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  Vita del Padre nostro tra i Santi Nicola Arcivescovo di Mira in Licia il Taumaturgo (operatore di miracoli)

Festa: 6/19 dicembre

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Il nostro Padre tra i Santi e Taumaturgo Nicola (il nome greco "Nikolaos" significa "vincitore di popoli") nacque a Patara di Licia, nel paese dell'Anatolia. La data esatta della sua nascita non ci è nota. I suoi genitori, Teofane e Nonna, erano virtuosi cristiani, né poveri né ricchi, ma dotati di quanto bastava per sostenersi e anche per aiutare i poveri. La loro virtù era manifesta nella vita che vivevano, poiché come dice il Signore nel Santo Evangelo, "l'albero si riconosce dai suoi frutti" (Mt 12,33). Così, dopo la nascita del loro primo e unico figlio, essi vissero in perfetta continenza come fratello e sorella e dedicarono le loro vite unicamente alla coltivazione della virtù.

Il santo dimostrò fin dalla sua prima infanzia il desiderio di essere gradito a Dio; infatti come gli altri bambini succhiava il latte tutti i giorni della settimana, ma il mercoledì e il venerdì si nutriva solo una volta al giorno, dopo il tramonto, con stupore dei genitori, che si chiedevano che genere di asceta sarebbe diventato: avrebbe mantenuto questa abitudine per tutta la vita.

Quando fu abbastanza grande, i suoi genitori lo mandarono a scuola, dove imparò bene le sue lezioni. Ma sentiva una vera avversione per la compagnia degli altri bambini a causa della loro condotta scorretta e delle loro conversazioni sconvenienti. Amava solo andare in chiesa tutti i giorni e stare in compagnia di persone più anziane e più sagge, dalle quali ricevette proficui consigli spirituali. E così passava la maggior parte del tempo. Per questo tutti lo stimavano.

Quando raggiunse l'età opportuna, suo zio, il Vescovo Nicola, lo ritenne degno del sacerdozio a causa della sua prudenza. Il vescovo in seguito riferì che, mentre celebrava l'ordinazione, fu illuminato dallo Spirito santo riguardo al desiderio del nuovo prete di consolare gli afflitti e di condurre molte anime al Regno dei Cieli. In seguito fu dimostrata la verità di questa rivelazione.

Dal tempo in cui il santo fu ordinato prete, continuò a crescere in virtù e bontà attraverso veglie, digiuni, astinenza e preghiera per il popolo. Suo zio il Vescovo Nicola osservava tutto questo e si meravigliava dei grandi progressi da lui fatti nella virtù.

Il padre e la madre del santo morirono, lasciandogli una considerevole ricchezza che egli usò per nutrire gli affamati, vestire gli ignudi e prendersi cura di orfani e vedove. Non usò alcuna parte di quella ricchezza per sé, ricordando quanto dice il Profeta Davide: "Se le ricchezze abbondano, non vi attaccate il cuore" (Salmo 61:11). Il santo agì in questo modo e non si curò delle ricchezze periture, ma spese il proprio denaro per ottenere benefici imperituri ed eterni elargendo a molti in carità.

A quel tempo vi era in città un ricco che aveva tre figlie nubili molto belle. Essendosi molto impoverito, l'uomo decise per disperazione di far prostituire le sue figlie per avere abbastanza denaro da permettere a tutti e quattro di sopravvivere. Ma Iddio molto misericordioso, che conosce i segreti del cuore, volle liberare queste tre anime dal degrado, e allo stesso tempo mostrare la virtù nascosta del santo. Il giorno stesso in cui il padre stava per rivelare la sua intenzione alle figlie, anche San Nicola lo venne a sapere, e si apprestò all'istante a salvare le loro anime. Avvolte trecento monete d'oro in un fazzoletto, andò in segreto in quella stessa notte a gettarle attraverso una piccola finestra nella casa di quella famiglia impoverita. Se ne andò subito per non essere riconosciuto da nessuno, poiché temeva la lode degli uomini e desiderava compiacere Dio solo. In tal modo obbediva al Santo Evangelo, che dice: "Quando fai l'elemosina, che la tua mano sinistra non sappia ciò che fa la tua mano destra" (Mt 6:3). Ovvero, quando fai atti di carità, non permettere a nessuno di venirlo a sapere.

Il padre delle ragazze, alzatosi il mattino seguente, vide il fazzoletto. Lo svolse e vide le monete. Iniziò quindi a sfregarsi gli occhi per lo stupore, non riuscendo a credere a ciò che era accaduto. Quindi, contando le monete, si accorse che erano esattamente trecento. Esultò al pensiero del bene che gli era stato fatto e ringraziò Iddio, ma volle anche sapere chi era che lo aveva compiuto.

In quello stesso giorno, la sua figlia maggiore andò in sposa a un uomo ricco della città, ed egli sperò che il Signore, che aveva provveduto alla dote della prima figlia, avesse cura anche della dote delle altre due. Il santo, vendendo che il denaro aveva avuto un buon effetto e che le cose erano andate secondo la volontà di Dio, avvolse immediatamente altre trecento monete in un fazzoletto e le gettò attraverso la stessa finestra nella notte. Il padre, alzatosi al mattino, vide il secondo fazzoletto con altre trecento monete. Si meravigliò di questo evento e si chiese chi fosse a compiere questo generoso atto di carità. Perciò, chiese con sincerità a Dio di rivelargli il benefattore che aveva miracolosamente liberato lui e le sue figlie dalla mano del diavolo. Quindi procedette a far sposare anche la seconda figlia, confidando in Dio affinché colui che aveva provveduto alle prime due figlie provvedesse anche alla terza. E da quel momento pregò con la speranza di apprendere l'identità del suo benefattore.

San Nicola, vedendo che anche la seconda figlia si era sposata, volle completare l'opera buona che aveva iniziato. Avvolse dunque altre trecento monete in un fazzoletto e lo gettò per la stessa finestra nella notte. Ma il padre delle ragazze era sveglio, e udendo il rumore delle monete, aprì subito la porta e si affrettò incontro al santo, che corse via. Anche se entrambi si muovevano velocemente, l'uomo riuscì a raggiungere San Nicola e lo riconobbe, poiché era noto a tutti per la sua virtù e quella della sua famiglia. Cadde dunque ai piedi del santo e disse in lacrime: "Ti ringrazio, o servo di Dio, per avermi aiutato nella mia disgrazia, e per avere avuto misericordia di uno vile come me. Per favore, avvicinati, perché io possa venerarti, sia con l'anima che con il corpo". Il santo, vedendo che la sua virtù era stata scoperta, gli disse: "Non voglio che tu dica ad alcuno del bene che ti ho fatto, finché avrò vita. Di questo ti riterrò responsabile davanti a Dio."

