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  Studio storico-liturgico sul rito matrimoniale

Ieromonaco dott. Petru Pruteanu

Ed. II (2014)

teologie.net

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Il rito post-apostolico di benedizione del matrimonio è diventato "funzione del matrimonio" piuttosto tardi (rispetto ad altri riti della nostra Chiesa) e la separazione di questa funzione dal quadro eucaristico ha significato il passo decisivo nella stesura del rito di oggi, molto diverso da quello antico. Pertanto abbiamo ritenuto necessario scrivere uno studio storico di questo rito, analizzando criticamente il testo e offrendo anche alcuni suggerimenti per migliorare le future edizioni del Molitfelnic (Eucologio). Purtroppo gli studi critici sull'evoluzione del nostro culto liturgico sono considerati per la maggior parte con molte riserve, e i termini "edizione critica" e "revisione critica", con l'eccezione di un piccolo numero di ricercatori, sono percepiti negativamente. Ma ci auguriamo che grazie agli sforzi congiunti dei liturgisti in tutto il mondo, inclusi quelli romeni, i sacerdoti, gli studenti di teologia e anche i fedeli ordinari possano abituarsi all'idea che le funzioni religiose si sono evolute nel tempo, che il processo non è finito e non finirà mai, e che le differenze liturgiche tra alcune Chiese non possono essere catalogate automaticamente come "ortodosse" oppure "eretiche".

Dal momento che negli studi liturgici romeni manca uno studio o un corso sistematico sull'argomento (con riferimenti aggiornati) che possa essere utilizzato dagli studenti di teologia, ho deciso di scrivere un breve riassunto sul tema, che in futuro potrebbe essere esteso. Purtroppo, la tesi di dottorato di padre Vasile GAVRILĂ, Cununia – viaţă întru Împărăţie (Bucarest, 2004), è troppo complicata e talvolta confusa e imprecisa, e difficilmente può essere utilizzata per gli studenti di teologia al corso di "Liturgia speciale". Eppure noi ci siamo serviti di questo libro, insieme a molti altri studi e libri, i più importanti dei quali sono: Ene BRANIŞTE, Liturgica Specială, Bucarest, Ed IBMBOR, 2005; Михаил АРРАНЦ SJ, Избранные сочинения по Литургике, vol 1 - Таинства Византийского Евхология, Ed. S. Thoma, Roma-Mosca, 2003; Михаил ЖЕЛТОВ, Церковное благословение повторных браков in "Журнал Московской Патриархии", Мosca, 8/2005, pp 72-79; Idem, Вступление в брак: библейское осмысление и церковное чинопоследование, nei materiali preparatori per il convegno teologico internazionale "L'insegnamento ortodosso sui sacramenti della Chiesa", Мosca, 2007, pp 198-206; В. ЦЫПИН & Михаил ЖЕЛТОВ, Брак, in "Православная Энциклопедия", volume 6, Mosca, 2003, pp 146-181; Михаил ЖЕЛТОВ, Венчание брака in "Православная Энциклопедия", vol 7, Mosca, 2004, pp 661-668; Idem, История чинопоследования венчания в византийской традиции, relazione letta alla Conferenza Teologica Internazionale "L'insegnamento ortodosso sui sacramenti della Chiesa", Mosca (13-16 novembre 2007); Aleksej PENTKOVSKIJ, Le Ceremoniale du Mariage dans l'Euchologe Byzantin du XIe – XIIe siècle, in Le marriage, Conferences Saint-Serge, Lxe Semaine d’Etudes Liturgiques, Paris, 1993 [Ephemenides Litugicae - Subsidia], Roma, 1994, pp 259 -287.

Parole chiave: matrimonio, evhologhion (euchologion), eucaristia, fidanzamento, molitfelnic, nozze.

1. PRELIMINARI

In primo luogo, annunciamo fin dall'inizio che questo studio non riguarda il mistero del matrimonio nel suo significato dogmatico e morale-spirituale, ma la funzione liturgica, con la quale si santifica il mistero del matrimonio, ora chiamato incoronazione, o, più correttamente, funzione dell'incoronazione degli sposi. Esporremo quindi l'evoluzione liturgica della funzione dell'incoronazione, che da più di un millennio rappresenta l'atto liturgico generalizzato della Chiesa ortodossa con cui si benedice il matrimonio di due cristiani.

Non bisogna quindi confondere i due concetti – matrimonio e incoronazione – come fanno in molti, purtroppo. Quando parliamo del mistero del matrimonio, ci riferiamo all'unione corporea (fisica) e spirituale (metafisica) di un uomo e una donna, in vista della loro salvezza in Cristo, attraverso il mantenimento della purezza del corpo e della fedeltà e attraverso la generazione e l'educazione dei bambini. Nel cristianesimo questo si fa già dal I secolo con la benedizione, o almeno con l'approvazione, della Chiesa. Quando invece ci riferiamo all'incoronazione, abbiamo in mente il rito o la funzione corrente di benedizione degli sposi, attraverso l'imposizione di alcune corone speciali all'inizio della loro unione per tutta la vita. Questa funzione ha una storia più recente e non rappresenta l'atto primario di benedizione del matrimonio tra cristiani. Così è un po' inappropriato e fuorviante usare il termine "mistero dell'incoronazione", perché il "mistero" non è limitato all'atto liturgico dell'incoronazione della coppia, né l'incoronazione esprime la pienezza del sacramento del matrimonio, ma è solo la benedizione del suo inizio, mentre il mistero stesso si protrae più a lungo [1].

