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  Il caso dell'apparizione della Croce nel cielo presso Atene nel 1925
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Il fatto

Dopo la decisione dello stato greco di passare al calendario gregoriano, la Chiesa di Grecia adottò la riforma del nuovo calendario ecclesiastico nel 1924. Questa riforma incontrò una grande resistenza, e numerose chiese (spesso sfidando la chiusura forzata da parte delle autorità ecclesiastiche e statali) continuarono a celebrare le funzioni secondo il vecchio calendario. In questo contesto ha avuto luogo un'apparizione riportata in alcune fonti ortodosse greche e quindi tradotta in altre lingue. Non riportiamo qui l'intero resoconto dell'apparizione, che si può trovare, tra le varie fonti, sulle pagine in inglese dell'Orthodox Christian Information Center e sul sito di una diocesi vecchio-calendarista negli USA.

L'apparizione ebbe luogo in occasione della Veglia della festa dell'Esaltazione della croce (14/27 settembre 1925) in una chiesa suburbana di Atene presso il monte Imetto, dalle 11:30 a mezzanotte. La croce si elevò verticalmente e scomparì proprio nel momento rituale in cui il sacerdote che presiedeva la veglia innalzava la croce venerata dai fedeli.

Il seguente quadro dà un'idea sommaria dell'evento nel ricordo di uno dei partecipanti:

 

Qui, invece, c'è una raffigurazione dell'evento dipinta in stile iconografico in un periodo alquanto più tardo:

L'apparizione fu vista da oltre duemila partecipanti alla funzione, incluso un intero battaglione di polizia inviato a "monitorare" il servizio religioso, e da alcuni passanti occasionali (il resoconto include la testimonianza di un tranviere notturno).

Nel corso degli anni che seguirono, l'apparizione fu oggetto di numerosi commenti e dibattiti, centrati soprattutto sulla questione del calendario e sulla liceità di resistere alle innovazioni nel culto, per quanto legittimamente imposte dalle autorità ecclesiali. Tra le numerose obbedienze (spesso rivali tra loro) dei vecchi calendaristi greci, l’apparizione è invariabilmente vista come segno della protezione divina a ogni movimento di resistenza all’introduzione del nuovo calendario.

Nella Chiesa di Grecia, invece, c'è una tendenza a ignorarla (può essere che sia così per desiderio di non rinfocolare conflitti), o tutt'al più, a portare altri segni e miracoli come contro-prove della benedizione divina del nuovo calendario, come per esempio lo strano cambiamento dell'arrivo dei serpenti presso il santuario della Madre di Dio a Cefalonia (qui si possono trovare un articolo e un video a proposito).

Tuttavia, entrambi gli approcci contrapposti falliscono nel dare una risposta autorevole al tema dell'apparizione del 1925, e lasciano una porta aperta a quanti intendono usare l'apparizione della Croce come un invito divino a entrare tra i vecchi calendaristi. Nel rifiutarsi di gettare benzina sul fuoco di un conflitto (cosa indubbiamente in sé piuttosto saggia), chi ignora l'evento del 1925 si mette nella posizione poco raccomandabile di lasciar intendere che sia stato Dio stesso a gettare benzina sul fuoco, permettendo un miracolo "di parte" in una Grecia lacerata da tensioni interne.

Cerchiamo pertanto di ricavare un senso più profondo da quest’evento sicuramente eccezionale.

Alcune considerazioni

Notiamo che l'apparizione della Croce, in quanto tale, rimane indisputata nel mondo ortodosso. Non vi si oppongono accuse di testimonianza fraudolenta o di inganno.

Ricordiamo anche che le apparizioni della Croce sono estremamente rare nella tradizione ortodossa.

Nell'innografia ortodossa ne sono citate appena due: quella all'imperatore Costantino e al suo esercito nel 312, e agli abitanti di Gerusalemme sotto l'episcopato di san Cirillo nel 351.

Nel caso del 1925 non si parla di fenomeni inspiegabili ma naturali, come la disposizione di nubi a forma di croce: l’apparizione in questione ha avuto luogo nel mezzo della notte, e prescinde da qualsiasi fenomeno che possa essere spiegato in senso meteorologico.