Il giorno dopo il padre diede la terza figlia in sposa a un buon marito, e passò il resto della sua vita in pace, lodando Dio.

Dopo un po' di tempo, il Vescovo Nicola volle andare in pellegrinaggio a Gerusalemme, e lasciò il giovane Nicola a supplire ai doveri del suo episcopato, inclusa la supervisione del monastero che il vescovo aveva costruito, e che aveva chiamato Nuova Sion. E così il santo governò la diocesi e il monastero come se egli stesso fosse stato il vescovo.

Con il tempo, il santo stesso desiderò andare a Gerusalemme per venerare il Santo Sepolcro, e per trovare un luogo quieto dove poter vivere da monaco. Trovò una nave egiziana e vi si imbarcò assieme ad alcuni altri cristiani. Ma appena il diavolo, il nemico della verità, vide che tutti erano addormentati, tagliò le corde dell'albero maestro. Quando San Nicola si risvegliò al mattino, disse ai marinai: "Oggi incontreremo una terribile tempesta: ho visto in sogno che dovremo soffrire. Ma non abbiate paura. Confidate in Dio, ed Egli ci salverà dalla morte."

Mentre il santo stava dicendo queste stesse parole, un'ampia nube oscura apparve all'improvviso con un forte vento e il mare prese ad agitarsi. Il vento era così forte che tutti pensarono di essere sul punto di morire. Tutti pregarono in lacrime il santo di intercedere presso Dio per far fermare il vento. Appena il santo si mise a pregare, il vento si acquietò all'improvviso, il mare si calmò, e quanti erano sulla nave furono risparmiati. Tuttavia, durante la tempesta un marinaio era salito sull'albero maestro per riparare le corde della vela. Spaventato dalla forza della tempesta, si gettò giù, ma fu scagliato sul ponte della nave e fu ucciso. Il santo, vedendo che a bordo tutti gli altri erano stati risparmiati, ebbe compassione della morte del marinaio. Pregò il Signore, e il marinaio si risvegliò come da un sonno.

Quando la nave attraccò alla terraferma, i miracoli del santo furono raccontati in giro. Allora, persone afflitte da varie malattie andarono da lui in gran numero e furono guarite.

Entrato a Gerusalemme, egli visitò tutti i luoghi santi, incluso il Santo Sepolcro del nostro Signore, il Golgota e il luogo dove fu trovata la Santa Croce. Anche se desiderava rimanere là in solitudine e in silenzio, un Angelo di Dio venne da lui una notte e gli disse di ritornare nel proprio paese, cosa che si preparò a fare.

Andò al porto e chiese di una nave con cui salpare. I marinai di una nave gli dissero: "Andremo dovunque ci paghino per andare." Il santo disse: "Posso darvi il compenso per portarmi a Patara in Licia." Così il capitano e i marinai si prepararono rapidamente alla partenza. Vedendo che avevano il vento favorevole, issarono le vele e salparono. Tuttavia, i marinai disonesti si accinsero a tornare al proprio paese, e così invertirono la rotta. Ma questa non era la volontà di Dio, che creò una terribile tempesta, che spezzò il timone, e riempì i marinai di paura della morte. Con le sue preghiere, il santo fece calmare le turbolenze del mare. E quando il capitano e i marinai videro che si stavano avvicinando a Patara, caddero ai piedi del santo e implorarono il suo perdono. Il santo li ammonì di non fare mai più una cosa simile. Quindi li benedisse perché facessero un buon viaggio e tornassero salvi alle loro case.

In questo modo il santo tornò nella sua patria. Le parole non possono raccontare la grande gioia provata dai suoi compaesani nel vederlo di nuovo. Giovani e vecchi, uomini e donne, e persino i monaci del monastero che lo zio del Santo gli aveva affidato, uscirono tutti a incontrarlo. Egli li ricevette con la Parola di Dio, parlando loro del desiderio di salvezza dell'anima cristiana. Quando parlava al popolo in questo modo, tutti lo amavano, e vedendo la sua virtù, molti lo imitavano. Traendo beneficio dal suo insegnamento, si allontanavano dalle cose periture e desideravano il cielo.

Tanto grandi erano la virtù del santo e il suo legame con Dio, che egli non poteva nasconderli agli uomini, anche se fuggiva dalle lodi. Dio stesso lo rivelava per il beneficio di molte anime.

Vicino a Patara c'era una città chiamata Mira, dove il santo andò a vivere per un certo periodo, dietro ispirazione divina, e senza avere un luogo su cui posare il capo: non si recava in altri luoghi se non nella casa del Signore. Il vescovo Giovanni di Mira, che era arcivescovo di tutte le sedi episcopali della Licia, morì, e i cittadini cercavano qualcuno degno di essere eletto come suo successore. Quando i vescovi e gli altri membri del clero di Mira si riunirono per scegliere un nuovo vescovo, molti e differenti candidati furono presi in considerazione ed esaminati. Quindi uno dei vescovi si alzò e disse: "O membri del sacro e santo sinodo, ascoltatemi. Quanti abbiamo proposto per la carica di vescovo li consideriamo tutti buoni, ma preghiamo il Signore e chiediamogli di mostrarci colui che Egli stesso sceglierà." I vescovi, udendo queste parole, resero grazie e passarono quella notte in preghiera, chiedendo a Dio di mostrare loro chi era degno. Quindi un angelo del Signore apparve all'improvviso al presidente dei vescovi e disse: "Perché vi date tanti problemi? Il degno vescovo che cercate è molto vicino a voi. Alzati, vai alla chiesa, e là vedrai un saggio prete di nome Nicola. Farete vescovo lui, poiché è degno di governare il popolo secondo la volontà di Dio."

Dopo che il vescovo ebbe avuto questa visione, la riferì al resto dei vescovi, che resero grazie a Dio. Quindi entrò in chiesa e attese di vedere la persona di cui aveva parlato l'angelo. Mentre attendeva, vide San Nicola che veniva in chiesa a pregare. Comprendendo chi era, il vescovo chiese: "Figlio mio, qual'è il tuo nome?" E il santo replicò dolcemente: "Nicola, santo presule." Appena lo udì, il vescovo gli disse: "Seguimi." Prendendolo per mano, lo condusse presso gli altri vescovi e membri del clero. Quando lo videro, resero grazie a Dio per aver dato loro un tale pastore. In seguito, al momento della sua consacrazione, il vescovo disse al popolo: "Fratelli, ricevete il degno vescovo che vi è stato inviato da Dio." E così egli fu consacrato vescovo. Ma continuò a lavorare e sforzarsi, a tenere veglie e digiuni, a fare la carità e a faticare per il bene di tutti.