In secondo luogo, dobbiamo ricordare che l'esistenza di testimonianze storiche sul matrimonio/nozze che si incontrano fin dalle prime pagine della Scrittura e poi tra i primi cristiani, non significano sempre analoghe testimonianze storiche di un rito o di una funzione di benedizione della coppia e tanto meno della loro incoronazione. Per comprendere meglio queste cose dovremo ricorrere meno alla storia del "mistero", ma soprattutto a quella della "funzione". Dalla Scrittura sappiamo che fin dal principio Dio creò l'uomo maschio e femmina e che queste due persone devono vivere insieme in comunione e amore, come le persone che le hanno create: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Genesi 1:27). Naturalmente, abbiamo qui una distinzione importante in quanto le persone trinitarie sono "consustanziali" e indivise in eterno, mentre l'uomo e la donna si uniscono nel tempo, cioè a partire da un dato momento e solo fino alla morte di uno di loro (Mt 10:30, I Cor 7:39), e i due diventano una [sola] carne (Gen. 2,24). Cristo il Salvatore ha confermato questo insegnamento dicendo che le persone sposate "non sono più due, ma una carne sola. E quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi "(Matteo 19:6). Quindi questo è il "grande mistero" di cui san Paolo parla nel suo capitolo 5 della Lettera agli Efesini - il mistero dell'unione dell'uomo e della donna, secondo l'immagine dell'unione tra Cristo e la Chiesa, ovvero il mistero dell'unione di due realtà che si completano: non una accanto all'altra, ma ciascuna all'interno e attraverso l'altra. La tradizione della Chiesa ha sempre detto che se l'uomo e la donna si sposano "nel Signore" (I Cor 7:39, 11:11), Dio stesso è in mezzo a loro e benedice la loro unione [2].

San Giovanni Crisostomo, portando ancor più avanti queste idee, dice che il matrimonio ha un triplice scopo: 1) la salvezza dei due insieme attraverso l'amore di Dio, che deve essere maggiore dell'amore dell'uno per l'altro e che deve santificare l'amore corporeo; 2) la vita nella purezza del corpo, in quanto ogni uomo ha una sola donna e ogni donna ha un solo uomo, e questa fedeltà reciproca è anche una sorta di verginità [piuttosto nel senso di "sapienza integra" - come i santi Padri denominano la verginità]; 3) la procreazione di bambini che hanno bisogno di crescere ed essere educati come buoni cristiani. [3]

Menzioniamo ancora che la Chiesa chiama "matrimonio" anche altre unioni mistiche come l'unione tra Dio e Israele, il popolo eletto (Is 49, 54, 61 e 62; Osea 16), quella tra Cristo-sposo e la Chiesa-sposa (Ef 5), e fra Cristo e un monaco – che diventa sua sposa [4], e questi – lo sposo.

2. TESTIMONIANZE STORICHE DELLA BENEDIZIONE DEL MATRIMONIO DA PARTE DELLA CHIESA

A. Dal momento che la famiglia è la cellula fondamentale della società, tutte le religioni e le civiltà del mondo le hanno dedicato una particolare attenzione, anche se non tutte hanno avuto visioni corrette del mistero dell'unione tra uomo e donna. Per esempio, oltre alla monogamia (matrimonio tra un uomo e una donna) – il modello di matrimonio che si trova fin dall'inizio nel disegno di Dio  ed è il solo accettato nel cristianesimo, alcuni popoli hanno adottato la poligamia (matrimonio tra un uomo e diverse donne) [5] o, più raramente – la poliandria (il matrimonio di una donna con più uomini) [6]. Per quanto riguarda le "unioni" tra omosessuali e lesbiche, queste sono state e sono considerate illegittime e maledette nella maggior parte delle religioni e specialmente tra cristiani ed ebrei.

B. Tornando al tema del matrimonio, nelle religioni antiche esistevano ovunque certe forme di culto che sancivano il matrimonio. Non mancavano neppure tra i greco-romani. Questi ponevano alla base del matrimonio un accordo (verbale o scritto) tra i coniugi o i loro genitori, seguito da sacrifici agli dei, in presenza di un "sacerdote". Il diritto legale romano aveva altre importanti disposizioni relative a un matrimonio tra cui una, molto importante, che richiedeva la presenza di almeno 10 testimoni alla cerimonia di nozze. Naturalmente, vi erano anche alcune usanze tradizionali come vestire la sposa, legare le mani degli sposi, scambiarsi di doni tra i genitori dei coniugi (come pegno di garanzia), ecc. Un'abitudine molto importante, soprattutto i greci, era decorare la stanza nuziale con fiori e mettere sul capo degli sposi corone, anche queste di fiori, che erano rimosse solo dopo la fine del giorno delle nozze. Più tardi questo elemento è stato ripreso dai cristiani.

C. Presso gli ebrei la benedizione nuziale era un elemento indispensabile del matrimonio. Il testo dell'Antico Testamento che è più esplicito a raccontare il matrimonio ebraico, incluse le formule di benedizione, è il libro di Tobia, ai capitoli 7-8, ma alcune informazioni sono contenute in Genesi 24 e altrove. Gli elementi fondamentali del matrimonio sono: 1) il padre della sposa unisce le mani degli sposi; 2) li benedice; 3) si deve firmare l'accordo di matrimonio (Ketuva[h]), elemento importante del matrimonio giudaico [7]; 4) il pasto cerimoniale; 5) lo sposo entra nella camera nuziale della sposa; 6) la mattina del secondo giorno, le nozze riprendono e possono continuare per diversi giorni. Dai testi biblici si osserva che le preghiere di benedizione sono molto semplici e brevi. Iniziando dal secolo II d.C., i rabbini hanno sviluppato un rito più complesso con due componenti: fidanzamento e nozze. Inizialmente erano separati, ma dal sec. XI sono stati uniti assieme. Si benedice una coppa comune degli sposi, poi lo sposo mette l'anello alla destra della sposa e si procede al pasto cerimoniale.

