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  La sinassi dei nuovi martiri di Butovo

di Maria Degtiareva

da Pravmir

12 maggio 2012

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La prima volta che mi sono trovata qui è stata quattro anni fa. Non sono venuta per conto mio, anche se avevo sentito parlare di questo posto più di una volta, vedendo anche alcune fotografie nei giornali, con la didascalia: il Patriarca Alessio serve al poligono di tiro accanto ai volti familiari di sacerdoti, rettori di chiese a Mosca.

Ma la mia impressione di allora era stata limitata ad alcuni frammenti di frasi: "Butovo, luogo di esecuzioni di massa", "posa della prima pietra", e qualcosa su una "croce commemorativa".

Sono stata portata a Butovo da una conoscente, una monaca di uno dei conventi di Mosca. Con lei, eravamo in dieci. Per matushka questo è un posto speciale: su questo pezzo di terra, in una delle fosse comuni, è sepolto suo padre. No, non era un prete. Era un normale impiegato. Gli capitò di essere tra quelli segnati sulla "lista nera"; fu arrestato e non uscì mai dal carcere. Solo molti anni dopo, quando gli archivi sono stati declassificati, il suo destino è stato chiarito e il suo luogo di esecuzione identificato. Tra i ricordi d'infanzia degli eventi che circondano questa esecuzione è rimasta una scena orribile: quando, dopo l'arresto del padre, la "macchina nera" [1] è venuta per il resto della famiglia, i vicini hanno violato la regola non scritta del silenzio facendo una scenata e impedendo di prenderli. In un primo momento erano andati a nascondersi, non avendo una casa propria. Grazie a questo, sono sopravvissuti. E ora stiamo andando a Butovo.

La "speciale zona protetta" di sei ettari

Avevo avuto l'impressione che fosse un posto molto lontano, ma l'intero viaggio dal centro di Mosca non ha preso più di un'ora. Per Mosca, non è affatto una grande distanza. È praticamente la porta accanto, in un bosco appena fuori dall'autostrada. Ora che la città è cresciuta, c'è un nuovo complesso residenziale, non lontano: case a schiera grigie in cui la vita va avanti come al solito, con i bambini che giocano nei cortili. Anche in passato, negli anni '30, vi era un insediamento di dacie non molto lontano. Le famiglie passavano qui le vacanze, andando a prendere il sole e a passeggiare nei boschi. Certo, si doveva camminare con attenzione e cautela, sapendo che era meglio non andare a piedi nei pressi della lunga recinzione di assi. Non perché il rumore delle armi da fuoco era assordante, ma perché il posto in sé emanava un odore pesante e ostile.

Ufficialmente, era noto che si facevano periodiche esercitazioni di armi leggere in questa zona appositamente protetta dell'NKVD - KGB, uno spazio di solo circa sei ettari. Tuttavia, era un posto strano. Negli anni '30, i residenti dell'insediamento di dacie vedevano, a intervalli di circa una volta ogni due giorni, un veicolo coperto abbastanza spazioso con la scritta "pane" avvicinarsi al poligono di tiro. La gente erano perplessa: perché portavano pane in grandi quantità a un impianto militare situato su un piccolo territorio? Verso la metà degli anni '30 questo posto aveva già acquisito una "reputazione" fermamente stabilita, sulla quale si taceva. Solo anni più tardi i vecchi proprietari delle dacie raccontarono come a uno dei vicini capitò di vedere gruppi di persone semi-svestite condotti di notte sotto scorta attraverso la foresta accanto al poligono – e quindi furono sparati dei colpi. Si è anche detto che anche diversi residenti dell'insediamento erano scomparsi, forse perché avevano assistito a qualcosa che non dovevano vedere.

Ora ecco quella stessa recinzione. Si differenziava da un recinto ordinario solo per diverse bande di filo spinato collocate sulla parte superiore. Varvara Vasilevna Chichagova-Chernaja – nota scienziata, accademica, e nipote dell'ormai glorificato metropolita Serafim (Chichagov) – vide proprio la stessa cosa nel 1994 [2].

Matushka Seraphima (Chichagova)

Le circostanze che la spinsero a venire furono queste: molti anni fa, nel 1937, quando era ancora una studente, una disgrazia avvenne nella sua famiglia: suo nonno, vladyka Serafim, fu arrestato mentre viveva da solo nella dacia di famiglia a Udelnaya. Le persone che lo portarono via erano nervose, così fecero tutto il possibile per non attirare l'attenzione degli estranei. Un'ambulanza arrivò a casa e, pochi minuti dopo, il malato ottantaduenne fu caricato su una barella e portato via, come se fosse stata una chiamata di routine. I tentativi di scoprire almeno qualcosa della sua sorte non portarono da nessuna parte: la stessa risposta attendeva in ogni ospedale e prigione di Mosca: "Chichagov non è elencato". La ricerca del nonno di Varvara Vasilevna fu rinviata per più di mezzo secolo.

