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  Come parlare ai bambini dei demoni, dell'inferno e della morte

della monaca Maddalena

dal blog Mystagogy

2 novembre 2015

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È un grave errore educativo parlare in dettaglio dei demoni ai bambini piccoli, perché se un bambino sente una volta come sono, è impossibile fermare la sua immaginazione.

Gli adulti possono essere avvertiti del pericolo che rischiano nel consentire a immagini di demoni di invadere la loro mente, ma un bambino, anche è avvertito, non può facilmente smettere di pensare a qualcosa che lo tormenta, e questo può portare a un pericoloso stato di mente o, almeno, a soffrire di incubi. Quando i bambini fanno domande sul diavolo o sull'esistenza di spiriti maligni, è preferibile non fare un'analisi approfondita, ma piuttosto dire che non si deve dare loro più attenzione di quella che hanno nei sogni, o qualcosa di simile. In generale dobbiamo rivolgere le menti dei bambini a Cristo, ai santi e agli angeli.

È meglio insegnare ai bambini la lotta cristiana senza riferimenti diretti alla battaglia contro i demoni. I bambini possono imparare con naturalezza a fare il segno della croce prima di addormentarsi (su se stessi e sul letto o sul cuscino) come una benedizione per la notte, a usare la preghiera di Gesù ("Signore Gesù Cristo, abbi misericordia di me"), o a parlare con il Signore e con i santi usando le loro parole, ogni volta che vogliono. Così, quando sperimentano una tentazione (per esempio, la paura degli incubi), useranno le armi giuste in modo completamente naturale. I bambini possono dormire con una corda da preghiera nella mano o sotto il cuscino e dire la preghiera di Gesù (anche solo alcune volte nelle loro preghiere quotidiane).

L'idea dell'inferno spaventa i bambini. Naturalmente spaventa anche noi, ma la nostra paura non è patologica, bensì nasce dal nostro amore per Dio e dal timore di allontanarci da lui. Ciò che abbiamo bisogno di coltivare nei bambini non è la paura dell'inferno, ma l'amore per Dio. I bambini possono prendere in seria considerazione il problema metafisico dell'amore di Dio. Quando si parla dell'inferno (non, ovviamente, ai bambini piccoli) dobbiamo sottolineare che l'inferno non è un luogo in cui Dio vuole mandare le persone cattive, piuttosto l'inferno è il dolore ci imponiamo, rifiutando l'amore di Dio. L'inferno è la visione della luce di Dio che brucia chi non diventa come lui. Oppure possiamo anche dire che se una persona malata si rifiuta di prendere le medicine prescritte da un medico, non dovrebbe incolpare il medico se rimane malata.

Come sempre, non esistono ricette, mi limito a fare alcuni esempi. Ci sono molti casi di adulti che hanno respinto il cristianesimo, perché hanno pensato che questo fosse il modo migliore per essere liberati dalla paura soffocante dell'inferno in cui sono stati allevati. Anche quando parliamo di azioni malvagie commesse dalle persone, è importante per il bambino avere la certezza che Cristo è sempre pronto a perdonare qualsiasi peccato.

Quando i bambini parlano del paradiso, spesso esprimono idee diverse di quello che vi si trova, idee che teologicamente potrebbero sembrare non corrette. Ma dobbiamo stare molto attenti a non distruggere il loro desiderio di andare in paradiso. Riuscite a immaginare un bambino che voglia andare in un posto dove non c'è cibo o giocattoli o i suoi animali preferiti? Dobbiamo dare l'impressione (e non una falsa impressione) che il cielo è incomparabilmente migliore di qualsiasi cosa si possa immaginare. Alcuni bambini, quando sentono questo, chiederanno spontaneamente: "Meglio della notte di Pasqua? Meglio del gelato? Meglio di quando mamma mi mette a dormire?" La Bibbia ci insegna che esiste un cibo celeste, una gioia celeste, etc.

Per quanto riguarda gli animali, i bambini vogliono sapere se il loro animale preferito avrà un posto in paradiso. Non c'è alcuna ragione per mettersi a fare discorsi teologici a un bambino, spiegando la differenza tra l'anima di un animale e l'anima di un essere umano. È meglio ricordargli che Dio si prende cura di ogni piccolo passerotto (Mt 10:29).

Quando parliamo teologicamente, non dovremmo mai distruggere un'idea che qualcuno ha dentro di sé, a meno di non sostituirla con un'idea più matura che non ecceda il livello della comprensione del nostro interlocutore. Nel Gerontikon (Detti dei Padri del Deserto) c'è la storia di un monaco che era un antropomorfita (interpretava letteralmente le espressioni bibliche delle mani di Dio, degli occhi di Dio, ecc). I monaci ortodossi lo corressero. Ma fu visitato da un altro monaco che lo ha trovò in lacrime. Il visitatore gli chiese: "Perché piangi, padre? Non sei contento di essere tornato alla fede corretta?" Il monaco rispose: "Piango perché hanno portato via il mio Dio, e ora non so chi adorare".

Non vogliamo che i nostri figli abbiano paura della morte. Dobbiamo parlarne come di una parte della nostra vita – la soglia di una vita celeste, un trampolino di lancio per la nostra vita eterna con Cristo, i santi e gli angeli. A volte ci sono bambini che vogliono così tanto andare in paradiso, che esprimono il desiderio di morire o addirittura di porre fine alla propria vita. Non dobbiamo mettere in questi bambini una paura morbosa della morte, al fine di mitigare questo desiderio, ma dovremmo spiegare che la morte è solo una benedizione se usciamo da questo mondo al momento in cui Dio ci chiama, perché solo lui sa quando siamo pronti. Noi non andremo in paradiso se prima lui non ci manda il biglietto. Non ci sono ricette per che cosa dovremmo dire a ogni singolo bambino, ma dobbiamo cercare di adattare la nostra risposta a ogni singolo caso. Questo è un problema che trova spesso i genitori impreparati. È deplorevole che i bambini sentano parlare di suicidio, ma è una realtà che i catechisti cristiani devono affrontare.

Le domande su inferno e paradiso, male e bene, demoni, morte, suicidio, ecc., si presenteranno molte volte durante l'infanzia. Le nostre risposte a queste domande (così come alla domanda di come nascono i bambini) devono essere proporzionate al livello di sviluppo del bambino. Non rispondiamo a un bambino di cinque anni nello stesso modo in cui risponderemmo a un bambino di dieci anni, anche se entrambi fanno la stessa domanda.

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