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  Il significato spirituale dei tre santi alla guida della ROCOR

dal blog del sito Orthodox England

16 novembre 2017

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Introduzione

L'Impero ortodosso della santa Rus', chiamato anche l'Impero della Terza Roma, è stato preservato dalla sua fede nella santa Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, come espresso nell'incorrotto Credo Niceno, confessato solo dalla Chiesa ortodossa. La nostra fede pura e senza compromessi nella santa Trinità è rappresentata da tre fondamentali principi di fede: l'Ortodossia (che rappresenta il primato dell'amore del Padre), la monarchia sovrana (che rappresenta la presenza del corpo incarnato di Cristo, il Figlio), e il popolo fedele (che rappresenta i portatori dello Spirito Santo).

Nelle parole dell'ultimo imperatore cristiano, lo tsar-martire Nicola II, l'Impero ortodosso è caduto a causa dei vizi opposti a questi tre principi della Santa Trinità. Nelle sue precise parole, l'Impero è caduto a causa di tradimento, codardia e inganno. E infatti, l'Ortodossia è stata minata dal tradimento dei traditori spirituali, la monarchia sovrana è stata abbandonata dalla codardia di chi non aveva fede, e il popolo fedele è stato ingannato dall'inganno di chi ha promesso il paradiso in terra e invece ha creato l'inferno sulla terra.

I tre vizi di tradimento, codardia e inganno da allora hanno minacciato anche la sopravvivenza della Chiesa, sia in Russia che fuori dalla Russia. Così, la Chiesa in Russia è stata minacciata dal tradimento farisaico dell'ortodossia a opera dei sergianisti, ritualisti e nazionalisti che hanno compromesso la Chiesa con uno stato ateo, dalla codardia della fede debole di chi non riconosceva la monarchia sovrana dei martiri imperiali e dei loro fedeli, e dall'inganno scismatico del popolo fedele da parte di chi sosteneva che la Chiesa doveva essere "rinnovata" dal loro liberalismo ed ecumenismo.

Tuttavia, anche la Chiesa fuori dalla Russia era minacciata da tradimento, codardia e inganno, e da entrambe le parti, da destra e da sinistra: da chi comprometteva la Chiesa negli Stati occidentali, siano essi massonici e liberali o fascisti e razzisti; dalla codardia di chi non riconosceva come santi i Nuovi Martiri e Confessori, inclusa la famiglia imperiale e quelli a loro vicini, o i santi locali dell'Antico Occidente; e dall'inganno di chi sosteneva che la Chiesa dovesse "adattarsi", sia al liberalismo riformista e all'ecumenismo, sia al ritualismo formalista e al nazionalismo.

I tre santi che hanno guidato la Chiesa fuori dalla Russia, San Giona di Hankow, San Serafino di Sofia e San Giovanni di Shanghai, Parigi e San Francisco, furono inviati da Dio per proteggere gli ortodossi russi fuori dalla Russia proprio da queste tentazioni e malattie. Ricordiamo le loro vite, in modo da poter capire il loro significato spirituale.

San Giona di Hankow (1888-1925), il testimone dell'amore di Dio Padre

Nato Vladimir Pokrovskij, il futuro santo rimase orfano in tenera età e fu adottato da un sacrestano di villaggio, che diede al bambino il proprio cognome e un'educazione. Dopo aver completato una scuola religiosa a Mosca, si iscrisse al seminario di Kaluga, dove si laureò con lode. Successivamente, passò all'Accademia teologica di Kazan'. Nel suo terzo anno vi fu tonsurato monaco con il nome di Giona. Qui, in obbedienza all'anziano Gabriele di Optina, assunse una posizione accademica. Il suo padre spirituale era il famoso anziano Gabriele Sedmiezerskij, venerato a livello locale come un santo.

