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  "Possidenti" e "non possidenti": avere, o non avere?

della monaca Cornelia (Rees)

pravoslavie.ru, 26 gennaio 2012

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La fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo videro sorgere in Russia un conflitto che aveva alcuni paralleli con eventi e movimenti nel cristianesimo occidentale del tempo. Mentre l'inquisizione spagnola era in piena attività contro i convertiti insinceri al cristianesimo, e la dissoluzione delle proprietà dei monasteri stava uccidendo con successo il monachesimo cattolico in alcuni paesi del nord Europa, la domanda esistenziale di "avere o non avere" stava raggiungendo, come una scossa di assestamento, la vita religiosa relativamente protetta della Russia ortodossa. Chi poneva questa domanda nel regno della Rus' si trovava anche inevitabilmente a difendere le proprie opinioni sul problema dei cristiani insinceri e del loro ruolo nella politica.

Proprio come i francescani e più tardi gli ordini cistercensi nella Chiesa cattolica erano iniziati come reazione a un indebolimento della disciplina monastica e per un desiderio di semplicità evangelica, un certo numero di anziani monastici in Russia, soprattutto nel nord, sentiva fortemente che i monaci stanno molto meglio se non possiedono proprietà. La ricchezza è una tentazione per ogni cristiano, ma soprattutto per le persone che hanno fatto voto di povertà. Questo semplice principio del Vangelo è sempre tenuto vero, ma tale semplicità, allo stesso modo, ha sempre dimostrato di essere una vera e propria manna per coloro che non hanno fatto voto di povertà, e che hanno il potere di confiscare le proprietà di coloro che hanno fatto quel voto.

san Giuseppe di Volokolamsk

Le principali figure ecclesiastiche alle prese con questo problema nella Rus' erano san Nilo di Sora, il leader dei cosiddetti "non possidenti", e san Giuseppe di Volokolamsk, il leader dei "possidenti", chiamati anche "giuseppiti". Sarebbe sbagliato dire che l'uno o l'altro abbia avviato dei movimenti contrastanti. Entrambi piuttosto vivevano la propria vita monastica al meglio delle loro capacità, e in conformità con le specifiche esigenze delle rispettive comunità monastiche e delle comunità dei laici che le circondavano.

Entrambe queste scuole di pratica monastica ci portano indietro all'opera dell’"abate di tutta le Russia", san Sergio di Radonezh († 1392). Il monastero di san Sergio era cresciuto intorno a lui, grazie al suo duro lavoro e a una rigorosa disciplina monastica. Questa diligente fatica fisica e spirituale in condizioni severe fece avviare ai monaci un'economia monastica ben funzionante, al fine di provvedere ai bisogni di una grande fraternità. I monaci non possedevano alcuna proprietà individuale, ma il loro lavoro collettivo, insieme alla propria buona reputazione di san Sergio tra i laici, costruì le fondamenta di quella che oggi è la grande Lavra della santa Trinità e di san Sergio –un monastero incredibilmente caro ai cristiani ortodossi russi, e che prospera ancora oggi.

Nelle condizioni della Rus' di quel tempo, ai monasteri erano spesso concessi ampi territori agricoli, insieme con i contadini che vivevano su queste terre, in modo che i monasteri potessero essere autosufficienti. Come risultato, i monasteri vennero a possedere tante ricchezze da superare più volte ciò che era ragionevolmente necessario per vita dei monaci. Questo accadeva già ai tempi di san Savva di Storozhev e di san Cirillo del Lago Bianco, ma questi abati furono in grado di coniugare la propria santità personale con il successo economico dei loro monasteri. Questi amministratori economici capaci e forti organizzatori avevano i mezzi per sostenere gli strati poveri della popolazione, e apprezzavano molto queste possibilità. Nel frattempo, coloro che erano più inclini allo spirito di povertà di San Sergio guardavano con sgomento, e preferivano astenersi da qualsiasi proprietà, individuale o collettiva. Tra le due parti sorse un conflitto, che ebbe conseguenze di vasta portata per tutta la Chiesa russa.

