modena. La facciata dell’iconostasi è stata quindi fatta avanzare sulla parte centrale della chiesa, racchiudendo l'intera navata orientale come santuario. Nel 2006 è stata quindi montata la struttura lignea dell'iconostasi definitiva, realizzata da un laboratorio di falegnameria locale (le dimensioni della torre centrale della chiesa hanno permesso uno sviluppo in altezza nello stile delle iconostasi russe). Sono state sistemate riproduzioni di icone su carta, oggi disponibili con una certa facilità in Russia, e quindi sono state gradualmente dipinte tutte le icone (lavoro realizzato interamente all'interno della parrocchia). Laddove si è dovuto scegliere una lingua, le scritte di tutte le icone sull'iconostasi, così come delle icone parietali, sono state fatte in italiano.

Torino – santa Anastasia di Sirmio

La particolarità della cappella laterale della nostra chiesa è di non avere un santuario; perciò, le sue iconostasi (quella lignea del 2004 e quella in cartongesso installata nel 2010) sono appoggiate direttamente alla parete, in modo non dissimile da quelle dei Vecchi Credenti "senza preti". Poiché nella cappella si celebrano principalmente battesimi e offici lettorali, comunque, l'assenza del santuario non crea particolari problemi. Al contrario, l'iconostasi crea immediatamente un'atmosfera di preghiera anche in un luogo in cui non si celebra la Liturgia. Nella seconda iconostasi, hanno trovato un posto le riproduzioni di icone che erano state sistemate temporaneamente sull'iconostasi principale, in attesa dell'arrivo delle icone dipinte.

Torino – santa Croce

 

La parrocchia di Santa Croce, fin dai suoi inizi, si è trovata in una situazione simile alla nostra: avendo la chiesa principale in restauro, ha dovuto tenere le funzioni nel coro sul retro, e ha scelto quindi di installare un'iconostasi "a scatola", come nella nostra prima soluzione, per economizzare lo spazio in vista della partecipazione di un gran numero di fedeli. Tuttavia, invece di far avanzare la parte centrale con le porte sante, ha preferito far avanzare le parti laterali, realizzandovi spazi di deposito per paramenti e altri oggetti. Recentemente, la struttura è stata sostituita con un'altra di impianto simile, ma con più ordini di icone, e realizzata in legno intagliato. Quanto alla struttura precedente, è stata trasportata e sistemata presso la parrocchia di san Matteo a Ciriè (TO).

Torino – santa Parascheva

La più antica delle iconostasi ortodosse tuttora esistenti a Torino, e una delle prime portate in Italia dalla Romania. Ha servito come modello per molti altri esempi di iconostasi, ed è caratterizzata da una grande eleganza e armonia di stile. In seguito è stata arretrata dietro le colonne alle quali era originariamente appoggiata, e dietro alla balaustra: le due ali superiori, con le icone dei santi profeti, sono state quindi sistemate sulla balaustra del coro all'ingresso. Questo ha permesso una maggiore visibilità dell'icona della Madre di Dio in trono al centro della parete absidale (realizzata contemporaneamente all'iconostasi), e delle pitture murali nell'area dell'altare (realizzate negli anni successivi).

Tortona (AL) – san Teodoro Studita

Gli elementi laterali di raccordo mostrano come si possa inserire in modo ideale in una chiesa un'iconostasi che, per qualsiasi ragione, è più stretta della larghezza del santuario. L'icona della Trinità in centro presenta la tipologia dell'Ospitalità di Abramo (da cui Rublev trasse la sua famosa icona), e ci sembra una soluzione interessante, anche se avremmo preferito vedere l'icona della Discesa agli inferi in questa posizione, anziché relegata nel rango delle icone delle 12 grandi feste.

Trapani – santa Tabita

Qui si è riusciti con eleganza in quella che sembrava la "missione impossibile" di armonizzare un'iconostasi e una pala d'altare ortodossa con l'interno di una chiesa barocca pieno di sculture marmoree fino alla completa saturazione della vista. L'uso di rize metalliche sull'iconostasi (che solitamente nasconde le icone su una parete, al punto da non farle più apprezzare) qui si è rivelato invece un artificio vincente nell'armonia dell'insieme.

Treviso – santi Cosma e Damiano

Una robusta iconostasi chiude la parte centrale di un largo salone, lasciando spazio ai lati. Le icone regali sono coperte da un rivestimento di vetro, che può creare riflessi meno che gradevoli, come si nota in questa foto.

Trieste – san Nicolò

L'iconostasi ha icone di gran pregio, che rischiano di essere trascurate a causa della grande quantità di elementi decorativi e dalla profusione di candelabri e proskinitaria, che riflettono i loro bagliori sul pavimento più lucido di tutto il mondo ortodosso in Italia.