Gli anni della rivoluzione gli portarono grandi sofferenze per mano dei bolscevichi. Fu arrestato, brutalmente picchiato fino a perdere conoscenza, e gli furono strappati violentemente tutti i capelli. Miracolosamente, il futuro santo, ora igumeno, sopravvisse e riuscì a fuggire. L'abate Giona trascorse la guerra civile nell'esercito dell'ammiraglio Aleksandr Kolchak, nel quale fondò il distaccamento della Santa Croce. Servì poi come primo sacerdote denn'armata cosacca di Esenburg. Accanto a questi uomini, san Giona sopportò una pericolosa marcia attraverso le steppe e passò il valico ghiacciato del Pamir per ritrovarsi nello Xinjiang, il Turkestan cinese.

Nel gennaio del 1922 l'igumeno Giona inviò un resoconto sulla sua vita e sul suo lavoro al metropolita Antonij (Khrapovitskij), che allora si trovava in Serbia, e si offrì di dedicarsi al Concilio e ai suoi lavori. In risposta, il Concilio prese in considerazione il suo nome come vescovo. La consacrazione del nuovo vescovo avvenne il 18 settembre 1922 nella missione spirituale russa a Pechino. Come vescovo, san Giona avrebbe guidato il vicariato di Xianjiang (Hankow) e sarebbe stato nominato decano della missione ecclesiastica in Manciuria, dove arrivò il 19 ottobre 1922.

Lo zelante servitore della Chiesa di Dio e famoso missionario, il giovane ed energico Vescovo Giona, si incaricò di rafforzare il suo gregge nella fede. Istituì i servizi di chiesa prescritti, avviò un coro meraviglioso e pronunciò instancabilmente omelie. Il vescovo Giona fu anche presidente del Comitato internazionale per la liberazione dalla fame, fin dal giorno del suo arrivo in Manciuria e fino alla sua morte. Il peso del lavoro gravava sulle sue spalle. San Giona cominciò a raccogliere fondi. Da persona intelligente e pratica, san Giona creò una divisione commerciale all'interno del comitato, il cui obiettivo principale era quello di guadagnare in modo indipendente denaro che avrebbe finanziato opere di beneficenza che il comitato aveva fondato. Non restò, ovviamente, senza nemici.

I limiti di alcuni, l'invidia di altri, il fariseismo e l'ipocrisia di altri ancora tessevano una trama di intrighi attorno al vescovo e tentavano di compromettere il suo buon nome in virtù del fatto che lui, da vescovo, promuoveva un lavoro così poco dignitoso come un commercio. Ma egli prestò poca attenzione a tutti gli attacchi, pregò semplicemente Dio e disse: "Queste voci diffuse dai nostri nemici pavimentano il nostro cammino verso il Regno dei Cieli".

Avendo assaporato l'amarezza di una vita simile, il santo provava una compassione particolarmente profonda per gli orfani. Aprì un orfanotrofio nella vecchia chiesa dove viveva, per prendersi cura dei bambini orfani e poveri, e affidandolo all'autorità del Comitato internazionale. L'opera missionaria ed educativa aveva un posto speciale nel suo cuore. Ben 500 persone frequentarono gratuitamente le scuole elementari e medie fondate da vladyka.

Il 1 agosto 1923 il Comitato internazionale aveva aperto una clinica ambulatoriale gratuita che forniva assistenza medica e distribuiva medicine ai settori più poveri della popolazione e dei territori circostanti. Accanto c'era uno studio dentistico gratuito. Prima dell'arrivo del santo, era impossibile trovare medicine. Oltre alle cure mediche e alle medicine gratuita, ai poveri erano fornite certificazioni di malattia e disabilità ed era stata avviata una petizione per fornire gratuitamente i passaporti. Fu data assistenza medica a 6.387 persone in un anno.

Con il sostegno di mecenati egli creò imprese modeste che, pur fornendo solo un reddito modesto, creavano posti di lavoro per i rifugiati più poveri. I loro oggetti in metallo e ceramica erano ben noti a Harbin come particolarmente resistenti e ben fatti. Ecco un elenco delle imprese che san Giona ha iniziato durante i tre anni in cui ha risieduto in Manciuria: (1) orfanotrofio, (2) scuola elementare, (3) scuola media, (4) mensa per i poveri, (5) ambulatorio gratuito, (6) farmacia con reparto di medicine gratuite per i poveri, (7) corsi professionali nelle scuole e (8) biblioteca.