"L'Illuminatore". Un dipinto di Saida Afonina (da Peremeny.ru)

San Giuseppe di Volokolamsk era il discepolo di un discepolo di san Sergio, san Pafnuzio di Borov († 1477). San Giuseppe era un abate austero e rigoroso, un guerriero per la Chiesa, il popolo ortodosso, e il paese. Era destinato ad agire in questo periodo complesso, in cui le fondamenta spirituali poste da san Sergio per la vita monastica cenobitica si erano indebolite. San Giuseppe si oppose a questa tendenza attraverso rigorosa disciplina e ordine. Il suo scritto principale, L'Illuminatore, è una testimonianza luminosa del suo amore di Dio e della sua purissima Madre, e del suo zelo per la fede ortodossa. Era un uomo di grande talento amministrativo, e allo stesso tempo un leader di un esercito monastico in una battaglia spirituale senza compromessi con il peccato. Questa battaglia non è per i deboli o i disorganizzati, ma per i risoluti e i coraggiosi; per coloro che sono pronti a dare tutto il loro tempo ed energie al lavoro e alla preghiera. L'esercito di Cristo deve essere disciplinato, preparato, decoroso, ben attrezzato e fornito di tutto il necessario. Dovrebbe essere, a suo parere, un sostegno affidabile e un protettore dei contadini in difficoltà, e fare tutto il possibile per rafforzare la sovranità del paese. [1]

il monastero di san Giuseppe di Volokolamsk oggi

Egli pensava che, per raggiungere tale fine, i monasteri devono essere forti e ricchi, che le loro terre devono essere vaste e in ottime condizioni, in modo che la popolazione sofferente trovi sempre in questi monasteri sia un sostegno spirituale sia un aiuto materiale. Per il loro lavoro tenace e sistematico nella creazione di monasteri ricchi e forti, san Giuseppe e i suoi seguaci hanno ricevuto il nome di "possidenti" (o più precisamente, "acquirenti"). Nella vita di san Giuseppe leggiamo, per esempio, che durante una carestia suo monastero nutrì settemila bisognosi. San Giuseppe amava la possibilità di alleviare le sofferenze dei poveri, e riteneva che Dio visitasse il suo monastero sotto le spoglie dei bisognosi. Egli rimproverava eventuali monaci che temevano per se stessi e che pensavano che il monastero avrebbe presto terminato ciò di cui aveva bisogno per sfamare i propri monaci. San Giuseppe fondò scuole per i bambini senza tetto, ospizi per anziani, rifugi e ospedali per i malati e i poveri. Era severo e autoritario con i proprietari terrieri secolari che non ha aiutavano i poveri durante una carestia che minacciava le loro stesse vite, ed esortava il principe a vivere secondo la volontà di Dio e ad avere in mente come prima cosa il bene di tutti i suoi sudditi, dal più piccolo al più grande. San Giuseppe e i suoi discepoli dunque guadagnarono rispetto e fiducia da parte di tutti i diversi livelli della società russa. Egli insegnava che il leader del paese commette un grave peccato se non pensa al bene della Chiesa e al benessere del popolo. [2]