D. È difficile dire come si faceva il matrimonio tra i primi cristiani. La mera partecipazione del Salvatore alle nozze di Cana di Galilea (Gv 2) non dice quasi nulla del matrimonio cristiano, perché il Signore non ha cambiato nulla nel rituale del matrimonio (che era quello ebraico), ma ha solo assistito, e al momento opportuno ha trasformato l'acqua in vino. Quindi la benedizione di Dio su questo matrimonio è stata fatta dalla stessa presenza del Signore al matrimonio e non alcuni riti o preghiere specificamente cristiani.

Proprio questa idea della presenza di Cristo alle nozze segnerà un ulteriore aspetto specifico del matrimonio cristiano, perché la prima testimonianza storica non parla di alcun elemento specifico del matrimonio dei cristiani, solo che deve essere fatto "nel Signore" (I Cor 7:39, 11:11). Ovvero, l'unione tra lo sposo e la sposa dovrebbe riflettere l'ideale di unione mistica tra Cristo e la Chiesa (Ef 5). Per il resto, la forma esterna del matrimonio era probabilmente come quelle in tutto l'Impero Romano, con l'eccezione dei sacrifici agli idoli – questi erano sostituiti, fin dall'inizio, dalla comunione eucaristica della coppia.

All'inizio del secondo secolo, sant'Ignazio († 107), parla nella sua Epistola agli Smirnesi (capitolo VIII) della presenza obbligatoria del vescovo all'eucaristia, al battesimo e all'agape, ma non al matrimonio. [8] Tuttavia, nella sua Epistola a san Policarpo (V, 2), sant'Ignazio dice: "Quelli che si uniscono e quelli che si sposano devono unirsi con la conoscenza (μετὰ γνώμης) del vescovo, perché il loro matrimonio sia secondo il Signore (κατὰ Κύριον), e non secondo la lussuria. Tutto questo deve essere fatto a onore di Dio". [9] Non è chiaro se la "conoscenza" (probabilmente in senso di approvazione) implica la presenza al matrimonio del vescovo o il compimento di una particolare funzione liturgica di benedizione degli sposi? Personalmente credo che questa conoscenza / approvazione del vescovo, di cui parla sant'Ignazio, significasse una benedizione, ma che questa si tenesse come procedura riservata, non pubblica, a causa delle leggi pagane allora in corso [10]. Naturalmente, anche in quel contesto, i cristiani conducevano uno stile di vita diverso da quello dei pagani sposati e, naturalmente, si comunicavano continuamente ai santi misteri, che santificano in modo particolare la vita coniugale cristiana. Incontriamo una testimonianza concreta in tal senso in Tertulliano (ca. 160-220), che dice che il matrimonio è sacro per i cristiani in quanto "viene eseguito in chiesa, confermato dall'offerta (lat: oblatio, vale a dire l'eucaristia), sigillato da una benedizione, assistito dagli angeli e accettato dal Padre" [11]. Come si può facilmente osservare, questa è la prima menzione concreta della benedizione nuziale da parte della Chiesa e della sua consacrazione con l'eucaristia. È vero che neppure una fonte liturgica dei secoli III -IV (La Tradizione Apostolica, il Sacramentario di Serapione di Tmuis, il Papiro di Barcellona, le Costituzioni Apostoliche, il Testamentum Domini e altri [12], anche se a volte queste contengono preghiere specifiche per i servizi religiosi meno importanti, menziona alcuna preghiera di benedizione del matrimonio. Neppure lo Pseudo-Dionigi l'Areopagita (fine del V secolo) elenca la benedizione nuziale tra sei principali servizi della Chiesa descritti nel suo trattato sulla gerarchia ecclesiastica. [13] Così, non è escluso che a quel tempo, nella maggior parte del mondo cristiano, non vi fosse alcun rituale liturgico concreto del matrimonio, e l'accento si concentrasse sulla comunione eucaristica della coppia - che era (e che dovrebbe essere anche ora) l'elemento più importante. Per di più, abbiamo ogni ragione per credere che la maggior parte dei cristiani rispettasse i costumi del matrimonio greco-romano (fatta eccezione per le offerte sacrificali agli idoli), per questo lo stesso Tertulliano critica il fatto che i cristiani mettano al matrimonio corone di fiori sul capo, come facevano i pagani [14].

Verso la fine del IV secolo san Gregorio il Teologo registra l'abitudine di unire le mani degli sposi e il pasto cerimoniale, proponendo la sostituzione dei canti del talamo nuziale con i Salmi [15]. Allo stesso modo stabilisce l'abitudine che il padre della sposa ponga le corone sul capo degli sposi, mentre i chierici si limitano alle sole preghiere [16]. Anche san Giovanni Crisostomo accetta l'imposizione di corone di fiori agli sposi, dicendo che simboleggiano la vittoria degli sposi sui desideri carnali [17], ma non menziona che fossero imposte da un sacerdote. San Giovanni, invece, ci racconta qualcosa in più sulla preghiera del sacerdote e sul suo significato: "... chiamate i sacerdoti [ai matrimoni], affinché attraverso le loro preghiere e benedizioni si rafforzi l'unione tra i coniugi; perché l'amore del marito cresca e la prudenza della moglie aumenti". [18]

Pertanto, osserviamo che alla fine del IV secolo appaiono le prime indicazioni concrete sulle preghiere di benedizione nuziale dei cristiani [19], ma queste preghiere e benedizioni non presuppongono l'imposizione delle corone da parte del prete. Questo avverrà in seguito, attraverso l'influenza del rito d'imposizione della corona regale sul capo del monarca da parte del patriarca [20], quando l'imposizione di corone sul capo degli sposi diventerà un atto implicito di benedizione del matrimonio di tutti i cristiani d'Oriente, dando a questa funzione il nome di incoronazione.