La vita di san Giona era molto umile. Era incredibile che fosse un "principe della chiesa". Non aveva né un cuoco, né una cucina. I suoi pasti erano umili e semplici. Il suo piatto preferito erano le patate fritte e il pane nero di segale. Gli abiti e le scarpe di vladyka erano più che modesti. Le toppe erano il consueto ornamento su tutto. Spesso il sarto e il ciabattino si rifiutavano di ripararli – le toppe non reggevano. Era abile nell'assicurare risorse agli altri, ma spendeva pochissimo per se stesso. Tutti i suoi fondi personali erano dedicati alla beneficenza.

Sempre cordiale, sempre allegro e coinvolgente, il santo era amato e rispettato da tutti quelli che lo circondavano. Come attestano i racconti di coloro che lo conoscevano, un flusso costante di persone lo chiamava: alcuni per consiglio, altri per aiuto. Le porte del suo modesto appartamento rimanevo aperte dalle 7 del mattino fino alle 10 o alle 11 di sera. Poi, alle 11, quando non c'era nessuno che lo disturbasse, vladyka si sedeva al lavoro. E nei giorni di festa, era impossibile trovare posto nella stanza. Russi, cinesi e stranieri desideravano parlare con vladyka.

San Giona lasciò questo mondo inaspettatamente, all'età di 37 anni, esattamente tre anni dopo il suo arrivo in Manciuria. Non era abituato a prendersi cura di se stesso, sviluppò una tonsillite e morì. Prima della sua morte il santo scrisse nelle sue ultime volontà:

Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito. – Troppo improvvisamente ho appreso della mia morte imminente. I miei pensieri stanno diventando confusi... Che cosa desidero lasciare in eredità a voi? Miei cari e amati figli di Manciuria e Hankow. Sono venuto da te con le parole d'amore dell'Apostolo: "Figlioli, amatevi gli uni gli altri"... e vi lascio con queste parole: "Amatevi gli uni gli altri"... Questa è la volontà del vostro pastore. È con gioia di spirito che perdono chiunque mi abbia fatto torto. Ce ne saranno mai, di queste persone? Io in lacrime chiedo perdono e sto in ginocchio davanti a ciascuno di quelli a cui ho fatto torto. Non abbandonate i piccoli... perdonatemi per amor di Dio; e non dimenticare le vostre preghiere... Scrivete il mio nome nei vostri libri di preghiere... E così, fino all'eternità, fino a quando non saremo tutti di fronte al giudice finale. Giona, vescovo di Hankow. 1925, 4/17 ottobre.

Furono fatte tremila copie del suo testamento, a malapena sufficiente per metà dei presenti al suo funerale. Persino la morte non impedì al santo di compiere la sua buona opera. La notte della sua sepoltura, guarì un bambino di dieci anni, Nikolaj Dergachev, mentre dormiva. L'infiammazione delle ginocchia del bambino era così grave che non poteva stare in piedi, e tanto meno camminare. Nel suo sogno, vladyka si avvicinò al ragazzo e gli disse: "Prendi le mie gambe. Non ho più bisogno di loro, dammi le tue". 'Aveva insegnato: ama il tuo prossimo come te stesso, ma il suo amore era ancora più grande di questo...'

San Giona fu canonizzato dalla Chiesa ortodossa russa nel 1996. La sua glorificazione coincise con il giorno del suo riposo e questa fu la data decretata per il suo ricordo: 7/20 ottobre.

San Serafino di Sofia (1881-1950), il testimone dell'incarnazione di Cristo il Figlio attraverso la Chiesa e nella monarchia sovrana

Come se avesse intuito quale potente nemico avrebbe avuto in vladyka Serafino, il diavolo cercò di distruggerlo mentre era ancora nel grembo di sua madre. Costei ebbe un travaglio estremamente difficile e doloroso e i medici decisero che avrebbero dovuto operarla per estrarre il bambino pezzo per pezzo per salvare la vita della madre. In quel momento la madre riprese coscienza e, apprendendo la decisione del medico, proibì al marito di permettere l'omicidio del figlio. La mattina dopo, al primo rintocco di campana della chiesa, il 1 dicembre 1881, partorì senza alcun aiuto.