San Nilo di Sora (1433-1508) – un monaco e asceta, istituì il modo di vita dello "skit" (eremitaggio); egli stesso era un asceta rigoroso e uno zelota dell'illuminazione ortodossa. La caduta della Bisanzio ortodossa nel 1453 sotto i turchi era stato un evento tragico, non solo per i greci, ma anche per i russi. San Nilo era andato al Monte Athos per abbeverarsi al suo autentico spirito monastico. Viaggiò anche a Costantinopoli, dove con dolore vide la mezzaluna musulmana sulla magnifica chiesa di Hagia Sophia. Questo lasciò su di lui una profonda impressione. Spostò per sempre i suoi pensieri lontano dalla grandezza mondana e dal potere politico che potenzialmente porta alla caduta di una grande civiltà cristiana. Quando tornò in Russia sostenne e rafforzò la scuola monastica della pietà, i cui rappresentanti erano chiamati "non-possidenti" (o non acquirenti). Li trovò più fedeli alla regola della povertà monastica, a servire il popolo lavorando su se stessi spiritualmente, tagliando le passioni dell'amore per il denaro e dell'ambizione mondana. I "non possidenti" lavoravano altrettanto duramente al loro servizio monastico come i seguaci di san Giuseppe, ma il loro lavoro era di qualità diversa. San Nilo aveva portato dal Monte Athos una dedicazione agli antichi scritti patristici e una sincera devozione agli istruttori e agli anziani spirituali. Il suo monastero praticava una vita esicasta di preghiera mentale e di vigilanza sui pensieri peccaminosi. San Nilo e i suoi discepoli videro che, senza neanche accorgersene essi stessi, alcuni "possidenti" avevano cominciato a vivere "non secondo la legge di Dio e la tradizione patristica, ma secondo la volontà e il ragionamento umano". Avevano iniziato a fare meno affidamento su Dio e di più sulla propria efficienza e fatiche (che in realtà erano impressionanti, e un esempio per i laici), e sulla loro capacità di organizzare tutto e tutti per bene. San Nilo stesso disse che "la lotta per l'acquisizione di villaggi e ricchezze è apostasia dai comandamenti di Cristo".

Al Concilio del 1503 a Mosca, san Nilo insistette sul fatto che i monasteri dovrebbero limitarsi alle proprie necessità e non acquisire vasti territori agricoli con villaggi e contadini. (Questo era il tempo della servitù della gleba in Russia, quando i contadini erano lavoratori non pagati attaccati alla terra.) L'esempio di san Sergio e molti altri antichi asceti russi era in favore di questo. I "non possidenti" apprezzavano molto l'educazione cristiana e conservavano la fedeltà all'antico patrimonio cristiano e bizantino e la spiritualità di san Sergio meglio dei giuseppiti. [3]

Così, in Russia si stavano formando due campi, uno più connesso con i potenti di questo mondo, pronto a influenzarli per il bene di una terra ortodossa, e l'altro più introspettivo, che diffidava dal possesso di qualsiasi proprietà – per non parlare dei contadini – in quanto incompatibili con il monachesimo, e che detestava essere coinvolto nella politica.

san Massimo il Greco, un non possidente. Fu imprigionato a Volokolamsk sotto il metropolita Daniil

Sostenne i non possidenti anche san Massimo il Greco (1480-1556), che era stato invitato a Mosca dal monastero di Vatopedi sul monte Athos per tradurre e correggere i testi ecclesiastici. Massimo il greco (nel mondo Mikhail Tivoulis) era un dotto monaco che aveva ricevuto la sua formazione da umanisti italiani, e aveva stretto amicizia con lo scolastico frate domenicano Girolamo Savonarola. Anche i domenicani, come i francescani, stavano provando in quel momento a riformare la Chiesa in Occidente con un ritorno alla povertà evangelica. Savonarola era un forte critico degli eccessi del clero del suo tempo, e alla fine fu messo a morte. Mikhail divenne un asceta sotto la sua influenza, poi lasciò l'Italia per Monte Athos, dove gli fu dato il nome monastico di Massimo. La formazione di Massimo lo fece naturalmente propendere verso la scuola di san Nilo. Egli subì anche persecuzioni per le sue convinzioni, e fu imprigionato nel monastero di Volokolamsk, dove tuttavia produsse fruttuosamente molti testi istruttivi.