Trieste – san Spiridione

Anche qui gli alti candelabri sottraggono qualcosa alla vista d'insieme dell'iconostasi, che è meglio inquadrata nel contesto della conca absidale.

Udine – Esaltazione della Croce

Iconostasi di fattura semplice, ancora con riproduzioni di icone, ma proprio per questo in sintonia con il resto della chiesa, in cui si è avuto cura di disporre elementi ben proporzionati di iconografia.

Spesso, in chiese cattoliche lasciate in uso agli ortodossi, si notano incongruenze tra le parti originali e quelle aggiunte per il culto ortodosso: è per esempio il caso delle chiese in cui si provvede a installare un'imponente iconostasi, e si lasciano elementi che non fanno parte della tradizione ortodossa. In questa chiesa si è riusciti a far convivere tutti gli elementi con un effetto molto garbato e rispettoso.

Udine – san Basilio

Elegante iconostasi lignea, con la particolarità piuttosto insolita di avere le icone laterali più grandi delle icone regali. L'insieme è già completo e solenne, ma una chiesa come questa offre la possibilità di estendere l'iconostasi in alto, anche fino al doppio dell'altezza attuale, come è stato fatto per diverse iconostasi storiche, soprattutto nei paesi settentrionali.

Urbino – santi Sergio e Bacco

Iconostasi realizzata affrescando il precedente muro di partizione tra la navata e il santuario, e posizionando tende sulle aperture. Una soluzione tutt’altro che sgradevole, anche se le dimensioni della 'porta' centrale rimangono esagerate.

Varese – sant'Alessandro Nevskij

Un'iconostasi assolutamente unica nel panorama italiano, riesce ad ampliare al massimo uno spazio di santuario abbastanza ristretto, e pur dovendo sacrificare alcune delle icone delle grandi feste e un'adeguata icona patronale (trasferita sulla porta diaconale), si mostra imponente e robusta, senza detrimento alla visibilità delle icone. Presenta alcuni elementi interessanti di bassorilievo (forse la Cena Mistica nel massiccio timpano centrale sarebbe stata più visibile e ariosa in forma di icona dipinta), ma l'uniforme colore scuro (dal quale non riesce a trasparire se la struttura sia in legno o in materiale plastico) rende difficile apprezzare gli elementi scolpiti, e crea un contrasto cromatico un po' troppo forte con il resto della chiesa.

Varese – santi Cipriano e Giustina

Nella sistemazione provvisoria è stato creato un vero e proprio 'muretto' davanti al santuario, con uno spazio di nicchia che accomoda le icone. L'illuminazione elettrica contribuisce sicuramente a una loro maggiore visibilità (anche se lascia una certa nostalgia delle lampade votive). Nella nuova iconostasi, rileviamo il solito problema dell'icona della Risurrezione tra le 12 grandi feste: e dire che sia prima sia dopo l'arrivo dell'iconostasi di legno, si può vedere che l'icona della Risurrezione ha un posto d'onore nei leggii frontali, cosa che rende inutile la duplicazione dell'icona sull'iconostasi.

Vasto (CH) san Gioannicchio

Con una chiesa che è stata adattata all'uso ortodosso attraverso tutti gli accorgimenti (inclusi due enormi proskinitaria, uno dei quali adattato a tavolo per la Proscomidia), stupisce che l'unico elemento mantenuto allo stato minimale sia proprio l'iconostasi, ridotta alle due icone regali su supporti davvero minuscoli rispetto al resto dell'ambiente.

Venaria Reale (TO) – sant'Ilarione

Si nota un certo sforzo per colmare le dissimmetrie della chiesa precedente. Il completamento pittorico della parete di fondo rende per ora superfluo lo sviluppo di un'iconostasi più elaborata.

Venezia – Mirofore

L'iconostasi è stata mantenuta bassa ed essenziale, ma con icone di pregio, inclusa una delle copie 'ben riuscite' della Vladimirskaja, di cui abbiamo già fatto un cenno a proposito della parrocchia della santa Protezione a Ravenna.

Venezia – san Giorgio dei greci

La più storica delle iconostasi ortodosse in Italia ha molti e complessi aspetti che qui sarebbe lungo elencare, e che si trovano in presentazioni più accurate e specialistiche. Vale la pena notare che quest'iconostasi è servita come modello per diverse soluzioni iconografiche di chiese più recenti. Per non osservare che un solo esempio, confrontate come la straordinaria Annunciazione nella lunetta superiore è stata ripresa da diverse chiese (Montaner, Rimini, Seminara...) dell'arcidiocesi che fa capo a questa cattedrale.