Quando vide il bambino, esclamò: "Oh, che serio mukhtar!" Il bambino si chiamava Nikolaj in onore di san Nicola il Taumaturgo, ma a volte la sua famiglia lo chiamava "mukhtar", una parola apparentemente insignificante che gli risultava terribilmente sgradita. Anni dopo, il vescovo Nestor della Manciuria visitò vladyka Serafino a Sofia. Gli presentò un libro delle sue memorie, in cui, nel capitolo sulla sua visita a Gerusalemme, si diceva che la parola mukhtar significa "vescovo" in arabo. E così, non rendendosene conto lei stessa, sua madre aveva predetto il destino di suo figlio.

Nikolaj era uno studente eccellente e, dopo aver frequentato la scuola parrocchiale locale, entrò in seminario. Lì, nel penultimo anno, decise di dedicare la sua vita a Dio. Dopo la laurea frequentò l'Accademia teologica di San Pietroburgo e qui divenne monaco. Il vescovo e rettore che faceva la tonsura si ricordò improvvisamente che quando era stato presente all'inaugurazione delle reliquie di san Serafino, aveva fatto voto al santo che se fosse diventato rettore dell'Accademia teologica di San Pietroburgo, il primo studente da lui tonsurato si sarebbe chiamato Serafino. Così, diede questo nome a Nikolaj in onore del grande santo di Sarov.

Laureato tra i primi della sua classe, padre Serafino insegnò per un anno alla scuola di un sacerdote prima di essere nominato supervisore assistente della scuola diocesana di Kaluga. Gli studenti amavano molto padre Serafino. Nel 1912 lo ieromonaco Serafino fu nominato rettore del seminario di Voronezh. Il 1 ottobre 1920, alla festa della protezione della Santissima Madre di Dio, nella cattedrale di Simferopol, padre Serafino fu consacrato vescovo. Fu per lui un grande conforto il fatto che in quell'occasione, per le vie imperscrutabili di Dio, un grande tesoro sacro, l'icona della Madre di Dio della Radice di Kursk fosse presente nella cattedrale.

Poco dopo, con suo dolore, vladyka dovette lasciare la sua terra natia. Trascorse un breve periodo a Costantinopoli prima di trasferirsi in Bulgaria, dove, nell'agosto del 1921, fu nominato direttore delle comunità monastiche ortodosse russe. Vivendo in incessanti sforzi ascetici, in astinenza e in difficili condizioni di vita, vladyka contrasse la tubercolosi. Nonostante la sua grave malattia, si prese cura del suo gregge con vero fervore pastorale. Serviva spesso e predicava tre volte alla settimana, chiamando il suo gregge al pentimento, al rinnovamento pieno di grazia e alla virtù più basilare: l'umiltà.

Come arcipastore, vladyka Serafino fece il giro delle parrocchie russe nelle province e visitò le scuole russe. I suoi discorsi e la sua calda e amorevole personalità lasciavano ovunque un'impressione duratura e piena di grazia. In condizioni materiali difficili, Vladyka si occupava anche dei russi poveri e malati. Per alcuni egli organizzò un trattamento ospedaliero gratuito, altri li mise in case per invalidi, per alcuni ottenne pensioni, alcuni li nutrì a casa sua e alcuni li fece stabilire nel suo monastero. Vladyka non trascurò neppure i monaci russi indigenti sul monte Athos. Formò un comitato per raccogliere aiuti per loro e nei suoi sermoni fece appello ai parrocchiani per fare donazioni per questa santa opera.