Come argomento a favore di quanto esposto qui sopra, fa al caso nostro la descrizione della cerimonia di nozze dell'imperatore Maurizio nel 582 [21]. La cerimonia, svoltasi in una delle sale del palazzo imperiale di Costantinopoli (non in chiesa!), consisteva nell'unione da parte del patriarca delle mani degli sposi, nella loro benedizione e nella loro comunione ai santi misteri [presantificati]. Dopo questo, la sposa e lo sposo bevevano dalla coppa comune e poi iniziava il pasto cerimoniale. Teofilatto Simocatta afferma che a questa tavola alla coppia non erano state imposte le corone, in quanto erano già stati incoronati prima, come imperatori [22]. Da questo racconto, i liturgisti traggono tre conclusioni importanti:

1) nel caso della gente comune [23], l'incoronazione della coppia, cioè l'imposizione delle corone, era compiuta (di solito) dal padre della sposa e faceva parte del pasto cerimoniale, quindi non era legata ad alcun rito liturgico;

2) nel caso degli imperatori, se lo sposo era già stato incoronato (come re) [24], questo rituale non si ripeteva di nuovo al matrimonio, ma si pronunciavano solo alcune preghiere di benedizione;

3) se il matrimonio si faceva assieme all'incoronazione, cosa che si praticava soprattutto nel caso degli eredi designati al trono (cioè non necessariamente l'assunzione effettiva del trono), il rito liturgico dell'incoronazione e quello del matrimonio si sovrapponevano, e la stessa imposizione delle corone da parte del patriarca aveva un doppio significato, conforme a quello dei due eventi celebrati [25].

Così, i due riti più tardivi di incoronazione, dei re e degli sposi, entrambi con "coinvolgimento" della Chiesa, erano in origine un singolo rito, ma nel tempo si separarono per sempre, e l'abitudine di mettere corone sui capi della coppia da parte di un chierico della Chiesa si è generalizzata anche nel caso della gente comune [26], ma questo un po' più tardi e non senza il coinvolgimento diretto degli imperatori bizantini più devoti (si veda sotto).

Dobbiamo anche ricordare che a Bisanzio tutte le persone, compresi coloro che avevano uno status politico inferiore, erano obbligate per legge a rispettare le prescrizioni civili del matrimonio senza che lo Stato li obbligasse a contrarre anche il "matrimonio religioso". Notiamo che nessun "Digesto" dell'imperatore Giustiniano (527-565) o "Ecloga (Ἐκλογὴ τῶ νόμον)" di Leone III e Costantino V (anno 741), parlano di altro che di "matrimonio civile", basato su un accordo scritto (ἔγγραφος). È interessante che un' "Ecloga" ammette come eccezione un matrimonio fatto senza tale accordo scritto (ἄγραφος), se è concluso in presenza di amici o con la benedizione (εὐλογία) della Chiesa [27]. Questa benedizione della Chiesa di cui fa menzione tale "Ecloga" consiste probabilmente nel rito che abbiamo nel Codex Barberini 336 (sempre del sec. VIII), o forse di un rito simile a questo.

Dai dati che ci offre la storia, costatiamo che questa funzione ecclesiastica, relativamente complessa per quel tempo, non era ancora divenuta obbligatoria per tutti quelli che si sposavano. Fonti canoniche, omiletiche o di altra natura non ci forniscono alcuna informazione chiara in questo senso. Presupponiamo, tuttavia, che la Chiesa abbia esortato i giovani cristiani a sposarsi solo con la benedizione, ma nello stesso tempo, a causa di un gran numero di matrimoni civili fatti senza la benedizione della Chiesa, o forse anche a causa di pressioni da parte dello stato, la Chiesa riconosceva anche i matrimoni civili. Come prova, l' "Isagoge" o "Epanagoge" scritto con il contributo del patriarca Fozio nell'886, parla ancora di tre modi alternativi per compiere un matrimonio: a) con la firma di un accordo scritto (συμβόλαιον); b) con l'incoronazione (στεφάνωμα); c) con la benedizione della Chiesa (εὐλογία) [28]. Gli specialisti ritengono che questa "incoronazione" deve essere vista come un rito opzionale e più "dichiarativo", che aveva come primo scopo l'annuncio pubblico e solenne dell'atto giuridico del matrimonio – condizione molto importante del diritto romano-bizantino, e la "benedizione" della Chiesa deve essere intesa come un  rito liturgico più diffuso che, probabilmente, comprendeva anche lo scambio degli anelli [29].

Un passo decisivo nel processo di generalizzazione del rito liturgico di benedizione del matrimonio è stato fatto dall'imperatore Leone VI il Filosofo / il Saggio (886-912) [30], che con la Novella 89, obbligava tutti eccetto gli schiavi ricevere la benedizione per il "matrimonio" (συνοικέσιον). Più tardi, l'imperatore Alessio I Comneno, con la Novella 24 (anno 1084) parla già della generalizzazione di due benedizioni: una per il fidanzamento (μνηστεία) e un'altra per il matrimonio (γάμος), e nel 1092 sempre lui, con la Novella 31 estende l'obbligatorietà di queste benedizioni della Chiesa anche agli schiavi. [31]

È importante menzionare che, a partire dai secoli XI-XII, sia le fonti liturgiche sia quelle giuridiche associano sempre al termine "benedizione / εὐλογία " [de matrimonio] il termine "fidanzamento [32] / μνῆστρα o μνηστεία" e al termine "matrimonio / γάμος" il termine "incoronazione [del matrimonio, cioè degli sposi] [33] / στεφάνωμα [τοῦ γάμου] ". [34]

In slavonico si utilizza per il fidanzamento il termine обручение e per il matrimonio венчание.

