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  Suor Vassa Larina e padre Sergej Sveshnikov: un confonto sull’impurità rituale

http://www.pravmir.com/article_660.html

http://www.pravmir.com/article_663.html

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L’impurità rituale

di suor Vassa Larina

2 luglio 2009

 

Che cosa è l’ “impurità rituale” e perché esiste? [1]

Quando sono entrata in un convento della Chiesa Ortodossa Russa all’Estero, in Francia, sono stata introdotta alle restrizioni imposte a una monaca nel suo periodo mestruale [mensile]. Anche se le era permesso di andare in chiesa a pregare, non doveva andare alla comunione, non poteva baciare le icone o toccare l’antidoro, non poteva aiutare a cuocere o a manipolare le prosfore, né poteva aiutare a pulire la chiesa; non poteva nemmeno accendere la lampada che pendeva davanti alle icone nella sua cella: l’ultima regola mi è stata spiegata quando ho notato una lampada spenta nell’angolo delle icone di un’altra sorella. Non ricordo che qualcuna abbia tentato di mettere in discussione né di giustificare tali restrizioni, presumevamo semplicemente che le mestruazioni fossero una forma di “impurità”, che dovessimo dovuto stare lontane dalle cose sante, per non contaminarle in qualche modo.

Oggi nella Chiesa ortodossa russa ci sono regole diverse basate sul concetto di “impurità rituale”, che variano da parrocchia a parrocchia, di solito a seconda del prete locale. La popolare Nastol’naja Kniga di S. Bulgakov indica a un sacerdote di non permettere alle donne mestruate di venire in chiesa. [2] In Russia, tuttavia, alle donne è generalmente permesso di venire in chiesa durante i periodi mestruali, ma non possono ricevere la santa comunione, baciare icone, reliquie o croci, o toccare la prosfora o l’antidoro, o bere acqua santa. [3] Nelle parrocchie al di fuori della Russia, per quanto ne so, le donne di solito si astengono soltanto dal ricevere la comunione.

Foto: Alexei Alexseenko, http://photo.orthodoxy.ru

Un articolo scritto da sua Santità il Patriarca Pavle di Serbia, dal titolo “Una donna può andare sempre in chiesa?” [4] è spesso citato come un parere moderato che permette alle donne mestruate di partecipare a tutto tranne la Comunione e che denuncia il concetto di “impurità rituale”. Eppure il Patriarca Pavle difende un’altra restrizione tradizionale che proibisce a una donna di entrare in una chiesa o di partecipare a qualsiasi sacramento per quaranta giorni dopo aver dato alla luce un bambino. [5] Questa restrizione, anche sulla base del concetto di “impurità rituale”, si osserva nelle parrocchie della ROCOR che conosco sia in Germania che negli Stati Uniti. Tuttavia, si possono trovare prove sui siti web del Patriarcato di Mosca che l’uso non è accolto in tutto il mondo ed è messo in discussione in alcune parrocchie dipendenti da Mosca. [6] Oggi, alla luce della teologia “femminista” [7] e delle reazioni tradizionaliste a questa teologia, [8] si è tentati di affrontare la questione dell’ “impurità rituale” in chiave politica o sociale. Infatti, le implicazioni quotidiane piuttosto degradanti delle suddette restrizioni possono essere pesanti per una donna abituata alla cultura socio-politica dell’Occidente. Tuttavia, la Chiesa ortodossa tradizionalmente non ha un ordine del giorno socio-politico, [9], cosa che rende un’argomentazione da questo punto di vista in gran parte irrilevante per la Chiesa. Inoltre, la preoccupazione che qualcosa possa essere “degradante” per una donna è estranea alla spiritualità ortodossa, che si concentra sull’umiltà: quando sperimentiamo inconvenienti, limitazioni, dolore, ecc, impariamo a riconoscere il nostro peccato e a crescere nella nostra fede e nella dipendenza dalla misericordia salvifica di Dio. Per questo vorrei prescindere dalle preoccupazioni egualitarie e richiamare l’attenzione sulle implicazioni teologiche e antropologiche dell’ “impurità rituale.” La nostra vita di chiesa non si preoccupa in definitiva di aderire a certe regole, leggere alcune preghiere, fare le prosternazioni adeguate, o anche dell’umiltà di per sé, ma si occupa del significato teologico e antropologico di tutte queste cose. Facendo queste cose, noi professiamo un certo significato, un certo dettame della nostra fede. Così oggi chiederò: Qual è il significato di astenersi dalla comunione durante le mestruazioni? Che cosa dice questo riguardo al corpo femminile? Qual è il significato di non mettere piede in chiesa dopo il parto di un bambino? Che cosa dichiara questo fatto riguardo al parto? E, cosa più importante, il concetto di “impurità rituale” è congruente con la nostra fede in Gesù Cristo? Da dove ha origine e che cosa significa per noi oggi? Diamo uno sguardo alle fonti bibliche, canoniche, e liturgiche nel tentativo di rispondere a queste domande. [10]

L’Antico Testamento

La prima prova biblica di restrizioni rituali per le donne durante le mestruazioni si trova nell’Antico Testamento, in Levitico 15:19-33. Secondo il Levitico, non solo la donna mestruata era “impuro”, ma qualsiasi persona che la toccava diventava allo stesso modo “impura” (Lev 15:24), con una sorta di impurità per contatto. Negli ultimi capitoli del Levitico (17-26, la “Legge di santità”), i rapporti sessuali con la propria moglie in questo momento erano severamente proibiti. Il parto, come le mestruazioni, era ritenuto fonte di profanazione e sottoponeva la donna che aveva partorito a restrizioni simili (Lev 12). Gli ebrei non erano certamente gli unici nel mondo antico a imporre tali norme. Anche i culti pagani avevano restrizioni sulla base di una preoccupazione per la “purezza rituale”: il ciclo mestruale era considerato profanatore e rendeva le sacerdotesse pagane incapaci di svolgere le loro funzioni di culto nei templi [11]; sacerdoti dovevano evitare le donne mestruate a tutti i costi per timore di contaminazione [12], la nascita di un bambino era ritenuta fonte di profanazione [13] Tuttavia gli ebrei erano un caso sui generis. Oltre alla loro singolare avversione per il sangue (Lev 15:1-18), [14] gli antichi ebrei avevano anche, riguardo ai pericoli del flusso di sangue femminile, una credenza che era cresciuta a poco a poco, ed era diventato ancora più forte nel giudaismo successivo [15]: Mishna , Tosefa e Talmud sono ancora più concisi rispetto alla Bibbia su questo argomento. [16]

Foto: Alexei Alexseenko, http://photo.orthodoxy.ru

Il Protovangelo di Giacomo e il Nuovo Testamento

Agli albori del Nuovo Testamento la tutta santa Vergine Maria stessa è soggetta alle esigenze della “purezza rituale.” Secondo il Protovangelo di Giacomo, un testo apocrifo del II secolo che ha ispirato molte delle feste mariane della Chiesa, la tutta santa Vergine vive nel tempio dall’età di due anni fino ai dodici anni, quando è promessa sposa a Giuseppe e inviata a risiedere nella sua casa “per non inquinare il santuario del Signore” (VIII. 2). [17]

Quando Gesù Cristo cominciò a predicare, un messaggio molto nuovo risuonò nei villaggi della Giudea - un messaggio che sfidava le profonde presunzioni della pietà farisaica e del mondo antico in generale. Egli annunciava che solo le cattive intenzioni che vengono dal nostro cuore ci contaminano (Mc 7:15ss). Il nostro Salvatore moneva così le categorie di “purezza” e “impurità” totalmente all’interno della sfera della coscienza [18] - nella sfera del libero arbitrio verso la virtù e il peccato - liberando i fedeli dall’antica paura della contaminazione attraverso fenomeni incontrollabili del mondo materiale. Egli stesso non esita a parlare con una donna samaritana, qualcosa che gli ebrei consideravano una profanazione su più livelli [19] Più vicino al nostro tema, il Signore non rimprovera l’emorroissa per avere toccato i suoi abiti, nella speranza di guarire: egli la guarisce e poi loda la sua fede (Mt 9, 20-22). Perché Cristo rivela la donna alla folla? San Giovanni Crisostomo risponde che il Signore “rivela la sua fede a tutti, in modo che altri siano incoraggiati a imitarla”. [20]

Anche l’apostolo Paolo abbandona pure un approccio tradizionale ebraico alla normativa del Vecchio Testamento in materia di “purezza” e “impurità”, consentendola solo nell’interesse della carità cristiana (Rm 14). È ben noto che Paolo generalmente preferisce la parola.

