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  Comunione, cucchiai da comunione e paure irrazionali

dal blog di padre John Whiteford, 29 maggio 2020

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Di recente mi sono imbattuto in un'osservazione molto profonda di una scrittrice conservatrice (Denise McAllister) che era impegnata in un dibattito online su ciò che il governo dovrebbe o non dovrebbe essere in grado di imporre. Ha scritto: "La mia libertà non finisce laddove inizia la tua paura irrazionale". Ma naturalmente la questione se le paure di una persona siano razionali o irrazionali è la questione che dobbiamo considerare.

Purtroppo non esiste per noi un modo privo di rischi per vivere in questo mondo. Se dovessimo evitare tutti i rischi, nessuno di noi entrerebbe mai in un'automobile, ma la maggior parte di noi lo fa, perché lo consideriamo un rischio tollerabile. Se guidi mentre ascolti la radio o sorseggi un po' di caffè, stai aumentando i tuoi rischi... ma anche questi rischi aggiuntivi sono generalmente considerati abbastanza minimi.

È curioso che, sebbene molti governi locali abbiano chiuso chiese o vietato la partecipazione al culto, hanno permesso ai negozi di marijuana e ai negozi di liquori di rimanere aperti. Come ha recentemente sottolineato un giudice dell'Illinois, solo 5 mesi fa i negozi di marijuana non erano nemmeno legali, ma ora sono considerati essenziali, ma le chiese, che sono protette dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, non lo sono (almeno in molti stati). Ma, a quanto pare, vale la pena correre alcuni rischi: è solo una questione di ciò che pensi sia importante. Anche il dottor Anthony Fauci, che ha affermato che non è ancora sicuro per le chiese dare la comunione ai fedeli, quando gli viene chiesto se le persone dovrebbero astenersi dal fare amicizia con estranei per fare sesso, ha detto:

"Se sei disposto a correre un rischio - e come si sa, ognuno ha la propria tolleranza per i rischi - si può capire se vuoi incontrare qualcuno. E dipende dal livello dell'interazione che vuoi avere... Se stai cercando amicizie, siediti in una stanza, indossa una mascherina e limitati a chiacchierare un po'. Se vuoi che il rapporto sia un po' più intimo, beh, allora è la tua scelta riguardo a un rischio" (Newsweek, "Dr. Fauci Says You Can Meet a Tinder Date 'If You're Willing to Take a Risk'", 16 aprile 2020).

Quindi è tutta una questione di quali siano le tue priorità.

Come i vari livelli di governo negli Stati Uniti abbiano gestito il Coronavirus è qualcosa di cui probabilmente discuteremo per gli anni a venire, ma all'interno della Chiesa ortodossa c'è anche un dibattito in corso su come vari vescovi abbiano gestito questa crisi. Vi hanno risposto in vari modi. Alcuni hanno imposto restrizioni alle funzioni solo nei luoghi in cui ciò è stato richiesto dalle autorità locali, mentre altri hanno limitato le presenze o le hanno annullate del tutto, indipendentemente dal fatto che le istruzioni del governo fossero imposte o meno. Ho visto molti che hanno sostenuto che i vescovi che hanno imposto tali restrizioni sono veri eretici e apostati. Ma non ho mai sentito simili argomenti quando una parrocchia ha cancellato le funzioni a causa del maltempo. Può darsi che, mentre riflettiamo su questa crisi, molti vescovi si pentiranno di aver reagito in modo eccessivo. Potrebbe anche darsi, se questo virus avesse dimostrato di essere mortale come molti dicevano, che alcuni vescovi si sarebbero pentiti di aver reagito in modo insufficiente. Quindi questa non è una questione di eresia, ma una questione di saggezza - cioè, qual era la cosa ragionevole da fare in queste circostanze. Potremmo non essere d'accordo con le decisioni di un vescovo, ma anche se questi giudicasse erroneamente, si deve presumere che le sue motivazioni fossero buone e che il desiderio di sovvertire la fede non fosse tra quelle motivazioni. Ma ciò che mi preoccupa di più al momento è dove alcuni vescovi sono diretti con le loro risposte a come dovremmo andare avanti liturgicamente, sulla scia di questo virus.

Al momento abbiamo vescovi che impongono l'uso di un cucchiaio diverso per ciascun comunicante, e alcuni che hanno istituito la pratica di dare la comunione nella mano ai fedeli (con una parte del pane eucaristico intinto nel vino), tutti guidati dalla paura che dare ai fedeli la comunione con un cucchiaio da comunione, come la Chiesa fa da quasi mille anni, potrebbe portare qualcuno a contrarre il virus. La domanda che ci dovremmo porre, tuttavia, è se questa paura sia o meno razionale o irrazionale.