3. TESTIMONIANZE LITURGICHE SULLA FUNZIONE DELLA BENEDIZIONE DEL MATRIMONIO

Le prime preghiere legate alle nozze a noi giunte sono quelle del Codex Barberini gr. 336 (fogli 186-191) - una variante italiana meridionale dell'Evhologhion bizantino, risalente alla seconda metà del secolo VIII [35]. Questo Eucologio ha un rito accorciato del fidanzamento e delle nozze con 2 preghiere al fidanzamento, 2 al matrimonio, ancora una preghiera chiamata "della coppa comune" - tutte e 5 impiegate ancor oggi, e termina con una "altra preghiera del matrimonio" che oggi non è più in uso, ma le cui idee sono state riformulate e utilizzate in altre preghiere del rito odierno. Il rito non menziona gli anelli di fidanzamento (che probabilmente si scambiavano ancora in un contesto familiare), né alcuna formula per l'imposizione delle corone, ma menziona solo l'incoronazione in senso proprio e l'unione delle mani. Il rito includeva la comunione ai doni presantificati.

Va notato che il testo di questo Eucologio non rende una tradizione costantinopolitana pura, ma una "periferica", dunque, per una migliore comprensione dei riti in Oriente, dobbiamo rivolgerci alle fonti collegate direttamente a Costantinopoli – dove è stata sviluppata la funzione del sviluppato, anche se queste fonti sono un po' più tardive.

Una di queste fonti è il Codex Coislin 213 – un Eucologio datato 1027, appartenente al sacerdote Stratèghios della "Grande chiesa" (la cattedrale di Santa Sofia a Costantinopoli) e ora conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Questo rito era per le coppie imperiali, ma nel tempo si è esteso alla gente comune. A paragone con il rito del Codex Barberini 336, qui abbiamo le seguenti differenze:

- Dopo l'imposizione delle corone da parte del vescovo / sacerdote, si canta per lo sposo e poi per la sposa (separatamente): "O Signore, Dio nostro, incoronalo/a di gloria e di onore" – formula che in seguito è divenuta una sorta di "epiclesi" della funzione del matrimonio;

- È menzionata la preghiera del "Padre Nostro";

- Si menziona chiaramente la comunione ai doni presantificati, preceduta dall'ecfonesi: "I doni santi, già santificati, ai santi", dopo la quale segue la degustazione dalla "coppa comune";

- Troviamo una preghiera per la rimozione delle corone che si trova in uso ancor oggi;

- Appare per la prima volta una speciale preghiera di benedizione per i secondi matrimoni.

Oltre a questi due manoscritti di base ce ne sono altri, di cui solo quello scoperto dal vescovo Porfirij Uspenskij e altri due dal Sinai sono più antichi (sec. IX-X), il resto è costituito da redazioni posteriori al sec. XIII, ma che già contengono un rito diverso. [36]

Facendo una sintesi del rito nei secoli VIII-XII, così come lo troviamo nei manoscritti, si osserva il seguente ordine:

A: Fidanzamento

1) [probabilmente: una benedizione e un'ectenia];

2) due preghiere: una principale e due di inchino dei capi (utilizzate ancora oggi);

3) scambio degli anelli - generalizzato in seguito;

B: Matrimonio (Incoronazione)

1) incensazione solenne (menzionata in modo particolare in Coislin 213);

2) una grande ectenia con richieste particolari per gli sposi;

3) 2 preghiere: una prima dell'incoronazione e la seconda di inchino dei capi, dopo l'incoronazione [37].

Queste sono nel rito di oggi la terza preghiera (prima dell'Apostolo) e la quarta (dopo il Vangelo);

4) imposizione delle corone, a volte senza la pronuncia di alcuna formula;

5) il "Padre nostro " – apparso forse più tardi in questo rito;

6) la preghiera di benedizione della "coppa comune" (senza bere dalla coppa in questo momento, ma un po' più tardi) [38];

C: Comunione

1) "Stiamo attenti! I doni santi, già santificati, ai santi";

2) comunione degli sposi con i doni presantificati - considerati come un elemento di unione mistica dei coniugi in Cristo;

D: "Coppa Comune"

1) La sposa e lo sposo bevono dalla "coppa comune" dopo di che la spezzano sul pavimento della chiesa (così come menzionano alcuni manoscritti);

2) agli sposi vengono tolte / disfatte le corone (al giorno stesso o all'ottavo) [39];

3) uscita solenne dalla chiesa unita a determinati canti di gioia e inizio della tavola festiva.

Come si vede, questa disposizione è molto simile a quella di oggi, ma con alcune differenze in più e altre in meno:

a) in più – abbiamo la comunione degli sposi con i doni presantificati, scomparsa dal "rito del matrimonio" nei sec. XVII-XVIII;

b) in meno – qualche preghiera, la lettura dell'Apostolo e del Vangelo e i tropari "Isaia esulta di gioia...". Tutti questi elementi hanno cominciato ad apparire un po' più tardi, intorno ai secoli XIII-XV, e infine si sono generalizzati solo nel secolo XVII.

Rito del fidanzamento e dell'incoronazione conforme all'Eucologio attuale:

A: Fidanzamento

1) benedizione e grande ectenia;

2) due preghiere: una principale e due di inchino dei capi;

3) imposizione degli anelli attraverso formule che si ripetono per 3 volte per lo sposo e per la sposa, seguite dallo scambio degli anelli [40];

4) una preghiera più lunga (riguardo agli anelli) [41];

5) [ectenia di supplica intensa e congedo – se il fidanzamento si celebra separatamente] [42].