La Chiesa delle origini e i primi Padri

L’attitudine della Chiesa primitiva verso l’Antico Testamento non era semplice e non può essere completamente esposta nel corso di questo documento. Né il giudaismo né il cristianesimo erano identità chiaramente distinte sviluppate nei primi secoli: condividevano un approccio comune a certe cose [21] La Chiesa riconosceva chiaramente l’Antico Testamento come Scrittura, divinamente ispirata, mentre allo stesso tempo, fin dal Concilio degli Apostoli (Atti 15) prendeva le distanze dalle prescrizioni della legge mosaica. Mentre i Padri Apostolici, la prima generazione di scrittori della Chiesa dopo gli Apostoli, toccano a malapena le leggi in materia di “impurità rituale” mosaica, queste restrizioni sono ampiamente discusse un po’ più tardi, a partire dalla metà del II secolo. A quel punto è chiaro che la lettera della legge mosaica era diventato estranea al pensiero cristiano, dato che gli scrittori della Chiesa cercano di interpretarla simbolicamente. Metodio d’Olimpo (+ ca. 300), Giustino Martire (+ ca. 165) e Origene (+ ca. 253) interpretano le categorie levitiche di “purezza” e “impurità” allegoricamente, vale a dire, come simboli di virtù e di peccato [22]; insistono anche sul battesimo e sull’eucaristia come fonti sufficienti di “purificazione” per i cristiani. [23] Nel suo trattato Sui cibi ebraici, Metodio d’Olimpo scrive: “È chiaro che chi è stato una volta purificato attraverso la nuova nascita [il battesimo], non può più essere macchiato da ciò di cui si parla nella legge ... “[24] Allo stesso modo, Clemente d’Alessandria scrive che i coniugi non hanno più bisogno di fare il bagno dopo un rapporto sessuale, come previsto secondo la legge mosaica “perché”, insiste Clemente, “ attraverso il battesimo il Signore ha purificato i fedeli per tutti i rapporti coniugali”. [25]

Eppure l’atteggiamento apparentemente aperto di Clemente verso i rapporti sessuali coniugali in questo passaggio non è tipico degli scrittori ecclesiastici del momento, [26] neppure di Clemente stesso. [27] Era più caratteristico per questi scrittori vedere tutti i divieti della legge mosaica in modo puramente simbolico, ad eccezione di quelli riguardanti il ​​sesso e la sessualità. In realtà, gli scrittori della Chiesa primitiva avevano una tendenza a considerare ogni manifestazione della sessualità, tra cui le mestruazioni, rapporti coniugali, e il parto come “impura” e quindi incompatibile con la partecipazione alla vita liturgica della Chiesa. Le ragioni di questo sono molteplici. In un’epoca prima che l’insegnamento della Chiesa si cristallizzasse in un definito sistema dogmatico, c’erano molte idee, filosofie e eresie vere e proprie che fluttuavano nell’aria, alcune delle quali trovarono la loro strada nelle opere dei primi scrittori cristiani. Pionieri della teologia cristiana, come Tertulliano, Clemente, Origene, Dionigi di Alessandria e altri, uomini altamente qualificati del loro tempo, erano in parte sotto l’influenza dei sistemi filosofici e religiosi pre-cristiani che dominavano la cultura classica del loro tempo. Ad esempio, il cosiddetto “assioma stoico”, o la visione stoica che il rapporto sessuale sia giustificabile solo come un mezzo per la procreazione, [28] è ripetuto da Tertulliano, [29] Lattanzio, [30] e Clemente di Alessandria. [ 31] Il divieto mosaico in Levitico 18:19 dei rapporti sessuali durante le mestruazioni acquistò così una nuova motivazione: non solo era “profanazione”; se non poteva portare alla procreazione era un peccato anche all’interno del matrimonio. Notiamo in questo contesto che Cristo parla di rapporti sessuali solo una volta nel Vangelo, “... ei due saranno una carne sola” (Mt 9:5), senza menzionare la procreazione [32] Tertulliano, che abbracciò l’eresia ultra-ascetica del montanismo nei suoi ultimi anni, andava oltre ai più e considerava anche impossibile la preghiera dopo il rapporto sessuale. [33] Il celebre Origene fu notoriamente influenzato dal contemporaneo medio platonismo eclettico, con la sua caratteristica di disprezzo di tutte le cose fisiche, e anzi del mondo materiale in generale. La sua dottrina ascetica e morale, anche se è in primo luogo biblica, si può trovare anche nello stoicismo, nel platonismo, e, in misura minore, nell’aristotelismo. [34] Non sorprende, quindi, che Origene veda le mestruazioni come “impure” in sé e per sé. [35] Egli è anche il primo scrittore cristiano ad accettare la concezione veterotestamentaria in Lev 12 del parto come qualcosa di “impuro”. [36] È forse significativo che i teologi citati vengano dall’Egitto, dove la spiritualità giudaica conviveva pacificamente con lo sviluppo di una teologia cristiana: la popolazione ebraica, in costante diminuzione a partire dall’inizio del II secolo nella città capitale di Alessandria, esercitò un’influenza spesso impercettibile ma forte sui cristiani locali, in gran parte essi stessi ebrei convertiti. [37]

La Didaskalia siriaca

La situazione era diversa nella capitale siriana di Antiochia, dove una forte presenza ebraica rappresentava una minaccia tangibile per l’identità cristiana. [38] La Didaskalia siriaca, testimonianza del III secolo delle polemiche cristiane contro le tradizioni giudaiche, vieta ai cristiani di osservare le leggi del Levitico, incluse quelle riguardanti le mestruazioni. L’autore ammonisce le donne che si astengono dalla preghiera, dalle letture bibliche e dall’eucaristia per sette giorni durante le mestruazioni: “Se pensi, o donna, di essere priva dello Spirito Santo durante i sette giorni del tuo ciclo mestruale, allora se muori in quel periodo, te ne andrai da questa vita vuota e senza speranza.” La Didaskalia continua a garantire alla donna la presenza in lei dello Spirito Santo, che le permette di partecipare alla preghiera, alle letture e all’eucaristia: Ora pensa e riconosci che la preghiera è stata esaudita per mezzo dello Spirito Santo, l’eucaristia è ricevuta e consacrata per mezzo dello Spirito Santo, le Scritture sono parole dello Spirito Santo e sono sante esse stesse. Pertanto, se lo Spirito Santo è dentro di te, perché isoli la tua anima e non ti avvicini alle opere dello Spirito Santo? [39] Essa istruisce gli altri membri della comunità come segue: “...non si deve separare quelle che hanno il loro periodo, perché anche la donna emorroissa non fu rimproverata quando aveva toccato il bordo della veste del nostro Salvatore; fu invece ritenuta degna di ricevere il perdono di tutti i suoi peccati”. [40] È interessante notare che questo testo ammonisce le donne mestruate di ricevere la Comunione, e impone il suo ammonimento con l’esempio della donna con il flusso di sangue in Mt 9:20-22.