Poi un giorno, quando era già diventata una scienziata di fama mondiale e direttrice di un importante istituto scientifico, il secondo giorno dopo la Natività, squillò il telefono nel suo appartamento. Le fu posta una domanda da una voce femminile sconosciuta:

"Sa dov'è sepolto suo nonno?"

"No, non lo so".

"A Butovo, nel poligono di tiro del KGB".

Il metropolita Serafim (Chichagov)

Si scoprì che ottenere l'accesso al poligono durante l'inverno era impossibile: era chiuso. Ciò nonostante, Varvara Vasilevna vi si recò subito alla ricerca. La prima volta non riuscì a entrare. Così rimase di fronte all'alta, impenetrabile recinzione con filo spinato...

"Il Golgota russo"

Grazie agli sforzi di un piccolo gruppo di persone con accesso ai materiali d'archivio, fu possibile ricostruire la storia di questo luogo. Queste persone erano incredibili: due donne che lavoravano con i documenti e pochi parenti delle vittime. Ksenia Fedorovna Ljubimova aveva compilato uno schedario delle persone uccise e sepolte nel poligono di Butovo. Finora, non tutti i materiali sono stati elaborati. La creazione dell'indice dei nomi ha richiesto tempo, pazienza, e, molto semplicemente, forza fisica. Va detto che la memoria delle donne che lavorano in queste questioni investigative è straordinaria. La scena che segue, per esempio, ha avuto luogo in nostra presenza: una donna di Mosca che era venuta a Butovo per la prima volta, finora non sapeva nulla della sorte di un suo parente e tirando a indovinare che potesse essere qui, timidamente diede il suo cognome e data di arresto. In risposta sentì, con voce ferma, il nome di battesimo, il patronimico e una conferma: "Sì, è uno dei nostri".

Fu rivelato gradualmente, strato dopo strato, cosa rappresentasse in realtà quest'area protetta per "scopi militari". Era in precedenza una tenuta della famiglia di mercanti e produttori Zimin, e un tempo aveva un parco ben curato e una scuderia, e furono volontariamente consegnata dai proprietari alle nuove autorità dopo la rivoluzione. Negli anni '20 fu trasformata in una colonia agricola della OGPU. [3] Ma all'inizio del 1934, cominciarono a essere portati qui con carretti i prigionieri dell'ex monastero di Santa Caterina, dove esisteva una prigione dal 1931. [4] La recinzione di filo spinato fece la sua prima apparizione. Furono messe sentinelle qua e là... E poi iniziarono a sparare, a volte per diverse ore alla volta. In un primo momento, i residenti delle dacie non attribuirono a questo alcun significato particolare: un poligono di tiro è un poligono di tiro. I sospetti sorsero più tardi, quando le persone che ritornavano alle loro case a tarda notte cominciarono a vedere le "auto nere", sotto forma di furgoni ben coperti. A volte ce n'erano diverse alla volta. Si udivano anche urla in lontananza. Ma i tempi erano tali che le persone avevano paura anche di condividere le loro ipotesi l'uno con l'altro.

Ormai è noto che l' ex zona speciale dell'NKVD-KGB a Butovo è la più grande fossa comune delle vittime della repressione politica nella zona di Mosca. Tra i giustiziati c'era un gran numero di sacerdoti, tra cui sei vescovi, così come anche monaci e semplici credenti, laici che aiutavano nelle chiese. Nell'arco di diversi anni, con decreti del Concilio e del Sinodo dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa, 230 di loro sono stati glorificati fra i santi.

Il picco delle esecuzioni ebbe luogo durante "l'era Ezhov". [5] In un anno, dal luglio 1937 fino all'agosto 1938 ci furono 20.765 esecuzioni sul poligono di tiro. Di questi, circa 1.000 (cifra basata su materiali investigativi) morirono in particolare per la propria fedeltà alla Chiesa e alla fede.

Ma sembra che ci siano stati problemi anche nella morte. Dopo tutto, il Signore stesso fu crocifisso in mezzo a ladri. Qui, nelle fosse comuni senza nome, si trovano i resti sia di santi sia di persecutori della fede, sia delle vittime sia dei loro carnefici – fianco a fianco, l'uno accanto all'altro. Questa è una cosa difficile da scrivere: quelli delle "brigate" dei carnefici compivano la loro missione mentre erano ubriachi di vodka, tanto orribile era il loro lavoro. E tra i compiti di alcuni di queste "brigate", come dicono, c'era la "liquidazione" dei loro predecessori. In tal modo, questo luogo, dove sono state uccise tante persone, fu coperto, nascosto in modo tale che nessuno ne sapesse di più.