B: Incoronazione

1) canto del Salmo 127 accompagnato da un'incensazione solenne [43];

2) grande benedizione e una grande ectenia, con richieste particolari per gli sposi;

3) 2 grandi preghiere (apparse più tardivamente) [44] + preghiera principale, la terza (denominata anche "epiclesi della funzione del matrimonio") nella quale si uniscono le mani degli sposi [45];

4) imposizione delle corone con formule che si ripetono per 3 volte per lo sposo e per la sposa + triplice benedizione degli sposi con le parole: "O Signore, Dio nostro, incoronali di gloria e di onore";

5) Apostolo (Ef 5:20-33) e Vangelo (Giovanni 2,1-11), seguiti da un'ectenia di supplica intensa [46];

6) un'altra preghiera, la quarta (che nell'antichità era una preghiera dell'inchino dei capi, dopo quella principale, oggi la terza);

7) ectenia di intercessione e "Padre nostro";

C: "Coppa Comune" e "danza simbolica"

1) preghiera di benedizione della "coppa comune";

2) lo sposo e la sposa bevono 3 volte dalla "coppa comune" [47] e il coro canta: "Il calice della salvezza prenderò e il nome del Signore chiamerò" [48];

3) il coro canta tre tropari (iniziando da "Isaia esulta di gioia") [49], e il prete con sposi e testimoni gira intorno al tavolo su cui sta l'evangeliario. [50] In alcuni luoghi, a ogni giro gli sposi baciano l'evangeliario;

4) rimozione delle corone dopo la recita di alcuni auguri speciali per lo sposo e la sposa ("Sposo, sii magnificato come Abramo... " "E tu, sposa, sii magnificata come Sara...");

5) Altre due preghiere e congedo (speciale);

D: Preghiera all'ottavo giorno dopo il matrimonio

1) 2 preghiere sugli sposi (quella principale e l'altra di inchino dei capi);

2) piccolo congedo e accompagnamento degli sposi in chiesa.

In aggiunta a questo ordine normativo per tutti gli ortodossi (con piccole differenze locali non significative), più di recente, nella Chiesa greca è iniziata la pratica di un rito dell'incoronazione inquadrato nella Liturgia di San Giovanni Crisostomo [51]. Ma dobbiamo ricordare che non abbiamo alcun riferimento storico che parla di inquadrare una funzione dell'incoronazione in una Liturgia completa (così come abbiamo menzionato nel caso del Battesimo e della Santa Unzione). Pertanto, un tale ordine apparso oggi nella Chiesa di Grecia [52], non deve necessariamente essere visto come un ritorno a un'abitudine antica, ma può essere servita lo stesso, come una cosa che rientra pienamente nello spirito della nostra tradizione liturgica. Una vera funzione dell'incoronazione dovrebbe comunque contenere anche la comunione degli sposi, e la sua stessa struttura imita comunque la struttura della Liturgia. Pertanto, l'idea di inquadrare il matrimonio nella Liturgia dovrebbe essere incoraggiata e promossa, ma non per questioni di bellezza e di esclusività, ma per il bene della comunione eucaristica e della partecipazione di tutta la comunità.

Osservazioni e conclusioni:

1. Dalla cerimonia del matrimonio è scomparso l'elemento che una volta era il più importante – la comunione della coppia. Crediamo che questo elemento possa essere reintrodotto, dietro richiesta degli sposi o suggerimento del sacerdote, esattamente come era una volta e può anche essere raccomandato a tutti coloro che non hanno impedimenti alla comunione. La comunione si può fare con i doni presantificati (custoditi nell'artoforio) o anche con i santi misteri della Liturgia celebrata ogni giorno, nel caso in cui l'incoronazione abbia luogo immediatamente dopo la Liturgia o persino nel quadro delle Liturgia, come si fa talvolta tra i greci.

2. Il rito liturgico del mistero del matrimonio si è sviluppato nel corso del tempo, e vi sono stati aggiunti: una preghiera nel fidanzamento riguardo all'anello (preghiera che nella pratica a volte si omette), due preghiere all'incoronazione e alcuni riti finali, anche questi accompagnati da preghiere.

3. Il rito odierno prevede che all'ottavo giorno dopo il matrimonio gli sposi vengano di nuovo in chiesa perché si leggano su di loro due preghiere speciali. La storia di queste preghiere è abbastanza complessa. Prima di analizzarla, dobbiamo dire che un tempo esisteva la tradizione che gli sposi andassero alla festa di nozze senza che le corone (di fiori) fossero tolte dal loro capo. Durante la prima settimana di matrimonio, queste corone restavano appese sulla porta di casa degli sposi [53], e l'ottavo giorno le mettevano di nuovo in testa e andavano con loro in chiesa dove il sacerdote le toglieva [54], benedicendo e comunicando gli sposi assieme a tutti i credenti. Con il passare del tempo, invece di semplici benedizioni di facevano preghiere speciali di rimozione delle corone che gli attuali eucologi includono nel rito stesso dell'incoronazione, e al loro posto, per l'ottavo giorno, sono apparse queste due preghiere nelle quali si dava agli sposi il permesso di entrare in chiesa e ricevere i santi misteri. Molte speculazioni sono state fatte sul significato di queste preghiere [55], ma in generale si ritiene che esse rappresentino una dispensa speciale per la coppia, perché molto probabilmente non hanno osservato il digiuno coniugale in quella settimana (al mercoledì, al venerdì e alla domenica) [56], ma hanno condotto una vita un po' rilassata. In linea di principio, l'idea di "dispensazione eucaristica" è corretta, se teniamo conto anche del fatto che, a quei tempi non si praticava la confessione prima di ogni comunione, ma solo in casi di peccati gravi [57]. Tuttavia, sembra che "la dispensazione eucaristica" non sia legata al mancato rispetto del digiuno coniugale o ad altri riti preparatori alla comunione, ma alle percezioni circa la "impurità rituale" causata, in questo caso, dal sangue della sposa che perde la sua verginità dopo matrimonio. Queste percezioni vetero-testamentarie sono apparse sporadicamente tra i cristiani nei secoli II-III, e sono state condannate e dimenticate per molto tempo (secoli IV-XII), riapparendo poi nei secoli XIII-XIV e dominando, in una certa misura, fino a oggi [58], anche se non corrispondono allo spirito del Vangelo (per non parlare del fatto che molti sposi perdono la verginità molto prima del matrimonio). Pertanto, sembra più naturale che all'ottavo giorno si leggano preghiere di deposizione delle corone, e non preghiere di "purificazione rituale", e se le corone sono state deposte il giorno stesso del matrimonio, all'ottavo giorno non si leggano altre preghiere, e la sposa e lo sposo si preparino per la comunione secondo l'ordine e la disciplina comune.