Il Concilio di Gangra

Circa un secolo più tardi, verso la metà del IV secolo, troviamo prove canoniche contro il concetto di “impurità rituale” tra la legislazione del Consiglio locale convocato intorno al 341 [41] in Gangra (105 km a nord-est di Ankara), sulla costa settentrionale dell’Asia Minore, che ha condannato l’ascetismo estremo dei seguaci di Eustazio di Sebaste (+dopo il 377). [42] I monaci eustaziani, ispirati da insegnamenti dualisti e spiritualisti diffusi in Siria e in Asia Minore in quel momento, denigravano il matrimonio e il clero sposato. Contro di loro il primo Canone del Concilio dice: “Se qualcuno denigra il matrimonio, o detesta o scredita una donna che dorme con il marito nonostante il fatto che lei è fedele e riverente, come se lei non poteva entrare nel regno, sia anatema”. [43 ] Gli eustaziani rifiutavano di ricevere l’eucaristia dal clero sposato per una preoccupazione per “la purezza rituale,” [44] una pratica altrettanto condannata dal Concilio, nel suo quarto canone: “Se qualcuno discrimina un presbitero sposato, dicendo che egli non deve partecipare all’offerta quando il presbitero sta conducendo la Liturgia, sia anatema”. [45]

È interessante notare che l’eustazianismo era un movimento egualitario, che promuoveva un livellamento completo dei sessi. [46] Le donne seguaci di Eustazio erano quindi invitate a tagliarsi i capelli e a vestirsi come gli uomini per superare ogni parvenza di femminilità, che, come tutti gli aspetti della sessualità umana , era considerata “profana.” Il Concilio condanna questa pratica nel suo canone 13: “Se per un presunto esercizio ascetico una donna cambia aspetto, e invece del consueto e abituale abbigliamento femminile e consuetudine, indossa abbigliamento maschile, lasciarla essere anatema.” [47] Nel respingere il monachesimo eustaziano, la Chiesa ha respinto la visione della sessualità come “profana”, difendendo sia la santità del matrimonio e del fenomeno creato da Dio chiamato donna.

Foto: Alexei Alexseenko, http://photo.orthodoxy.ru

I canoni dei Padri egiziani

Alla luce di questi canoni antichi pienamente ortodossi, come può la Chiesa avere oggi canoni in pieno vigore che sostengono in modo inequivocabile il concetto di “impurità rituale”? [48] Come indicato in precedenza, la letteratura della Chiesa, compresi i testi canonici, non si è concretizzata nel vuoto, ma all’interno della realtà socio-culturale, storica del mondo antico, che credeva molto nella “purezza rituale” e la esigeva. [49] Il primo canone che limita le donne in stato di “impurità” è il Canone 2 di Dionigi di Alessandria (+ 264), scritto nel 262: “Per quanto riguarda le donne mestruate, se dovessero entrare nel tempio di Dio mentre sono in quello stato, penso che sia superfluo persino porre la domanda. Credo, infatti, che nemmeno loro, essendo fedeli e pie, oserebbero mentre sono in questo stato avvicinarsi alla sacra mensa o toccare il corpo e il sangue di Cristo. Anche la donna con un flusso di dodici anni non volle venire in effettivo contatto con lui, ma solo con il bordo della sua veste, per essere curata. Non vi sono obiezioni alla preghiera, non importa in quali condizioni sia, o al ricordo del Signore in qualunque momento e in qualunque stato, o alle petizioni per ricevere assistenza, ma se non è del tutto pura, sia nell’anima che nel corpo, non le deve essere permesso di venire al Santo dei Santi”. [50]

Si noti che Dionisio, come la Didaskalia siriaca, si riferisce alla donna con il flusso di sangue in Mt 9:20-22, ma viene a concludere esattamente l’opposto: che una donna non può ricevere la comunione. È stato suggerito che Dionisio in realtà vietasse alle donne di entrare nel santuario (‘altare’) e non nella Chiesa in sé. [51] Questa ipotesi non solo contraddice il testo del canone citato; presume anche erroneamente che i laici un tempo ricevessero la comunione nel santuario. Recenti studi liturgici hanno scartato l’idea che i laici abbiano mai ricevuto i misteri nel santuario [52] Così Dionisio voleva dire esattamente quello che ha scritto, e precisamente come molte generazioni di cristiani orientali lo hanno capito [53]: Una donna mestruata non deve entrare nel “tempio di Dio”, perché “non è del tutto pura sia nell’anima che nel corpo.” Ci si chiede se questo suggerisca che tutti gli altri cristiani siano del tutto “puri”, o katharoi. Speriamo di no, poiché la Chiesa ha denunciato “coloro che si dicono katharoi” o “i puri,” un’antica setta dei novaziani, al primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 d.C. [54] I commentatori ortodossi del passato e del presente hanno anche spiegato il canone di Dionisio come una norma in qualche modo collegata alla preoccupazione per la generazione dei figli: Zonaras, commentatore del XII secolo (post-1159 d.C.), pur respingendo il concetto di “impurità rituale”, giunge alla conclusione sconcertante che la vera ragione di tali restrizioni contro le donne è quella di “impedire agli uomini di dormire con loro... in modo da permettere la generazione dei bambini negli altri tempi”. [55] Così, le donne sono stigmatizzate come “impure”, bandite dalla chiesa e dalla Santa Comunione per impedire agli uomini di dormire con loro? Lasciando da parte l’argomentazione “sesso-solo-per-procreazione”, ciò solleva alcune altre questioni più ovvie: gli uomini in qualche modo avrebbero più probabilità di andare a letto con una donna che è andata in chiesa e ha ricevuto i sacramenti? Perché, allora, la donna deve astenersi dalla comunione? Alcuni sacerdoti in Russia offrono un’altra spiegazione: le donne sono troppo stanche in questo stato per ascoltare con attenzione le preghiere della liturgia e quindi non possono prepararsi adeguatamente per la santa comunione [56] Lo stesso ragionamento si propone alle donne che hanno partorito: hanno bisogno di riposare per quaranta giorni. [57] Così dovrebbero essere esclusi dalla comunione tutti gli uomini stanchi, malati, anziani, o altrimenti deboli? Che dire dei non udenti? Sia quel che sia, ci sono diversi altri testi canonici che limitano le donne come “impure”: i Canoni 6-7 di Timoteo di Alessandria (381 d.C.), che estende la limitazione al battesimo [58] e il Canone 18 dei cosiddetti Canoni di Ippolito, per quanto riguarda le donne che hanno partorito e le levatrici. [59] Entrambi questi canoni, come il Canone 2 di Dionisio, sono in particolare di provenienza egiziana.