Nel 1934 Vladyka fu elevato alla posizione di arcivescovo. Spiritualmente dotato fin dai suoi primi anni e costantemente impegnato in una lotta ardente con le passioni, Vladyka, pur essendo un vescovo relativamente giovane, raggiunse grandi vette spirituali. Molti dei suoi figli spirituali registrarono casi della sua chiaroveggenza, che si manifestò anche a distanza. Per la sua purezza angelica, Vladyka ricevette dal Signore il dono di percepire sottili deviazioni dalla verità cristiana ortodossa. Osservava la vita cristiana ortodossa e ne era la coscienza, per così dire. Dove osservava delle irregolarità, le denunciava, non temendo di soffrire per la verità. Di conseguenza, produsse opere teologiche inestimabili.

Una delle opere principali di vladyka fu la confutazione dell'eresia gnostica, anti-incarnazionista del filosofo parigino, l'arciprete Sergio Bulgakov, opera per la quale, nel 1937, vladyka ricevette un magistero in teologia. Si stava affrettando a completare questo lavoro entro una certa scadenza quando si ammalò. Implorò la Madre di Dio, alla cui intercessione orante aveva fatto ricorso per tutta la sua vita, supplicandola di guarirlo. E cosa successe? La temperatura di Vladyka scese immediatamente e fu in grado di finire il suo lavoro entro il tempo assegnato.

Vladyka riversava tutto il suo amore per il Salvatore nelle sue opere teologiche, difendendo con fervore le verità dell'Ortodossia contro il compromesso e l'ecumenismo e anche in difesa della santa monarchia. "I miei libri sono il mio sangue", dichiarò. E veramente, diede la sua vita per Cristo nella lotta contro gli eretici, non risparmiando né la sua forza né la salute spezzata. Vladyka lavorava costantemente di notte, segretamente. La sera si sdraiava e, quando tutti gli altri si erano addormentati, si alzava e continuava a scrivere, approfittando della quiete notturna, considerando come suo dovere pastorale la difesa della verità.

Non è un caso che il Signore abbia chiamato Vladyka nell'altro mondo proprio nel giorno in cui la santa Chiesa celebra il trionfo dell'Ortodossia e dei suoi difensori. Il giorno del riposo dell'arcivescovo Serafino fu il 13/26 febbraio 1950. È stato canonizzato congiuntamente dalla Chiesa ortodossa russa e dalla Chiesa ortodossa bulgara nel 2016 e la sua festa è il 13/26 febbraio.

San Giovanni di Shanghai (1896-1966), il testimone dello Spirito Santo tra tutti i fedeli

Mikhail Maksimovich, il futuro arcivescovo Giovanni, era nato il 4 giugno 1896 nel villaggio di Adamovka, nella provincia di Kharkov, in quella che attualmente è l'Ucraina. Era un membro della piccola famiglia nobile russa dei Maksimovich, a cui apparteneva anche san Giovanni di Tobol'sk. Era un bambino malaticcio e mangiava poco. Completò la sua istruzione secondaria nella scuola militare di Poltava, che frequentò dal 1907 al 1914. Dopo aver completato la scuola militare, entrò all'università imperiale di Kharkov nella facoltà di giurisprudenza, dove si laureò nel 1918.

Nel 1921, in seguito alla guerra civile in Russia, il futuro arcivescovo, i suoi genitori, i suoi fratelli e sua sorella fuggirono a Belgrado, dove lui e i suoi fratelli entrarono all'università. Nel 1924, Mikhail fu ordinato lettore nella chiesa russa a Belgrado dal metropolita Antonij (Khrapovitskij), che continuò a esercitare una grande influenza su di lui. Nel 1926, il metropolita Antonij lo tonsurò monaco e lo ordinò ierodiacono nel monastero di Milkovo, dandogli il nome di Giovanni, dal lontano parente del futuro arcivescovo, san Giovanni (Maksimovich) di Tobolsk. Il 21 novembre dello stesso anno, padre Giovanni fu ordinato ieromonaco.