Tutto fa pensare che ci troviamo qui di fronte a un fatto miracoloso, e pure di grande portata, vista la rarità di simili eventi. I miracoli, sia quelli compiuti dal Signore che quelli riconosciuti in seguito dalla Chiesa, presentano sempre un triplice aspetto di edificazione (per i fedeli), di conversione (per i peccatori) e di ammonimento (per i persecutori). In questo caso, vediamo presenti – seppure in forma piuttosto discreta – esempi di tutte e tre gli aspetti.

Vedendo le letture del miracolo fatte nei decenni successivi, riteniamo importante sottolineare che l'apparizione NON è avvenuta in seno ai "vecchi calendaristi". Nel 1925 questo fenomeno era del tutto inesistente, e c’era solo molta confusione nel popolo greco, tra cui molti continuavano a osservare le feste secondo il vecchio calendario, ma tutti erano considerati parte dell’unica Chiesa di Grecia. Tra il 1925 e il 1935, i greci che continuavano a mantenere il vecchio calendario erano ancora uniti e in comunione con la Chiesa autocefala di Grecia. Per di più, erano sostenuti da molti ortodossi di chiese che avevano mantenuto il vecchio calendario, tra i quali il vescovo serbo san Nikolaj (Velimirović) di Žiča. Tra questi sostenitori, il miracolo del 1925 sembrava affermare i diritti di chi si limitava a non accettare un’innovazione poco saggia.

Tuttavia, le cose cambiarono nel 1935, quando iniziò a formarsi il primo sinodo dei vecchi calendaristi, che crearono di fatto in Grecia una “contro-chiesa” che non fu accettata da alcuna Chiesa ortodossa locale. Fu solo in seguito a questi eventi che la memoria del miracolo del 1925 cominciò a essere usata per argomentazioni di tipo ecclesiologico. In particolare, si sottolineò che l’ultima apparizione della Croce recepita nell’innografia ortodossa (quella del 351 a Gerusalemme) ebbe luogo durante i tempi difficili della controversia sull’arianesimo. Contemporaneamente, ebbero inizio le prime frammentazioni del movimento vecchio-calendarista (la prima già nel 1937), e si arrivò alla costituzione di oltre una decina di sinodi rivali, in un percorso di frammentazione non dissimile da quello dei vecchi credenti in Russia, e più in generale del protestantesimo.

Se il miracolo fosse avvenuto dopo il 1935, certo, allora i vecchi calendaristi potrebbero trarne un’argomentazione più convincente. Ma, al tempo del miracolo, questo fu visto più come un segno di pacificazione (che evitò ogni scontro tra la polizia e i fedeli) che come un’affermazione del vecchio calendario; di fatto, molti dei presenti al miracolo accettarono in seguito pacificamente il cambiamento del calendario.

Pur consapevoli della difficoltà di fare la storia per mezzo di ipotesi, dobbiamo considerare cosa avrebbe avuto luogo alla fine del 1925 se l’apparizione NON fosse avvenuta. Le attitudini contrapposte non lasciavano molto margine di dialogo o di manovra: i difensori (a oltranza) del vecchio calendario e quelli che erano stati incaricati di sopprimerne ogni manifestazione pubblica si avviavano verso una campagna di scontri inevitabili. Dopo il 1924, al di fuori di alcuni monasteri, celebrare secondo il vecchio calendario in Grecia era divenuto un crimine perseguibile per vie penali. Il coinvolgimento delle forze dell’ordine poteva facilmente condurre a spargimenti di sangue e a violazioni di diritti umani.

Nel miracolo in sé, si può vedere un invito alla considerazione degli aspetti positivi di entrambe le controparti: l’attaccamento alla tradizione e l’amore per l’ordine ecclesiale. Se si può vedere un riconoscimento di quanti (per pietà o per orgoglio) ritenevano l’innovazione del calendario un grave errore e una fonte di inutili divisioni e incomprensioni, si può allo stesso tempo vedere il riconoscimento di quanti (per obbedienza o per tornaconto) riconoscevano l’autorità delle decisioni del Sinodo, e ritenevano una follia che una sparuta minoranza potesse arrogarsi il diritto di parlare a nome dell’intera Chiesa, sostenuti dal fatto che le giurisdizioni ortodosse di vecchio calendario (tra cui i patriarcati di Gerusalemme, di Mosca, di Serbia e di Georgia) non ebbero alcun problema a rimanere in comunione con la Chiesa greca e con quelle che accettarono il nuovo calendario, continuando sotto di esso a produrre santi.

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