Ma non abbiamo commenti da san Massimo o da san Nilo sulla tendenza che a quel tempo prendeva piede nell'Europa del Nord e in Inghilterra, di dissolvere del tutto i monasteri e confiscare i loro beni. Molte guerre erano combattute in Europa, e bisognava trovare fonti di reddito. Un articolo di Wikipedia sulla dissoluzione dei monasteri in Inghilterra e in Europa descrive come questo è accaduto:

Martin Lutero

Nel 1521, Martin Lutero aveva pubblicato 'De votis monasticis' ('Sui voti monastici'), un trattato che dichiarava che la vita monastica non aveva alcun fondamento scritturale, era inutile e anche attivamente immorale e che non era compatibile con il vero spirito del cristianesimo. Lutero dichiarò anche che i voti monastici erano senza senso e che nessuno doveva sentirsi vincolato da loro. Lutero, un tempo frate agostiniano, trovò un po' di conforto quando queste opinioni ebbero un effetto drammatico: una riunione straordinaria della provincia tedesca del suo ordine tenuta nello stesso anno accettò le sue opinioni e votò che d'ora in poi tutti i membri del clero regolare sarebbero stati liberi di rinunciare ai loro voti, dimettersi dai loro uffici e sposarsi. Al monastero d'origine di Lutero a Wittenberg tutti i frati, tranne uno, fecero così.

Non ci volle molto perché le notizie di questi eventi si diffondessero tra i governanti di mentalità protestante (e interessati alle acquisizioni) in tutta Europa, e alcuni, soprattutto in Scandinavia, agirono molto velocemente. In Svezia nel 1527 re Gustavo Vasa si assicurò un editto della dieta che gli permetteva di confiscare tutte le terre monastiche che riteneva necessarie per aumentare le entrate della corona, e a per forzare il ritorno delle proprietà donate ai monasteri ai discendenti di coloro che le avevano donate. In un colpo solo, Gustav guadagnò dei latifondi e una compagnia di irriducibili sostenitori. I monasteri e conventi svedesi furono contemporaneamente privati ​​dei loro mezzi di sussistenza, con il risultato che alcuni crollarono immediatamente, mentre altri sopravvissero per alcuni decenni prima che le persecuzioni e le ulteriori confische, alla fine, causarono la scomparsa di tutti entro il 1580. In Danimarca, re Federico I di Danimarca fece la sua acquisizione nel 1528, confiscando 15 delle case dei più ricchi monasteri e conventi. Ulteriori leggi sotto il suo successore dopo il 1530 vietarono i frati e costrinsero monaci e monache a trasferire i beni delle loro casate alla corona, che li passò ai propri sostenitori nobili, che ben presto si trovarono a godere i frutti delle ex terre monastiche. La vita monastica danese svanì in un modo identico a quella della Svezia.

Anche in Svizzera i monasteri furono minacciati. Nel 1523 il governo della città-stato di Zurigo fece pressioni sulle suore a lasciare i loro monasteri e a sposarsi, e l'anno successivo sciolse tutti i monasteri nel suo territorio, con il pretesto di usare i loro proventi per finanziare l'istruzione e aiutare i poveri. La città di Basilea seguì l'esempio nel 1529 e Ginevra adottò la stessa politica nel 1530. Nel 1530 si tentò anche di sciogliere la famosa abbazia di San Gallo, che era uno stato a sé stante del Sacro Romano Impero, ma questo fallì, e San Gallo è sopravvissuta.

Le rovine della chiesa abbaziale, abbazia di Rievaulx, Laskill, North Yorkshire, confiscata e chiusa sotto il re Enrico VIII d'Inghilterra. Foto: Wikipedia

Forse san Giuseppe e i suoi seguaci previdero un pericolo che poteva diffondersi anche in Russia, se non era fermato. E probabilmente fu per questo che il conflitto tra possidenti e non possidenti divenne rilevante nella lotta contro l'eresia nel regno settentrionale ancora relativamente isolato. Un discepolo di san Nilo, Vassian Kosoi, propose la confisca dei beni della Chiesa e la loro distribuzione al popolo, cosa che il principe Ivan III era incline a sostenere. I possidenti, con san Giuseppe di Volokolamsk alla loro testa, sostennero il principio dell'immunità delle proprietà della Chiesa e dei monasteri. Essi ritenevano che la pietà ecclesiale e la Tradizione dovevano avere il primo posto, e confermarono l'origine divina del potere principesco e la sua priorità nelle questioni laiche ed ecclesiastiche, cosa che alla fine assicurò loro la vittoria. I possidenti convinsero Ivan III a rifiutare il sostegno ai non possidenti come oppositori del rafforzamento delle autorità governative. Il Concilio del 1503 condannato i non possidenti e sostenne la conservazione delle proprietà terriere della Chiesa con la sottomissione della Chiesa stessa ai principi di Mosca. Ma non fu fino al Concilio del 1531 che i non-possidenti subirono la sconfitta finale. [4]