Da qui andò nella città di Bitola, nella diocesi di Ocrida. A quel tempo il vescovo al governo di questa diocesi era il futuro san Nicola Velimirovich – noto predicatore, poeta, scrittore e ispiratore di un movimento spirituale popolare. Lui, così il metropolita Antonij, apprezzava e amava il giovane ieromonaco Giovanni, e lui stesso esercitava su di lui un'influenza benefica. Più di una volta fu sentito dire: "Se volete vedere un santo vivente, andate a Bitola da padre Giovanni".

In effetti, cominciò ad apparire evidente che era un uomo assolutamente straordinario. I suoi stessi studenti furono i primi a scoprire quale fosse la più grande impresa ascetica di padre Giovanni. Si accorsero che rimaneva in piedi a lungo dopo che tutti gli altri erano andati a letto; di notte passava attraverso i dormitori, prendeva le coperte che erano cadute e ricopriva gli ignari dormienti, facendo su di loro il segno della croce. Alla fine, si scoprì che non dormiva quasi mai, e mai in un letto, concedendosi ogni notte solo un'ora o due di disagiato riposo in posizione seduta, o chinato sul pavimento a pregare davanti alle icone. Anni dopo egli stesso ammise che da quando aveva preso i voti monastici non aveva più dormito in un letto.

Padre Giovanni viveva secondo gli alti ideali del cristianesimo ortodosso e quindi della santa Russia, e fu scelto come vescovo. La sua consacrazione, inaspettata per lui, ebbe luogo il 28 maggio 1934. Vladyka fu l'ultimo di molti vescovi a essere consacrato dal metropolita Antonij e fu assegnato alla diocesi di Shanghai in Cina. Vladyka arrivò a Shanghai alla fine di novembre e trovò una grande cattedrale incompleta e un conflitto da risolvere. La prima cosa che fece fu restaurare l'unità ecclesiale, stabilendo contatti con russi, serbi, greci e ucraini.

Prestò particolare attenzione all'educazione religiosa e divenne anche un mecenate di varie organizzazioni di beneficenza e partecipò attivamente al loro lavoro, specialmente dopo aver visto le circostanze di bisogno in cui vivevano così tanti suoi fedeli. Lo stesso vladyka raccolse bambini malati e affamati dalle strade e dai vicoli bui delle baraccopoli di Shanghai. In seguito l'orfanotrofio ospitò un centinaio di bambini alla volta, circa 1500 in tutto. Vladyka celebrava ogni giorno la Divina Liturgia, come avrebbe fatto per il resto della sua vita, e se per qualche ragione non poteva servire, riceveva comunque la santa comunione. Non importa dove fosse, non perdeva un singolo servizio.

Ormai si sapeva che Vladyka non era solo un uomo retto e un asceta, ma era anche così vicino a Dio da essere dotato del dono della chiaroveggenza, e ci furono le guarigioni per mezzo delle sue preghiere. Vladyka amava visitare gli ammalati e lo faceva ogni giorno, ascoltando le confessioni e dando la santa comunione. Vladyka visitava anche la prigione e celebrava la Divina Liturgia per i detenuti su un tavolo primitivo. Ma il compito più difficile per un pastore è visitare i malati mentali e i posseduti – e vladyka sapeva distinguere chiaramente tra i due. Fuori da Shanghai c'era un ospedale psichiatrico, e solo vladyka aveva il potere spirituale di visitare questi malati. Dava loro la santa comunione e loro, sorprendentemente, lo ricevevano in pace e lo ascoltavano.

Vladyka aveva grande coraggio. Durante l'occupazione giapponese le autorità giapponesi cercarono in tutti i modi di piegare la colonia russa ai loro voleri. La pressione era diretta attraverso i capi del comitato degli emigrati russi. Due presidenti del comitato si sforzarono di mantenere la propria indipendenza ed entrambi furono uccisi. Confusione e terrore colsero la colonia russa e in quel momento vladyka Giovanni, nonostante gli avvertimenti dei russi che stavano collaborando con i giapponesi, si dichiarò temporaneamente capo della colonia russa.