San Gregorio Magno

Le cose non erano molto diverse in Occidente, dove la pratica della Chiesa in generale ha visto le donne mestruate come “impure” fino alla fine dei secoli VI/VII. [60] In questo momento san Gregorio Magno, Papa di Roma (590-604 annuncio ), il Padre della Chiesa a cui la tradizione attribuisce (erroneamente) la composizione della Liturgia dei Doni Presantificati, ha espresso un parere diverso sulla questione. Nel 601, sant’Agostino di Canterbury, “l’apostolo dell’Inghilterra” (+604) scrisse a san Gregorio e gli chiese se alle donne mestruate dovrebbe essere permesso di andare in chiesa e ricevere la comunione. Citerò per esteso la risposta di san Gregorio:

A una donna non dovrebbe essere vietato di andare in chiesa. Dopo tutto, lei soffre queste cose involontariamente. Non può essere biasimata per questa materia superflua che la natura espelle... Inoltre, non le deve essere proibito di ricevere la santa comunione in questo momento. Tuttavia, se una donna non ha il coraggio di comunicarsi, per grande trepidazione, dovrebbe essere lodata. Ma se si comunica non dovrebbe essere giudicata. Ci sono persone pie che vedono il peccato, anche là dove non c’è nessun peccato. Ora si fa spesso in modo innocente ciò che proviene da un peccato: quando proviamo fame, questo si verifica innocentemente. Eppure il fatto che noi sperimentiamo la fame è colpa del primo uomo. Il periodo mestruale non è un peccato, è, di fatto, un processo puramente naturale. Ma il fatto che la natura in questo modo è turbata, che appare macchiata anche contro la volontà umana - questo è il risultato di un peccato... Quindi, se una pia donna riflette su queste cose e desidera non avvicinarsi alla comunione, è da lodare. Ma ancora una volta, se vuole vivere religiosamente e ricevere la comunione per amore, non si dovrebbe fermarla. [61]

Nel primo medioevo la politica tracciata da san Gregorio cadde in disuso e le donne mestruate erano furono escluse dalla comunione e spesso fu loro indicato di stare davanti all’ingresso della chiesa. [62] Queste pratiche erano ancora comuni in Occidente fino al XVII secolo. [63]

“Impurità rituale” in Russia

Per quanto riguarda la storia di tali pratiche in Russia, il concetto di “impurità rituale” era noto agli slavi pagani molto prima della loro cristianizzazione. Gli slavi pagani, come gli antichi pagani in generale, ritenevano che ogni manifestazione della sessualità portasse profanazione rituale. [64]

Questa convinzione è rimasta sostanzialmente invariata nell’antica Rus’ dopo il suo battesimo. La Chiesa russa ha norme particolarmente rigorose in materia di “impurità” femminile. Nell’“Inchiesta di Kyrik” del XII secolo, il vescovo Nifont di Novgorod (1130-1156 d.C.) spiega che se a una donna capita di dare alla luce un bambino all’interno di una chiesa, la chiesa deve essere sigillata per tre giorni, poi ri-consacrata con una speciale preghiera. [65] Perfino la moglie dello tsar, la tsaritsa, partoriva al di fuori della sua abitazione, nel bagno o “myl’nja” (banja) in modo da non contaminare un edificio abitato. Dopo che il bambino era nato, nessuno poteva entrare o uscire dal bagno fino a quando il prete era arrivato a leggere la preghiera di “purificazione” dal Trebnik. Solo dopo che questa preghiera era stato letta il padre poteva entrare e vedere suo figlio. [66] Se il periodo di una donna iniziava quando costei era in piedi in chiesa, doveva uscire immediatamente. In caso contrario, incorreva in una penitenza di sei mesi di digiuno, con cinquanta prosternazioni al giorno. [67] Anche quando le donne non erano in uno stato di “impurità”, non ricevevano la comunione alle porte “regali” con i laici di sesso maschile, ma separatamente, alle porte settentrionali. [68]

Le preghiere del Trebnik

La preghiera speciale del Trebnik o Libro delle benedizioni della Chiesa ortodossa russa, letta ancora oggi al primo giorno dopo la nascita di un figlio, chiede a Dio di “purificare la madre da ogni contaminazione” (ot skverny ochisti) e continua : “... e perdona la tua serva [nome della madre] e tutta la casa in cui il bambino è nato, e tutti coloro che l’hanno toccata, e tutti coloro che si trovano qui ...” [69] Ci si potrebbe chiedere, perché dobbiamo chiedere perdono per tutta la casa, per la madre, e per tutti quelli “che l’hanno toccata” (prikosnuvshimsja ej)? Ebbene, so che le leggi del Levitico contenevano il concetto di impurità per contatto. Quindi so perché i fedeli dell’Antico Testamento avrebbero considerato un peccato toccare gli “impuri.” E so che i pagani temevano il flusso di sangue, sia al momento del parto sia nelle mestruazioni, in quanto credevano che attirasse i demoni. Tuttavia, non posso dirvi perché i fedeli chiedano perdono per avere toccato o per essere una donna che ha dato alla luce un figlio, perché non lo so. Un altro gruppo di preghiere viene letto quaranta giorni dopo, quando alla madre è permesso di venire in chiesa per il rito dell’“ingresso in chiesa” (votserkovlenie). In questa occasione il sacerdote prega per la madre come segue:

Purificala da ogni peccato e ogni contaminazione (ot vsjakija skverny) ... che possa essere degna di partecipare senza condanna  ai santi misteri ... Lavala dalla contaminazione corporale (omyj eja skvernu telesnuju) e dalla contaminazione spirituale (i skvernu dushevnuju) al completamento dei quaranta giorni, facendola degna della comunione del tuo prezioso corpo e sangue... [70]

Oggi si dice spesso che una donna rimane fuori dalla chiesa per quaranta giorni dopo il parto a causa della stanchezza fisica. Tuttavia, il testo citato non parla della sua capacità di partecipare alla vita liturgica, ma della sua dignità. La nascita (non concepimento) del suo bambino, secondo queste preghiere, ha portato in lei una contaminazione (skverna) fisica e spirituale. Ciò è simile al ragionamento di Dionigi di Alessandria sulle mestruazioni: rende una donna “non del tutto pura sia nell’anima che nel corpo.”

Recenti sviluppi in altre Chiese ortodosse

Non sorprende che alcune Chiese ortodosse si stiano già muovendo per modificare o rimuovere testi eucologici basati su concetti dogmaticamente indifendibili del parto, del matrimonio e dell’“impurità”. Cito la decisione del Santo Sinodo di Antiochia che si è tenuto in Siria il 26 maggio 1997 sotto la guida di sua Beatitudine il Patriarca Ignazio IV: “Si è deciso di dare al Patriarca l’autorizzazione di modificare i testi del piccolo eucologio circa il matrimonio e la sua sacralità; le preghiere connesse con le donne che partoriscono ed entrano in chiesa per la prima volta, e i testi connessi con il servizio del funerale”. [71]

Una conferenza teologica convocata a Creta nel 2000 è giunta a conclusioni analoghe: i teologi dovrebbero... scrivere spiegazioni semplici e appropriate del servizio dell’ingresso in chiesa e adattare il linguaggio del rito stesso per riflettere la teologia della Chiesa. Questo sarebbe utile per gli uomini e le donne che hanno bisogno di capire il vero significato del rito: che esso esiste come atto di offerta e di benedizione per la nascita di un bambino, e che deve essere eseguito non appena la madre è pronta a riprendere la normale attività fuori dalla sua casa... Esortiamo la Chiesa a rassicurare le donne che sono invitate a ricevere la Santa Comunione a ogni liturgia, quando sono preparate spiritualmente e sacramentalmente, indipendentemente dal tempo del mese in cui si possono trovare. [72]

