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  Il "distanziamento sociale", i Padri del deserto e le chiese chiuse

di padre Zechariah Lynch

dal blog The Inkless Pen, 20 marzo 2020

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Sembra che, anche nel mondo ortodosso, almeno qui in America, certe idee siano in una crescente quarantena. Si crea un'atmosfera che vuole se uno non è d'accordo con certe affermazioni, allora è egocentrico, egoista e non si preoccupa per nulla degli altri. Di fatto, sembra esserci l'impressione che una persona del genere sia persino ribelle. Credo che questa sia una tendenza pericolosa.

Chiaramente, siamo in una situazione difficile, per vari motivi. Lo affermerò ancora una volta, non sto sostenendo il mancato rispetto di alcuna sorta di precauzioni. Non sto sostenendo una ribellione. Ma non essere d'accordo non è una ribellione. Soprattutto quando dobbiamo avere la capacità di valutare la situazione attuale e darle una risposta spirituale. Il mio obiettivo al momento è offrire idee di riflessione e anche un esame delle idee che ritengo difettose. (Come nota a margine, se un lettore è preoccupato per le azioni intraprese dal clero, allora scriva al suo vescovo, comunicandolo al suo sacerdote. I chierici devono essere servitori del popolo, non i suoi signori).

La Grande Quaresima, dopo tutto, è un momento di profonda riflessione. Una riflessione implica fare domande. Mi sto sforzando di offrire le mie riflessioni e domande in tale spirito. In questo post affronterò due analogie spirituali che ho incontrato da altri contemporanei; non sono d'accordo con la loro presentazione e il loro utilizzo. In questo post mi rivolgo a idee spirituali e a eventi ecclesiali.

Ovviamente, in un momento in cui la maggior parte dei cristiani ortodossi in America è stata privata dei servizi divini in chiesa, tutti dobbiamo cercare di salvare ciò che possiamo. Possiamo rivolgerci per un incoraggiamento agli esempi dei santi, così come dovrebbe essere. Ciò che mi preoccupa è quello che sembra essere un uso improprio di questi esempi per giustificare la chiusura delle chiese.

Confuterò idee che ho visto negli scritti di persone che rispetto. Le rispetto ancora, ma di fatto non sono d'accordo con la loro applicazione di determinati eventi presi dalle vita dei santi. In America, siamo stati addestrati a essere polarizzati. Questo è molto pericoloso. E credo di averlo osservato anche nel mondo ortodosso. Ora, io non sono un relativista. Due idee opposte non possono avere entrambe ragione allo stesso tempo. Tuttavia, ricordiamo che al momento non stiamo parlando dei dogmi fondamentali della fede. La situazione è davvero complessa e credo che ci sia una risposta adeguata. Sono sicuro che ci siano persone che leggono ciò che scrivo e non sono d'accordo. Sono libere di farlo.

Il primo esempio che ho incontrato proviene dalla vita del santo Herman dell'Alaska. Tale esempio sostiene che egli non era un sacerdote e non aveva quasi mai avuto servizi divini in chiesa e tuttavia gli angeli erano suoi compagni. Tutto molto vero e incoraggiante. Tuttavia, usare questo come flebile giustificazione per chiudere le chiese, credo sia sbagliato. Inoltre, questo non è affatto un "distanziamento sociale". E usarlo come esempio di questo è, secondo me, disonesto. Il santo Herman era un asceta recluso, cosa che non ha nulla a che fare con l'attuale espressione "distanziamento sociale". (Pensateci, la frase "distanziamento sociale" è una contraddizione in termini. "Sociale" implica una mancanza di auto-isolamento e distanziamento. Quanto amiamo queste stupide frasi nella modernità).

La chiesa più vicina al santo Herman era sull'isola di Kodiak. Il santo Herman era un recluso, una vocazione unica nella Chiesa. Non ebbe mai una chiesa che gli chiuse le porte, costringendolo così a stare "a casa". Io sono incoraggiato dal suo esempio, che tuttavia non giustifica la chiusura delle chiese. Questo esempio può portare consolazione nella nostra situazione, ma non la convalida in alcun modo.

Inoltre, il santo Herman visse un momento di "malattia mortale". Il modo in cui un recluso ha risposto durante questo periodo potrebbe effettivamente avere un peso maggiore per la nostra situazione attuale. "Un'infezione di malattie mortali e piaghe era arrivata attraverso una nave dagli Stati Uniti all'isola di Sitka e da lì all'isola di Kodiak. Cominciò con febbre, naso che colava intensamente e mancanza di respiro e finiva con spasmi: in tre giorni le vittime morivano... Durante tutto il tempo in cui durò la malattia, un mese intero con graduale declino, padre Herman, senza risparmiarsi, visitò instancabilmente i malati, invitandoli a essere pazienti, a pregare, a provare pentimento o a prepararsi alla morte" (Prima Vita). La malattia fu estremamente virulenta su Sitka dove non c'erano né dottori né medicine.

è di una certa importanza il fatto che questo santo recluso lasciò la sua reclusione e la sua casa per servire. Non rimase a casa temendo di diffondere la malattia. E sì, sono sicuro che prese tutte le precauzioni che poteva mentre prestava servizio. Le sue parole agli aleuti sono, ovviamente, applicabili molto bene anche a noi. Possa questo sacrificio ispirarci.

Il secondo esempio che ho incontrato è come alcuni padri del deserto lasciavano il monastero per quaranta giorni per pregare nel deserto. Un esempio nobile, davvero. Eppure, non erano costretti ad andare nel deserto, lo facevano di loro spontanea volontà. Non era il risultato diretto della chiusura di un luogo di culto da parte della Chiesa stessa. Possa il loro esempio darci speranza nella nostra situazione ma, ancora una volta, non convalida la nostra situazione attuale.

Inoltre, nella vita di santa Maria l'Egiziaca (che è stata indicata come esempio perché i monaci del monastero dove viveva san Zosima avevano la pratica sopra citata) questa frase molto vitale deve essere presa in considerazione, "Tutti uscivano nel deserto e attraversavano il fiume Giordano. Solo uno o due fratelli rimanevano nel monastero, non per proteggere la proprietà (perché non c'era nulla da rubare), ma per non lasciare la chiesa senza servizi divini".

Cioè, anche se la maggior parte della fratellanza andava nel deserto a pregare, rimanevano alcuni per assicurarsi che le funzioni non si fermassero. Tale era il valore dele funzionii. Non lasciavano la Chiesa senza funzioni. E noi? Essi non chiudevano la chiesa per andare nel deserto. Capivano che mentre la loro preghiera personale e molto ascetica era offerta nel deserto, era della massima importanza che fossero offerti anche i servizi divini. Era tutto collegato. Non mettevano una parte contro l'altra.

Ancora una volta, questi esempi possono incoraggiare i fedeli ortodossi, e dovrebbero incoraggiarli, ma non giustificano in alcun modo, dal punto di vista spirituale, la chiusura delle chiese e la cessazione totale delle funzioni in alcuni luoghi.

Spiritualmente parlando, non trovo giustificabili le nostre attuali azioni ecclesiali. Non sono d'accordo con coloro che stanno cercando di usare esempi, come quelli sopra, per avallare la chiusura delle chiese. Credo che abbiamo fatto un grave errore. Niente può tenerci lontani dal nostro Signore e alla fine tutte le cose si risolveranno nel bene di quelli che confidano in lui.

Forse abbiamo perso le funzioni poiché, forse, mentre le avevamo, non le abbiamo valutate come dovremmo.

Possa il Signore avere misericordia.

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