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  Vita della nostra Santa Madre Genoveffa di Parigi
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Tutti i martirologi latini contengono una voce per Santa Genoveffa (Genevieva) al 3 di gennaio. Il Martirologio di Usuardo, monaco di Parigi (del IX secolo), ha la voce: "Nella città di Parigi, festa della santa vergine Genoveffa, che fu consacrata a Cristo dal beato Germano, vescovo di Auxerre. Per i suoi straordinari miracoli ella fu ovunque famosa." La vita di questa anziana o madre spirituale della Gallia fu scritta per la prima volta ai tempi di Re Childeberto da un uomo pio e molto erudito, il cui nome è andato perduto alla storia. La sua vita ebbe luogo nel quinto secolo, concludendosi intorno all'anno 500.

 San Germano profetizza di lei

La beata Genoveffa nacque nella parrocchia di Nemetodorensis, a circa sette miglia dalla città di Parigi. Suo padre si chiamava Severo, sua madre Geronzia. In quei giorni, avvenne che i venerabili uomini di Dio, i vescovi Germano e Lupo, si trovassero a passare da lì sulla strada per la Britannia, dove erano diretti a contrastare l'eresia pelagiana, che là aveva sollevato la testa, seminando zizzania nel grano dei fedeli della Chiesa. Questo errore negava l'assoluta necessità della grazia di Dio e del Santo Battesimo per la salvezza degli uomini, mentre le Scritture dicono: "Se uno non nasce di nuovo dall'acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Ora, mentre essi passavano per quel luogo e una vasta folla si affrettò a uscire dalla chiesa per ottenere la loro benedizione al loro passaggio, San Germano vide in spirito, in mezzo alla moltitudine, che Genoveffa sarebbe divenuta una grande santa. Chiedendo che le venisse portata innanzi, la baciò sul capo e chiese alla folla il suo nome, e di chi fosse figlia. Il suo nome fu annunciato, e i suoi genitori chiamati a presentarsi. San Germano chiese loro: "Questa giovane è vostra figlia?" Essi dissero: "È nostra figlia, Domine." San Germano disse loro: "Siete benedetti a essere i genitori di una discendenza così venerabile. Sappiate che alla sua nascita un mistero di grande gioia ed esultanza è stato celebrato dagli angeli. Ella sarà grande di fronte al Signore, e molti, vedendo la sua santa vita e vocazione, abbandoneranno il male, e le cose stolte e svergognate, e ricondurranno la loro vita al Signore, e riceveranno da Cristo la remissione dei loro peccati e la ricompensa della vita." Quindi disse a Genoveffa: "Figlia mia Genoveffa," ed ella rispose "La tua ancella ti ascolta, santo padre: dimmi ciò che mi comandi." San Germano le disse: "Non vorrei che tu esitassi a dirmi se desideri mantenere il tuo corpo immacolato e intatto per Cristo come sua sposa, facendoti consacrare come monaca." Genoveffa gli rispose: "Benedetto sei tu, padre mio, che ti sei compiaciuto di chiedermi se desidero fare ciò che è proprio la mia speranza. Io lo desidero, santo padre," disse, "e prego che il Signore si compiaccia di portare la mia devozione a compimento." San Germano le disse: "Abbi fiducia, figlia, agisci con coraggio, e possa tu essere sincera nelle tue azioni, in quanto credi nel tuo cuore, e in quanto pronunci con la tua bocca."

Ora, arrivati in chiesa, mentre stavano celebrando il ciclo spirituale [degli offici], la nona e la dodicesima ora, San Germano le tenne continuamente la mano sul capo. Dopo avere preso cibo e detto una preghiera, egli ordinò a Severo di portare a casa sua figlia, e di ritornare con lei alle prime luci del giorno, prima che riprendesse il suo lungo viaggio. Mentre la pallida luce dell'alba iniziava a diffondersi sulla terra, ella fu condotta dal padre, e San Germano le disse, "Ave, Genoveffa, figlia mia. Ti ricordi quanto mi hai promesso ieri riguardo alla verginità del tuo corpo?" Genoveffa gli rispose: "Ricordo quanto ho promesso a Dio e a te, santo padre: desidero mantenere incontaminata la castità della mente e del corpo, con l'aiuto di Dio, fino alla fine." San Germano, colpito dal dono di Dio e dalla fede perfetta della fanciulla, tenne gli occhi a terra mentre ella parlava. Ora accadde che vi fosse una moneta che giaceva vicino ai suoi piedi, e aveva sopra stampigliata una croce: egli la prese, ordinandole di portarla sempre al collo. La esortò anche a mantenersi libera da ornamenti d'oro, d'argento e di perle. "Se infatti la bellezza fugace di questo mondo ti conquisterà la mente, ti troverai priva di quegli ornamenti che sono celesti ed eterni." Prendendo commiato da lei, chiedendole di ricordarlo nelle sue preghiere, e raccomandandola a suo padre Severo, completò con l'aiuto di Dio il viaggio che aveva iniziato.

 

Sua madre è punita da Dio

Avvenne, dopo diversi giorni, che quando sua madre era sul punto di andare in chiesa in un giorno di festa solenne, e aveva ordinato a Genoveffa di rimanere a casa, che non si riuscisse a lenire i suoi pianti e le sue lacrime. La fanciulla diceva infatti: "La fedeltà che ho promesso al santo Germano, la manterrò, e Cristo mi consolerà, e frequenterò la soglia della chiesa, per essere trovata degna di essere sposa di Cristo, come il beatissimo confessore mi ha promesso a sua volta." Sua madre, colma d'ira, colpì la figlia, e immediatamente i suoi occhi furono privati dell'abilità di vedere. Per un anno e nove mesi, per volontà della maestà di Dio, fu afflitta da questa cecità per manifestare la grazia che Genoveffa aveva. Giunse un giorno in cui, ricordando ciò che il grande ierarca aveva detto di sua figlia, la chiamò a sé e le chiese, "Ti prego, figlia mia, prendi un secchio e vai al pozzo, e portami dell'acqua." E quando fu giunta in tutta fretta al pozzo, pianse sull'orlo del pozzo poiché la madre aveva perso la vista, e quando smise di piangere, riempì il recipiente e portò l'acqua alla madre. Soffiando su di esso, Genoveffa lo sigillò con la potenza della Croce, e lo diede a sua madre. La madre, stendendo le mani al cielo con fede e venerazione per l'acqua, ne bevve. Poco dopo, iniziò a tornarle la vista. Ripetendo questo gesto per due o tre volte, la vista che aveva perso le fu completamente resa.

 

La rivelazione del vescovo Iulico

Accadde che, con due fanciulle molto più anziane di lei, Genoveffa andò dal vescovo Iulico per ricevere la consacrazione. Quando gli furono portate le fanciulle in ordine di età, quel santo ierarca fu informato divinamente che Genoveffa era molto più elevata in rettitudine delle altre, e disse: "La fanciulla che viene per ultima è di maggior statura, dato che ha già ricevuto la santificazione dall'alto." E così esse ricevettero la benedizione del vescovo e partirono.

 

La sua afflizione e la visione sublime

Col tempo, dopo la morte dei suoi genitori, la beata Genoveffa andò a vivere a Parigi. E perché il potere del Signore potesse essere provato nella sua infermità, e perché la grazia di Cristo che era su di lei brillasse con maggiore radianza, il suo corpo fu preso da una paralisi, tale da farle perdere l'uso dei suoi arti. Afflitta da questa infermità, per tre giorni apparve priva di vita, e solo le sue ginocchia avevano un poco di colore. Quando alla fine ricuperò la salute del corpo, dichiarò di essere stata condotta in spirito da un angelo al luogo di riposo dei giusti, e di avere contemplato là le ricompense preparate per coloro che amano Dio, che sono considerate incredibili dai privi di fede.