Uno studio precedente della Chiesa ortodossa in America ha anche offerto una nuova prospettiva ortodossa dell’“impurità rituale”: “...le idee che le donne nei loro periodi mestruali non devono ricevere la santa comunione o baciare la croce e le icone, o cuocere il pane per l’eucaristia, o anche entrare nella navata della chiesa, per non parlare della zona dell’altare, sono idee e pratiche moralmente e dogmaticamente indifendibili secondo un severo cristianesimo ortodosso [...] San Giovanni Crisostomo condanna coloro che diffondono tale attitudine come persone indegno della fede cristiana. Egli li chiama superstiziosi e sostenitori di miti”. [73]

Conclusione

Concludo brevemente, dal momento che i testi hanno parlato da se stessi. Uno sguardo da vicino alle origini e al carattere del concetto di “impurità rituale” rivela un fenomeno piuttosto sconcertante, fondamentalmente non cristiano nascosto sotto le spoglie della pietà ortodossa. Indipendentemente dal fatto che il concetto sia entrato nella pratica della Chiesa sotto influenze dirette giudaiche e/o pagane, non trova alcuna giustificazione nell’antropologia e nella soteriologia cristiana. I cristiani ortodossi, maschi e femmine, sono stati purificati nelle acque del battesimo, sono stati sepolti e sono risorti con Cristo, che si è fatto nostra carne e nostra umanità, ha calpestato la morte con la morte, e ci ha liberati dalla paura. Eppure abbiamo mantenuto una pratica che riflette le paure pagane e vetero-testamentarie del mondo materiale. È per questo che la fede nell’“impurità rituale” non è in primo luogo una questione sociale, ne in primo luogo una questione di disprezzo delle donne. Si tratta piuttosto di una questione di disprezzo dell’Incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo e delle sue conseguenze salvifiche.

Note

[1] Articolo apparso in 52:3-4 St Vladimir’s Theological Quarterly (2008) 275-92.

[2] Nastol’naja kniga svjashchenno-tserkovnosluzhitelja (Khar’kov 1913), 1144

[3] Cfr. le domande-risposte di padre Maxim Kozlov sul sito web della chiesa di santa Tatiana a Mosca: www.st-tatiana.ru/index.html?did=389

(15 gennaio 2005). Cfr. A. Klutschewsky, “Frauenrollen und Frauenrechte in der Russischen Orthodoxen Kirche,” Kanon 17 (2005) 140-209.

[4] Dapprima pubblicato in russo e tedesco nel trimestrale della Diocesi della ROCOR di Berlino e Germania: “Mozhet li zhenshina vsegda poseschat’ khram?” Vestnik Germanskoj Eparkhii 2 (2002) 24-26 e poi on-line: http://www.rocor.de/Vestnik/20022/.

[5] Questa restrizione ufficialmente viene dal Trebnik o “Libro delle benedizioni” della Chiesa ortodossa russa. Si veda la traduzione inglese: Book of Needs of the Holy Orthodox Church, trad. di G. Shann, (Londra 1894), 4-8.

[6] Cfr. il sito delle parrocchie del Patriarcato di Mosca negli Stati Uniti: www.russianchurchusa.org/SNCathedral/forum/D.asp?n=1097, e  anche www.ortho-rus.ru/cgi-bin/ns.

[7] Cfr. la conclusione della consultazione inter-ortodossa sul ruolo della donna nella Chiesa ortodossa e la questione dell’ordinazione delle donne (Rodi, Grecia 1988).

[8] Ad esempio, K. Anstall, “Male and Female He Created Them”: An Examination of the Mystery of Human Gender in St. Maximos the Confessor Canadian Orthodox Seminary Studies in Gender and Human Sexuality 2 (Dewdney 1995), esp . 24-25.

[9] Cfr.. G. Mantzaridis, Soziologie des Christentums (Berlino 1981), 129ff; id., Grundlinien Christlicher Ethik (St. Ottilien 1998), 73.

[10] Il seguente eccellente studio sulle fonti storiche e contemporanee canoniche riguardanti l’“im/purità rituale” è sfuggito alla mia attenzione quando ho scritto questo articolo: E. Synek, “Wer aber nicht völlig rein ist an Seele und Leib...” Reinheitstabus im Orthodoxen Kirchenrecht, Kanon Sonderheft 1, (München-Egling a. d. Paar 2006).

[11] E. Fehrle, Die kultische Keuschheit im Altertum in religionsgeschichtliche Versuche und Vorarbeiten 6 (Gießen 1910), 95.

[12] Ibid., 29.

[13] Ibid., 37.

[14] Cfr.. R. Taft, “Donne in chiesa a Bisanzio: dove, quando - e perché?” Dumbarton Oaks Papers 52 (1998) 47.

[15] I. Be’er, “Blood Discharge: On Female Im/Purity in the Priestly Code and in Biblical Literature,” in A. Brenner (a cura di), A Feminist Companion from Exodus to Deuteronomy (Sheffield 1994), 152-164.

[16] J. Neusner, The Idea of Purity in Ancient Judaism (Leida 1973).

[17] M. James, The Apocryphal New Testament (Oxford 1926), 42. Cf. Taft, “Women” 47.

[18] D. Wendebourg, “Die alttestamentli chen Reinheitsgesetze in der Kirche Fruhen,” Zeitschrift für Kirchengeschichte 95/2 (1984) 149-170.

[19] Cfr.. “Samariter,” Pauly-Wissowa II, 1, 2108.

[20] In Matthaeum Homil. XXXI al. XXXII, PG 57, col. 371. 5 “santo” al posto della parola “puro” per esprimere la vicinanza di un cristiano a Dio, evitando così i preconcetti vetero-testamentari (Rm 1, 7, 8: 27; 1 Cor 6: 1, 7: 14; 2 Cor 1: 1 ecc)

[21] E. Synek, “Zur Rezeption Alttestamentlicher Reinheitsvorschriften ins Orthodoxe Kirchenrecht,” Kanon 16 (2001) 29.

[22] Cfr. i riferimenti a Wendebourg, “Reinheitsgesetze” 153-155.

[23] Justin, Dialog. 13, Origene, Contr. Cels. VIII 29.

[24] V, 3. Cf. Wendebourg, “Reinheitsgesetze” 154.

[25] Stromata III / XII 82, 6.6

[26] Con la notevole eccezione di sant’Ireneo, che non vedeva la sessualità come risultato della caduta. Vedi Adv. Haer. 3. 22. 4. Cf. J. Behr “Matrimonio e ascesi,”, contributo non pubblicato alla V Conferenza Teologica Internazionale della Chiesa ortodossa russa (Mosca novembre 2007), 7.

[27] J. Behr, Ascetismo e antropologia in Ireneo e Clemente (Oxford 2000), 171-184.

[28] S. Stelzenberger, Die Beziehungen der frühchristlichen Sittenlehre zur Ethik der Stoa. Eine moralgeschichtliche Studie (München 1933), 405ss.

[29] De monogamia VII 7, 9 (CCL 2, 1238, 48ff).

[30] Div. Institutiones VI 23 (CSEL 567, 4 ss).

[31] Paed. II / X 92, 1s (SC 108, 176F).

[32] Cfr. Behr “Matrimonio e ascesi”, 7.

[33] De exhortatione castitatis X 2-4 (CCL 15/2, 1029, 13FF). Cf. Wendebourg, “Reinheitsgesetze” 159.7

[34] Innumerevoli studi sono stati scritti sul rapporto di Origene con le correnti filosofiche del suo tempo. Per un riepilogo degli studi recenti sul tema si veda D.I. Rankin, From Clement to Origen. The Social and Historical Context of the Church Fathers, (Aldershot-Burlington 2006), 113-140.

[35] Cat. in Ep. ad Cor. XXXIV 124: C. Jenkins (a cura di), “Origen on 1 Corinthians,” Journal of Theological Studies 9 (1908) 502, 28-30.

