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  La comunione senza confessione: intervista al metropolita Kallistos (Ware)

Parlons d'Orthodoxie

6 maggio 2017

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Vi invitiamo a scoprire l'attività pastorale di mons. Kallistos, metropolita della Chiesa di Costantinopoli e professore a Oxford. Quest'intervista tratta uno dei problemi attuali, quello della preparazione alla comunione e la sua relazione con la confessione, e mette in luce le differenze tra le pratiche greca e russa.

Nel 2012, a Mosca si è tenuta una conferenza pastorale del tipo di una tavola rotonda in cui sono stati trattati i temi del digiuno, del ciclo di preghiere e della confessione prima della comunione. Nella Chiesa ortodossa russa si è instaurata la tradizione di prepararsi per la comunione con un digiuno di tre giorni, con la lettura di tre canoni e del ciclo di preghiere di preparazione alla comunione, e con la confessione.

Pensa che si possa ridurre questa preparazione alla comunione?

Dobbiamo prendere in considerazione le tradizioni di ogni Chiesa locale, e non modificare i requisiti avventatamente. La domanda che sollevate è importante, soprattutto per noi che viviamo in Occidente, dove gli ortodossi greci vivono accanto agli ortodossi russi, e, talvolta, nella stessa parrocchia, come è il caso, per esempio, a Oxford.

Personalmente sono a favore della comunione frequente. Frequente, ma senza leggerezza o disinvoltura, deve sempre essere accuratamente preparata. Ma quale dovrebbe essere la preparazione adeguata?

In primo luogo, per quanto riguarda la confessione. Nell'attuale tradizione bizantina e greca non si è mai chiesto che i cristiani si confessino prima di ogni comunione. La confessione e la comunione sono considerati sacramenti indipendenti. Non sono a conoscenza di istanze in cui i Concili ecumenici abbiano adottato canoni sulla confessione obbligatoria prima della comunione.

Questa è diventata un'abitudine nelle chiese romene e slave. Io preferisco la pratica greca: ogni cristiano deve confessarsi regolarmente, ma non necessariamente ogni volta che si comunica. A Oxford questa è la pratica dei greci e dei russi. Mi augurerei che la confessione sia considerata un sacramento autonomo, non una parte della preparazione per la comunione. Capisco le sfide pastorali in Russia, dove molte persone vogliono comunicarsi e dove i sacerdoti non hanno il tempo di ascoltare tutte le confessioni. Penso che sarebbe meglio non confessarsi così spesso e che la confessione fosse in realtà un serio sacramento, in cui il penitente avesse davvero il tempo di aprire il suo cuore e il prete il tempo di seguire il processo, cosa che è impossibile con una coda di centinaia di persone che aspettano il loro turno.

Ma allora sorge la domanda, come posso prepararmi per la santa comunione se dalla mia ultima confessione ho commesso peccati? Anche se non hanno la gravità di un omicidio o di un adulterio, sono piccoli peccati di tutti i giorni, e sono comunque peccati.

Lei ha perfettamente ragione: siamo tutti peccatori, commettiamo peccati ogni giorno, ogni ora. Ma dobbiamo distinguere chiaramente i peccati gravi, che devono necessariamente essere confessati, da quelli meno gravi. Naturalmente, una tale distinzione non ha alcun fondamento, davanti a Dio ogni peccato è grave, ma comunque dobbiamo fare questa distinzione. Se qualcuno ha commesso un adulterio, deve obbligatoriamente confessarlo e certamente fare penitenza. D'altra parte, se abbiamo peccato in pensieri, questo non può essere un ostacolo alla comunione. Se abbiamo litigato pesantemente con un amico, dobbiamo pentirci prima della comunione. Ma se la lite è stata momentanea e ci siamo riconciliati, possiamo, mi sembra, comunicarci senza confessarci.

Torniamo, se lo desidera, al digiuno di preparazione alla comunione?

Il digiuno preparatorio di tre giorni o di una settimana è anch'esso un'abitudine locale russa. I canoni conciliari menzionano i digiuni del mercoledì e del venerdì e i quattro periodi di digiuno che segnano l'anno. Ma non c'è nulla in questi canoni sulla necessità di digiunare per tre giorni o una settimana prima della comunione.

Credo che nelle chiese dove la comunione è infrequente sarebbe sbagliato cambiare le abitudini e pretendere che i credenti ricevano la comunione ogni domenica. Ma mi sembra che anche comunicarsi tre o quattro volte l'anno sia troppo poco. In pratica è molto bene comunicarsi ogni domenica.

È per questo che dico: osservate i digiuni del mercoledì e del venerdì, digiunate anche la sera del sabato, confessatevi almeno una volta al mese e ricevete la comunione il più spesso possibile. Questa è la pratica che consiglio a coloro che si preparano a entrare nella Chiesa ortodossa.

Se qualcuno fa la comunione una volta al mese o meno frequentemente, dico che è troppo di rado. Se guardiamo la pratica della Chiesa primitiva e l'insegnamento dei Padri, vediamo che vi è testimoniata una comunione frequente.

Molti cristiani confessano ogni volta gli stessi peccati, domenica dopo domenica. Come si può promettere nella confessione di non peccare più, mentre sappiamo che ricominceremo a commettere questi "piccoli peccati di ogni giorno"?

Confessarsi troppo spesso può essere una superstizione. Dobbiamo ricordare che la comunione è una grazia, e il diavolo non vuole che noi riceviamo la grazia, così fa tutto il possibile per farci smettere di ricevere la comunione. Quando un'idea peccaminosa ci invade, può accadere durante la Divina Liturgia, dobbiamo pentirci nel nostro intimo, non cedere alla tentazione del diavolo e chiedere la santa comunione.

La confessione non dovrebbe essere troppo frequente. Dovrebbe essere praticata con responsabilità. Ricorrervi troppo spesso la deprezza.

Dobbiamo capire che abbiamo bisogno di confessare ancora e ancora gli stessi peccati. Non dobbiamo rinunciare alla confessione perché abbiamo sempre gli stessi peccati. Dobbiamo combattere, superare continuamente noi stessi. La grazia di Dio opera in noi una conversione. Può darsi che non ce ne accorgiamo, ma è all'opera. Con i nostri sforzi quotidiani, la grazia divina, la confessione e, soprattutto, la comunione ai santi doni, ci muoviamo in avanti, lentamente e pacificamente.

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