 

Intuito nei cuori degli uomini

Molte volte ella rivelò con chiarezza ciò che era nelle coscienze di quanti vivevano in questo mondo. O tutti voi che la invidiate! Sarebbe meglio che rimaneste in silenzio, poiché i mali della vostra coscienza si rivelano nel vostro risentimento verso i giusti.

 

Seconda visita di San Germano

Quando San Germano ritornò a Parigi, in partenza per un ulteriore viaggio per la Britannia, tutta la città venne a incontrarlo sulla strada. Ed egli, preoccupato per Genoveffa, chiese cosa stesse facendo. Un uomo volgare prese la parola, dicendo che ella non era all'altezza dell'opinione che il vescovo aveva di lei. Per mostrare la completa vanità delle parole di quell'uomo, il santo ierarca entrò in città e si diresse alla dimora di Genoveffa. E la salutò con un'umiltà tanto grande, che tutti ne rimasero stupefatti. Dopo aver pregato, mostrò a coloro che la disprezzavano il suolo della camera nascosta della sua dimora, che era stato inondato dalle sue lacrime di preghiera. Sedutosi, parlò degli inizi della sua vita con le stesse parole che aveva apertamente usato a Nemetodorensis. E quindi, dopo averla raccomandata al popolo, partì nuovamente.

 

Attila l'Unno

In seguito, corse voce per tutta la Gallia che Attila, re degli Unni, stava arrivando a mettere selvaggiamente il paese a ferro e fuoco. Terrificati, i cittadini di Parigi decisero di accumulare i loro averi in qualche città più sicura. Ma Genoveffa chiamò a raccolta le donne, persuadendole a stare in digiuni, preghiere e vigilie, in modo che potessero scampare al disastro come Giuditta ed Ester. Acconsentendo alle richieste di Genoveffa, passarono diversi giorni nel battistero, sforzandosi di tenere vigilie, digiuni e preghiere. E agli uomini ella diede l'avviso di non spostare i loro beni da Parigi, dicendo che le città considerate più sicure dalla gente sarebbero state saccheggiate, ma Parigi sarebbe rimasta intatta per grazia di Cristo. Tuttavia, un'orda di parigini si sollevò contro di lei, chiamandola pseudo-profetessa a causa del suo consiglio di non spostare i propri averi. Essi decisero di punirla uccidendola per lapidazione o per annegamento. Nel frattempo, arrivò un arcidiacono da Auxerre, uno di quelli che avevano udito San Germano dare la sua magnifica testimonianza riguardo a Genoveffa. Trovando i cittadini radunati in diversi luoghi, e apprendendo del loro desiderio di metterla a morte, disse loro: "O cittadini! Non permettete un crimine così atroce. Colei che state ora complottando per uccidere, abbiamo udito nelle parole del santo Germano, nostro vescovo, che è stata scelta da Dio fin dal grembo di sua madre. E guardate, io le sto portando questo pane benedetto che le è stato inviato dal santo Germano." I parigini, ricordandosi della testimonianza di San Germano, e vedendo il pane benedetto portato dall'arcidiacono, intimoriti da Dio e meravigliandosi delle cose che l'arcidiacono aveva detto, abbandonarono i loro progetti depravati.

 

Pari ai Santi Martino e Aniano

In quel giorno si compì il detto dell'Apostolo, "Non di tutti infatti è la fede. Ma il Signore è fedele; egli vi confermerà e vi custodirà dal maligno" (2 Ts 3,3). I nobili vescovi Martino e Aniano sono altamente lodati, e gli uomini si meravigliano delle loro virtù, dato che il primo decise di andare all'indomani disarmato sul campo di battaglia, e ottenne in questo modo che si stabilisse la pace tra due campi rivali; l'altro invece riuscì con la forza delle sue preghiere a custodire la città di Arles dall'esercito degli unni da cui era circondata. Ma Genoveffa non è degna di essere onorata, dato che con le sue preghiere mandò immediatamente via il suddetto esercito, che non fu neppure capace di accerchiare Parigi?

 

Il suo grande ascetismo

Dal quindicesimo al cinquantesimo anno della sua vita, Genoveffa non rilassò mai il suo digiuno dalla domenica fino al giovedì, e ancora dal giovedì fino alla domenica. Prendendo un poco di cibo in questi due giorni consacrati, la domenica e il giovedì, passava il resto della settimana in astinenza dal cibo. E il suo cibo erano pane d'orzo e fagioli, vecchi di due o tre settimane, che faceva cuocere assieme in una pentola. Ma per tutta la vita non bevve vino né bevande inebrianti. Dopo il suo cinquantesimo anno di vita, iniziò a prendere pesce e latte assieme al suo pane d'orzo, su richiesta dei vescovi. Infatti considerava sacrilego contraddirli, temendo il detto del Signore: "Colui che ascolta voi, ascolta me, e colui che disprezza voi, disprezza me" (Lc 10,16).

 

Come il Protomartire Stefano

Tutte le volte che guardava verso il cielo piangeva, poiché era pura di cuore. Come l'evangelista Luca descrive il beatissimo Stefano, così anch'ella, si credeva, vedeva i cieli aperti, e il nostro Signore Gesù Cristo in piedi alla destra del Padre, poiché la promessa enunciata dal Signore rimane intatta: "Beati i puri di cuore, poiché vedranno Dio" (Mt 5,8)

 

Le sue "compagne"

Vi sono dodici "vergini" che Erma, detto il Pastore, citava nel suo libro come sue compagne: Fede, Astinenza, Pazienza, Magnanimità, Semplicità, Innocenza, Armonia, Carità, Disciplina, Castità, Verità e Prudenza. Queste erano inseparabili da Genoveffa.

 

Genoveffa fa costruire la Basilica di San Dionigi

Non penso che dovrei rimanere in silenzio riguardo alla venerazione e alla dedizione con cui ella amava il villaggio di Catholiacensis, in cui San Dionigi, assieme ai suoi compagni Rustico ed Eleuterio, soffrì il martirio e fu sepolto. La devozione della beata Genoveffa verso di lui era infatti fervida, ed ella desiderava erigervi una basilica in onore del santo ieromartire. Ma era priva di mezzi. Un giorno, mentre i preti della città le passavano accanto, si rivolse a loro così: "Miei venerabili santi padri e anziani in Cristo, vi prego di istituire una raccolta di fondi, in modo che si possa costruire una basilica in onore di San Dionigi. Nessun uomo infatti dubita che il suo tempio incuta timore e tremore." Ed essi le risposero: forse mancherà alla nostra umiltà l'abilità di costruire, poiché mancano i mezzi per cuocere la calce." Ella ricolma di Spirito Santo, con un volto radioso, disse loro, profetizzando nella sua mente ancor più radiosa: "Andate, ve ne supplico, e camminate sul ponte della città, e riportatemi parola delle cose che udrete."