Venezia – santa Lucia

Due caratteristiche singolari dell'iconostasi della chiesa di santa Lucia sono le ali molto larghe racchiuse da semplici tende, ma sormontate da un elaborato fregio in legno scolpito, e la disposizione dei medaglioni con le icone degli apostoli in una corona circolare accanto all'icona del Mandylion.

Verbania – san Luca

L'iconostasi non è solo maestosa, ma anche perfettamente inserita (anche cromaticamente) nel contesto della chiesa. Si può vedere sugli analoghia di legno intagliato un particolare curioso e commovente: icone da venerazione poste ad altezza di bambino, testimonianza dell'attenzione del parroco e della sua cura pastorale per i più piccoli.

Le foto sono state scattate in occasione di una concelebrazione di preti dei patriarcati di Mosca, Romania e Costantinopoli: un evento che ci piacerebbe veder accadere in più chiese in Italia.

Verona – san Nicola

Iconostasi semplice e lineare, ma con icone di grande bellezza. Dispiace l'assenza in rete di foto più professionali.

Verona – sant'Elia

Una soluzione con struttura bassa, grandi icone e tende, necessaria nelle chiese dove è richiesta la visibilità di grandi pale d'altare.

Verona – sante Sofia, Fede, Speranza e Carità

Due soluzioni successive per adattare un'iconostasi a un locale dall'aspetto di salone solenne.

Vicenza – san Giorgio

Per uno spazio di santuario piuttosto ristretto, due larghi proskinitaria con le icone regali sono più che sufficienti.

Vicenza – san Nicola

Tra tutte le iconostasi che abbiamo visto di persona in Italia, questa è quella che ci ha lasciato il più curioso miscuglio di impressioni positive e negative. Come di consueto, diamo prima le buone notizie:

- L'iconostasi è molto robusta. Anche se non costruita in muratura o in pietra, non lascia l'impressione di essere un'aggiunta dell'ultimo momento, e questo giova all'armonia della chiesa.

- La porta centrale è ampia, molto pratica nelle grandi celebrazioni (come la Liturgia archieratica che si vede nelle fotografie), e lascia una buona visuale del precedente altare maggiore.

- Gli archi rotondi sulle porte sono letteralmente perfetti per addobbi floreali, come si nota nelle fotografie.

- L'icona della Madre di Dio di Pochaev è tipica delle chiese ucraine, ma molti monasteri e chiese in Moldova ne hanno una riproduzione come questa alla sommità delle porte sante, per cui non è affatto fuori luogo in un contesto di parrocchia moldava.

- La parete dell'iconostasi ha per ora riproduzioni (incluso, caso unico tra quelli da noi esaminati, un'icona patronale posta direttamente al di sopra della porta laterale), ma nulla impedisce, in una fase successiva, la sistemazione di icone definitive, o addirittura la pittura dell'intera superficie della parete.

Purtroppo, abbiamo da fare anche osservazioni negative:

- Le iconostasi dovrebbero o valorizzare gli elementi pittorici dell'abside (mosaici, affreschi, pale d'altare), oppure coprire i dettagli (come le statue di tradizione cattolica romana) che potrebbero essere dissonanti in un contesto ortodosso. In questo caso, abbiamo una iconostasi che non è abbastanza bassa da permettere un'adeguata visibilità del baldacchino dell'altare maggiore cattolico, ma non è neppure abbastanza alta per coprirlo del tutto: così, i due elementi finiscono per disturbarsi a vicenda.

- Con tutte le varianti della Cena Mistica che offre l'iconografia ortodossa, ci sembra un vero peccato doversi ridurre a usare una riproduzione del cenacolo di Leonardo da Vinci. Anche se l'affresco di Leonardo non ha in sé nulla di eterodosso, questo è davvero un posto in cui l'arte sacra ortodossa dovrebbe essere decisamente prevalente.

- L'icona della Risurrezione affiancata all'icona della Natività svaluta la Pasqua nella gerarchia delle festività ortodosse. Anche se questa è una sistemazione temporanea (per cui non la trattiamo con la stessa severità che abbiamo usato nei confronti della vicina chiesa di Bassano del Grappa), ci pare che non sarebbe male affiancare all'icona della Natività una qualsiasi delle icone delle altre undici grandi feste, e lasciare alla Risurrezione il posto preminente che le assegna la teologia ortodossa.

