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  Anche gli asceti hanno bisogno di una comunità

di padre Enersto Obregon

Orthodox Christian Network

2 settembre 2014

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Dicono che un anziano aveva continuato a digiunare per settanta settimane, mangiando un singolo pasto una volta alla settimana. Poi chiese a Dio il significato di un testo delle Sacre Scritture e Dio non glie lo rivelò. Così disse a se stesso: "Eccomi qui: ho lavorato così duramente e non ne ho tratto alcun profitto. Andrò da mio fratello e glie lo chiederò". Appena ebbe chiuso la porta all'uscita, gli fu mandato un angelo del Signore; e l'angelo disse: "Le settanta settimane del tuo digiuno non ti hanno portato vicino a Dio, ma adesso che ti sei umiliato e vai da tuo fratello, sono stato mandato a mostrarti il ​​significato del testo". Gli spiegò quel che aveva chiesto e se ne andò. Da "I detti dei Padri", nel libro Western Asceticism (Chadwick)

Come ortodossi, giustamente onoriamo i nostri asceti e eremiti. Onoriamo il modo in cui "lasciano" il mondo per dedicarsi alla preghiera, per imparare a conoscere meglio Dio e per imparare a vivere una vita santa. Ma, a volte parliamo di loro in un modo che sembra dire che sono autosufficienti nella loro separazione dal mondo.

Ma, quando leggete i Padri, non è questo il punto che essi vogliono sottolineare. La prima parte della storia dell'anziano che ho citato all'inizio descrive un asceta come abbiamo spesso rappresentato. L'anziano apparentemente stava facendo tutto correttamente. Mangiava una volta alla settimana; pregava; digiunava; leggeva la Scrittura. Aveva digiunato per settanta settimane, cosa che ricorda le settanta settimane di Daniele.

Dal nostro punto di vista, deve aver raggiunto una grande santità in quel periodo. Dal nostro punto di vista, meritava quasi una risposta da parte di Dio. Dopo tutto, voleva conoscere meglio le Scritture di Dio. Dio non vuole che noi conosciamo le Scritture? Gesù non parlava dell'importanza del digiuno e della preghiera nella nostra vita?

Ma questo non è ciò che dicono i Padri. L'anziano non ricevette una visita da un angelo fino a quando non seppe che doveva andare al fratello per chiedere aiuto. Fu solo quando riconobbe che aveva bisogno di suo fratello, che Dio fu disposto a rispondergli. Anche l'asceta ha bisogno della Chiesa.

Io imparo due cose da questa storia. La prima è che ho bisogno della Chiesa. Non posso essere autosufficiente ed essere cristiano. Non posso semplicemente dire che prego Dio e leggo le Scritture, quindi non devo andare in Chiesa e stare con i miei fratelli e sorelle. Senza i miei fratelli e sorelle, Dio non mi benedirà. È solo come parte del Corpo di Cristo che ricevo benedizioni.

Ma la seconda cosa che imparo è che nessuna Scrittura può veramente essere interpretata correttamente da me solo. Ho bisogno dei miei fratelli e sorelle se devo comprendere correttamente la Scrittura. È solo quando la Scrittura viene interpretata dal corpo, che l'angelo di Dio sarà con noi per guidarci alla corretta interpretazione.

Infine, imparo che è necessaria l'umiltà. Non imparerò veramente da Dio finché non mi umilierò e non mi sottometterò ai miei fratelli e sorelle. Dio abita con gli umili di cuore. Come dice san Paolo agli Efesini, dobbiamo sottometterci gli uni agli altri per sapere qual è la vera volontà di Dio (Efesini 5).

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