È stato sottolineato che la pratica della Chiesa nel primo millennio prevedeva che i fedeli ricevessero la comunione nello stesso modo in cui lo fa ancora il clero ortodosso: prima con il corpo di Cristo in mano e poi ricevendo il sangue direttamente dal calice. Perché la Chiesa ha posto fine a tale pratica e ha iniziato a comunicare i fedeli con un cucchiaio? Perché i fedeli lasciavano cadere con noncuranza porzioni dell'eucaristia e perché alcuni portavano a casa l'eucaristia per scopi superstiziosi. Ci sono pochi motivi per credere che i fedeli del nostro tempo siano più pii e attenti di quelli del primo millennio - e ci sono molte prove per presumere esattamente il contrario .

Mentre molti fanno appello alla vecchia pratica come una base per ciò che propongono come soluzione alle preoccupazioni per questo virus, nessuno in realtà suggerisce di tornare a quella pratica, perché ovviamente, se i laici si cumunicassero tutti da un calice comune, questo non sarebbe un miglioramento rispetto all'uso di un singolo cucchiaio. Infatti, mentre il cucchiaio viene nuovamente immerso nel calice e lavato nel sangue di Cristo dopo che ogni persona è stata comunicata, non accade lo stesso all'esterno del calice.

Coloro che sostengono l'uso di più cucchiai, o addirittura di cucchiai usa e getta, fanno appello ai precedenti del passato, con cui si comunicavano fedeli noti come ammalati di malattie infettive. Ma il fattore chiave è che è così che erano comunicati i fedeli che erano noti per avere una malattia infettiva: tali metodi non erano mai usati come misura preventiva. Inoltre, quando un sacerdote comunica gli ammalati, normalmente lo fa con il sacramento riservato, e quindi il vino che si trova nel calice è vino non consacrato. [1]

La domanda che ho posto a molte persone che sostengono la necessità di tali cambiamenti è molto semplice: ci sono prove che qualcuno si sia mai ammalato nel ricevere la comunione con un cucchiaio? La risposta a questa domanda è "no". Ma alcune persone replicano che questo è semplicemente perché nessuno ha mai fatto uno studio scientifico della questione, ma questo non è vero. È vero che, almeno per quanto ne sappia, non sono stati condotti studi sull'uso dei cucchiai da comunione, ma in realtà sono stati condotti numerosi studi su persone che usano un calice comune, il che sarebbe un mezzo più probabile per trasmettere malattie rispetto a un cucchiaio da comunione, per la ragione sopra menzionata - e quindi tali studi sono un buon modo per rispondere alla domanda se abbiamo a che fare con paure razionali o irrazionali.

John Sanidopoulos, nel suo articolo "Studi scientifici sulla trasmissione di malattie infettive attraverso la Santa Comunione" ha indicato 6 studi pertinenti condotti tra il 1943 e il 1998. Uno studio ha scoperto che anche in circostanze ideali (ovvero, ideali per consentire la trasmissione di infezioni), l'uso di un calice comune ha mostrato che si trasferisce lo 0,001% dei microrganismi, ma studiando le condizioni della pratica del mondo reale, nessuna trasmissione è mai stata rilevata. In un altro studio, sono stati studiati tre gruppi di persone: quelli che vanno in chiesa e ricevono la comunione, quelli che vanno in chiesa ma che non ricevono la comunione e quelli che non vanno in chiesa. Ciò che hanno scoperto è che anche tra quelli che ricevono la comunione con frequenza giornaliera, non vi è stato alcun aumento del rischio di infezione. E quindi anche se non si crede in Dio, le paure di ammalarsi a causa di un virus da un cucchiaio da comunione sono irrazionali - e se si crede in Dio, e di fatto si crede a ciò che confessiamo prima di ricevere l'eucaristia (cioè che l'eucaristia è veramente il corpo e il sangue di Cristo), non si dovrebbe avere nulla di cui preoccuparsi.

Padre Alkiviadis C. Calivas, nel suo articolo "Una nota sul cucchiaio eucaristico comune", afferma che egli stesso non ha tali paure, ma esprime la sua preoccupazione per coloro che le hanno:

"Nei miei sessantaquattro anni di sacerdozio, ho consumato il calice migliaia di volte dopo innumerevoli Divine Liturgie senza paura o esitazione, come fa ogni sacerdote. Non sono certo, tuttavia, che ogni fedele parrocchiano farebbe lo stesso, se gli fosse richiesto. Il mio punto è questo: la santa comunione dovrebbe essere una fonte di gioia, speranza e forza per tutti e non una prova o misura della propria fede nella cura provvidenziale di Dio (Mt 4:5-7). San Paolo ci ricorda che l'amore di Cristo richiede che ci prendiamo cura di tutte le persone, qualunque sia la loro situazione, e che siamo attenti e sensibili ai loro giusti bisogni e preoccupazioni per il bene del Vangelo (1 Cor 9:19-23)​​"