Quando essi furono per strada, rimasero in attesa di udire qualcosa che avesse attinenza con i desideri della vergine consacrata. Ed ecco, due mandriani di porci, non lontani da loro, si dicevano l'un l'altro: "mentre seguivo le tracce di un animale che si era allontanato, ho trovato un forno da calce di enormi dimensioni." E l'altro mandriano rispondeva, "Anch'io ho trovato nella foresta un albero sradicato abbattuto dal vento, e sotto le sue radici un simile forno da calce, dal quale credo non manchi nulla." All'udire queste cose, i presbiteri guardarono in alto e fissarono i loro occhi ai cieli per la gioia, e benedissero Dio, che si era compiaciuto di offrire una tale grazia attraverso la sua ancella Genoveffa. Trovando i luoghi dove erano i forni da calce, i presbiteri tornarono a raccontarle tutto ciò che avevano appreso dai mandriani dei porci. Da parte sua, ella inondò il suo grembo di lacrime di gioia, e quando i presbiteri ebbero lasciato la sua casa, si mise con le ginocchia fisse a terra e passò l'intera notte in preghiere e lacrime, supplicando Dio di concederle il suo aiuto, perché fosse in grado di costruire la basilica di San Dionigi.

Dopo il termine della sua veglia, alle prime luci dell'alba, si recò dal presbitero Genesio, e lo implorò di costruire la basilica in onore del santo martire. Lo informò pure delle provviste di calce che Dio aveva fornito. Ed egli pieno di timore cadde a terra, venerando Genoveffa con una prosternazione, e promise che avrebbe lavorato notte e giorno per completare ciò che ella gli aveva comandato. Alle suppliche di Genoveffa, tutti i cittadini diedero il loro aiuto, e in onore di San Dionigi fu costruita una basilica di grande altezza.

 

Un miracolo per i lavoratori

È anche degno di nota ricordare quali miracoli il Signore abbia operato attraverso di lei. Quando i carpentieri furono radunati, e avevano bisogno di legname, alcuni andarono verso le foreste a monte a raccogliere il legname, mentre altri lo trasportavano su carri, e mentre così facevano la loro scorta di bevande si esaurì. E Genoveffa non sapeva di questa mancanza di bevande. Genesio il presbitero le rese nota questa necessità, ed ella chiese il recipiente in cui le bevande dei lavoratori erano raccolte. Quando questo le fu portato, ella chiese a tutti di ritirarsi. E fissando le ginocchia a terra, effondendo lacrime, una volta che percepì che la sua preghiera era stata ascoltata, terminò la preghiera, si alzò, e fece il segno della croce sul recipiente. Mirabile a dirsi, immediatamente la vasca fu piena di bevanda fino all'orlo, e fintanto che la basilica fu in costruzione, i lavoratori ne bevvero in abbondanza, rendendo grazie a Dio.

 

Le candele si accendono al mero tocco della sua mano

Genoveffa aveva la devozione di tenersi desta in vigilia ogni sabato notte fino all'alba del primo giorno della settimana, secondo la tradizione del Signore, come una serva che attende il suo padrone quando questi ritorna dal banchetto nuziale. Una volta, dopo una notte tempestosa, quando il canto del gallo annunciò che era il nuovo giorno - il giorno del Signore - ella uscì dalla sua dimora, per recarsi con le altre vergini alla basilica di San Dionigi. E avvenne che la candela che era di fronte a loro si spense. Le vergini che erano con lei erano sconvolte dalla paura del buio e della tempesta, ma la santa Genoveffa chiese che le fosse portata la candela che si era spenta. Quando la prese in mano, essa si accese immediatamente, ed ella la portò nella basilica. Questo prodigio ebbe luogo altre due volte; un giorno infatti era entrata in chiesa e si era prosternata a lungo da sola, e al termine della preghiera si rialzò dal suolo, e una candela che mai aveva toccato fuoco si accese al tocco della sua mano per comando di Dio. Dicono anche che nella sua cella una candela si sia accesa al mero tocco della sua mano, e attraverso quella candela molti malati che, motivati dalla fede, la stingevano nelle mani anche per un breve istante, furono riportati in salute.

 

La ladra accecata

Una certa donna rubò furtivamente le scarpe della vergine, e appena arrivò a casa perse all'improvviso la vista. Comprendendo che l'offesa fatta a Genoveffa veniva puntia dal cielo, ella fu portata con l'aiuto di altri da Genoveffa, tenendo le scarpe nelle mani. E cadendo ai suoi piedi, implorò il suo perdono e il ritorno della sua vista. Genoveffa, con molta bontà, le diede la mano, la sollevò dal suolo, e facendole il segno della Croce sugli occhi, le ridiede la sua facoltà di vedere.

 

La ragazza paralitica

Nella città di Lione si possono raccontare molti miracoli operati dal Signore attraverso di lei. Mentre Genoveffa si avvicinava alla città, ma ne era ancora distante, gran parte degli abitanti uscì a incontrarla, inclusi i genitori di una certa ragazza che era afflitta da nove anni da una paralisi che non le lasciava muovere le membra. Alle suppliche dei genitori della ragazza e degli anziani del popolo, Genoveffa si recò alla casa della ragazza. Dopo aver pregato, toccò gli arti inerti, e le ordinò di vestirsi e di mettersi le scarpe con le proprie mani. E alzandosi dal letto, la ragazza ormai interamente guarita la accompagnò in chiesa assieme con l'altra gente.

Quando le folle ebbero visto questo miracolo, benedissero il nostro Signore Gesù Cristo, che aveva concesso una grazia tanto grande a quanti lo amano. E quando Genoveffa lasciò quella città, la gente la accompagnò per la strada cantando ed esultando.

 

Mirabile liberazione dei condannati

Non so come descrivere la venerazione con cui la considerava Childerico, re dei Franchi. Era tanto grande che un giorno, in cui egli aveva stabilito di mettere a morte alcuni prigionieri, li condusse fuori della città di Parigi, perché Genoveffa non cercasse di condurli dalle catene alla salvezza, e comandò che venissero chiusi i cancelli. Ma quando qualcuno avvisò Genoveffa delle deliberazioni del re, costei uscì subito a liberare quelle anime. Fu uno spettacolo non da poco di fronte all'inimorita popolazione della città quando, al tocco delle sue mani, il grande cancello della città si spalancò senza l'uso delle chiavi. E così, raggiunto il re, ella chiese e ottenne che i prigionieri non venissero decapitati.

 

San Simeone lo Stilita chiede le sue preghiere

Vi era un certo santo nei paesi dell'Oriente, un grande disprezzatore del mondo, di nome Simeone, che dimorò per circa quarant'anni su una colonna in Cilicia, a poca distanza da Antiochia. Dicono che seppe di lei in spirito, e fu sempre sollecito nel chiedere ai mercanti, che viaggiavano verso la Gallia e tornavano in Siria, di portargli notizie di Genoveffa. Di fatto, le mandava saluti con profondissima venerazione, e la supplicava con urgenza di ricordarlo nelle sue preghiere.

 

La liberazione di Cilinia

Una certa fanciulla che era giovane e già promessa sposa, di nome Cilinia, quando scoprì la grazia di Cristo che abbondava in Genoveffa, chiese di poter prendere l'abito [monastico]. Quando il giovane a cui era stata promessa lo seppe, fu ricolmo di indignazione, e giunse alla città di Meaux, dove Cilinia dimorava con Genoveffa. Appena le due giovani seppero che l'uomo era arrivato, andarono in chiesa in tutta fretta. L'evento fu un miracolo, poiché quando esse fuggirono nel battistero, che era all'interno della chiesa, questo si chiuse a chiave da solo. E così la suddetta fanciulla, liberata dal naufragio e dalla contaminazione di questo mondo, perseverò sino alla fine in temperanza e castità.

