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  La magia del mantra: sull'eresia del culto del nome

dal blog del sito Orthodox England

7 giugno 2016

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L'eresia del culto del nome (imjaslavie, "onomatodossia") degli inizi del XX secolo, ovvero il culto del nome di Dio come se fosse Dio stesso, è un curioso amalgama di assurdità e di ignoranza, di idolatria magica e superstiziosa e di panteismo pagano e intellettualista, platonizzante e induizzante. La crisi del culto del nome raggiunse il suo picco nei monasteri e nelle celle dei russi al Monte Athos nel 1913, con atti di violenza effettuati dagli 'adoratori del nome'. Dopo che l'eresia era stata condannata dal Santo Sinodo russo e dal patriarca di Costantinopoli, le autorità russe ebbero paura che le autorità greche ultra-nazionaliste del tempo, utilizzando un'eresia 'straniera' come scusa, avrebbero mandato le truppe a scacciare tutti i 7.000 monaci russi fuori dal Monte Athos. Due navi russe furono pertanto inviate a evitare spargimenti di sangue e deportarono dal Monte Athos 736 monaci, tra cui 26 capi che erano stati coinvolti nell'eresia del culto del nome. Fu poi scoperto che alcuni dei capi violenti degli adoratori del nome non erano affatto monaci, ma novizi, disertori dell'esercito, prigionieri in fuga e ubriaconi vestiti da monaci.

Va detto che anche dopo il 1913 rimase una simpatia per il culto del nome, soprattutto al monastero russo di san Panteleimone su Athos, che si spense solo negli anni '50, dopo che si allontanarono o morirono gli ultimi monaci che erano stati presenti nel 1913. Anche se questa crisi ebbe il culmine solo nel 1913, provocata da un libro sulla cosiddetta 'preghiera di Gesù', scritto nel 1907 ('Sulle montagne del Caucaso'), è chiaro che gli elementi dell'eresia erano presenti in Russia anche prima di questi anni, e si possono trovare indirettamente nei libretti russi della metà del XIX secolo, noti come  'I racconti di un pellegrino'. Molto più popolare tra gli eterodossi ingenui e pietisti di quanto lo siano in Russia (molti ortodossi russi non ne hanno mai sentito parlare), questi libretti, criticati nel XIX secolo da sant'Ignazio (Brjanchaninov) e corretti da san Teofane il Recluso a causa del loro pericolo spirituale, suggeriscono che si può 'vedere Dio' abbastanza facilmente. Vivendo al di fuori della Chiesa e delle sue discipline spirituali del Salterio e del ciclo liturgico, e alimentando sogni e fantasie intellettuali e filosofiche, molti convertiti all'Ortodossia non praticanti di tutte le nazionalità, russi, romeni, greci e occidentali, sono caduti come risultato in un delirio spirituale ('prelest'). La magia del mantra, davvero.

Questo spiega il motivo per cui, anche se il culto del nome inizialmente aveva attirato l'attenzione di monaci contadini ignoranti, divenne poi un polo d'attrazione per gli intellettuali liberali politicizzati, in particolare quelli della scuola di Parigi, in particolare l'eresiarca Bulgakov. Nella loro filosofia della disincarnazione, sfocata e annacquata, 'spiritista' e anti-statale, alcuni di questi individui hanno trovano nel culto del nome un modo per attaccare e minare l'autorità della Chiesa russa e la disciplina della Chiesa e, in stile protestante, denigrare i sacramenti. Alla ricerca della auto-giustificazione sotto la maschera della 'spiritualità', caddero nella delusione dell'orgoglio, abbandonando la Chiesa russa e la tradizione ortodossa. Tale orgoglio può essere facilmente identificato perché porta le sue vittime al settarismo (celebrare i servizi in modo diverso dal resto del mondo ortodosso) e all'auto-giustificazione aggressiva e arrabbiata. Metteteli in dubbio e si infuriano subito. In effetti, questo atteggiamento è molto comune tra queste persone, ma noi dobbiamo sempre pregare sia per quelli che ci amano sia per quelli che ci odiano, come ordina san Basilio il Grande. Fortunatamente, tali illusioni non hanno mai attirato gli ortodossi radicati nei monasteri e nelle parrocchie tradizionali, e quelli che dimorano in un simile delirio rimangono molto marginali, attirando convertiti non praticanti ed eterodossi.

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