[36] Hom. in Lev. VIII 3f (GCS 29, 397, 12-15).

[37] Cfr. LW Barnard, “The Background of Early Egyptian Christianity,” Church Quarterly Rev. 164 (1963) 434; anche M. Grant, The Jews in the Roman World (London 1953), 117, 265. Cf. references in Wendebourg, “Reinheitsgesetze” 167.

[38] Cfr. M. Simon, Recherches d’Histoire giudeo-Chrétenne (Paris 1962), 140ff., E M. Grant, “ Jewish Christianity at Antioch in the Second Century,” Judéo-Christianisme (Paris 1972) 97-108. Cf. references in Wendebourg, “Reinheitsgesetze” 167.8

[39] Didaskalia XXVI. H. Achelis-J. Fleming (a cura di), Die Quellen des ältesten orientalischen Kirchenrechts 2 (Leipzig 1904), 139.

[40] Ibid. 143.

[41] Per la data vedi: T. Tenšek, L’ascetismo nel Concilio di Gangra: Eustazio di Sebaste nell’ambiente ascetico siriaco dell’Asia Minore Nel IV ° Secolo, Excerpta ex dissertatione annuncio Doctoratum in Facultate Theologiae Pontificiae Universitatis Gregorianae, (Roma 1991), 23-24.

[42] J. Gribomont, “Le monachisme au IVe s. en Asie Mineure: de Gangres au messalianisme,” Studia Patristica 2 (Berlin 1957), 400-415.

[43] P. Joannou, Fonti. Discipline générale antique (IVe-IXes.), Fasc. IX, (Grottaferrata-Roma 1962), t. I, 2, 89. Trad. inglese in The Rudder (Pedalion), trad. di D. Cummings (Chicago 1957), 523.

[44] Cfr. Tenšek, L’ascetismo 17-28,9

[45] Joannou, Discipline 91, The Rudder 524.

[46] Tenšek, L’ascetismo 28.

[47] Joannou, Discipline 94; The Rudder 527.

[48] Sul successivo sviluppo a Bisanzio vedi P. Viscuso, “Purity and Sexual Defilement in Late Byzantine Theology,” Orientalia Christiana Periodica 57 (1991) 399-408.

[49] Cfr. H. Hunger, “Christliches und Nichtchristliches im byzantinischen Eherecht,” Österreichisches Archiv für Kirchenrecht 3 (1967) 305-325. 10

[50] C.L. Feltoe (a cura di), The Letters and Other Remains of Dionysius of Alexandria (Cambridge 1904), 102-103. Per la data e l’autenticità vedi P. Joannou, Discipline générale antique (IVe-IXes.) 1-2 (Grottaferratta-Rom 1962), 2, 12. Traduzione adattata da The Rudder 718.

[51] Patriarca Pavle, “Mozhet li zhenshina” 24.

[52] R. F. Taft, The Communion, Thanksgiving, and Concluding Rites (Rome 2008), 205-207 (in corso di stampa).

[53] Cfr. il commento di Teodoro Balsamon (ca. 1130/40-post 1195) su questo canone: In Epist. S. Dionysii Alexandrini ad Basilidem episcopum, can. 2, PG 138: 465C-468a.

[54] Can. 8, Rallis-Potlis II, 133.

[55] Traduzione inglese in The Rudder 719. Zonaras è ripetuto parola per parola dal Patriarca Pavle, “Mozhet li zhenshina” 25,11

[56] Klutschewsky, “Frauenrollen” 174.

[57] Cfr. le domande-risposte di p. Maxim Kozlov sul sito web della Chiesa di santa Tatiana a Mosca: www.st-tatiana.ru/index.html?did=389.

[58] CPG 244; Joannou, Discipline II, 243-244, 264.

[59] W. Riedel, Die Kirchenrechtsquellen des Patriarchats Alexandrien (Leipzig 1900), 209. Vedi traduzione inglese in P. Bradshaw (a cura di), The Canons of Hippolytus, English trans. di C. Bebawi (Bramcote 1987), 20.

[60] P. Browe, Beiträge zur Sexualethik des Mittelalters, Studien zur Breslauer historischen Theologie XXIII (Breslau 1932). Sullo sviluppo del concetto di “im/purità rituale” in Occidente in relazione al celibato sacerdotale vedi H. Brodersen, Der Spender der Kommunion im Altertum und Mittelalter. Ein Beitrag zur Geschichte der Frömmigkeitshaltung, UMI Dissertation Services, (Ann Arbor 1994), 23-25, 132,12

[61] PL 77, 1183. Sulla autenticità vedere Browe, Beiträge 10, riferimento 67.

[62] Sul dibattito in Occidente se le donne mestruate potevano partecipare alla vita liturgica si veda: J. Flandrin, Un Temps pour embrasser: Aux origines de la morale sexuelle occidentale (VIE-XIe s.) (Parigi 1983), 11, 73-82.

[63] Ibid., 14.

[64] E. Levin, Sex and Society in the World of the Orthodox Slavs 900-1700 (Ithaca-London 1989), 46.

[65] Voprosy Kirika, in Russkaja Istoricheskaja Biblioteka VI (San Pietroburgo 1908), 34, art. 46. 13

[66] I. Zabelin, Domashnij byt russkikh tsarej v XVI I XVII stoletijakh (Mosca 2000), vol. II, 2-3.

[67] Trebnik (Kiev 1606), ff. 674v-675R. Citato da Levin, Sex and Society 170.

[68] B. Uspenskij, Tsar’ i Patriarkh (Mosca 1998), 145-146, note 3 e 5.

[69] “Molitva v pervyj den’, po vnegda roditi zhene otrocha,” Trebnik (Mosca 1906), 4v-5v.

[70] “Molitvy zhene rodil’nice po 40-ti dnekh”, ibid., 8 -9,14

[71] Synek, “Wer aber nicht,” 152.

[72] Eadem, 148.

[73] Dipartimento di Educazione Religiosa della Chiesa Ortodossa in America (a cura di), Women and Men in the Church. A Study on the Community of Women and Men in the Church (Syosset, New York 1980), 42-43.

 

Sull’“impurità rituale”: In risposta a suor Vassa (Larina)

Padre Sergei Sveshnikov

6 luglio 2009

 

Di recente ho letto un interessante articolo della dr. suor Vassa (Larina), riguardante la questione dell’impurità rituale nella Chiesa ortodossa. [i] Questo argomento è estremamente importante sia perché le funzioni corporee che danno origine a questo problema sono state con noi presumibilmente fin dalla caduta di Adamo ed Eva, sia perché non è probabile che se ne vadano via presto, tranne nel caso di un imminente parusia. Vale a dire, suor Vassa esplora le attitudini della Chiesa verso le mestruazioni, anche se il problema dell’impurità rituale è molto più ampio di questo, e ritornerò su questo punto.

In una sorta di decostruzione della tradizione ortodossa riguardo alla partecipazione delle donne mestruate alla vita liturgica della Chiesa, sorella Vassa esamina brevemente le prove di questa tradizione e le opinioni contrastanti provenienti da varie fonti - l’Antico Testamento, il Protovangelo di Giacomo, gli scritti dei Padri della Chiesa - e nota alcuni dei recenti sviluppi che indicano l’instabilità della tradizione. La conclusione a cui arriva suor Vassa è che l’impurità rituale “non trova alcuna giustificazione nell’antropologia e nella soteriologia cristiana”. Ma è davvero così? Io credo che un paio di osservazioni fatte da suor Vassa meritino un esame più approfondito.