San Nilo di Sora e San Giuseppe di Volokolamsk vissero durante un periodo complicato in cui il settarismo eretico si fece strada in Russia. Ci fu un gran numero di bogomili, che seguivano una filosofia simile all'eresia manichea, portata da molto tempo nella Rus' dalla Bulgaria, anche prima dei tempi di Kiev. Si sa poco su di loro, tranne che nelle terre del nord trovarono in modo relativamente facile un linguaggio comune con gli sciamani pagani, si nascosero dagli ortodossi, predicarono il dualismo della luce e dell'oscurità, diedero l'illusione di essere severi monaci-asceti, si infiltrarono nei monasteri, e a volte si svilupparono perfino negli skoptsy (una setta che praticava l'auto-mutilazione e l'astinenza totale dal matrimonio). Crearono in realtà più problemi in Europa che in Russia. [5] Nel sud della Francia, la diffusione del catarismo, che aveva anch'esso le sue radici tra i bogomili, istigò l'uso dell'inquisizione come strumento per sradicare l'eresia. Come sappiamo, questo portò all'escalation dell'inquisizione spagnola, che portò la pratica ad un estremismo infame.

L'ascetismo interiorizzato dei non possidenti li poneva naturalmente contro a eventuali mezzi violenti di trattamento dei settari: essi favorivano l'educazione e l'illuminazione. Insistevano che gli eretici non devono essere torturati o giustiziati, ma piuttosto convinti dalla conoscenza e dall'esempio a venire alla vera fede. Ma quando l'eresia "giudaizzante" iniziò a penetrare alla corte del principe e minacciò di influenzare la politica, i seguaci di san Giuseppe presero un approccio più risoluto.

La Riforma protestante, con la sua vena anti-esicasta e anti-monastica avrebbe essenzialmente segnato sia i possidenti sia i non-possidenti se avesse messo radici in Russia. È possibile parlare con un eretico (o perseguitarlo) solo se questi ammette apertamente le sue convinzioni. Ma se è intenzionato a prendere il controllo di un paese ortodosso fingendo di essere ortodosso, diventa un fattore di rischio, una quinta colonna. Mentre l'inquisizione contro i "giudaizzanti" in Spagna si occupava di ebrei che si erano convertiti al cristianesimo non sinceramente, ma piuttosto con la coercizione, l'eresia "giudaizzante" in Russia aveva poco a che fare con i veri ebrei etnici.

Ebbe inizio a Novgorod, dove alcuni membri del clero erano caduti sotto l'influenza di un medico di nome Zaccaria e dei suoi seguaci, due membri della corte del principe lituano-russo Alessandro Olelkovina, che era arrivato dall'Occidente. Questi nuovi arrivi seguivano una forma modernizzata del giudaismo, ed erano altamente istruiti. Lusingata dalle attenzioni degli stranieri eruditi, e delusa dallo stato ignorante di gran parte del clero ortodosso russo di quel tempo, nacque a Novgorod una cospirazione disorganizzata, che, pur repressa dal principe Ivan III da Mosca, continuò ad agire per mezzo di intrighi fino a raggiungere il Cremlino. Alla fine due dei cospiratori furano in grado di guadagnare il favore del principe senza rivelare tutto il loro abbandono dell'Ortodossia; negavano infatti la divinità di Gesù Cristo, bestemmiavano il suo nome, deridevano la venerazione della madre di Dio, le pratiche spirituali cristiane, il monachesimo e le icone, e accusavano vescovi e monaci ortodossi di barbarie. Si unì a loro a Mosca il segretario del principe, Fjodor Kuritsyn, un ministro degli esteri che aveva portato indietro dall'Ungheria una dottrina che negava l'insegnamento ortodosso sulla Santa Trinità. [6]