4. Il Trebnik (Eucologio) russo ha introdotto nella funzione dell'incoronazione, prima della "grande benedizione", due domande per ognuno degli sposi: la prima – se si sposano volontariamente, per amore e retto giudizio, e la seconda – se [al momento] non sono impegnati con qualcun altro. La risposta a queste domande è vista come una promessa fatta a Dio e un tentativo di responsabilizzare gli sposi di fronte al passo che fanno insieme. Un  simile tentativo di responsabilizzazione lo troviamo nel Molitfelnic romeno al momento della rimozione delle corone, non con domande e risposte, ma baciando l'evangeliario (gesto visto come una forma di giuramento) seguito da un'esortazione del sacerdote. La tempistica e la forma di questo gesto sembrano abbastanza inappropriate, anche se pure le domande del Trebnik non hanno una storia del tutto chiara. Vi possono essere arrivate: a) dal rito latino del sacramento del matrimonio [59]; b) dalla cerimonia civile del matrimonio [60]; c) dal tentativo di fare un'analogia con le domande e i voti del monachesimo [61]. La Chiesa ortodossa universale non ha generalizzato queste domande-promesse nella funzione dell'incoronazione, proprio perché ha sempre riconosciuto l'importanza e la necessità del legame civile, che la Chiesa non fa altro che sigillare per la perfezione spirituale, senza sostituirlo o trascurarlo [62]. Inoltre, sia i regolamenti della Chiesa sia quelli dello stato obbligano il celebrante della funzione dell'incoronazione a verificare il certificato di matrimonio, senza il quale non ha alcun diritto di celebrare l'incoronazione. [63]

Fino ai secoli XIX-XX, nella maggior parte dei paesi cristiani, i sacerdoti avevano anche il compito legale di completare l'atto civile del matrimonio, dopo di che celebravano l'incoronazione. In questo caso, nel quadro dei procedimenti civili per la registrazione del matrimonio (che tra gli ortodossi si facevano prima o dopo il fidanzamento), i sacerdoti affrontavano le questioni legali, e la registrazione del matrimonio, così come oggi quella del municipio / ufficio anagrafico produce effetti giuridici previsti dalla  legge [64]. Anche se i sacerdoti non hanno più questo compito legale (con l'eccezione della Grecia e di alcuni paesi cattolici romani) le domande sia in forma libera sia in forma più giuridica, possono contribuire a rafforzare la consapevolezza che la funzione di benedizione del matrimonio non è meno importante del matrimonio civile e che, come l'accordo civile di matrimonio, genera allo stesso modo alcune conseguenze: non legali, ma spirituali e canoniche. Infatti, la Chiesa non compie il matrimonio, si limita a benedirlo, ma per un cristiano, questa benedizione dovrebbe significare non solo una comunione misteriosa di grazia che la maggior parte delle persone non capisce e non apprezza, ma anche una responsabilità spirituale e canonica di fronte alla Chiesa che ha benedetto il matrimonio.

4. IL SECONDO E TERZO MATRIMONIO [65]

Il problema canonico dei divorzi e dei nuovi matrimoni è estremamente complesso e al di là della portata di questo studio. L'unica cosa che dobbiamo menzionare è che, a differenza dei cattolici romani [66], la Chiesa ortodossa ammette il divorzio [67] e, implicitamente, le seconde nozze dei laici [68] (I Corinzi 7:8-9). Anche se lo Stato non limita il numero dei matrimoni civili di una persona, la Chiesa riconosce (per economia) solo il secondo e il terzo matrimonio, non il quarto [69].

In caso di vedovanza, dopo la parola di san Paolo (I Corinzi 7:39), il coniuge rimasto vivo è libero di risposarsi senza bisogno di alcuna approvazione da parte dello Stato o della Chiesa. Di solito il matrimonio dopo la vedovanza non si fa prima di un anno dopo il decesso del coniuge. In caso di divorzio, invece, per il secondo o il terzo matrimonio, oltre ai procedimenti civili di divorzio, è necessario anche un atto di scioglimento dell'incoronazione [religiosa] da parte del vescovo del luogo [70], con l'istituzione di un'epitimia [71]. Quindi, in tali situazioni, il sacerdote non può celebrare il secondo o il terzo matrimonio, se non su presentazione di due documenti: il divorzio da parte dello Stato e lo scioglimento da parte della Chiesa.

Riferendoci inoltre all'aspetto canonico-liturgico del problema, dobbiamo menzionare che il rito per il secondo e terzo matrimonio (per entrambi si usa lo stesso contenuto) è apparso, come è anche logico, più avanti nel tempo rispetto alla funzione del primo matrimonio. Sappiamo che all'inizio la Chiesa si imitava a tollerare tali matrimoni, ma non li benediceva e vietava anche la presenza del clero a tali matrimoni, proprio per non sottintendere il loro riconoscimento [pari al valore del primo matrimonio] [72].