 

Guarigione della serva di Cilinia

Circa allo stesso tempo, Cilinia portò da Genoveffa un'ancella che l'aveva servita, e che era ammalata da quasi due anni, tanto che aveva perso l'uso dei piedi. Quando Genoveffa la toccò con le sue mani, ella ritrovò immediatamente la salute.

 

Genoveffa libera molti dai demoni

Accadde che a Parigi, la sua città, le portarono dodici anime, di uomini e donne, che erano gravemente ossesse da demoni. Subito, Genoveffa invocò Cristo chiedendogli di venirle in aiuto, e si mise in preghiera. A quel punto i posseduti furono sospesi in aria, in tal modo che le loro mani non toccavano il soffitto, né i loro piedi toccavano il suolo. E quando ella si rialzò dalla preghiera, comandò loro di andare alla basilica del santo martire Dionigi. Ma i posseduti gridarono che non avrebbero potuto camminare in alcun modo, se prima ella non li avesse liberati. E così Genoveffa li segnò con la Croce, e con le braccia conserte dietro la schiena e le lingue ammutolite, essi si misero in cammino verso la basilica del Martire, E seguendoli per circa due ore, anch'ella arrivò alla fine alla basilica. Là, quando ella iniziò a pregare, com'era sua abitudine, gettandosi sul pavimento e rimanendo là tra le lacrime, i posseduti fecero un terribile rumore con grida insopportabili, dicendo che erano ora arrivati coloro a cui Genoveffa si rivolgeva per avere consolazione - forse gli angeli, o i martiri, o certi santi che le venivano in aiuto. Quindi si presentò il Signore stesso, che "è vicino... a tutti quanti lo cercano con cuore sincero" (Ps 144,19), poiché "appaga il desiderio di quanti lo temono" (ibid., 20), e "ascolta il grido dei giusti e li salva" (ibid., 20). E Genoveffa, rialzatasi dalla preghiera e segnandoli uno per uno, liberò tutti coloro che erano stati posseduti da spiriti immondi. E allo stesso tempo, tutti i presenti sentirono un orribile fetore, che ebbe luogo perché tutti potessero credere che le anime erano state davvero purificate e guarite dalla vessazione dei demoni. E per un miracolo tanto prodigioso, tutta l'assemblea magnificò il Signore.

 

Le sono trasparenti i peccati degli uomini

Un giorno giunse da lei in viaggio dalla città di Bourges fino a Parigi, una certa fanciulla che dopo la consacrazione del suo corpo (infatti era stata fatta monaca) aveva violato i voti, ma che gli uomini ritenevano senza macchia. Genoveffa le chiese se fosse stata consacrata vergine, oppure vedova. Ed ella rispose che era stata consacrata come monaca, e che offriva degno servizio a Cristo con un corpo inviolato. Al contrario Genoveffa rivelò il luogo, il tempo e l'uomo stesso da cui il suo corpo era stato violato. E colei che si era professata invano sposa di Cristo, pentendosi in coscienza, si gettò subito ai piedi di Genoveffa.

Potrei raccontare molte cose simili riguardo a varie persone, ma a causa del tempo che questo prenderebbe, preferisco mantenere il silenzio.

 

Il bambino Cellomero

Dopo non molto tempo una donna che Genoveffa aveva liberata da un fastidioso demone era con lei. Ora, suo figlio aveva quattro anni, ed era caduto per disgrazia in un pozzo, e dopo essere stato immerso per quasi tre ore, fu tirato fuori da sua madre, che con gemiti e lamenti e con un aspetto distrutto lo depose morto ai piedi di Genoveffa. Costei lo prese e lo coprì con il suo velo, quindi si prosternò in preghiera, non cessando di pregare finché lo stato di morte non lasciò il bambino. Era il tempo della Quaresima, e il bambino, fatto catecumeno, fu istruito nella fede cattolica e battezzato alla vigilia di Pasqua. Fu chiamato Cellomero, poiché fu nella cella di Genoveffa che riebbe indietro la vita che aveva perduto.

 

L'uomo dalla mano inaridita

Nella città di Meaux corse a incontrarla un uomo con una mano inaridita, supplicandola di ridargli la salute. E così, prendendo la sua mano disseccata, e rafforzando la struttura delle sue dita e il suo braccio menomato con il segno della Croce, Genoveffa gli restituì l'uso della mano nello spazio di mezz'ora.

 

La visitatrice curiosa

Dal giorno santo dell'Epifania fino al giorno chiamato Natività del Calice, o della Cena del Signore [Giovedì Santo], era abitudine della beata Genoveffa di rimanere rinchiusa e sola nella sua piccola cella, per poter servire più liberamente Iddio solo, con preghiere e vigilie. Un giorno venne da lei una certa dona motivata più dalla curiosità che dalla fede, che voleva sapere e poter raccontare ciò che Genoveffa faceva nella sua cella. Appena quella donna si accostò al suo uscio, perse la vista. Non so la ragione per cui le capitò questa punizione, ma alla conclusione della Quaresima Genoveffa uscì dalla sua cella, e con preghiere e con il segno della Croce le restituì la vista.

 

L'albero abitato dai demoni

Giunse il tempo in cui Parigi, per un periodo di dieci anni, fu sottoposta a blocco da parte dei Franchi. E sulla città cadde una tale fame che non poche persone morirono di stenti. E avvenne che Genoveffa fosse alla città di Arciacum, dove era giunta per comprare riserve di grano.

Quando giunse vicino al punto sulle rive della Senna dove si trovava un albero che aveva causato dei naufragi, chiese ai marinai di avvicinarsi alla riva e di abbattere l'albero. Con i colpi dei marinai, e Genoveffa che pregava, l'albero fu divelto alle radici. E subito ne uscirono due mostri di diversi colori, e per quasi due ore i marinai furono tormentati dall'orribile odore che ne promanava. Ma da quel momento, in quel punto non vi furono più naufragi.

 

La donna paralizzata

Quando Genoveffa entrò nella città di Arciacum, le venne incontro un certo tribuno di nome Passivo, che la supplicò di ridare la salute a sua moglie, che per un certo tempo era bloccata da una paralisi debilitante. E di questo la supplicarono anche gli anziani della città. Entrata nella sua casa, ella andò al letto della donna ammalata, e immediatamente, com'era sua costante abitudine, si mise a pregare. Al termine della preghiera, e dopo avere rafforzato la donna con il segno della Croce, le disse di alzarsi dal letto. Senza indugio la donna che, stando a quanto attestano, era stata immobilizzata dalla sua malattia per quasi quattro anni, e che era incapace anche di camminare da sola, si alzò dal letto completamente guarita al comando di Genoveffa. A causa di questo miracolo pubblico, tutti magnificarono il Signore, "che è mirabile nei suoi santi" (Ps 67:35).

 

Una moltitudine di ammalati; una ragazza cieca

Quando giunse alla città di Troyes, le venne incontro una moltitudine di persone che portavano i loro malati. Genoveffa, segnadoli e benedicendoli, li rese integri e sani. In quella stessa città le fu portato un uomo che aveva lavorato nel giorno del Signore, e che di coseguenza era stato accecato per retribuzione divina, e anche una ragazza, pure lei cieca, di circa dodici anni d'età. Dopo avere tracciato il segno della Croce sui loro occhi, e dopo avere invocato l'indivisa Trinità, Genoveffa restituì loro la vista.