L'arcivescovo Gennadij di Novgorod decise di fermare questi intrighi che sarebbero stati così dannosi per la nazione e la Chiesa se fosse stato consentito loro di diffondersi. Iniziò a inviare lettere ad altri vescovi avvertendoli del pericolo, e, infine, riuscì a convocare un concilio e far condannare i giudaizzanti di Novgorod. La Russia non seguì gli inquisitori spagnoli di quel tempo –gli eretici furono imprigionati e non giustiziati. Ma la diffusione dell'eresia alla corte del principe dimostrò di essere al di là delle forze dell'arcivescovo Gennadij. Il suo argomento principale era che si sarebbero dovute aprire a Mosca scuole per aumentare il livello d'istruzione dei fedeli, perché gli stranieri colti erano generalmente in grado di avere la meglio sui semplici fedeli ortodossi che seguivano principalmente il loro cuore, e, quindi, riuscivano a portare alcuni a dubitare. Ma l'arcivescovo Gennadij non ebbe successo in questo sforzo, a causa dell'inerzia politica.

San Giuseppe ritenne più prudente agire in modo meno diretto, usando la sua influenza presso la corte. Infine il metropolita Zosima di Mosca, che era in sintonia con i giudaizzanti, se non attivamente operante al loro fianco, fu catturato in stato di ubriachezza e sodomia. Questo fece vincere a san Giuseppe una vittoria contro questo ambizioso circolo eretico che avrebbe sicuramente scatenato persecuzioni contro gli ortodossi se il loro potere si fosse finalmente consolidato.

l'eremo di san Nilo di Sora – trasformato in un istituto psichiatrico dai comunisti

È chiaro che san Nilo di Sora e i non possidenti erano gli esempi più puri e cristallini di schiettezza evangelica, distacco monastico e povertà. Le diligenti fatiche di san Nilo nel campo della letteratura ortodossa erano necessarie e di valore duraturo. Ma è anche chiaro che san Nilo non sarebbe stato in grado di contrastare questa nuova tendenza a diffusione segreta dalla sua clausura di Sora nelle zone selvagge del nord. San Giuseppe era a Volokolamsk, che si trova non lontano da Mosca, ed era nella posizione giusta per giocare questo ruolo decisivo nella storia russa. Alcuni dicono che la concezione di San Giuseppe dell'autorità intoccabile dei principi può aver portato agli eccessi di Ivan il Terribile e alla sua "Oprichnina", ma questo è difficile se non impossibile da dimostrare. Ivan il Terribile era un uomo malato, e non è stato l'unico tiranno della storia, prima o dopo san Giuseppe di Volokolamsk.

Si noti che nessuna di queste idee portate al suo estremo sarebbe vantaggiosa. Da un lato, se i monaci dovessero abbandonare del tutto il loro voto di povertà, non sarebbero più monaci, e di conseguenza non porterebbero alcun beneficio alla Chiesa. Il metropolita Daniil, [7] un seguace di san Giuseppe, avrebbe poi perseguitato i monasteri dei non possidenti, arrivando perfino a confiscarli, un cambiamento piuttosto ironico considerando i loro estremi di mancanza di possesso. Tuttavia, con tutta l'attrattiva morale dei non possidenti si deve ammettere che, se la loro posizione fosse portata all'estremo, potrebbe minacciare il normale funzionamento dell'organismo ecclesiastico e civile in condizioni storiche reali. Le proprietà terriere permettevano ai monasteri di condurre ampie attività pastorali, caritative, e d'illuminazione, e avevano un influsso benefico sulla vita sociale. [8] Inoltre, l'acquisizione può essere una cosa santa – dipende dal tipo di acquisizione. San Serafino di Sarov, per esempio, era un diligente acquirente dello Spirito Santo, e migliaia di persone si sono salvate grazie a questo.