Femminismo

Suor Vassa, ben consapevole che ogni menzione di una liberazione delle donne dalle restrizioni tradizionali sarà vista nel contesto del dibattito femminista, cerca di convincere i suoi lettori che l’ordine del giorno femminista non sta guidando la sua ricerca. Lo afferma quando dice che “la Chiesa ortodossa tradizionalmente non ha un ordine del giorno socio-politico, cosa che rende un’argomentazione da questo punto di vista [ovvero del dibattito femminista] in gran parte irrilevante per la Chiesa.” Questo, naturalmente, nella migliore delle ipotesi è discutibile, se si considera che uno dei fondamentali documenti della Chiesa Ortodossa Russa si intitola “I fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa” (2000), e il suo contenuto ben riflette il suo titolo. Questo fatto, tuttavia, è forse meno importante del quadro più completo delle interazioni tra le moderne ideologie femministe e la Chiesa.

Può essere un errore pensare che il dibattito femminista è “in gran parte irrilevante per la Chiesa”. La Chiesa non è ancora pienamente nella Gerusalemme celeste, né i suoi membri sono completamente al di fuori della vita socio-politica e socio-religiosa delle comunità sia cristiane che secolari. Negare l’influenza della contemporanea atmosfera intellettuale, filosofica e socio-ideologica sulle menti dei fedeli, tra cui attivisti laici, gerarchi e teologi, significherebbe negare l’evidenza.

D’altra parte, se il femminismo può essere genericamente definito come un discorso intellettuale e filosofico volto alla parità di diritti per le donne, allora forse c’è spazio per esso all’interno della tradizione ortodossa, dato che le chiese, tra le quali quella ortodossa, sono note per aver “raccolto eredità” lungo la loro millenaria strada. Un discorso femminista nella Chiesa ortodossa è inevitabile e noi possiamo essere testimoni delle sue origini ai nostri giorni - sia nei giornali riguardo alle mestruazioni o nei commenti del Metropolita Jonah (OCA) circa il sacerdozio femminile [ii] Potenzialmente, questo discorso può essere vantaggioso per tutti i cristiani, uomini e donne, in quanto può aiutare a chiarire la comprensione del genere maschile e femminile alla luce della verità di Cristo e della rivelazione del Vangelo dato alla Chiesa.

Storia

Un aspetto importante della discussione delle mestruazioni e delle norme ecclesiastiche ad esso associate che sembra mancare nel saggio di suor Vassa è la prospettiva di base socio-fisiologica della questione, vale a dire, il flusso di sangue. Per la maggior parte delle donne moderne che godono i benefici di avanzati prodotti per l’igiene questo non è più un problema di per sé, ma per gran parte della storia umana tali prodotti semplicemente non erano disponibili. Sono state utilizzate varie forme di protezione mestruale in culture diverse in tempi diversi, ma ci sono indicazioni che, almeno nel XVIII e XIX secolo in Europa molte donne non indossavano assolutamente niente - nessun tampone o addirittura biancheria intima - e sanguinavano liberamente, lasciando una scia ovunque camminavano. [iii] Un’osservazione molto rilevante fu fatta da Silina Cooper (1864-1946), una suffragetta inglese, quando visitò i cotonifici intorno al 1900. Vi trovò i pavimenti dei locali di lavoro coperti di paglia per assorbire il sangue mestruale delle donne che vi lavoravano. [iv] Forse una situazione simile può essere osservata quando Rachele nascose gli idoli di suo padre sedendosi su di loro: “Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che avviene di regola alle donne” (Genesi 31:35). Ora, sembra che non vi sia alcuna ragione di non alzarsi per una donna moderna mestruata. In effetti, alcune sono anche in grado di fare visite alle piscine pubbliche, grazie ad aziende leader come la Tampax. Per Rachele, invece, c’era una ragione valida per non alzarsi dal sedile, tanto valida che suo padre non la mise in discussione. Queste considerazioni possono rivelarsi la chiave per comprendere perché l’usanza dell’astensione delle donne mestruate dalla vita liturgica della Chiesa ha persistito nonostante il parere incoraggiante espresso dal papa san Gregorio Magno, citato da Suor Vassa.

Contrariamente all’affermazione di suor Vassa che l’usanza dell’astensione delle donne mestruate dalla vita liturgica della Chiesa è un “fenomeno fondamentalmente non cristiano nascosto sotto le spoglie della pietà ortodossa” e che “riflette le paure pagane e vetero-testamentarie del mondo materiale”, io sostengo che questa usanza sia nata dalla base dell’esperienza umana che è comune a pagani, ebrei e cristiani. Sembra un po’ ingiustificato respingere tutto ciò che non cristiana, sia perché pagano, sia perché vetero-testamentario, perché questo includerebbe necessariamente cose come il matrimonio, il sacerdozio, la fede in un Dio ipostatico, l’uso stoico della parola logos, la parola gnostica homoousios, e l’idea neo-platonica di una trinità, tra le altre cose. Il percorso dei Padri sembra essere un po’ diverso, in quanto hanno preso alcuni concetti e costumi pagani ed ebrei, hanno dato loro un significato più profondo alla luce della gnosi cristiana, e li hanno rielaborati per riflettere la verità di Cristo. Naturalmente, questo non significa affatto che l’evidente aspetto socio-fisiologico delle mestruazioni continui a svolgere un ruolo così importante nella vita contemporanea della Chiesa, come faceva solo uno o due secoli fa. Tuttavia, tenere presente che i moderni prodotti per l’igiene femminile sono proprio tali - moderni [v] - può aiutare a mettere alcune delle regole della Chiesa in una prospettiva storica.

Impurità rituale

Ben pochi sarebbero d’accordo che lasciare tracce di sangue mestruale nei nostri santuari sia una buona cosa, ma non sarebbe corretto concentrarsi solo sulle donne come soggette delle norme di “impurità rituale”. A un maschio che sanguina dovrebbe essere chiesto di astenersi dall’entrare in una chiesa, a meno che il flusso di sangue sia fermato. In effetti, nella mia memoria c’è stato un caso in cui un prete si è fatto un taglio sul pollice mentre serviva il rito della Preparazione (Protesi), e ha dovuto lasciare la chiesa perché non era in grado di fermare il flusso di sangue. La nozione di impurità rituale nella Chiesa ortodossa è molto più ampia delle mestruazioni delle donne e vale anche per alcuni aspetti della fisiologia maschile, così come per alcune situazioni non determinate in base al genere.

Si consideri, ad esempio, il nome della regola di preghiera di solito inteso per gli uomini dopo una emissione notturna involontaria – “Regola contro la contaminazione” Naturalmente, si potrebbe argomentare (cosa che è evidente anche nelle preghiere attribuite a san Basilio il Grande) che gli uomini stessi sono da biasimare perché soccombono alla passione della carne, ma potrebbe non essere sempre così, visto che anche i grandi santi hanno apparentemente avuto queste esperienze ed è stata composta una regola di preghiera standardizzata. Le implicazioni ecclesiastiche delle polluzioni notturne sono un po’ diverse da quelle delle mestruazioni, ma un uomo in genere non continua ad avere dette emissioni in chiesa, mentre le mestruazioni continuano per diversi giorni.

