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  San Maksim Sandovich
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Padre Maksim Sandovich (31 gennaio 1886 - 24 agosto / 6 settembre 1914) è uno dei figli della terra di montagna nota con il nome di Lemkovina, situata su entrambi i versanti dei monti Carpazi. I monti della Lemkovina, che si estendono come una stretta catena tra il fiume Poprad a occidente e i fiumi San e Uzh, sono coperti di fitte foreste, e ricchi di corsi d'acqua e laghi cristallini, che donano alla regione una particolare bellezza.

Durante la vita di Padre Maksim, alla fine del diciannovesimo secolo e all'inizio del ventesimo, la Lemkovina faceva parte della Galizia, una delle regioni dell'Impero austro-ungarico.

Più di seicentomila Lemko (o carpato-russi) vivevano al tempo in questo territorio, parte dell'antica Rus'. La loro lingua parlata era molto simile all'antico slavonico, la loro tradizione religiosa risaliva ai grandi illuminatori degli slavi, i Santi Cirillo e Metodio della Moravia, della seconda metà del nono secolo. Il rito orientale (significativamente noto tra i Lemko come la Fede russa) venne mantenuto immutato tra di loro per un millennio. Al tempo dell'Unione di Brest, tuttavia, la terra dei Lemko fu strappata alla sede ortodossa di Costantinopoli, e posta sotto il dominio del cattolicesimo romano. Questo avveniva per ragioni politiche e contro i desideri religiosi del popolo, causando in esso un lungo periodo di inquietudine. Particolarmente difficile fu il diciottesimo secolo, in cui ebbe inizio la latinizzazione del rito orientale: le tradizioni carpato-russe furono calpestate, e anche dal punto di vista etnico si cercò di assimilare i Lemko agli ucraini, ignorando le particolarità del loro popolo. Tra i Lemko rinacque la consapevolezza dell'Ortodossia, e un desiderio di ritorno alle radici della propria fede. Padre Maksim Sandovich apparve come simbolo della loro aspirazione.

Nato il 31 gennaio 1886 nel villaggio di Zdynja, non lontano dalla città di Gorlice, Maksim Sandovich era figlio di un prospero fattore, Timoteo, che serviva come cantore, e di un'umile donna di villaggio, Cristina. Dopo i primi studi a Gorlice, Maksim fu inviato dal padre alle scuole superiori di Jaslo, e quindi a Novij Sacz, dove visse in un dormitorio russo chiamato Bursa, mantenuto dai Lemko. Dopo quattro anni di scuole superiori, entro in un monastero di padri basiliani a Hrekove. Abituato fin dall'infanzia al digiuno e alla contemplazione, giunse presto alla conclusione che questo particolare monastero non faceva per lui. Entrò quindi nel 1904 nel monastero ortodosso di Pochaev, che era ampiamente noto per la via ascetica dei monaci. Il rigore e l'atmosfera della vita monastica di Pochaev gli furono molto congeniali, tanto da meritargli l'ammirazione degli anziani per la sua vita di pietà. In una delle sue visite al monastero, il Vescovo Antonij (Chrapovitskij) di Volinia lo selezionò per il seminario teologico di Zhitomir, dove studiò per sei anni. Dopo il completamento degli studi di seminario e il matrimonio con Pelagija Ivanovna Grigorjuk, Maksym accettò l'ordinazione al sacerdozio il 17 novembre 1911, per mano del Vescovo Antonij di Volinia.

L'opera sacerdotale di Padre Maksim iniziò nel villaggio di Hrab, dove il 2 dicembre 1911 servì la prima divina Liturgia ortodossa. Da quel momento ebbe inizio la sua persecuzione e oppressione. Per la prima divina Liturgia da lui celebrata, fu sottoposto a giudizio dallo Starosta (prefetto) della regione di Jaslo, multato di quattrocento corone e messo agli arresti per otto giorni. Ma questo non lo scoraggiò: la sua missione pastorale continuò con le visite alle città di Hrab, Vyshovatka e Dovhe. In ogni nuova località veniva sistematicamente arrestato e multato. La stessa forma di terrore e discriminazione veniva estesa ai fedeli che partecipavano alle funzioni, o mettevano a disposizione le proprie case per i servizi di preghiera. Le intimidazioni delle autorità austriache si inasprirono con il passare di ciascun giorno, finché Padre Maksim, che proseguiva indomito nella sua missione, fu arrestato nel marzo 1912, e imprigionato nella città di Lvov. Nella stessa occasione furono arrestate altre tre persone: il prete Ignatij Hudyma, lo studente Basil Koldra e il giornalista Symeon Bendasjuk. Tutti e quattro furono condannati come spie al servizio della Russia.

In seguito al suo arresto, Padre Maksim fu trattato molto duramente, senza alcun rispetto per il suo sacerdozio. La sua croce sacerdotale gli fu strappata dal collo, il suo libro di preghiere confiscato, la sua tonaca rimossa. Lo si privò della capacità di celebrare servizi divini, e in aggiunta fu messo in cella con delinquenti comuni, in spregio al suo sacerdozio ortodosso. Secondo le regole della prigione, non poteva ricevere corrispondenza; gli fu impedito di avere contatti con altri prigionieri ortodossi, e gli fu negata la carta per scrivere alle persone fuori dal carcere. Come atto finale di umiliazione, Padre Maksim fu processato alla presenza di una folla di facinorosi in una sala di spettacoli.