La Chiesa non ha risposto alla nostra domanda, e tuttavia si è pronunciata. Nilo di Sora, Massimo il Greco e Giuseppe di Volokolamsk sono stati tutti canonizzati come santi. Inoltre, entrambi i leader spirituali, san Giuseppe di Volokolamsk dei "possidenti", e san Nilo di Sora dei "non possidenti", hanno lasciato i loro lasciti spirituali, sociali, e monastici nella tradizione della Chiesa ortodossa russa. Anche i discepoli più noti di san Giuseppe sono stati canonizzati: san Macario, metropolita di Mosca, [9] e san Gurij, illuminatore di Kazan'. [10] San Nilo ha lasciato istruzioni al di là del tempo sul monachesimo ortodosso che sono ancora utilizzate come testi fondamentali. [11] Pertanto, la Chiesa ortodossa a quanto pare non ha scelto il movimento di uno dei santi al di sopra l'altro, e alcune fonti dimostrano che san Nilo e san Giuseppe si tenevano l'un l'altro nella più alta considerazione.

* * *

Il principio dei possidenti prevalse in Russia fino ai tempi dell'imperatrice Caterina la Grande, che regnò dal 1762 al 1796. Anche se l'imperatrice Caterina, di origine tedesca, aveva accettato l'Ortodossia, come richiesto, la sua mentalità per quanto riguarda i monasteri rimase decisamente occidentale e protestante, o più precisamente, irreligiosa. Sotto la sua guida, le terre della Chiesa furono confiscate, e il bilancio dei monasteri e dei vescovadi fu messo sotto il controllo governativo. Le dotazioni del governo sostituivano il reddito dalle terre utilizzate dai privati. Le dotazioni erano spesso molto minori rispetto alle entrate originarie. Furono chiusi 569 monasteri su 954 e solo 161 ottennero soldi dal governo. Solo 400.000 rubli furono rimborsati alla Chiesa. [12] Ma le sue politiche anti-monastiche non erano limitate alla ricchezza materiale – sotto Caterina, anche l'istruzione religiosa ortodossa soffrì molto. Entro il 1786 Caterina aveva escluso tutti i programmi di studi religiosi e clericali dall'educazione laica. Separando gli interessi pubblici da quelli della Chiesa, Caterina iniziò una secolarizzazione del funzionamento quotidiano della Russia. Trasformò il clero da un gruppo che esercitava un grande potere sul governo russo e sul suo popolo in una comunità segregata costretta a dipendere dallo stato per i risarcimenti. [13] Tali riforme laiche ebbero anche effetti di vasta portata, e condussero inesorabilmente alle persecuzioni più crudeli di tutti i tempi contro la Chiesa, la rivoluzione bolscevica e la sua ideologia dell'ateismo militante, perché l'interrelazione costruttiva tra clero e laici era stata minata.

Sotto i comunisti, non solo i monasteri, ma la religione in generale fu liquidata. Questa dura esperienza storica dimostrò diverse cose a proposito della nostra domanda, "avere, o non avere?"

A favore dei possidenti:

• Negli anni '30, il cuore della Russia e dell'Ucraino fu afflitto da una terribile carestia; molte prove dimostrano che fu indotta in modo artificiale dal governo sovietico per forzare la collettivizzazione. Le proprietà della Chiesa, tra cui i calici per la comunione e altri arredi sacri furono sequestrati con il pretesto di alleviare la carestia. La Chiesa era già attiva nell'assistenza caritativa, ma dar da mangiare alla gente non era quello che volevano le autorità. Avevano bisogno di vendere questi oggetti di valore sacro ad acquirenti occidentali per finanziare le politiche comuniste. Così, i soldi del governo ottenuti da beni liquidati della Chiesa raramente vanno ai poveri, e la Chiesa è un miglior distributore di questi beni rispetto allo Stato.

• La chiusura dei seminari collegati ai monasteri ha reso molto difficile fornire un'istruzione di qualità al clero.