 

Il figlio del suddiacono

Un certo suddiacono, vedendo i grandi miracoli da lei operati, le portò suo figlio, che era stato gravemente afflitto per dieci mesi da brividi di febbre. Genoveffa si fece portare dell'acqua, che prese e segnò con l'emblema della Croce, dopo aver chiamato il nome del Signore, quindi glie la diede da bere. E per la grazia del Signore Gesù Cristo egli fu immediatamente guarito.

 

I fili dei suoi abiti procurano guarigioni

In quei tempi molti che erano pieni di fede, portando con loro fili dei suoi indumenti, furono guariti da una varietà di malattie. E molti che erano posseduti da demoni furono da lei purificati.

 

Una tempesta sedata

E così, quando rientrò da Arciacum, dove era stata per un certo numero di giorni, la moglie del tribuno che aveva riavuto la salute grazie a lei l'accompagnò finché si imbarcò sulla nave. E a coloro che stavano rientrando con la nave accadde quanto segue. Il vento stava spingendo pericolosamente la nave verso scogli e alberi, i contenitori del cibo furono rovesciati, e la nave prese a imbarcare acqua. Allora Genoveffa chiese aiuto a Cristo con le mani levare al cielo, e le navi tornarono sulla loro rotta. Così il nostro Dio e Signore, attraverso di lei, salvò undici navi cariche di cibo. Quando il presbitero Besso (che era rimasto tanto spaventato che 'il calore abbandonò le sue ossa') vide tutto ciò, fu colmo di gioia, e cantò a chiara voce, dicendo che "Il Signore è divenuto per noi aiuto e protezione per la salvezza" (Cf. Es 15,2) E tutti quanti erano con lui elevarono le loro voci al cielo, cantando il cantico dell'Esodo (Es 15), e magnificarono Dio che li aveva salvati.

 

Come Genoveffa diede sollievo agli affamati

Rientrata dunque nella città di Parigi, Genoveffa distribuì le scorte di grano a tutti secondo le loro necessità. E diede preferenza ad alcuni che erano privi di forze a causa del loro bisogno, così che sepesso le fanciulle al suo servizio correvano al forno e non vi trovavano parte del pane che vi avevano depositato, poiché la maggior parte era già stato distribuito ai poveri. Ed esse scoprirono presto la causa dei pani mancanti, quando videro i bisognosi della città portare pani appena usciti dal forno, e insieme benedire a gran voce il nome di Genoveffa. Ella infatti non riponeva la sua speranza nelle cose visibili, ma in quelle invisibili. In lei si compiva la parola del profeta: "Chi fa la carità a un povero fa un prestito al Signore" (Prov 19,17). Per rivelazione dello Spirito Santo, ella aveva visto quella terra dove coloro che donano ai poveri cercano il proprio tesoro, e ogni volta che riteneva di essere stata visitata nel corpo dal Signore, sotto forma di uno straniero da lei aiutato, piangeva in continuazione.

 

Fruminio di Meaux

Un certo ufficiale della città di Meaux, di nome Fruminio, aveva sofferto da quattro anni di un blocco dei canali delle sue orecchie, quando cercò Genoveffa a Parigi, e la supplicò di ridargli l'udito con un tocco della sua mano. E appena ella lo ebbe segnato, toccando le sue orecchie con la mano, egli riebbe istantaneamente l'udito, e benedì il nostro Signore Gesù Cristo.

 

La fanciulla Claudia

I miracoli da lei compiuti nella città di Arles non dovrebbero mancare dalla nostra cronaca. Una donna di nome Fraterna, madre di una fanciulla di nome Claudia, era disperata per la vita della figlia, che era prossima alla morte. Si affettò da Genoveffa per farle una richiesta per la figlia, e la trovò in preghiera nella basilica del santo vescovo Aniano. Caduta ai suoi piedi, e lamentandosi, disse solo queste parole: "O Signora Genoveffa, fammi riavere mia figlia." Si dice che Genoveffa, quando vide la sua fede, abbia risposto: "Cessa di importunarmi; tua figlia è tornata in perfetta salute." Con gioia, Fraterna si rialzò e assieme a Genoveffa tornò alla sua dimora. Per mirabile potenza di Dio, Claudia fu guarita, e richiamata dalle porte dell'inferno così all'improvviso che si mise a servire Genoveffa a casa propria, in perfetta salute. E tutta una folla magnificò il Signore per la salute improvvisa data a Claudia attraverso la rettitudine di Genoveffa.

 

Il padrone ostinato

Avvenne che nella stessa città ella supplicò un certo uomo di perdonare un suo servo che aveva commesso una colpa. Ma egli, indurito dall'orgoglio e dall'ostinazione, non volle perdonarlo affatto." Ella gli disse queste parole: "Anche se tu mi hai disprezzato quando ti supplicavo, il mio Signore Gesù Cristo non mi disprezza, poiché è compassionevole e misericordioso nel perdono." E quando quell'uomo ritornò a casa, fu preso da una tale febbre che non poté riposare per tutta la notte, ansimando e bruciando. Il giorno dopo, al mattino presto, gli si aprì la bocca che prese a schiumare. Gettandosi ai piedi di Genoveffa, chiese per sé il perdono che il giorno prima aveva negato al suo servo. La santa Genoveffa lo segnò, e la febbre e la malattia lo lasciarono: così il padrone fu rafforzato nell'anima e nel corpo, e il servo fu perdonato. Senza dubbio fu un Angelo del Signore ad affliggerlo, nello stesso modo di cui si legge a proposito dell'ebreo Aniciano, un uomo molto ostinato, alla cui porta si era presentato San Martino, supplicandolo a favore di certi uomini in catene. I libri dicono che gli fu inflitto un castigo da un Angelo del Signore, che lo fece correre fuori della sua casa e da San Martino, accordandogli ogni sua richiesta.

 

I posseduti di Tours

Viaggiando verso Tours, Genoveffa patì molte tribolazioni sul fiume Loira. Ci sono circa seicento stadi da Arles a Tours, che è chiamata la terza Lione. E quando ella giunse al porto della città di Tours, una folla di posseduti le corse incontro dalla basilica di San Martino, mentre gli spiriti più malvagi gridavano che tra i santi Martino e Genoveffa erano arsi come tra le fiamme. Inoltre confessarono che le molte prove a lei capitate sulla Loira erano stati loro a inviarle per invidia. Intanto Genoveffa, entrata nella basilica di San Martino, purificò molti dei posseduti dai demoni attraverso la preghiera e il segno della Croce. Coloro dai quali se ne erano andati i demoni dicevano che nell'ora del loro tormento erano stati bruciati dalle dita delle mani di Genoveffa, come se fossero state candele accese a un fuoco dal cielo che brucia tutto intorno, ed era per questo che avevano urlato così terribilmente e fatto gesti così selvaggi.

 

Casalinghe importunate dai demoni

Giunsero da lei tre uomini, le cui mogli erano evidentemente importunate da demoni nelle loro case, e la pregarono di liberarle dagli spiriti malvagi facendo loro visita. Genoveffa, con la sua abituale cortesia, li seguì, entrò in ogni casa, pregando e ungendole con olio benedetto. E purificò le donne dai demoni.

 

Il cantore posseduto

Tre giorni dopo, mentre Genoveffa stava in vigilia nella basilica di San Martino, pregando in un angolo, e benediceva e lodava il Signore, restando in mezzo alla congregazione per non essere riconosciuta, le si avvicinò dall'abside uno dei cantori, posseduto da un demone, che si torceva i propri arti, pensando nella sua insanità che appartenessero ad altri. E quando Genoveffa ordinò allo spirito impuro di uscire dal corpo dell'uomo, e lo spirito minacciò che sarebbe uscito dall'occhio, a un comando di Genoveffa fu trasportato con un flusso dalle sue viscere, lasciando una traccia repellente. E senza indugio, apena il demone fu scacciato, l'uomo liberato fu lavato e ripulito. Allora tutti la riverirono con grandi onori ogni volta che entrava o usciva.