La sua semplicità e umiltà, e il tono mite e suadente con cui difese se stesso e gli altri ortodossi della Galizia fecero una grande impressione sui presenti, incluso il giudice, portandoli alla convinzione della sua innocenza. Dopo un intenso e drammatico processo a Lvov, che durò dal 9 marzo al 6 giugno 1914, alla presenza di molti corrispondenti dall'estero, la giuria decise all'unanimità che tutte le accuse erano false, e lo dichiarò innocente. Il 7 giugno 1914, Padre Maksim, già cagionevole di salute, lasciò la prigione e tornò dalla famiglia nel suo villaggio natale di Zdynja. Qui poté continuare la sua missione pastorale per sole sei settimane.

Poco dopo, iniziò la Prima Guerra Mondiale, e gli ufficiali austriaci arrestarono Padre Maksim, sua moglie Pelagija (al tempo incinta), e suo padre Timoteo. Il 28 agosto 1914 furono portati alla prigione di Gorlice. Il mattino del 6 settembre, Padre Maksim fu condotto davanti a una corte marziale, che lo condannò a morte per fucilazione. L'ufficiale di polizia Dietrich portò Padre Maksim nel cortile, dove fu messo al muro di fronte ai cinque membri del plotone di esecuzione. L'area del suo cuore fu segnata col gesso. Nel frattempo, dalle finestre della prigione si udirono i lamenti, il pianto e le grida dei prigionieri Lemko. Al comando dell'ufficiale Dietrich, i soldati puntarono i fucili. Padre Maksim esclamò a gran voce "VIVA LA SANTA ORTODOSSIA!" I soldati fecero fuoco, senza riuscire a causare la morte istantanea di Padre Maksim. L'ufficiale Dietrich si avvicinò per sparare con la sua pistola il colpo di grazia alla testa. Dopo la morte di Padre Maksim, i carcerati Lemko smisero di piangere e gridare, e iniziarono a pregare cantando Gospodi, pomilui ("Signore, abbi misericordia").

Il corpo di padre Maksim fu sepolto in principio nel cimitero di Gorlice. Dietro richiesta del padre Timoteo, nel 1922 il corpo venne esumato, posto in una nuova bara di metallo e sepolto nel cimitero del villaggio natio di Zdynja, che divenne nel tempo un luogo di pellegrinaggio. La famiglia del prete martire seguì il sentiero spinoso dei tutti i Lemko. Dopo l'esecuzione di Padre Maksim, sua moglie Pelagija Sandovich e suo padre furono portati nel campo di concentramento di Talerhof (Austria). Il figlio di Padre Maksim, Sergio, di quattro anni, fu portato in Russia assieme all'esercito russo in ritirata. Nel capo di concentramento Matushka Pelagija diede alla luce il secondo figlio, e lo chiamò Maksim come il padre.

Nel 1937, il giovane Maksim Sandovych, dopo il matrimonio con Tatiana Galle, accettò di essere ordinato prete per mano del Metropolita Dionisij di Varsavia. Fino alla sua morte, l'8 luglio 1991, continuò la missione pastorale di suo padre, servendo la Fede dei Padri - La Santa Ortodossia.

L'11 settembre 1994, a Gorlice, la Chiesa Ortodossa di Polonia ha canonizzato Padre Maksim come primo santo del popolo carpato-russo. La cerimonia ha visto riuniti, intorno al metropolita Basilio di Varsavia, diversi vescovi (di cui due dalla Slovacchia e due dagli Stati Uniti), numerosi preti e circa seicento fedeli venuti da Polonia, Slovacchia, Ucraina, Stati Uniti. Il Sinodo della Chiesa ortodossa di Polonia ha fissato la memoria liturgica di san Maksim Sandovich quale ieromartire (prete martire) il 6 settembre, data della sua morte.

Per i carpato-russi, in effetti, san Maksim Sandovich è il simbolo dell'attaccamento alla fede dei Padri e il testimone del martirio del popolo ortodosso. Allorché, dopo il 1928, altre parrocchie ritornarono alla Chiesa ortodossa, la sua memoria fu onorata con funzioni e monumenti. Questa devozione si rafforzò durante la deportazione generale dei carpato-russi dal 1946 al 1956 ("Operazione Vistola"). San Maksim Sandovich è ugualmente venerato nella comunità carpato-russa emigrata negli Stati Uniti, e la sua venerazione è cresciuta anche al di fuori della sfera di influenza del popolo dei Lemko.

Per molti cattolici orientali, i cui legami religiosi con l'Ortodossia sono rimasti più sentiti di quelli con il Cattolicesimo romano, padre Maksim è una figura spiritualmente cara, che porta loro, a dispetto di una divisione formale, le radici della loro fede e l'antica tradizione dei loro padri.

Santo ieromartire Maksim, intercedi presso Dio per noi!

Icona del santo venerata nella nostra chiesa

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