• La mancanza di educazione religiosa non ha sradicato la religione, ma ha consentito la diffusione di movimenti religiosi anti-sociali – l'interesse per l'occulto è cresciuto in Unione Sovietica mentre la gente cercava qualcosa al di fuori del mondo materiale. Gli standard morali sono diminuiti nella società, e alcuni problemi che si sono sviluppati sotto il regime comunista non sono stati facili da risolvere, per usare un eufemismo.

• Una volta che il governo sovietico è caduto e la Chiesa è stata di nuovo libera, i credenti si sono precipitati a ricostruire ciò che avevano perso. Se non lo avessero perso, le loro risorse avrebbero potuto andare ad altre cause caritatevoli. Il fatto che la gente si sia precipitata a ricostruire, prima di tutto, le proprie amate chiese, può essere preso come prova delle parole di Cristo che le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa, che esiste sempre nei cuori dei fedeli.

A favore dei non possidenti:

• Se la Chiesa non avesse accumulato ricchezze, non ci sarebbe stata alcuna proprietà da confiscare, né scandalo per gli avari.

• La Chiesa perseguitata ha prodotto molti martiri, e ha separato il grano dal loglio.

Note

[1] L. Vasilenko, Storia della Chiesa ortodossa russa, "Possidenti e non possidenti", Mir Pravoslavie.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] Azbuka Khristianstvo, http://azbuka-hrist.narod.ru/new/s/styazhateli_i_nestyazhateli.html

[5] Storia della Chiesa ortodossa russa, ibid.

[6] Ibid.

[7] Il metropolita Daniil era stato un monaco del monastero di Volokolamsk. Era stato eletto abate dai fratelli di quel monastero, dopo il riposo di san Giuseppe, e poi nominato metropolita di Mosca. Il suo periodo come metropolita non è ricordato favorevolmente: fu visto come eccessivamente ambizioso e troppo veloce a copiare i metodi dell'inquisizione spagnola di trattare con gli avversari ideologici. Tuttavia se san Giuseppe poteva aver affrontato eretici, difficilmente avrebbe approvato la persecuzione dei monaci non possidenti. Il metropolita Daniil perse rapidamente popolarità dopo questa e altre decisioni politiche, e si ritirò nel monastero di Volokolamsk.

[8] Azbuka Khristianstvo, ibid.

[9] † 31 dicembre 1563. San Macario di Mosca ha presieduto un gran numero di decisioni importanti sulla pratica ecclesiastica russa, ed è autore di numerose opere importanti. Il Concilio dei Cento capitoli (Stoglav) fu convocato durante il suo periodo come metropolita. San Macario si schierò con i possidenti ai dibattiti del Concilio su questo argomento, ma era noto a tutti come grande asceta. È rimasto nella storia come padre spirituale di Ivan il Terribile, nei primi tempi pii di quest'ultimo. Si narra che san Macario previde la vittoria dello tsar Ivan Vasil'evich a Kazan', ma anche il terribile bagno di sangue che sarebbe sopraggiunto nel suo regno – l'oprichnina si formò dopo la morte di san Macario.

[10] † 4 dicembre 1563. San Gurij era un nobile da Radonezh, che divenne un monaco del monastero di Volokolamsk e finalmente ne fu fatto abate. Dopo il suo trasferimento al monastero Selizharov fu nominato arcivescovo della neo-costituita diocesi di Kazan'. Là, san Gurij fu molto attivo nella formazione di istituzioni educative cristiane. Elevò il livello spirituale degli ortodossi, e portò molti pagani alla fede. Riuscì anche a portare un gran numero di tatari musulmani locali volontariamente nella Chiesa ortodossa. Nel 1595, fu scoperto che le reliquie di san Gurij trasudavano miro, e molti miracoli furono compiuti da loro.

[11] Più in particolare la sua Regola delle vite negli eremi, che tra l'altro delinea la progressione del pensiero verso il peccato attuale, e le sue epistole.

[12] http://en.wikipedia.org/wiki/Catherine_the_Great#Russian_Orthodoxy

[13] Ibid.

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