Il diavolo, invidioso di tutto ciò che è buono, non poteva sopportare di vedere i cristiani crescere in pietà e aumentare di numero. Perciò incitò gli Imperatori Diocleziano e Massimiano contro i cristiani. Questi due inviarono magistrati feroci e disumani che ovunque proclamarono che se i cristiani avessero rinnegato Cristo sarebbero stati tenuti in grande onore dagli imperatori, ma se avessero insistito a rimanere cristiani e si fossero rifiutati di adorare gli idoli, sarebbero stati puniti severamente e torturati. Così molti cristiani confessarono apertamente Cristo e morirono dopo terribili sofferenze, ma altri, ahimè, rinnegarono Cristo per paura, e sacrificarono agli idoli. Ma quanti avevano paura e non volevano rinnegare Cristo o sacrificare agli idoli, fuggirono sulle montagne e si nascosero nelle caverne.

Gli editti imperiali si estesero anche a Mira, alla diocesi di San Nicola. I magistrati arrestarono il santo, lo sottoposero a terribili torture, e lo imprigionarono con gli altri cristiani. Mentre era in prigione, il santo sopportò volontariamente tutte le sofferenze e passò molto del suo tempo a insegnare ai cristiani e a esortarli a rimanere saldi nella fede.

Quando gli imperatori morirono, il loro successore, Costantino il Grande, decretò che tutti i cristiani imprigionati fossero liberati. In questo modo San Nicola fu di nuovo reinsediato come vescovo e pastore di Mira. Incoraggiato dal decreto dell'imperatore, San Nicola andò in cerca degli altari degli dèi pagani nella sua diocesi e pregò davanti a loro. Per il potere delle sue preghiere quegli altari caddero a terra e si sgretolarono in polvere. Dovunque accadeva ciò, i demoni che fino a quel momento erano stati adorati là come dèi volavano via nell'aria urlando la loro miserabile sorte. Nella stessa Mira c'era un altare della dea Artemide che era molto più grande di tutti gli altri, sia in altezza che in larghezza. Volendo eliminare anche questo altare, egli andò là a pregare. L'altare e gli idoli caddero immediatamente a terra, e si udì un rumore simile al fruscio delle foglie in un forte vento d'autunno. I demoni che vi dimoravano volarono fuori, gridando al santo: "Ci hai scacciati. Noi non ti abbiamo offeso, ma tu ci hai scacciati dalla nostra casa. In questo luogo avevamo la nostra dimora, ingannando gli uomini che ci adoravano. Dove andremo ora?" Il santo disse loro: "Andate nelle tenebre esterne, assieme al diavolo e ai suoi angeli." In questo modo, tutti gli altari pagani di quest'area furono distrutti.

Durante il regno di Costantino il Grande, apparve ad Alessandria l'eretico Ario. In principio sembrava devoto, e San Pietro, martire e vescovo (300-301), lo ordinò diacono. Ma dopo essere stato ordinato, iniziò a dire che Cristo non è veramente Dio, bensì una creatura fatta da Dio. Quando il vescovo vide che bestemmiava, lo sospese dal diaconato. Dopo la morte di San Pietro, Achille (311-312) divenne Arcivescovo di Alessandria, fece tornare Ario alla fede ortodossa e lo ordinò arciprete ad Alessandria. Finché visse Achille, Ario rimase ortodosso, ma quando Achille morì e Sant'Alessandro (313-328) assunse il trono, Ario iniziò ancora una volta a bestemmiare. Vedendo che Ario non solo si rifiutava di ravvedersi, ma voleva anche attrarre altri nel suo inganno, il vescovo lo sospese e lo scomunicò. Ario, tuttavia, continuò a predicare la sua corrotta dottrina e a convertire altri, inclusi molti chierici e vescovi, alla sua vile eresia.

Quando Costantino il Grande vide la confusione nella Chiesa, mandò ovunque ordini che intimavano a tutti i vescovi e abati di radunarsi nella città di Nicea per dibattere con Ario e determinare se fosse colpevole di offesa e bestemmia. In risposta, 232 vescovi, e 86 preti, diaconi e monaci (un totale di 318) si riunirono nell'anno 325. Tra i grandi santi che presero parte a questo primo Concilio Ecumenico vi erano i seguenti: Silvestro, Papa di Roma; Metrofane, Patriarca di Costantinopoli; Alessandro, Patriarca di Alessandria, e il suo attendente Atanasio il Grande, che al tempo era ancora un diacono; Eustazio, Patriarca di Antiochia; Macario, Patriarca di Gerusalemme; Pafnuzio il Confessore; Spiridione, Vescovo di Trimitunte; e altri, tra i quali il grande taumaturgo Nicola. L'imperatore sedette sul suo trono circondato da 159 Padri che rappresentavano entrambe le parti. Ebbero luogo molte amare dispute con Ario.

Quando San Nicola vide che Ario era intento a zittire tutti i vescovi, fu colmato di santo zelo e diede ad Ario un tale schiaffo da farlo barcollare sui suoi piedi. Ario quindi si lamentò presso l'imperatore: "O giusto re, è legittimo colpire qualcuno alla presenza della tua maestà? Se costui ha qualcosa da dire, che parli come fa il resto dei Padri; se invece è ignorante, che mantenga il silenzio come fanno anche gli altri. Ma perché mi schiaffeggia in presenza della tua maestà?"

Udendo ciò, l'imperatore disse con tristezza ai vescovi: "La legge richiede che la mano di una persona che osa colpire qualcuno in presenza del re sia tagliata. Ma io lascerò alle vostre santità di formulare un giudizio su questo atto." I vescovi concordarono che San Nicola aveva agito in modo sbagliato, e chiesero a Costantino di espellerlo dal Sinodo e di metterlo in prigione, per ricevere una sentenza alla fine dei loro lavori. Il santo fu quindi rimproverato e imprigionato.

In quella notte, tuttavia, Cristo e la Deìpara apparvero a San Nicola in prigione e dissero: "Nicola, perché sei in prigione?" Il santo replicò: "Perché vi ho amati." Cristo gli disse dunque: "Prendi questo." E diede al santo un libro dei Vangeli, mentre la Deìpara gli donava un omoforio da vescovo.