Un documento della Chiesa russa del XVII secolo dal titolo “Istruzioni educative” elenca diverse cose che possono precludere un sacerdote dal servire una liturgia e ogni fedele dal partecipare alla santa comunione (anche se, non si dice nulla degli altri aspetti della vita liturgica): tra queste, mangiare e bere senza limiti, i rapporti sessuali e le emissioni notturne. [vi] In altre parole, si può comprendere che tutti questi ostacoli sono visti come contaminazioni per un uomo. Le “Istruzioni educative” vanno ancora oltre nel dichiarare che non solo le persone, ma anche gli edifici e gli oggetti sacri possono essere contaminati. Esse impongono, per esempio, che la vita liturgica di una chiesa si fermi se la chiesa è “contaminata dallo spargimento accidentale di sangue umano durante qualche incidente, sia per il colpo di un’arma o di mano o di altro tipo, o per qualche impurità carnale sul pavimento”. [vii] Questo ultimo punto potrebbe fare riferimento al sangue mestruale? Forse, ma l’istruzione non è specifica e potrebbe potenzialmente coprire un gran numero di cose non inerenti alla fisiologia femminile.

La distinzione tra sacro e profano - nello spazio o nel tempo o nei periodi della vita umana - è fondamentalmente compatibile con la visione ortodossa del mondo: dalle regole di purezza (per uomini e donne) legate alla vita liturgica alla cura particolare per gli oggetti liturgici, e dalla gioia burrosa della Maslenitsa (settimana di Carnevale) alla pura gioia della Settimana Luminosa - tutto nell’Ortodossia parla di questa dicotomia. Questo non significa che il profano sia in qualche modo innaturale o necessariamente contaminato, ma neppure dovremmo ridurre le norme in materia di donne mestruate a un residuo di pratiche pagane, senza cercare di possibili motivi, unicamente cristiani, di tali regole.

Dimensione teologica

Una tale interpretazione delle norme di purezza rituale è state offerte da padre Vladimir Vorobiov nel corso di conferenze sulla tradizione liturgica all’Università Teologica Ortodossa San Tikhon a Mosca, in Russia. [viii] Vorobiov fa notare che a seguito della caduta, Dio disse alla donna: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli” (Genesi 3:16). Vorobiov conclude che le questioni connesse con il parto, come le mestruazioni e la naturale purificazione dopo la nascita, possono essere intese come un’epitimia o una sorta di penitenza, durante la quale, come in qualsiasi altra penitenza, ci si astiene dalla comunione. Se questa sia una valida esegesi della Scrittura e se rifletta il pensiero della Chiesa è materia di discussione, ma l’esistenza di pareri come quello offerto da Vorobiov indica che ci può essere una valida dimensione teologica in norme di purezza apparentemente obsolete.

Si potrebbe sostenere che come cristiani non siamo più sotto la maledizione, perché «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge» (Gal 3:13). Vero, ma questo e versi simili non si prestano facilmente a interpretazioni letterali: gli uomini continuano a mangiare il pane con il sudore della fronte fino al loro ritorno alla terra (Gen 3,19), e le donne continuano a partorire bambini con dolore (16). Cristo ha vinto la morte e ci ha donato la vita eterna (Rom 6:23), ma nessuno propone l’abolizione dei riti di sepoltura come obsoleti. Suor Vassa scrive che

“i cristiani ortodossi, maschi e femmine, sono stati purificati nelle acque del battesimo, sono stati sepolti e sono risorti con Cristo, che si è fatto nostra carne e nostra umanità, ha calpestato la morte con la morte, e ci ha liberati dalla paura”. Anche questo è vero. In Cristo, “non c’è né giudeo né greco, né uomo né donna” (Gal 3,28), ma questo non ha ancora provocato la dissoluzione del Patriarcato di Gerusalemme e di quello di Costantinopoli, e la Chiesa ortodossa insiste sul matrimonio come una cosa specifica tra un maschio e una femmina. La Chiesa è al tempo stesso la rivelazione del secolo futuro, e anche l’arca di salvezza per coloro che non hanno ancora subito la completa theosis.

Il desiderio di lasciare da parte il profano, di morire al mondo e di vivere solo per ciò che è spirituale è un tema riconoscibile del monachesimo cristiano. Chi è sul cammino monastico aspira a santificare tutta la sua vita e il suo essere [ix]; ma, nel caso di donne in età fertile, non è in grado di farlo in modo pieno nella tradizione ortodossa, quando si trova di fronte a norme rituali di purezza apparentemente indipendenti dalla sua volontà. Una reazione naturale a tale enigma è quello di decostruire le regole come obsolete e incompatibili con gli ideali cristiani. Questa tendenza può essere osservata non solo tra le suore ortodosse, ma anche tra quelle cattoliche. Sorella Bernard Mncube lamenta, per esempio: «Io sono una suora cattolica romana e ne sono orgogliosa. Posso parlare della mia mano, del volto e di ogni parte del mio corpo, ma quando si tratta della mia vagina, non oso nemmeno sussurrare la parola . Come se Dio avesse creato qualcosa di così malvagio che non c’è nemmeno permesso di dire una parola in proposito. »[X]

Mentre non sono a conoscenza dell’esistenza o della natura di eventuali regole di purezza cattolica romana in materia di donne mestruate, le obiezioni di una suora ortodossa sono ben pertinenti. Per una monaca (presumibilmente, anche per suor Vassa), la vita liturgica della Chiesa è una parte estremamente importante della sua vita spirituale. Mentre i laici possono partecipare alle funzioni una o due volte alla settimana, un monaco può sforzarsi di riunirsi con la sua comunità in preghiera comune, una o due volte al giorno. A causa della rilevanza delle funzioni religiose nella vita di una monaca, deve essere molto frustrante e piuttosto difficile  accettare che “non deve andare alla comunione, non può baciare le icone o toccare l’antidoro, non può aiutare a cuocere o a manipolare le prosfore, né può aiutare a pulire la chiesa; non può nemmeno accendere la lampada che pende davanti alle icone nella sua cella” (Larina) - non solo una o due volte nella sua vita, ma per una settimana intera ogni mese! Punti ben rilevanti. Chiaramente, il discorso deve continuare, come ha fatto, e si devono cercare forme accettabili di prassi ortodossa. Ma non affrettiamoci a smantellare tradizioni millenarie della Chiesa, senza dare un completo trattamento teologico e analitico sia al punto in questione sia ai testi elevati citati nell’eccellente saggio di sorella Vassa.

Note

[i] Sorella Vassa (Larina). “Ritual Impurity”. Orthodoxy and the World, www.pravmir.com, 2 luglio 2009. Originariamente pubblicato in St Vladimir’s Theological Quarterly 52:3-4 (2008) 275-92.

[ii] Metropolita Giona (Paffhausen). Discorso all’Assemblea dell’A.N.C.A. Saint Vincent’s Cathedral, Bedford, Texas, 24 giugno 2009.

[iii] Zur Geschichte der Unterwäsche 1700-1960. 1988. Historisches Museum Frankfurt, p. 336.

[iv] Liddington, Jill. The Life and Times of a Respectable Rebel: Selina Cooper, 1864-1946. Londra: Vigaro Press, 1984.

[v] I primi assorbenti commerciali furono disponibili nel 1888 in Europa e nel 1896 negli Stati Uniti.

[vi] “Instructional Information”. Service Book: The Divine Liturgy of St. John Chrysostom. Jordanville: Holy Trinity Monastery, 1999, pp. 11-3.

[vii] Ibid., 32.

[viii] Una registrazione audio delle lezioni in formato mp3 è disponibile all’indirizzo http://www.predanie.ru/mp3/protoierej_Vladimir_Vorobjov/

[ix] Ci si aspetta lo stesso, naturalmente, da tutti i cristiani.

[x] citato in Johnson, Elizabeth. Truly Our Sister. A Theology of Mary in the Communion of Saints. New York: Continuum, 2005, pp 30-31.

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