Durante l'occupazione giapponese era estremamente pericoloso camminare per le strade di notte, e la maggior parte della gente cercava di tornare a casa al buio. Vladyka, tuttavia, non prestando attenzione al pericolo, continuò a visitare i malati e i bisognosi a qualsiasi ora della notte e non fu mai toccato. Con l'avvento del comunismo, i russi in Cina furono costretti a fuggire di nuovo, per la maggior parte attraverso le Filippine. Nel 1949 circa 5.000 rifugiati dalla Cina continentale vivevano in un campo dell'Organizzazione internazionale per i rifugiati sull'isola di Tubabao, nelle Filippine. Quest'isola si trova sul percorso dei tifoni stagionali che attraversano quella parte del Pacifico. Durante i 27 mesi di occupazione del campo, l'isola fu minacciata solo una volta da un tifone, che cambiò rotta e scavalcò l'isola.

Quando la paura dei tifoni fu menzionata da un russo ai filippini, essi risposero che non c'era motivo di preoccuparsi, perché "il vostro sant'uomo benedice il vostro campo in quattro direzioni ogni notte". Si riferivano a vladyka Giovanni, perché nessun tifone colpì l'isola mentre egli era lì. Dopo che il campo fu quasi completamente evacuato e le persone trasferite altrove (principalmente negli Stati Uniti e in Australia), il luogo fu colpito da un terribile tifone che distrusse completamente il campo. Vladyka stesso andò a Washington D.C., per portare la sua gente in America. La legislazione fu cambiata e quasi tutto il campo venne nel Nuovo Mondo, ancora grazie a vladyka.

Portato a compimento l'esodo del suo gregge dalla Cina, nel 1951, l'arcivescovo Giovanni ricevette un nuovo campo per i suoi sforzi pastorali: fu inviato dal Sinodo dei vescovi all'arcidiocesi dell'Europa occidentale, con la sua sede prima a Parigi e poi a Bruxelles. Nell'Europa occidentale, Vladyka ebbe un profondo interesse non solo per i russi, per i quali si esercitava instancabilmente in lavori simili a quelli per cui era stato conosciuto a Shanghai, ma anche per la popolazione locale. Ricevette nella sua diocesi francesi e olandesi, proteggendoli e incoraggiando il loro sviluppo ortodosso. Celebrò la Divina Liturgia in olandese e in francese, come prima aveva servito in greco e cinese, e come più tardi avrebbe servito in inglese.

L'interesse e la devozione di vladyka per i santi della Chiesa, di cui la sua conoscenza era già apparentemente senza limiti, si estese ora ai santi dell'Europa occidentale prima dello scisma latino. Molti di loro, venerati solo localmente, non erano a quel tempo inclusi in alcun calendario di santi ortodossi. Egli raccolse le loro vite e le loro immagini e in seguito ne presentò una lunga lista al Sinodo.

A San Francisco l'amico di una vita di vladyka, il pio arcivescovo Tikhon di San Francisco, si ritirò a causa di problemi di salute, e in sua assenza la costruzione di una nuova cattedrale si arrestò quando un'aspra disputa paralizzò la comunità russa. In risposta all'urgente richiesta di migliaia di russi a San Francisco che lo avevano conosciuto a Shanghai, l'arcivescovo John fu inviato dal Sinodo nel 1962 come l'unico vescovo capace di riportare la pace nella comunità divisa. Arrivò al suo ultimo incarico da vescovo ventotto anni dopo il suo arrivo a Shanghai – alla festa dell'Ingresso al Tempio della Madre di Dio, il 21 novembre 1962.

Sotto la guida di vladyka fu ripristinata una misura di pace, si concluse la paralisi della comunità e fu terminata la cattedrale. Eppure, anche nel ruolo di pacificatore, vladyka fu attaccato, e furono ammucchiate accuse e calunnie sul suo capo, anche da parte di altri vescovi. Fu costretto a comparire in un tribunale pubblico – in flagrante violazione dei canoni della Chiesa – per rispondere alle assurde accuse di occultamento di disonestà finanziarie da parte del consiglio parrocchiale. Tutte le persone coinvolte furono completamente scagionate, ma questo riempì gli ultimi anni di vladyka con l'amarezza delle calunnie e delle persecuzioni, alle quali rispose immancabilmente senza lamentarsi, senza giudicare nessuno, con pacata tranquillità.