Il giorno dopo alcuni conoscenti del santo andarono a portargli del pane. Vedendolo libero dalle catene, con l'omoforio sulle spalle e intento a leggere il libro dei Vangeli, gli chiesero dove li avesse presi. Egli raccontò loro tutto ciò che era accaduto. L'imperatore, apprese queste cose, lo rilasciò dalla prigione e gli chiese perdono. Gli altri vescovi fecero lo stesso. Alla conclusione del Concilio, tutti i vescovi, incluso San Nicola, fecero ritorno alle loro diocesi.

Vi fu un giorno una severa carestia in Licia, la peggiore che tutti si ricordassero, e Mira, la diocesi del santo, era in pericolo di rovina. Il santo, preoccupato per il suo gregge, si chiese cosa poteva fare. Allo stesso tempo, una nave stava portando un carico di frumento in Gallia. Durante la notte, San Nicola apparve al capitano di questa nave nel sonno, e disse: "Portate il frumento che state trasportando a Mira in Licia, e non in Gallia. Là c'è una terribile carestia, e lo venderete velocemente e a un prezzo molto alto. Ecco tre monete d'oro per te come acconto. Quando arriverete, riceverete il resto del denaro." Quando il capitano si svegliò al mattino, trovò le monete nella sua mano. Parlò all'equipaggio del suo sogno, e mostrò loro le monete. Quindi fece vela per Mira di Licia, poiché pensava che queste cose provenissero da Dio, e sperava di trarre profitto da questo viaggio. Arrivato a Mira, vendette il grano con grande profitto, e il popolo glorificò Dio, che si prende cura di quanti sperano in lui.

In Asia Minore c'era una regione chiamata Frigia Maggiore, e un'altra area chiamata Frigia Minore. In Frigia Maggiore viveva un popolo straniero chiamato Tefali. Questo popolo si ribellò e fondò un proprio regno, indipendente dall'impero di Costantino. Quando Costantino il Grande seppe della rivolta in Frigia, inviò tre generali e un esercito addestrato per riportare la pace nell'area. I generali da lui inviati erano Nepoziano, Urso ed Erpulione. Giunti per mare, arrivarono ad Andriaki, il porto di Mira. Il tempo era molto brutto, tuttavia, e così rimasero lì ad aspettare un clima favorevole. Il soldati dell'esercito andavano a Mira a comprare cibo, ma dato che erano abituati all'illegalità, creavano grande disturbo al mercato di Mira, saccheggiando ovunque andassero.

Quando il santo seppe del disturbo, andò al porto, trovò i tre generali e chiese: "Chi sono le vostre eccellenze?" I tre risposero umilmente: "Siamo servitori dell'imperatore e della tua santità, e stiamo procedendo su comando dell'imperatore per pacificare i Tefali in rivolta. Ma a causa del cattivo tempo, siamo stati obbligati a rimanere qui finché il tempo non migliorerà." Il santo replicò: "Dato che siete stati inviati dall'imperatore per pacificare popoli in rivolta, perché venite a causare disturbo a gente pacifica?" I generali, che erano cristiani e uomini buoni, furono sconvolti a udire queste cose e chiesero al santo: "Chi è, santo presule, che sta creando disturbo?" Il santo rispose: "Voi stessi. Dato che lasciate che i vostri soldati saccheggino un mercato pubblico, voi ne siete colpevoli." I generali andarono direttamente al mercato di Mira. Fecero percuotere alcuni soldati, ne rimproverarono altri, e così rettificarono la situazione. Quindi il santo ricevette i generali nella sua residenza. Li intrattenne, e diede loro consigli come un buon padre. Li benedisse e li accompagnò lietamente ad Andriaki, il porto di Mira, da dove i generali, assieme all'esercito, si prepararono a salire sulle navi e a salpare.

Mentre il santo ritornava in città, vide molti uomini e donne che gli correvano incontro e gli chiedevano di agire in fretta per liberare i loro parenti che il governatore del luogo, Eustazio, aveva condannato ingiustamente dopo essere stato corrotto dai loro nemici. Il santo, saputo di questo ingiusto verdetto, ritornò al porto e chiese ai generali di seguirlo. Iniziò quindi a correre verso il luogo dell'esecuzione per incontrare i prigionieri e liberarli dalla morte. Mentre correva, chiedeva a tutti coloro che vedeva se avevano visto i prigionieri.

Alla fine giunse, coperto di sudore, al luogo dell'esecuzione - proprio all'ultimo momento. Afferrò la spada sguainata nella mano del boia mentre stava per decapitare i condannati. Liberò pure le loro mani dalle catene. Così liberati, se ne andarono con lui, esultando e glorificando Dio e San Nicola.

Quando si sparse in città la voce di ciò che aveva fatto San Nicola, una moltitudine di persone si affrettò a incontrarlo. Venne anche Eustazio, a cavallo, affrettandosi per vedere cos'era accaduto. Quando San Nicola lo vide, lo rimproverò per aver emesso un verdetto ingiusto e per avere condannato uomini innocenti per intascare un compenso. Eustazio quindi confessò che i suoi due vicegovernatori, Simonide ed Eudossio, avevano testimoniato contro gli uomini, e per questa ragione egli aveva dato il verdetto. Quindi il santo si rivolse ai tre generali e chiese loro di informare l'imperatore dell'azione del governatore, perché anch'egli comprendesse che Eustazio era un giudice ingiusto. Udendo questo, Eustazio, terrificato, cadde ai piedi del santo, implorando il perdono e confessando che egli stesso aveva dato un verdetto ingiusto. Quindi il santo lo rialzò e gli espresse il suo affetto.

Dopo che i tre generali ebbero visto tutte queste cose, salirono sulla nave e salparono. Arrivati in Frigia, pacificarono i Tefali e fecero ritorno a Costantinopoli per fare i loro omaggi all'imperatore e per offrirgli il resoconto di ciò che avevano compiuto con i Tefali. L'imperatore li lodò, diede loro molti doni e concesse loro onori ancor più grandi.

I tre generali, Nepoziano, Urso ed Erpulione, divennero reggenti dell'Impero. Certi uomini, però, non sopportavano di vederli tanto onorati, e così andarono da un ministro dell'imperatore chiamato Ablavio e gli dissero: "Vedi cosa hanno fatto i tre generali? L'imperatore li ha inviati a pacificare i Tefali, ma la verità è che hanno cospirato con i Tefali per ribellarsi contro l'imperatore."