Diversi anni fa, l'attuale rettore della chiesa dei Nuovi Martiri a Butovo, padre Kirill Kaleda (nipote dello ieromartire Vladimir Ambartsumov) [6] ha fatto un tentativo di scoprire un piccolo frammento di una fossa comune, utilizzando ogni misura cautelativa, con l'aiuto di antropologi esperti invitati per questo compito. Fu quindi chiaro che la ricerca di reliquie, della quale avevano avuto una piccola speranza, era impossibile. In un quadrato di dieci metri, furono scoperti quasi 150 resti umani. I morti giacevano su cinque strati – il che significa che morti e feriti cadevano su altri morti.

Con l'aiuto della fotografia aerea, è stata stabilita la topografia delle fosse: ce ne sono più di dieci. Ci sono enormi trincee, ampie 60-70 metri e di profonde 4-5 metri, a forma di "pi" e di "lambda". Sepolte in esse sono persone di sessanta nazionalità e di una vasta gamma di punti di vista socio- politici e culturali. Butovo è diventata una delle testimonianze più orribili dell'apostasia degli anni Venti e Trenta – e, contemporaneamente, uno dei simboli più significativi della fedeltà a Cristo.

Durante quel primo viaggio a Butovo, mi sorpresi a pensare che era terribile camminare su questa terra. Non vi è letteralmente spazio libero su di essa: l'intero posto è una "fossa comune". Quando non rimase più spazio nell'area recintata, le uccisioni di piccoli gruppi di detenuti si svolsero nei boschi vicini. Eppure, a prescindere dal torpore che qui mi ha preso in un primo momento – a causa della gravità eccezionale, l'enormità e la vicinanza di questa tragedia – è sorta a poco a poco una sensazione diversa. Non sono riuscita a ricordare esattamente dove e quando avevo avuto la stessa sensazione. Solo più tardi mi sono ricordata: era la stessa sensazione provata a Roma, sulla via Appia, nelle catacombe dei primi cristiani! [7] C'erano tombe con le reliquie dei martiri uccisi nel Colosseo, una moltitudine di donne e bambini sepolta - e poi, improvvisamente, in una delle grotte, sul muro, un dipinto: pavoni celesti e festosi disegnati con linee sottili, eleganti. Il simbolo di incorruttibilità nel cristianesimo primitivo, in colore rosso incredibilmente brillante, turchese e viola. La Pasqua eterna! Sì, Butovo è la nostra "via Appia", il nostro "Golgota". Era dicembre, e sulle fosse di sepoltura, come se fossero dipinti da un artista, vi erano rose cremisi, garofani e gigli peruviani sparsi ovunque. Le cime luminose delle candele che bruciavano qui scaldavano l'aria sopra l'erba, coperta da uno spesso strato di brina.

Più grande della morte

Ed ecco anche qui, i simboli pasquali di questo grande e santo luogo: l'alta, leggera croce memoriale coperta (opera dell'architetto D. M. Shakhovskoj, figlio del sacerdote ucciso Mikhail Shik), [8] per tutti coloro che sono uniti dalla sofferenza e dalla speranza nella risurrezione ; l'icona meravigliosamente viva dello ieromartire Serafim (Chichagov); e l'icona dei nuovi martiri e confessori della Russia. La chiesa è un simbolo, piccola e di legno, eretta proprio qui sul campo di tiro, sul sito della fucina dove si ritiene che abbiano avuto luogo le prime esecuzioni. È molto luminosa e calda all'interno. Vi si prega, specialmente nel giorno che commemora i santi di Butovo. Ci si sente come se fossero tutti qui, accanto a noi, con la piccola chiesetta che racchiude tutti.

Sull'iconostasi c'è una fila di icone che raffigurano i martiri di Butovo. Tra loro ci sono l'arcivescovo Dmitri (Dobroserdov) di Mozhaisk, l'arcivescovo Nikolaj (Dobronravov) di Vladimir e Suzdal, il vescovo Arkadij (Ostalskij) di Bezhetskij, il vescovo Iona (Lazarev) di Velizh, e il vescovo Nikita (Delektorskij) di Nizhnij Tagil. Qui ci sono tutti: archimandriti, abati, arcipreti, preti e parrocchiani.