 

Il diavolo può correre, ma non può nascondersi

Più o meno allo stesso tempo, stando alla porta di casa sua, vide una certa giovane che passava con una giara in mano. Chiedendole di avvicinarsi, Genoveffa le chiese cosa stesse portando. Ed ella disse: una giara per liquidi, che mi hanno appena venduto alcuni mercanti." Ma Genoveffa, veduto il nemico del genere umano seduto sulla bocca della giara, lo minacciò, soffiò nella giara, e subito una parte della bocca della giara si spezzò e cadde. Quindi, segnando la giara, disse alla ragazza di proseguire. Vedendo ciò, la gente si stupiva, poiché il diavolo non riusciva mai a nascondersi da lei. 

 

Il bambino Maroveo

Un bambino piccolo, di nome Maroveo, fu portato dai suoi genitori a Genoveffa, cieco, sordomuto e paralitico. Ungendolo con olio benedetto, ella lo fortificò anche con il segno della Croce. E in questo modo la sua infermità fu sanata, ed egli fu in grado di camminare come un bambino sano, e ricuperò interamente la vista, l'udito e la parola.

 

Un raccolto in pericolo

Un'altra volta, nella regione della città di Meaux, dove erano riuniti quelli che lavoravano al raccolto, e anche Genoveffa stava occupandosi del proprio raccolto, i raccoglitori furono seriamente turbati dall'imminente vicinanza di una tempesta. Subito Genoveffa, secondo la sua consueta abitudine, entrò nella sua tenda e si stese al suolo iniziando a pregare con lacrime. Cristo mostrò il suo mirabile potere a tutti quanti erano lì a osservare, perché la pioggia inzuppò tutti i campi dell'area, ma non una goccia cadde sul campo di Genoveffa, e su quanti vi lavoravano al raccolto.

 

Il clima tempestoso calmato

Avvenne quindi che, mentre una barca navigava sulla Senna, il clima, come spesso accade, cambiasse all'improvviso. Anche se era stato sereno, iniziò a svilupparsi una tempesta, e la piccola nave fu tanto sbattuta dal vento da essere quasi coperta dalle onde. Ma Genoveffa guardò al cielo, estese le mani e invocò l'aiuto del Signore. La tempesta si calmò in modo tanto istantaneo che tutti credettero che Cristo stesso fosse giunto a comandare ai venti e alle onde.

 

Riempimento miracoloso dell'olio

Genoveffa guariva sempre i malati ungendoli con olio benedetto. Un giorno desiderava ungere un uomo tormentato da un demone, ma l'ampolla dove teneva il suo olio benedetto le fu portata vuota. Allora la santa ancella di Dio Genoveffa fu terribilmente turbata, ed esitò, non sapendo che cosa fare, dato che il vescovo che benediceva per lei l'olio era assente. Così si prosternò a terra pregando che le fosse portato un aiuto dal cielo per liberare il sofferente. All'istante in cui si alzò dalla preghiera, l'ampolla nelle sue mani si colmò di olio. E così nella stessa ora due miracoli furono compiuti per opera di Cristo: l'olio che a lei mancava fu ricolmato mentre teneva l'ampolla vuota nelle mani, e il posseduto, unto con questo olio, fu liberato dal tormento del demone.

Diciotto anni dopo il suo riposo, quando vidi io stesso in quell'ampolla l'olio che si era moltiplicato con la sua preghiera, mi decisi a mettere per iscritto la sua vita.

 

Il suo riposo nel Signore

Per quanto riguarda il resto della sua vita, e la gloria del suo funerale, ho deciso di mantenere il silenzio per brevità. Genoveffa si addormentò nel Signore a età matura e avanzata, colma di virtù e di miracoli, e dopo avere dimorato per oltre otto decenni nel corpo in questo mondo, si dipartì verso il Signore, e fu sepolta in pace il terzo giorno delle none di gennaio.

 

L'uomo con un calcolo

Un certo uomo di nome Prudente ricevette aiuto e consolazione sulla tomba di Genoveffa, e penso che non sia sbagliato parlarne ai fedeli, per venerazione alla soglia del suo riposo. Egli era così ammalato per un calcolo renale che la sua famiglia disperava della sua vita; ma alla tomba di Genoveffa implorarono la guarigione della sua malattia con lamenti e pianti. In quello stesso giorno la pietra generata dalla sua infermità fu espulsa, ed egli non fu mai più colpito da un male simile.

 

La correzione di un goto che aveva fatto lavori manuali alla Domenica

Le mani di un certo goto che aveva lavorato nel giorno del Signore si erano inaridite. Ma una volta che egli ebbe pregato per la guarigione stando tutta la notte presso la tomba di Genoveffa, toccò l'edicola di legno che era stata eretta sulla sua tomba, ed avendo riavuto le mani integre, se ne andò in perfetta salute.

 

La sua basilica, terminata da Santa Clotilde

Anche Re Clodoveo di gloriosa memoria - che era davvero terribile in battaglia - a causa del suo amore per la santa vergine, perdonò più volte quanti aveva gettato in prigione. E a causa delle suppliche di Genoveffa, rilasciò anche dei colpevoli ben noti per i loro crimini. Inoltre, iniziò a costruire una basilica con la quale glorificarla: questa fu completata dopo la sua morte prematura dalla sua regina, Santa Clotilde, una donna davvero meravigliosa. Ha un triplo portico, oltre a uno per i Patriarchi e i Profeti e uno per i Martiri e i Confessori, con dipinti.

 

Invito

Così tutti noi che adoriamo il Padre, il Figlio e il Santo Spirito nell'essenza della natura divina, e che confessiamo l'unità nella Trinità, supplichiamo senza posa la fedelissima ancella di Dio, Genoveffa, di chiedere a Dio il perdono del male da noi fatto, cosicché una volta riconciliati con Dio possiamo dare vera gloria al nostro Signore Gesù Cristo, a cui si addice ogni gloria, onore e dominio e potenza, nei secoli dei secoli. Amen.

Qui termina la cronaca dell'uomo pio che fu contemporaneo della santa anziana Genoveffa. Ma se duemila anni di cristianesimo ci hanno insegnato qualcosa, ci hanno insegnato che il Santi di Dio e i fedeli cristiani, quando le loro anime sono portate via dal mondo, di fatto non sono morti, ma riposano nelle tombe in attesa della risurrezione. Le loro anime sono vive con Dio in cielo, rivestite di grazia, e non abbandonano l'attività spirituale solo perché il corpo è stato messo da parte. Le seguenti narrazioni di miracoli operati da Dio attraverso le preghiere della santa anziana Genoveffa dopo la sua dipartita sono state raccontate da un monaco di Parigi, che per desiderio di umiltà non mise il proprio nome per iscritto.