Udendo queste cose, Ablavio si mise a pensare come risolvere questa faccenda. I calunniatori videro che nulla si poteva ottenere senza denaro, così lo pagarono, ed egli imprigionò i tre generali senza che l'Imperatore Costantino lo sapesse. Così essi rimasero in prigione senza neppure saperne la causa. I loro invidiosi accusatori, per di più, avevano paura che le loro menzogne fossero scoperte da Ablavio e dall'imperatore. Così portarono ad Ablavio ancor più denaro e gli chiesero di ordinare l'esecuzione dei generali prima possibile, sotto il pretesto che stavano cospirando con i Tefali, che sarebbero venuti a liberarli. Quando Ablavio vide che era costretto perfino a far uccidere i generali, e temendo che gli venisse chiesto di restituire il denaro se non lo avesse fatto, si affrettò ad andare dall'imperatore e, fingendo di essere triste, gli disse: "Molti anni a te, maestà! I tre generali, Nepoziano, Urso ed Erpulione, che hai inviato a pacificare i Tefali, non hanno portato a termine il tuo ordine. Invece, sono passati dalla parte dei Tefali e hanno cospirato per ribellarsi contro la tua maestà. Perciò li ho fatti imprigionare. Ora la tua maestà, in quanto giudice, dovrebbe dare l'ordine della loro esecuzione, in modo che gli altri cospiratori possano vedere ciò che è successo loro, e possano correggersi." quando l'imperatore udì queste cose, pensò che Ablavio dicesse la verità, e ordinò di annunciare ai generali che sarebbero stati decapitati il giorno seguente. Ablavio scrisse quindi il verdetto e lo spedì alla prigione dove il decreto sarebbe stato proclamato. Dopo averlo ricevuto, il carceriere venne a dire ai prigionieri: "Domani sarete decapitati. Tutto ciò che volete disporre riguardo alle vostre famiglie e alle vostre proprietà, fatelo molto in fretta." Quando i generali udirono questo verdetto, restarono come paralizzati, non sapendo perché un simile giudizio fosse stato emesso contro di loro. Si dissero l'un l'altro: "Che cosa abbiamo fatto contro Dio e l'imperatore da essere condannati in questo modo? Che peccati abbiamo compiuto, per i quali vogliono ucciderci? Nepoziano disse: "Fratelli miei, siamo giunti a un punto in cui il potere umano non ci può più aiutare. Rammentatevi di ciò che è accaduto a Mira di Licia, quando il grande Nicola ha liberato i tre uomini da una morte ingiusta. Egli sa anche di noi, e sa che non abbiamo nessuno che ci aiuti. Preghiamo Dio e San Nicola. Forse il suo aiuto arriverà in tempo e salverà noi che siamo innocenti e non sappiamo neppure perché siamo condannati." Quando gli altri udirono questa proposta, pregarono insieme con lacrime, dicendo: "O Signore Iddio del nostro Padre Nicola, che ha salvato i tre uomini a Mira da una morte ingiusta, non dimenticarti di noi, che pure ci troviamo in pericolo di morte. Liberaci dalla mano del nostro nemico. Vieni in nostro aiuto, poiché domani dovremo morire."

Dio vide questa ingiustizia e desiderò glorificare il suo santo. Perciò, quella notte stessa, poco prima dell'alba, il grande Nicola apparve in sogno all'Imperatore Costantino e gli disse: "Maestà, alzati presto e libera i tre uomini che hai condannato a morte. Altrimenti, pregherò Dio di toglierti la vita." L'imperatore disse: "Chi sei tu che mi minacci, e com'è che sei in grado di venire a me in quest'ora?" Il santo replicò: "Io sono Nicola, vescovo di Mira, e Dio mi ha inviato a dirti di liberare i tre che sono stati condannati ingiustamente." Immediatamente, l'imperatore si svegliò.

Il santo apparve quindi ad Ablavio e gli disse: "Ablavio, tu hai accettato denaro per fare un torto a tre uomini che non sono colpevoli di alcun crimine. Alzati in fretta e liberali, perché se non lo fai, io pregherò Dio e tu perderai la vita." Ablavio chiese: "Chi sei tu?" E il santo rispose: "Io sono Nicola, servo di Dio e vescovo di Mira." Ablavio si svegliò immediatamente, e mentre stava considerando il significato della sua visione, arrivarono i servitori dell'Imperatore Costantino e gli dissero: "Affrettati, poiché l'imperatore sta chiedendo di te." Egli andò subito a presentarsi all'imperatore, che vedendolo iniziò a raccontargli della sua visione. Ablavio disse: "Maestà, anch'io ho visto lo stesso sogno nel mio sonno, e non sono in grado di spiegare che cosa significhi. Perciò portiamo qui i tre uomini e chiediamo loro spiegazioni a proposito."

Allora i tre generali furono condotti davanti a loro, e l'imperatore chiese: "Che magia avete fatto, per mandarci un sogno così terribile? Liberatecene, perché non ci avvenga di morire." Quando i tre generali lo udirono, iniziarono a piangere guardandosi l'un l'altro, e l'imperatore comprese dalle loro lacrime e dalla loro paura che erano incapaci di rispondere. Allora parlò loro con gentilezza e disse: "Rispondetemi, e non abbiate paura del vostro amico il re." Vedendo la sua gentilezza, essi risposero in lacrime: "Maestà, noi non conosciamo alcuna magia, né abbiamo mai pronunciato una parola aspra contro la tua maestà, e siamo pronti a giurarlo di fronte a Dio, che vede tutto e ne è testimone. Noi, Maestà, siamo stati educati dai nostri genitori a rispettare prima Dio e poi il Re. Perciò quando ci hai inviati in Frigia per risolvere il problema con i Tefali lo abbiamo fatto, e con l'aiuto di Dio abbiamo compiuto la tua volontà. Abbiamo sperato che tu ci onorassi - eppure non solo abbiamo ricevuto disgrazie al posto dell'onore, ma siamo pure stati condannati a morte."

L'imperatore, udendo queste cose, si tranquillizzò nel suo cuore e chiese loro: "Ditemi, vi siete forse appellati a un certo santo durante la notte?" Essi risposero dicendo: "Maestà, molti anni a te. Ci siamo appellati a Dio, piangendo e dicendo: 'O Signore, Signore Iddio del nostro Padre Nicola, per la cui intercessione tre uomini a Mira sono stati salvati da una morte ingiusta, libera anche noi da questi calunniatori.' "

Udendo il nome di Nicola, l'imperatore chiese: "Chi è questo Nicola, del quale parlate, dicendo che in qualche modo ha liberato tre uomini a Mira?"

Nepoziano rispose raccontando all'imperatore tutto ciò che essi avevano visto a Mira, e tutto quanto aveva fatto San Nicola. E concluse dicendo: "Tutte queste cose, maestà, le abbiamo viste con i nostri occhi. Ricordando il bene che il santo aveva fatto a quei tre, ci siamo appellati a Dio in lacrime per potere a nostra volta ricevere aiuto attraverso l'intercessione del santo."

