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  Teodolinda, regina d'Italia

VI-VII secolo (festa: 22 gennaio)

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Icona della regina Teodolinda (opera di Iurie Braşoveanu, dicembre 2012)

La scritta sulla pergamena è l'inizio dell'abituale corrispondenza di papa Gregorio Magno; la croce in mano alla regina è il reliquiario della Santa Croce donato da papa Gregorio, mentre la sua corona è ancora oggi nota come "Corona di Teodolinda" (entrambi gli oggetti si trovano presso il tesoro del duomo di Monza); gli abiti regali sono basati su recenti ricostruzioni dei costumi regali longobardi, ricavate da reperti funerari.

 

Teodolinda o Teodelinda (nata presumibilmente a Ratisbona, intorno al 570, morta a Monza il 22 gennaio 627, secondo l'obituario Monzense del secolo XII-XIII) fu regina dei longobardi e regina d'Italia dal 589 al 616. Suo padre fu Garibaldo I, duca dei bavari, di stirpe franca; sua madre fu Valdrada, figlia di Vacone, re dei longobardi tra il 510 e il 540. La stirpe cui apparteneva la madre di Teodolinda era quella dei letingi, la fara longobarda regale più nobile, avvolta da una grande aura di rispetto e venerazione presso il popolo dei longobardi. Teodolinda aveva una sorella maggiore, il cui nome è ignoto, e che nel 576 sposò Ewin, duca di Trento, e un fratello, Gundoaldo.

Il ruolo di Teodolinda, in quanto principessa di stirpe regale, fu quello di ratificare per mezzo del proprio matrimonio i legami tra i regni di stirpe germanica. Poco prima del 585, la corte merovingia dei franchi cercò di attirare la Baviera nella propria sfera d'interesse combinando un matrimonio tra Teodolinda e re Childeberto II di Austrasia.

Dopo che i longobardi di Pannonia e Boemia si erano insediati in Italia nel 568, i merovingi cercarono di normalizzare le relazioni con Autari, re dei longobardi, anche in questo caso per mezzo di un matrimonio: quello di Autari con la sorella di Childeberto II. Entrambe le proposte di matrimonio furono rifiutate, e ne seguirono una nuova alleanza tra bavari e longobardi, e un conflitto di entrambi con i franchi. Teodolinda e Autari furono promessi in matrimonio nel 588. Temendo le conseguenze dell'alleanza, i franchi inviarono un esercito in Baviera. Teodolinda e suo fratello Gundoaldo, lasciando Castra Regina (Ratisbona, oggi Regensburg), centro del regno dei bavari, fuggirono in Italia.

Il 15 maggio 589, presso il campo di Sardi a Verona, Autari sposò Teodolinda e nominò il cognato Gundoaldo duca di Asti. Nel 590, i franchi invasero il regno dei longobardi in Italia con l'aiuto dell'impero, ma furono sconfitti. (Per chi fosse curioso sul ruolo di Costantinopoli a fianco dei franchi, giova ricordare che i regni dei franchi e dei bavari erano di fede nicena, mentre i longobardi erano ariani).

Re Autari morì il 5 settembre 590, dopo solo un anno di nozze con Teodolinda, che gli aveva dato una figlia, Gundeberga. I duchi longobardi chiesero a Teodolinda di risposarsi, ed ella scelse il cugino di Autari, Agilulfo, duca di Torino, della stirpe di Anawas. La prassi della trasmissione del potere per via femminile, attraverso il secondo matrimonio della regina vedova, era accolta dalla società longobarda, e Agilulfo fu accettato come nuovo re. Le nozze ebbero luogo a Lomello (PV) nello stesso autunno del 590. Teodolinda e Agilulfo riuscirono a negoziare con i franchi di re Childeberto una pace che durò per decenni. La capitale del regno dei longobardi fu trasferita da Pavia a Milano, con residenza estiva a Monza, dove furono costruiti un palazzo e una basilica dedicata a San Giovanni Battista. Fu qui che, come scrive Paolo Diacono nella Historia Langobardorum, l'erede al trono Adaloaldo venne battezzato nel 603 da Secondo di Non (o Secondo di Trento), abate benedettino consigliere della regina.

Sotto l'influenza di Teodolinda, re Agilulfo, pur non convertendosi apertamente per non indispettire i guerrieri longobardi in gran parte ariani, favorì la fede nicena (vale a dire, quella in cui si riconoscono tuttora cattolici e ortodossi), nella quale fece battezzare il figlio Adaloaldo. Agilulfo, che fece iscrivere sulla sua corona il titolo di Rex totius Italiae ("re di tutta l'Italia"), evidentemente si vedeva, assieme alla moglie alla quale doveva la regalità, a capo di un regno in cui i dominatori longobardi avrebbero gradualmente accettato il cristianesimo nella forma più profondamente radicata dell'ortodossia nicena. In diverse occasioni, il papa San Gregorio I (590-604, detto Gregorio Magno, o Gregorio il Dialogo) manifestò con doni e lettere la propria approvazione per il progetto politico di Teodolinda, mirante alla normalizzazione dei rapporti con la sede romana e alla conversione del popolo longobardo dall'eresia ariana al cattolicesimo.