Più tardi, quando sono venuta da sola, ho chiesto a padre Kirill la benedizione di fotografare la mia amata icona dello ieromartire Serafim (Chichagov). Ho voluto mostrarla ai miei parenti e conoscenti, parlando di Butovo a persone che ancora non sanno nulla o che non hanno potuto venire qui. Una donna che lavora nella chiesa accende la lampada a olio. Guardando con attenzione, vedo piccole goccioline sull'immagine. L'icona effonde miro. Questo accade prima dei giorni di festa e nel giorno della commemorazione di Vladyka Serafim. Con Dio non c'è morte per i santi; con lui sono tutti vivi!

La Chiesa celebra tradizionalmente il ricordo di tutta la Sinassi dei Nuovi Martiri di Butovo il quarto Sabato dopo la Pasqua. Per coloro che ci non sono ancora stati, posso desiderare solo una cosa: che vengano qui a pregare, a venerare le reliquie, e a chiedere perdono. Dopo tutto, la maggior parte di noi è cresciuta in un periodo in cui non si sapeva nulla di tutto questo. E ora, prima di correre in luoghi santi in terre lontane, potrebbe essere meglio e più utile iniziare con ciò che è proprio accanto a noi, ma che, a causa della nostra disattenzione, è finora stato chiuso ai nostri occhi. Oggi c'è una chiesa bianca di nuova costruzione sul complesso memoriale di Butovo. È grande. C'è spazio a sufficienza per tutti.

Note del traduttore:

[1] "Macchina nera" qui si traduce voronok (letteralmente, corvo), il nome popolare dato all'auto usata per il trasporto di prigionieri; questo nome era usato a causa del colore della vettura (nero) e perché il corvo è percepito come uccello del malaugurio.

[2] Varvara Vasilevna Chichagova-Chernaya (1914-1999). A seguito di una brillante carriera nella chimica, nel corso della quale ebbe alte onoreficenze dallo stato, pur non appartenendo al partito comunista, fu tonsurata monaca nel 1997 con il nome di Serafima presso il convento di Novodevichy a Mosca; poco dopo fu installata come badessa del convento stesso, che era stato appena restituito alla Chiesa. Era la nipote del metropolita Serafim (Chichagov) di Leningrado e Gdov, giustiziato a Butovo il 11 dicembre 1937, e successivamente glorificato come santo nel 1997.

[3] L'OGPU (Direzione politica congiunta di Stato sotto il Consiglio dei commissari del popolo dell'URSS) fu un corpo di polizia segreta formato dalla Ceka e in diversi momenti incorporato nell'NKVD, successivamente trasformato in KGB. Fu responsabile della creazione del sistema dei Gulag e divenne il braccio principale del governo per la persecuzione degli enti religiosi.

[4] Il monastero di Santa Caterina si trova appena fuori la città di Vidnoe (già Rastorguevo), a pochi chilometri a sud dei confini della città di Mosca. Fondato nel 1660, fu chiuso nel 1931. Dal 1938 al 1953 ha ospitato la prigione di Sukhanovo (una prigione politica dell'NKVD nota per il suo regime duro); in seguito è stato utilizzato come scuola di polizia. È stato riaperto come monastero nel 1991.

[5] Nikolaj Ivanovich Ezhov (1895-1940) è stato capo dell'NKVD di Stalin durante le grandi purghe (1937-1938). Durante il periodo di destalinizzazione il termine "era Ezhov" fu ​​usato per descrivere il suo regno.

[6] p. Vladimir Ambartsumovich Ambartsumov (1892-1937), nato da padre armeno e madre tedesca, convertito all'Ortodossia nel 1926 dopo molti anni di attività come missionario e predicatore protestante; fu ordinato sacerdote l'anno successivo. Fucilato a Butovo il 5 novembre 1937, è stato glorificato come santo nel 2000. Un gran numero di suoi discendenti ha intrapreso il sacerdozio o altri ruoli attivi all'interno della Chiesa (tra questi l'arciprete Alexander Iliashenko, fondatore e presidente del consiglio di redazione di Pravmir.ru, che è suo nipote).

[7] La via Appia era la strada principale a sud di Roma in epoca classica. Contiene diverse catacombe cristiane, in particolare quelle dei santi Callisto e Sebastiano.

[8] Padre Mikhail Shik (1887-1937) convertito dal giudaismo al cristianesimo ortodosso nel 1918 e più tardi ordinato sacerdote. Fu fucilato a Butovo lo stesso giorno di padre Vladimir Ambartsumov, con il quale aveva servito a Mosca, e insieme a decine di altri sacerdoti.

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