Quando l'imperatore ebbe udito queste cose, pieno di contrizione disse ai tre: "Vi faccio grazia delle vostre vite. Sappiate che è per grazia di San Nicola che siete stati liberati dalla morte. Pertanto andate presto da lui e chiedetegli di tonsurarvi monaci. Fategli sapere che non c'è nulla da temere da parte mia." Dicendo queste cose, l'imperatore diede loro anche un libro dei Vangeli rilegato in oro, un incensiere d'oro incastonato di pietre preziose, e due grandi candelabri placcati d'oro da portare alla chiesa di San Nicola a Mira. I tre presero questi oggetti e partirono per Mira, dove divennero monaci. Diedero parte dei loro averi alla chiesa del santo, parte ai poveri, e parte ai loro parenti.

Un giorno alcuni marinai erano in pericolo di annegare in mare. Poiché avevano sentito parlare del santo, si appellarono a lui, dicendo: "O San Nicola, aiutaci ora, poiché stiamo per annegare." Immediatamente, il grande Nicola apparve sul ponte della nave, e prendendo il timone, iniziò a governarlo. Quindi disse ai marinai: "Non abbiate paura, poiché io sono con voi. Vi siete rivolti a me e io sono giunto ad aiutarvi." In seguito il vento divenne più mite, il mare si calmò, e il santo scomparve. Allora i marinai si dissero l'un l'altro: "Attracchiamo la nostra nave al porto di Mira, andiamo da San Nicola e ringraziamolo personalmente per il suo aiuto." Quando sbarcarono, chiesero dove si trovasse il vescovo, e fu loro detto che era appena andato in chiesa con i suoi preti. Si affrettarono a raggiungerlo e lo riconobbero immediatamente come la stessa persona che avevano visto in mare. Cadendo ai suoi piedi, gli dissero: "Ti ringraziamo, o servo di Dio, perché se non fossi accorso da noi in tempo, saremmo annegati in mare."

I marinai raccontarono quindi la loro storia al santo. Ma il santo, conoscendo ogni cosa per la grazia del santo Spirito che dimorava in lui, sapeva che i loro cuori non erano puri. E così iniziò a istruirli, dicendo: "Vi supplico, figli miei, esaminate le vostre volontà e i pensieri dei vostri cuori e delle vostre menti, e fatevi guidare dalla volontà di Dio. Infatti potete riuscire a ingannare gli uomini e apparire buoni, ma non è possibile nascondersi a Dio. Gli uomini vedono i vostri volti, ma Dio vede i vostri cuori. Le Scritture ci dicono di fare e di apprezzare il bene e di non corrompere i nostri corpi, poiché, come dice San Paolo: 'Voi siete il tempio di Dio, e se qualcuno contamina il tempio di Dio, Dio lo distruggerà' (1 Cor 3:16-17). Se ricordate questo e fate ciò che è bene, avrete sempre l'aiuto di Dio."

Dopo che il santo li ebbe istruiti in questo modo, li lasciò e ritornò alla sua residenza. E i marinai, beneficiando in qualche modo dei suoi insegnamenti e anche del suo aiuto in mare, lasciarono quel luogo, lodando Dio e ringraziando il santo.

Tale era la dignità e l'aspetto angelico del santo, che chiunque lo vedeva per la prima volta in una folla poteva riconoscerlo. Il suo volto brillava così intensamente e il suo portamento era tanto maestoso che tutti quanti lo vedevano erano immediatamente ricolmi di santa emozione e di fervore religioso. Se una persona infelice andava a raccontargli le sue disgrazie, egli sentiva la sua tristezza sollevata e il suo cuore pieno di gioia semplicemente alla sua vista.

Quando il Signore volle chiamare a Sé San Nicola, il santo lo pregò di inviare i suoi angeli ad accompagnarlo. E quando li vide arrivare, piegò il capo e recitò il Salmo, "In te, O Signore, affido la mia speranza." Quando giunse alle parole, "nelle tue mani rimetto il mio spirito," effuse l'anima al suono di una musica celeste. Questo ebbe luogo nell'anno del Signore 330.

Il santo lasciò sulla terra il suo corpo prezioso a beneficio degli uomini, ma la sua anima benedetta salì al cielo in mezzo all'esultanza e agli inni degli angeli. Gli orfani e i poveri piansero perché furono privati del loro padre e della loro guida. Gli abitanti di Mira e i forestieri si lamentarono per avere perso un simile pastore e maestro. Ma i santi angeli e arcangeli gioirono a ricevere tra loro un tale santo. I martiri gioirono a vedere un loro compagno di martirio. I retti esultarono al vedere uno di loro. In altre parole, tutti gli ordini dei Santi e dei giusti gioirono in quel giorno.

Il sesto giorno del mese di dicembre, il santo fu sepolto in una tomba di marmo nella cattedrale di Mira. Una fontana d'olio iniziò a fluire dal suo capo, e una fontana d'acqua dai suoi piedi. Un giorno quest'olio cessò di fluire quando il successore di San Nicola, un uomo eccellente, fu scacciato dalla sua sede da avversari invidiosi. Ma appena il vescovo fu reinsediato nella sua sede, l'olio fluì di nuovo.

A Mira fu costruita una grande chiesa in onore di San Nicola, e ogni anno vi giungevano persone da vicino e da lontano a offrire preghiere.

Un giorno alcuni cristiani stavano salendo su una nave diretta a Mira dove avrebbero venerato le sacre reliquie del santo. Il principale dei demoni che era stato scacciato da San Nicola fuori dall'altare della dea Artemide, desiderando fare qualche danno al santuario del santo, prese la forma di una povera vecchia che reggeva un'ampolla piena d'olio. Mentre i cristiani si stavano raggruppando per entrare nella nave, ella apparve e disse loro: "Dove andate, fratelli miei?" Essi replicarono: "A Mira di Licia, per venerare le sacre reliquie di San Nicola." Allora il demone travestito disse: "Vi supplico, fratelli miei, portate quest'ampolla d'olio alla chiesa del santo, perché arda in una lampada per i peccati della mia anima. Io non sono in grado di venire con voi perché il mare mi dà le vertigini. Perciò vi prego di portarla con voi, e che sia per il bene di tutti noi." I marinai, inconsapevoli del trucco del demone, presero l'ampolla d'olio e salparono come al solito, senza preoccupazioni.

Circa a mezzanotte, San Nicola apparve al capitano della nave e gli disse: "Quando giunge l'alba, getta in mare l'ampolla che vi ha dato quella povera donna, poiché è un trucco del diavolo per bruciare la mia chiesa. Se hai qualche esitazione a gettarla in mare, non avere paura. Io ti aiuterò, e non ne avrai alcun danno."