- La nostra diffidenza verso l'uso delle bandiere nazionali all'interno dei luoghi di culto si estende in modo particolare a ciò che si vede in questa chiesa. Anche se capiamo lo sforzo di padre Veniamin Onu di voler andare al di là delle frontiere nazionali mettendo una bandiera dell'Unione Europea al posto di quella italiana, il risultato è piuttosto quello di un'utopia geopolitica, in cui la Repubblica di Moldova tende a un'integrazione sovranazionale: cosa magari legittima in sé, ma fuori contesto (e francamente stramba) in una chiesa. Se vogliamo davvero che le nostre chiese non siano ristrette in pastoie nazionaliste, il miglior modo resta quello di non caricarle di bandiere nazionali (o di unioni internazionali), o ancor meglio, di considerare la Croce di Cristo come la bandiera che ci può rappresentare tutti.

Vigevano (PV) – san Giacomo

La struttura lignea è semplice, con le forme delle icone molto uniformi tra loro. A giudicare dalle due icone delle grandi feste già installate, si tratterà di icone già realizzate con la sommità ad arco, piuttosto che di icone rettangolari adattate all'interno di una cornice arcuata.

Vigevano (PV) – santa Protezione

Iconostasi leggera dalle linee semplici ma accattivanti, ha ancora bisogno di completamento (per esempio, le icone sulle porte laterali, e una serie di icone delle grandi feste di dimensioni più ampie). La scelta di includere la Cena Mistica e la Deisis al di sopra delle porte regali rende l'iconostasi più ricca, ma purtroppo anche più difficile da apprezzare, viste le dimensioni minute di entrambe le rappresentazioni. In tal caso, sarebbe forse più accorto sacrificare una delle due opzioni per permettere un impatto visivo più rilevante di una sola di esse, impiegando eventualmente l'altra come soggetto della parete absidale.

Villafranca di Verona (VR) – santo Stefano il Grande

L'iconostasi ha una certa ricchezza di elementi di legno scolpito, incluse due caratteristiche uniche nel nostro viaggio: le icone degli arcangeli sulle porte laterali sono a bassorilievo ligneo, e la soglia delle porte sante ci sembra la più imponente mai realizzata in legno in Italia. Ancora un'ultima volta, ci chiediamo perché relegare l'icona della Risurrezione al pari di quelle dele grandi feste, in una categoria alla quale la Pasqua non appartiene.

Viterbo – san Callinico di Cernica

Qui non si può parlare di 'iconostasi' nemmeno con la più liberale delle interpretazioni, ma la soluzione merita comunque un complimento per aver sistemato icone in tutti i posti possibili, inclusa la pala d'altare, i frontali delle porte laterali, e perfino... le canne dell'organo!

Voghera (PV) - sant'Eutimio

Abbiamo visto più volte i proskinitaria prendere il posto di un'iconostasi, ma qui abbiamo modelli molto massicci e affiancati, che conferiscono all'iconostasi provvisoria un senso di solidità e di tridimensionalità. Interessante anche l'idea dell'icona della Santa Cena appesa a una delle sbarre trasversali della chiesa.

EPILOGO

Qui termina il nostro viaggio attraverso le iconostasi ortodosse in Italia. Come per tutti i giri turistici, siamo profondamente coscienti di avere appena scalfito la superficie della materia, e abbiamo deliberatamente parlato poco di diversi aspetti, per non impegolarci in problemi ancor più intricati. Lo spieghiamo con un solo esempio: abbiamo evitato di parlare del posizionamento delle icone patronali (che nella tradizione greca sono a sinistra dell'icona regale della Madre di Dio, mentre nella tradizione russa e romena sono a destra dell'icona regale del Pantocratore), che pure sarebbe un fortissimo elemento identificativo della dedicazione di una chiesa. Infatti, in Italia la Sacra Arcidiocesi d'Italia e di Malta ha operato la scelta di far posizionare le icone patronali secondo la prassi greca anche nelle chiese apertamente ispirate a modelli ucraini, moldavi e romeni. La scelta è del tutto legittima, ma induce in confusione chiunque valuta una chiesa partendo dalla provenienza e dall'ambientazione delle sue icone. Pertanto, non abbiamo esaminato le icone patronali per non essere costretti a fare distinzioni giurisdizionali come eccezioni alle tradizioni che hanno ispirato alcune iconostasi.

Va aggiunto che ormai il campo delle iconostasi ortodosse in Italia è in continuo aumento, e non può più essere ricoperto con facilità da un singolo osservatore. Occorre che si facciano avanti ricercatori competenti, desiderosi di approfondire singole storie e singole tipologie, senza dimenticare di gettare di tanto in tanto un rapido sguardo a tutto l'insieme. Se il nostro sforzo di descrizione generale potrà ispirare tali ricercatori ad andare avanti nei loro progetti, ne saremo particolarmente soddisfatti.

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