 

Miracoli compiuti da Santa Genoveffa dopo il suo riposo

Dopo il riposo nel Signore della beatissima vergine Genoveffa, fu accesa al suo sepolcro una lampada da vigilia, che traboccava di ruscelli d'olio come una fontana. E quando la lampada veniva accesa, una moltitudine di ammalati si allietava ritrovando la propria salute. Inoltre, il fuoco bruciava nella lampada anche dopo che l'olio si era consumato, tanto che la lampada fu cambiata in una fontana, e l'olio in una medicina. Di fatto guariva i corpi, ma ancora di più alleviava le anime, "una buona misura, pigiata, scossa e traboccante" di doni celesti (Lc 6,38)

 

L'uomo muto e cieco

Un uomo privo dell'abilità di usare la propria lingua e di vedere con i propri occhi fu condotto davanti al sepolcro della santa vergine per chiedere il dono dei suoi sensi. E all'ora della Santa Comunione, quando il clero cantava nell'officio: "Fa' splendere il tuo volto sui tuoi servi" egli vide e parlò. Così ella gli diede sia la voce che la vista, perché non accadesse che - con la sola voce - si lamentasse della privazione della vista, né - mancando di voce - fosse incapace di dire parole di ringraziamento per il ritorno della vista.

 

Il caso di Fulconio

A un certo Fulconio, muto dalla nascita, fu detto per rivelazione di partire dal paese di Pinciasensis e andare alla presenza della beata vergine Genoveffa, dove avrebbe avuto la parola che la natura gli aveva negato. In una domenica, pieno di fede, entrò nella basilica, e capitò nel momento in cui veniva letto il Vangelo della Messa, dove si diceva: "Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti" (Mc 7,37). L'uomo udì queste parole e credette, e all'istante la sua lingua si sciolse ed egli parlò, dando gloria a Dio.

 

Il ragazzo cieco

Allo stesso tempo una donna fu ammonita in una visione di portare suo figlio, che era cieco dalla nascita, alla casa della santa vergine. Nel giorno in cui arrivò, mentre si leggeva il Vangelo del miracolo del nostro Signore Gesù Cristo che apre gli occhi del cieco nato, gli occhi del figlio si aprirono all'istante. E in mezzo a tutti, egli fissò lo sguardo su un oggetto dopo l'altro, finché giunse a raccogliere la candela che sua madre aveva portato là e acceso per ringraziamento, com'è abitudine. Molto spesso una rivelazione divina precedeva i miracoli della santa, per far crescere la fede e la fiducia di coloro che credevano. Infatti "tutto è possibile per chi crede" (Mc 9,22).

 

Un'offerta di catene

Uno dei parigini, tormentato da un diavolo, fu portato per essere guarito da molti santi, ma non fu curato. Disperando della sua salvezza, lo legarono in catene e lo misero sotto guardia. Ma una notte il sonno prese i suoi guardiani, e l'indemoniato fuggì. E il Signore diresse i suoi passi sulla soglia della basilica di Santa Genoveffa. Ma poiché un essere maligno non poteva stare in sua presenza, il diavolo lo lasciò all'istante, soffrendo per il potere della santa. Il maligno infatti, che non era mai riuscito a prevalere su di lei durante la sua vita, non aveva successo neppure dopo la sua morte. Dopo un breve intervallo, le porte della chiesa si aprirono per l'officio della notte. Dopo avere esultato al sepolcro della vergine e dopo avere offerto là le catene con cui era stato legato, egli ritornò a casa sua e raccontò quali grandi cose il Signore aveva fatto per lui.

 

Miracolo sul tetto

Mentre alcuni operai si affaccendavano sul tetto del monastero, uno di loro, cadendo dalla cima della chiesa attraverso un'apertura, strinse le dita attorno a un perno di legno nascosto nel soffitto a pannelli, mentre il resto del suo corpo pendeva dall'alto. I fratelli, pregando per lui, si arrampicarono fino al luogo da dove pendeva, e prendendolo per le braccia lo portarono al sicuro. Una volta che fu tratto fuori pericolo, confessò che mentre era in bilico non aveva provato alcuna paura, ma aveva riposato tranquillo come in un sogno. E quindi il perno di legno, che non era certamente sufficiente a reggere il peso di un corpo umano, cadde a terra senza che nessuno lo toccasse, e si frantumò in pezzi, a testimonianza del miracolo.

 

La donna che lavorò in un giorno di festa

Accadde anche che nel giorno della Natività della beata Vergine Maria una certa donna della periferia di Parigi stesse filando la lana in disprezzo di una festa così grande. Rimproverata da una vicina perché mostrava una tale irriverenza, aggiunse iniquità a iniquità, dicendo: Forse Maria non era una donna, e non faceva anch'ella lavori manuali? Poiché aveva concluso il suo gesto malvagio con una parola malvagia, i pettini della lana si attaccarono indissolubilmente alle sue mani indegne, cosicché fino al riposo della santa vergine Genoveffa fu condannata a portare questo costante fardello, e gli strumenti con cui aveva perpetrato il suo peccato si tramutarono per lei in una punizione. Nella notte della suddetta festa solenne, questa povera donna giunse alla chiesa della santa vergine Genoveffa, e ai primi canti dell'officio del mattino il fardello le cadde dalle mani. Dovremmo perciò credere ai servitori che l'hanno accompagnata, e chiedere umilmente che i nostri fardelli umani siano alleggeriti, e di essere liberati dalle nostre colpe e dai peccati quotidiani, per la rettitudine e le preghiere di colei che ha dissolto il fardello della donna che si era rivolta a lei. Non solo gli uomini parlano di questo miracolo, ma perfino i pettini, appesi là sulla soglia, portano una silenziosa testimonianza.

 

L'inondazione della Senna

In una stagione invernale il fiume Senna era così gonfio di piogge incessanti e di tanta neve disciolta, che passò ben al di là dei propri argini, e inondò l'intera città di Parigi, scacciando la popolazione e il clero fuori dalle proprie case e dalle chiese. Il distinto vescovo della città, Ricaldo, temendo che il pericolo insorgesse a causa dei peccati della città, esortò il popolo a chiedere misericordia a Dio con digiuni, e ordinò ai presbiteri e agli altri ministri della chiesa di fare dei giri in barca con i libri sacri e i paramenti in ciascuna delle basiliche, nel caso che una di queste fosse risultata adatta a celebrarvi gli offici divini. Uno di questi uomini, di nome Riccardo, giunse in barca al monastero delle vergini dedicato a San Giovanni Battista, e costruito sulla proprietà, e attraverso i fondi, della beata Genoveffa. Fino a quel momento era stato custodito in quel monastero il letto sul quale la vergine stessa si era addormentata nel Signore. Ora sembrava che il letto fosse circondato dalle acque crescenti ma che non fosse bagnato, anche se le acque erano salite al livello delle finestre. Colui che lo vide ne portò notizia al vescovo, e i membri del clero e un gran numero di persone si recarono a vedere, rendendo grazie a Dio e alla sua vergine. E da quel momento la Senna rigonfia fu forzata a rientrare nei suoi argini, in sé un miracolo di Genoveffa. Nei tempi antichi Mosè divise il Mar Rosso quando Israele vi stava per passare, e dopo il suo passaggio il mare tornò al suo posto. La santa vergine Genoveffa non privò della virtù della sua presenza il letto sul quale si trasferì alla vita eterna, e questo fu visto contenere le acque. E fu cosa degna che dopo la morte il letto della vergine fosse preservato dalle acque, poiché su di esso ella "crocifisse la sua carne, con i suoi vizi e le sue concupiscenze" (Gal 5,24) e per molte notti cercò Colui per il quale la sua anima "era assetata come una terra senz'acqua" (Ps 124,6), finché bevve dalla fonte dalla quale "se qualcuno berrà, non avrà più sete" (cf. Gv 4,13)

 