All'alba del mattino successivo, il capitano raccontò il suo dramma. Quindi, prendendo l'ampolla d'olio, la gettò in mare. Immediatamente, una grande fiamma scaturì dal mare accompagnata da ondate di fumo dall'acre odore di zolfo. Il mare salì e l'acqua si ammassò in ampie onde che sembravano voler travolgere la nave. A questa vista, i marinai non seppero che fare e caddero con la faccia a terra per la paura esclamando: "San Nicola, vieni presto in nostro soccorso!" Ben presto, la bufera si calmò e quanti erano a bordo della nave si ripresero dalla loro angoscia. Quindi esultarono e glorificarono Dio e il grande Nicola.

A Costantinopoli c'era un cristiano pio e fedele che aveva il più grande affetto per il nostro Santo Padre Nicola, e che a sua volta era da lui amato. Un giorno dovette viaggiare per affari necessari, e andò per prima cosa al tempio di San Nicola e pregò con tutto il suo cuore. Quindi salutò parenti e amici e salpò con una piccola nave. Circa all'ora nona della notte, i marinai si alzarono per ridurre le vele a causa di un cambiamento del vento, e anche l'uomo si alzò. Mentre i marinai riducevano le vele, rimase impigliato nelle corde, e perdendo completamente l'equilibrio, cadde in mare. I marinai, anche se videro quanto accadeva, non poterono fare nulla per ricuperarlo dal mare. Infatti, era completamente buio, e un vento improvviso sospinse la nave in avanti. Non poterono fare altro che lamentarsi e piangere l'amara morte dell'uomo.

Ora, colui che era caduto in mare andò verso il fondo, dato che era pesantemente vestito. Eppure si ricordò di San Nicola e gli gridò mentalmente una richiesta di aiuto. E in quello stesso istante fu trasportato alla sua casa. Nel suo panico non se ne accorse, e pensò di essere ancora sul fondo del mare. Così iniziò a chiamare ad alta voce: "San Nicola, aiutami!" Quanti erano in casa sua, udendo la sua voce, si svegliarono e portarono un lume. Anche i vicini udirono la sua voce dall'esterno e accorsero in casa. Alla fine l'uomo, vedendo che era davvero all'interno di casa sua, iniziò a piangere ancor di più, e una grande quantità di acqua marina uscì dai vestiti che indossava. Allora, tanto era stupito e sbigottito, fece silenzio, non sapendo cosa dire. Alla fine domandò: "Fratelli, che cos'è che ha avuto luogo? So molto bene che alle nove del mattino vi ho salutati e sono salito sulla nave, che grazie al vento favorevole ha fatto molta strada. Circa alla seconda o alla terza veglia della notte sono salito sul ponte, ho perso l'equilibrio e sono caduto in mare. No chiesto aiuto a San Nicola, e ora mi trovo qui. Non so come sia successo, e se voi lo capite vi supplico di dirmelo, perché sono sconvolto e mi sembra di impazzire."

I cristiani radunati, udendo queste cose e vedendo l'acqua di mare che colava dai vestiti dell'uomo, si rallegrarono per il salvataggio miracoloso della vita del loro fratello, e per molte ore versarono lacrime gridando: "Kyrie eleison."

Quell'uomo beato si cambiò quindi i vestiti bagnati e andò nel tempio di San Nicola a passare le restanti ore della notte, inchinandosi con lacrime all'icona del santo, pregando e ringraziando con meraviglia e con sorpresa.

Quando i fedeli giunsero come al solito nel tempio del santo per il mattutino, lo trovarono illuminato e sentirono il dolce e gradevole aroma dell'incenso che il cristiano salvato aveva portato al santo. Ne chiesero il significato, e appreso il miracolo, rimasero affascinati e glorificarono Dio e resero grazie al grande Vescovo Nicola.

Questo miracolo del santo fu reso noto al Patriarca di Costantinopoli, che invitò il cristiano salvato a un sinodo e gli chiese di narrare apertamente la sua esperienza di fronte a tutti. E tutti i presenti, udendo queste cose, esclamarono: "Grande sei Tu, o Signore, e mirabili sono le tue opere, e nessuna parola è sufficiente a cantare le tue meraviglie!" Proclamando ad alta voce l'accaduto a tutti, i cristiani si radunarono nel tempio di San Nicola, e recitando litanie e tenendo veglie, glorificarono e lodarono Iddio, dando un degno ringraziamento al suo fedele servitore, San Nicola.

Un uomo aveva preso in prestito del denaro da un ebreo, facendogli un giuramento sull'altare di San Nicola che lo avrebbe ripagato prima possibile. Dato che era in ritardo nei pagamenti, l'ebreo pretese indietro il suo denaro, ma l'uomo dichiarò di averlo restituito. Fu convocato davanti al giudice, che gli ordinò di giurare che aveva restituito il denaro. Nel frattempo, l'uomo aveva nascosto il denaro nell'interno di un bastone cavo, e prima di fare il giuramento, chiese all'ebreo di reggergli il bastone. A quel punto, giurò di avere restituito il denaro, e con gli interessi. Quindi riprese indietro il suo bastone, mentre l'ebreo rimaneva completamente inconsapevole del trucco. Ma sulla strada di casa il truffatore cadde addormentato sulla strada e fu travolto da un carro, che ruppe pure il bastone in cui era nascosto il denaro. Saputo dell'incidente, l'ebreo corse sul luogo. Anche se i presenti lo esortavano a riprendersi il suo denaro, egli disse che lo avrebbe fatto solo se, per grazia di San Nicola, il morto fosse ritornato alla vita. Disse inoltre che in tal caso avrebbe ricevuto il battesimo e si sarebbe convertito alla fede di Cristo. Immediatamente il morto tornò in vita, e l'ebreo fu battezzato.