Io sono un prete da nemmeno la metà di quegli anni, ma la mia esperienza supporta la conclusione di padre Alkiviadis secondo cui non c'è nulla da temere. Quando comunico i fedeli, l'ultima bocca in cui metto il cucchiaio prima di passarlo al diacono è la mia (per assicurarmi che non rimangano particole eucaristiche sul cucchiaio), e non ho mai avuto neppure una febbre da diversi anni prima di essere ordinato sacerdote. Se un virus potesse essere trasmesso tramite un cucchiaio da comunione, dovrebbero esserci casi diffusi di sacerdoti con herpes orale (che può essere diffuso mediante l'uso di stoviglie che sono state usate da qualcuno con quel virus), ma di fatto, non ci sono prove che qualcuno abbia contratto un tale virus in questo modo.

Posso apprezzare la preoccupazione di padre Alkiviadis per le persone che hanno paure irrazionali, ma perché dovremmo incoraggiare tali paure irrazionali a persistere agendo in un modo che comunica a coloro che ne soffrono che anche noi crediamo che quelle paure siano fondate?

Temo che noi come società possiamo essere sul punto di crescere una generazione di germofobi che trascorreranno la loro vita paralizzati da tali paure irrazionali ed essere così preoccupati di morire per i molti germi e virus che abbondano nel nostro mondo, da non essere più in grado di vivere normalmente. Ma è molto più preoccupante contemplare il messaggio che la Chiesa invierebbe ai fedeli, se agissimo come se ricevere la comunione sia un atto fisicamente pericoloso. È davvero spiritualmente pericoloso ricevere la comunione in modo indegno (1 Cor 11:27-29), ma quale dei santi ha mai insegnato o suggerito che l'eucaristia potrebbe essere un mezzo per trasmettere una malattia? Nessuno l'ha mai fatto. In effetti c'è un episodio ben noto della vita di san Giovanni di Shanghai:

"La costante attenzione di vladyka all'auto-mortificazione aveva le sue radici nel timore di Dio, che egli aveva nella tradizione dell'antica Chiesa e della Santa Russia. Il seguente incidente, raccontato da O. Skopichenko e confermato da molti a Shanghai, illustra bene la sua audace, irremovibile fede in Cristo. "La signora Menshikova era stata morsa da un cane furioso. Aveva rifiutato di ricevere iniezioni contro la rabbia o le aveva ricevute con noncuranza... E poi le è venuta questa terribile malattia. Il vescovo Ioann lo scoprì e venne dalla donna morente. Le diede la santa comunione, ma proprio in quel momento iniziò ad avere uno degli attacchi di questa malattia; cominciò a schiumare in bocca e allo stesso tempo sputò i santi doni che aveva appena ricevuto. Il santo sacramento non può essere sputato. Così, vladyka raccolse e mise in bocca i santi doni vomitati dalla donna malata. Quelli che erano con lui esclamarono: 'vladyka, che sta facendo! La rabbia è terribilmente contagiosa!' Ma vladyka rispose pacificamente: 'Non succederà nulla; questi sono i santi doni'. E davvero non successe niente".

Se qualcuno non crede davvero che l'eucaristia sia ciò che diciamo che sia, allora in effetti non dovrebbe ricevere la comunione, perché "... chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non discernendo il corpo del Signore" (1 Cor 11:29).

Lasciando da parte tutto ciò che è stato detto, quando parliamo di "rischio" o "possibilità" come cristiani, dovremmo capire che questi sono semplicemente mezzi di riferimento a molti fattori variabili che non conosciamo. Tuttavia, non crediamo in un Dio che è un osservatore indifeso, che spera con affetto che le cose ci vadano bene. Crediamo che, se stiamo facendo ciò che Dio vuole che facciamo, non dobbiamo preoccuparci oltre. Il peggio che può succedere è che moriremo e andremo a stare con Cristo per l'eternità. Crediamo che non cada neppure un passero se non per volontà del Padre (Mt 10:29), e come diceva sant'Antonio di Optina durante un'epidemia di colera (che probabilmente uccise molte più persone del coronavirus):

"Non dovreste aver paura del colera, ma dei peccati gravi, perché la falce della morte falcia una persona come erba anche senza colera. Pertanto, riponete tutte le vostre speranze nel Signore Iddio, senza la cui volontà non muoiono nemmeno gli uccelli, tanto meno una persona".

Nota

[1] Personalmente non mi preoccuperei nemmeno in questo caso, ma forse è per questo che si mostra più cautela.

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