Tra gli oggetti ancora esistenti inviati da papa Gregorio I a Teodolinda, ricordiamo la Teca persica, che racchiude un testo del Vangelo di Giovanni, e un encolpio (reliquiario) cruciforme contenente un frammento della Croce del Signore. Tra i doni di Teodolinda alla basilica di Monza, la celebre Corona Ferrea, così chiamata per la presenza di un frammento dei chiodi della crocifissione di Cristo.

Teodolinda è descritta come una donna di notevole bellezza e intelligenza, molto amata dal suo popolo, che guidò in anni prosperi e fruttuosi. Oltre al suo ruolo di grande mecenate a Monza, fondò molti edifici religiosi in Lombardia e in Toscana (tra cui il battistero del duomo di Firenze), e favorì la predicazione di San Colombano, ponendo le basi per la fondazione del monastero di Bobbio. A Torino, che era stata la sede del ducato retto da suo marito, proclamò ufficialmente patrono della città san Giovanni Battista (che era stato oggetto di particolare venerazione da parte di San Massimo di Torino). Dato che la maggioranza delle chiese da lei fondate, a partire dalla cattedrale di Monza, è dedicata a san Giovanni Battista, è altamente probabile che la nuova costruzione del duomo di Torino come chiesa di san Giovanni Battista sia dovuta alla stessa Teodolinda.

Per il possibile influsso di Teodolinda, furono inoltre restituiti beni alla Chiesa, reinsediati vescovi e avviati sforzi per comporre lo scisma tricapitolino che divideva il papa di Roma dal patriarca di Aquileia.

Agilulfo fu riconosciuto nel 605 dall'imperatore Focas, che gli cedette Orvieto e altre città, e regnò per oltre un quarto di secolo insolitamente pacifico. Fu il primo dei re longobardi d'Italia a morire di morte naturale, nel maggio del 616, e lasciò il titolo al figlio Adaloaldo, ancora minorenne, ma già associato al trono dal 604.

Teodolinda rimase accanto al figlio, come reggente, con il grande sostegno del duca Sundrarit, già comandante militare e uomo di fiducia di Agilulfo. Il suo appoggio alla Chiesa cattolica si intensificò, anche per l'influsso esercitato dal consigliere latino Pietro, subentrato a Secondo di Non. L'impero di Costantinopoli si trovava in quegli anni in gravi difficoltà a causa della contemporanea pressione di avari e persiani, e la diplomazia longobarda si impegnò nella ricerca di un accordo definitivo con l'imperatore. Lo scontento della maggior parte dei duchi longobardi si condensò intorno alla figura emergente di Arioaldo, nuovo duca di Torino e cognato di Adaloaldo (era marito di sua sorella Gundeberga). Nel 624, quando ormai Adaloaldo era maggiorenne ma non per questo Teodolinda aveva perso il suo influsso sulla politica, esplose il conflitto interno tra i ribelli e il re, sostenuto dal papa e dall'esarca di Ravenna. Infine Adaloaldo fu detronizzato, nel 626.

Teodolinda si ritirò a vita privata, morì un anno dopo e fu sepolta con tutti gli onori accanto al marito, nella basilica di San Giovanni a Monza; venerata dal popolo locale come santa, la sua figura, divenuta mitica, fu amatissima e divenne il fulcro di numerose leggende e storie popolari. Tuttavia, il suo culto (fissato con un giorno di festa il 22 gennaio) non fu mai confermato ufficialmente dalla Chiesa cattolica.

Teodolinda è la forma italianizzata del nome della sovrana che si è consolidata nella tradizione storica e letteraria del nostro paese. Deriva dall'antico germanico theud ("popolo") e lind ("tiglio", per traslato "scudo"), ossia "scudo, protezione del popolo". Ci sono diverse grafie nelle fonti medievali a lei coeve e successive. Nell'Evangeliario di Teodolinda, un prezioso manufatto della sua epoca, il nome è Theodelenda, sul suo sarcofago trecentesco c'è la forma Theodellende, mentre Paolo Diacono la chiama Theudelinda. In un antico papiro del Tesoro del Duomo di Monza, andato perduto ma risalente al 650 e più volte trascritto, la forma del suo nome è Theodelinda, la stessa usata da Papa Gregorio Magno nelle lettere alla sovrana, che si aprono con la dicitura: Gregorius Theodelindae Reginae. L'italianizzazione di quest'ultima forma è Teodelinda, da cui deriva la forma attuale - meno corretta - Teodolinda (il caso è analogo a quello di Teodorico il Grande, il cui nome italiano sarebbe più correttamente Teoderico).

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