Un altro ebreo, vedendo il potere miracoloso di San Nicola, mise un'icona del santo nella sua casa. Ogni volta che doveva lasciare la casa per una lunga assenza, diceva all'icona: "Nicola, ti affido la cura dei miei beni; ma se non li sorvegli per me come ti chiedo, mi vendicherò spezzando la tua icona." Ora, un giorno in cui l'ebreo era assente, giunsero i ladri e portarono via ogni cosa, lasciando solo l'icona. E quando l'ebreo vide che era stato derubato, disse all'icona: "Signor Nicola, non ti ho forse installato in casa mia per proteggere i miei beni? Perché non lo hai fatto? Ebbene, sarai punito tu al posto dei ladri! Farò a pezzi la tua icona. Questo almeno calmerà la mia ira!" E iniziò a percuotere con forza l'icona. A questo punto il santo apparve ai ladri, che stavano dividendo il bottino, e disse loro: "Guardate come sono stato picchiato al posto vostro! Il mio corpo è nero e blu. Presto! Andate a restituire quanto avete preso, o la collera di Dio cadrà su di voi, e sarete impiccato." I ladri risposero: "E chi sei tu, che ci dici tutto questo?" Egli replicò: "Sono Nicola, il servo di Cristo; e colui che mi ha fatto questo è l'ebreo che voi avete derubato." Terrificati, essi corsero alla casa dell'ebreo, gli raccontarono la loro visione, appresero da lui ciò che aveva fatto all'icona, gli restituirono tutti i suoi beni, e ritornarono sul sentiero della virtù; l'ebreo, da parte sua, si convertì alla fede cristiana.

Un uomo celebrava la festa di San Nicola ogni anno con grande solennità, a nome di suo figlio che era uno studente. Un giorno, nel mezzo della festa, il diavolo, sotto forma di un pellegrino, bussò alla porta e chiese l'elemosina. Il padre ordinò subito al figlio di portare aiuti al pellegrino; il giovane, non trovandolo alla porta, lo seguì fino a un crocevia dove il diavolo lo assalì e lo strangolò. Saputo ciò, il padre pianse; e riportando il corpo a casa e deponendolo sul letto, gridò: "San Nicola, è questa la mia ricompensa per gli onori che ti ho reso per così tanti anni?" All'istante il giovane, come se si stesse svegliando dal sonno, aprì gli occhi e si alzò in piedi.

Un nobile aveva pregato San Nicola di fargli avere un figlio, e gli aveva promesso in cambio che sarebbe andato con il figlio alla tomba del santo offrendogli una coppa d'oro. Ebbe un figlio, e ordinò la coppa. Ma questa gli piacque così tanto che la tenne per sé, e ne ordinò per il santo un'altra di pari valore. Quindi prese la nave con suo figlio per andare alla tomba del santo. Sulla strada, il padre chiese al figlio di andargli a prendere dell'acqua nella prima coppa, che era stata destinata a San Nicola. In un baleno il figlio cadde nel fiume e annegò. Ma il padre, nonostante il dolore, proseguì il cammino. Giunto alla chiesa di San Nicola, mise la seconda coppa sull'altare, e nello stesso istante una mano invisibile spinse indietro lui e la coppa e lo gettò a terra. Si rialzò, ritornò all'altare e di nuovo fu respinto. E quindi, con grande stupore di tutti, apparve il figlio che tutti credevano morto. In mano teneva la prima coppa; e raccontò come, nel momento in cui era caduto in acqua, San Nicola lo aveva raccolto e lo aveva mantenuto sano e salvo. A quel punto il padre, sopraffatto dalla gioia, diede le due coppe a San Nicola.

Un uomo ricco aveva avuto un figlio attraverso l'intercessione di San Nicola, e lo aveva chiamato Teodoro. Costruì inoltre nella sua casa una cappella in onore del santo, dove celebrava solennemente la sua festa ogni anno. Ma un giorno Teodoro fu catturato da una tribù di arabi, e fu condotto come schiavo al re della tribù. L'anno seguente, il giorno di San Nicola, mentre serviva il re con una coppa preziosa in mano, in ragazzo iniziò a piangere e a sospirare al pensiero dell'angoscia dei suoi genitori e alla gioia che aveva sempre provato alla festa di San Nicola. Il re gli fece confessare la ragione della sua tristezza, e avendolo ascoltato, disse: "Il tuo Nicola può provare quanto vuole, ma tu rimarrai mio schiavo." Ma in quello stesso istante, si alzò un potente vento, che abbatté il palazzo del re, prese il ragazzo assieme alla coppa, e lo portò sulla soglia della cappella dove i suoi genitori stavano celebrando la festa di San Nicola.

Nell'anno del nostro Signore 1087, i turchi distrussero la città di Mira. Quarantasette soldati della città di Bari, in Italia, passavano da quelle parti, e quattro monaci aprirono per loro la tomba di San Nicola. Essi rimossero le ossa, che erano immerse nell'olio, e le portarono a Bari.

Nel decimo secolo, un autore greco sconosciuto scrisse quanto segue: "L'Occidente come l'Oriente lo acclama e lo glorifica. Dovunque vi sia popolazione, in campagna e in città, nei villaggi, nelle isole, nei luoghi più remoti della terra il suo nome è riverito e si costruiscono chiese in suo onore. Le sue icone sono poste nei luoghi pubblici, si declamano e sue lodi e si celebrano le sue feste. Tutti i cristiani, giovani e vecchi, uomini e donne, ragazzi e ragazze, riveriscono la sua memoria e invocano la sua protezione. E i suoi favori, che non conoscono limiti di tempo, continuano di epoca in epoca e si effondono su tutta la terra. Gli sciti li conoscono, così come gli indiani e i barbari, gli africani come gli italiani."

È l'immagine di San Nicola più d'ogni altra ad apparire sui sigilli bizantini. Nel tardo Medioevo quasi quattrocento chiese erano dedicate in suo onore nella sola Inghilterra, e si dice che egli sia stato rappresentato da artisti cristiani più frequentemente di qualsiasi altro santo tranne nostra Signora.

San Nicola è venerato come santo patrono di diverse classi di persone, specialmente i marinai in Oriente e i bambini in Occidente. I marinai del mare Egeo e del mar Ionio, seguendo una comune usanza orientale, avevano la loro "stella di San Nicola" e si auguravano l'un l'altro buon viaggio con la frase, "Possa San Nicola reggere la barra del timone." La liberazione dei tre ufficiali imperiali ha fatto in modo che San Nicola fosse invocato a favore dei prigionieri, e nel Medio Evo sono stati registrati molti miracoli dovuti al suo intervento.

La più grande devozione al santo, tuttavia, non si trova né nel Mediterraneo orientale, né nell'Europa occidentale, per quanto sia grande in entrambi i casi, ma in Russia. Assieme a Sant'Andrea Apostolo, è il patrono della nazione. Così tanti pellegrini russi giungevano a Bari prima della rivoluzione, che il loro governo vi finanziò la costruzione di una chiesa, un ospedale e un ospizio. Egli è anche il santo patrono della Grecia, della Puglia, della Sicilia e della Lorena, e di molte città e diocesi e di innumerevoli chiese.

Questa versione della vita di San Nicola è stata fatta in adempimento di voti a lui fatti, che egli si è degnato di onorare con molti miracoli.

Fine, e Gloria a Dio

 

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