La sera prima di partire per Seattle, nel giugno del 1966, quattro giorni prima del suo riposo, vladyka stupì un uomo per il quale aveva appena celebrato una funzione con le parole: "Non mi bacerai più la mano". E nel giorno del suo riposo, alla conclusione della Divina Liturgia che aveva celebrato, trascorse tre ore sull'altare pregando, emergendo poco prima del suo riposo il 2 luglio. Si addormentò nella sua stanza nell'edificio parrocchiale accanto alla chiesa. Lo si sentì cadere, e, essendo stato collocato su una sedia da quelli che correvano ad aiutarlo, esalò il suo ultimo respiro pacificamente e con poco dolore evidente, alla presenza dell'icona miracolosa della Radice di Kursk.

Fino alla sua canonizzazione, le reliquie dell'arcivescovo Giovanni si trovavano in una cappella nel seminterrato della cattedrale di San Francisco (dopo la canonizzazione del 2 luglio 1994 le reliquie furono trasferite al piano principale della cattedrale). Vladyka ha anche dimostrato di ascoltare quelli che riveriscono la sua memoria. A una donna apparve in un sogno e disse: "Dite alla gente: sebbene io sia morto, vivo!" Quando la gente è attratta versola Chiesa di Cristo prima dello scatenarsi del male, guardiamo a lui come nostra guida amorevole e come pastore che non conosce morte. È un metro di misura che indica la verità nei nostri tempi confusi. La sua unità di misura non è altro che la santità, cioè il puro amore cristiano, che egli possedeva e distribuiva in abbondanza.

Conclusione

Testimone del Padre, che è Amore, e dei due grandi comandamenti di amare Dio e il prossimo, come apostolo dell'Amore, san Giona mostrò così fedeltà all'Ortodossia contro coloro che commisero il tradimento. I ritualisti farisaici, il tipo che avrebbe poi supportato in modo traditore i nazisti, lo accusarono di "socialismo", dove c'era solo l'amore per il nostro prossimo, l'autentico modo di vivere ortodosso.

Testimone dell'Incarnazione del Figlio, san Serafino sostenne la dottrina dell'Incarnazione, il regno di Dio sulla terra nella forma della Monarchia Cristiana, contro gli eretici e gli ecumenisti disincarnati. Questi modernisti mostrarono codardia abbandonando gli insegnamenti della Chiesa, compreso l'insegnamento ortodosso sul governo sovrano dello tsar. Preferirono la massoneria occidentale alla Chiesa e al riconoscimento dei Martiri Imperiali.

Testimone della presenza dello Spirito Santo tra tutti i fedeli ortodossi ovunque, san Giovanni ha dimostrato che il frutto dello Spirito sono i santi che ha tanto amato. Fu lui che aveva già chiesto la canonizzazione dei Martiri Imperiali negli anni '30 contro il punto di vista di altri che ritardarono quella canonizzazione fino al 1981. La missione mondiale di san Giovanni era contraria all'inganno del nazionalismo ristretto e del razzismo di ogni sorta, amando tutte le persone e usando tutte le lingue per parlare di Cristo.

La vita della Chiesa è piena di tentazioni. C'è un solo modo per superarle – la fedeltà alla santa Trinità. Qualunque sia l'organizzazione della Chiesa fuori dalla Russia, dobbiamo rimanere fedeli alla santa Trinità nell'Ortodossia, nella monarchia sovrana e nel popolo fedele della santa Rus'. Dobbiamo resistere a coloro che pensano che gli edifici ecclesiastici siano più importanti delle anime del gregge, al tradimento antiortodosso dei ricchi lusinghieri, alla vigliaccheria dei cospiratori alla ricerca del potere e all'inganno dei farisei superficiali.

Santi ierarchi Giona, Serafino e Giovanni, intercedete presso Dio per noi!

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