Il criminale fuggito

Circa allo stesso tempo, era rinchiuso in prigione un certo ladro, insieme con altri che attendevano la loro punizione. E una sera egli ingannò le guardie della prigione ed escogitò un piano per scappare, rifugiandosi nella chiesa della beata Genoveffa. Ma dato che il cancello del monastero dalla parte della città era chiuso, egli andò attorno al cenobio finché raggiunse l'altro cancello, dove si trova la chiesa di San Michele, mentre il capo della guardia cittadina lo inseguiva. Uno dei soldati del capo, di nome Ratomus, disprezzò il potere della vergine con più audacia degli altri, e senza alcuna riverenza per il luogo santo, si gettò sul ladro. Mentre entrambe le comunità monastiche si avvicinavano, il ladro supplicò la santa madre Genoveffa, e il soldato (che stava per morire) schernì il ladro come se già lo avesse preso. E quando bestemmiò il nome della santa vergine accusandola di debolezza, e dicendo che non avrebbe potuto fare niente per il ladro, né liberarlo dalla sua presa, immediatamente sentì il potere della vergine, e cadde morto. Così gli altri ebbero riverenza e onore per Dio e per la sua ancella Genoveffa, e portarono il morto al di fuori della città, seppellendolo senza onore. Quanto è terribile questo luogo! Ella infatti punì il soldato blasfemo e soccorse il ladro che chiedeva il suo aiuto.

 

La sezione che segue è stata molto abbreviata prima dell'inclusione in questo testo.

 

I viaggi delle sue reliquie

Molti miracoli furono compiuti al tempo delle invasioni normanne. Il cenobio di santa Genoveffa fu bruciato, e il suo santo corpo fu portato al villaggio di Ategias. Una candela, che si era accesa miracolosamente, fu portata in processione davanti a monaci e fedeli. Ora, l'altare dove avrebbe dovuto essere composta, che era sormontato da un certo numero di reliquie e di croci, iniziò a tremare mentre la processione con il suo corpo si avvicinava. Ma quando entrò il corpo della santa, tutto ciò che tremava si calmò. Degna di riverenza e di acclamazione è questa vergine, alla quale anche gli oggetti insensati rendevano omaggio, e di fronte alla quale gli uomini stavano con timore e tremore. Quando il corpo della santa vergine fu quindi trasportato lungo la Senna a Draverna, molti dei malati a cui passava accanto ritrovarono improvvisamente la salute.

 

L'abate Erberto

Uscì quindi a incontrare il santo corpo l'abate Erberto, della nostra congregazione, per venerare la sua presenza e sentirsi più sicuro della sua protezione. Con una coscienza appesantita in diversi dettagli, osò prendere per sé, dal corpo della santa, un dente, con zelo di pietà, ma non secondo la conoscenza. Terrificato da varie visioni, e portato in punto di morte da vari gravosi mali, egli confessò di avere peccato, senza esserne cosciente. E come parte della sua penitenza incastonò quel dente in un grande cristallo, lo abbellì con una corona d'oro, e lo restituì al cenobio della santa vergine.

 

Le sue sacre reliquie ritornano

Una volta che i Normanni furono tornati al loro paese, riportammo la nostra signora al suo luogo santo, esultanti, mentre folle di persone viaggiavano assieme a noi. Sulla strada, la candela che ci precedeva si spense, ma mentre tutti i fratelli pregavano si riaccese da sola. E non la ponemmo nella cripta, dove era stata prima, ma sopra l'altare degli Apostoli, in un luogo preparato appositamente.

 

Guarigione e riafflizione

Che cosa mi resta da raccontare? Una donna adultera perse la parola, ma stando una settimana a fianco del sepolcro della beata, vomitò sangue mentre le campane del giorno del Signore iniziavano a suonare, e riebbe la voce. La domenica successiva questa donna se ne andò senza partecipare alla Messa e senza ricevere una benedizione, ma prima di essere giunta molto lontana, fu presa all'improvviso da dolori e le si irrigidirono le gambe. Riportata indietro al luogo santo, ricevette consigli spirituali da uomini buoni, e così alla fine fu riportata sia alla salute fisica che alla salvezza.

 

Olio dalla lampada

L'olio della lampada che ardeva sulla tomba della beata Genoveffa guarì due ciechi. Con questo olio fu guarita anche una donna cieca.

 

Seconda invasione normanna; l'uomo che lavorò di domenica

Durante la seconda invasione dei Normanni, avvennero molti miracoli, e ve ne racconterò pochi perché sono tanto numerosi, e indubbiamente molti altri di più avranno luogo in futuro. Un uomo di Rebarensis ebbe la presunzione di macinare frumento alla vigilia del giorno del Signore, e fu accecato. Prese quindi a percuotersi con i pugni e a sputare sangue. Per un anno intero cercò sollievo nei santuari dei santi, e giunse infine al luogo dove ancora accadono i miracoli di Genoveffa. Stando là in preghiera, assieme ai fratelli, fu guarito, ed elevò le mani al cielo in segno di ringraziamento, e tutto il luogo risuonò delle voci di quanti glorificavano Dio.

 

Vari miracoli

Una donna di nome Fulcora era paralizzata e prossima alla morte. Fu portata dalla santa vergine e, in modo non dissimile a una vera risurrezione, riebbe la sua forza, e ritornò sui propri piedi a casa sua, dando gloria a Dio e alla sua vergine. Una donna da Marisiacum era afflitta da lungo tempo da un demone, e fu condotta con le mani incatenate al santissimo corpo di Genoveffa. Per un certo tempo schiumò per il tormento del demone, ma dopo avere sputato sangue fu riportata in salute dal suo stato di possessione. Febbri e lebbre furono curate dall'olio della lampada della beata, e una fanciulla che aveva perso un occhio andò dalla santa vergine chiedendone la restituzione. Quando andò ad accendere una candela, come gli altri supplicanti, al momento stesso in cui l'accese riebbe la sua vista piena per opera del Padre delle luci, a cui offrì grandi ringraziamenti. Molti altri indemoniati furono liberati, i sordi riebbero l'udito, i ciechi la vista, i malati la salute, i paralitici la mobilità, e non racconterò le storie di tutti.

 

Guarigione incompleta

Una fanciulla che aveva perso l'uso di tutte le membra tranne le mani fu riportata in salute solo parzialmente. E il perché ricevette una guarigione incompleta lo lasciamo al giudizio di Colui che per mezzo delle infermità opera la nostra più completa salvezza, nascondendola in esse.

 

La gratitudine della donna paralizzata

Per cinque anni portammo in giro il corpo della beatissima Genoveffa, a causa delle incursioni dei Normanni, e molte volte vedemmo le meraviglie che Dio operava attraverso di lei. Un giorno giunsero al santuario della santa due giovani che portavano una donna paralizzata, i cui piedi da lungo tempo non riuscivano a essere separati dalle sue natiche. Distesa davanti al santo corpo della vergine da coloro che la portavano, ella fu riportata in breve tempo in piena salute, e camminando oltre le reliquie, chiese e ottenne questo compito dai fratelli: di poter spazzare con una scopa di saggina la casa della santa vergine.

 

Secondo ritorno delle sue sacre reliquie

Quando alla fine ritornammo sulla Senna al tempio della Santa Vergine, venne ad accoglierci una gran folla di clero, e di monaci, e di fedeli, con grande esultanza. E la moltitudine di monaci, con inni e cantici, ricevette la beata vergine nella propria casa, rallegrandosi del suo ritorno. E diedero gloria e onore al nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, che con il Padre e il Santissimo Spirito vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

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