Il bisogno di un rito di benedizione delle seconde nozze potrebbe essere dovuto ai frequenti casi di nuovi matrimoni, in particolare tra gli imperatori di Bisanzio nel IX e X secolo, e alla "impossibilità" di celebrare in tali situazioni la funzione del primo matrimonio. Probabilmente, in questa epoca, la Chiesa si è praticamente adattata di fronte alle richieste di benedizione di nuovi matrimoni, nel contesto del processo ancora incompiuto di generalizzazione dei matrimoni consueti. Pertanto, forse, nella prima fase, i Padri della Chiesa o vietavano l'incoronazione a coloro che si risposavano (cfr. canone 2 di san Niceforo il Confessore), oppure l'accettavano, ma senza imporre le corone sulle teste della coppia, ma solo sulle spalle [73] o senza imporle per nulla [74]. Con il tempo, tuttavia, la funzione delle seconde nozze fu accettata all'unanimità e fu collocata accanto alla funzione del primo matrimonio, all'inizio con la stessa indicazione, di non imporre le corone sulle loro teste, ma solo sulle spalle o niente del tutto, e ultimamente senza più indicazioni o restrizioni in tal senso.

Attualmente, nell'Eucologio, la funzione del secondo matrimonio è simile a quella del primo, con le seguenti differenze:

- le ectenie sono abbreviate e leggermente modificate [75];

- le prime due preghiere della funzione dell'incoronazione sono diverse da quelle della prima incoronazione e più penitenziali;

- non si può fare la comunione (anche se gli sposi lo vorrebbero), perché è rinviata a causa dell'epitimia.

Oltre alla funzione del primo e del secondo matrimonio – entrambe con il rito già stabilito nella Chiesa, si è praticata in situazioni eccezionali anche una funzione speciale per l'incoronazione degli anziani (oltre i 40-45 anni) che hanno vissuto molti anni sposati civilmente, ma non sono sposati in Chiesa. In tali situazioni, anche se si parla di prima incoronazione, il sacerdote esclude dalla grande ectenia e dalle altre preghiere le petizioni che si riferiscono alla nascita di bambini. Per il resto, la funzione rimane invariata.

Va menzionato il fatto che tali funzioni sono state "imposte" principalmente a partire dall'idea che un uomo e una donna, anche se sono sposati civilmente e sono fedeli l'uno all'altro (!), ma non sono incoronati, vivono in fornicazione. Tale idea è stata accreditata, soprattutto negli ultimi secoli, a causa del Pidalion (il "Timone", della fine del secolo XVIII) e di altri libri di diritto canonico o di direzioni per la confessione. Per di più, alcuni sacerdoti invitano con grande insistenza tali coppie non incoronate a farsi incoronare, anche molto tardi, e se non lo fanno, li escludono dalla comunione e impongono loro canoni abbastanza duri di penitenza.

Beninteso, l'obbligo dell'incoronazione è e resterà un ideale generale consigliato, ma non dovrebbe essere fatto solo in virtù di una tradizione, ma deve essere realizzato con piena coscienza e liberamente sottoscritto da entrambi gli sposi, sia l'atto in sé sia le responsabilità che ne derivano. D'altra parte, come abbiamo sottolineato nella parte storica dello studio, una coppia sposata civilmente (cosa che già non è un concubinato) non può essere accusata di adulterio. Ovviamente, questo problema non si pone in paesi o regioni in cui tutte le famiglie sono tradizionalmente incoronate – che è una cosa molto buona e lodevole (soprattutto se l'incoronazione è fatta coscientemente), ma si impone in modo molto acuto laddove ci sono molte coppie non incoronate: o a causa dell'oppressione comunista che si è verificata in passato (soprattutto nello spazio ex sovietico), o perché uno dei coniugi è non credente o di un'altra religione / confessione. Proprio per questo, sulla base di queste ragioni storiche, ma soprattutto di ragioni pastorali e missionari, il Grande  Concilio dei vescovi della Chiesa russa nel documento sui fondamenti della dottrina sociale (dell'anno 2000) riconosce, per economia, la validità del matrimonio civile, anche in assenza di quello della Chiesa, se quest'ultimo non poteva essere celebrato per ragioni oggettive. Il presente documento, più un altro del 1998 destinato ai confessori, mostra chiaramente che il matrimonio civile senza incoronazione non è adulterio, e soprattutto se uno dei coniugi si oppone all'incoronazione, l'altro è autorizzato a comunicarsi, senza epitimie speciali.

Ripetiamo che questo caso si tratta di economia, non di una regola della Chiesa. Questa eccezione, particolarmente comune in Russia, ma in alcuni luoghi anche nella Repubblica di Moldova, è valida solo in condizioni speciali ben note al confessore.

Normalmente le regole canoniche della Chiesa ortodossa obbliga gli sposi ortodossi a farsi incoronare in chiesa dal sacerdote, senza che questa incoronazione sopprima la procedura civile del matrimonio, anch'essa molto importante.

5. IL TEMPO DELLA CELEBRAZIONE DELLA FUNZIONE DEL MATRIMONIO

A differenza di altri riti della Chiesa, l'incoronazione non può essere celebrata in qualsiasi giorno dell'anno, perché esistono alcuni giorni e periodi particolari dell'anno in cui la sua celebrazione è categoricamente vietata. Beninteso, celebrare il matrimonio in uno di questi giorni non lo rende invalido, ma è un disonore dei giorni di digiuno o di festa – che può comportare una punizione amministrativa del sacerdote, ma anche una punizione divina di tutti i soggetti coinvolti.

In primo luogo dobbiamo ricordare che è vietato celebrare un matrimonio di notte perché le nozze dovrebbero essere un atto pubblico, reso obbligatorio in presenza di testimoni: questo ruolo è soddisfatto principalmente dai padrini [76]. Pertanto, l'incoronazione deve essere fatta di giorno, al tempo della Liturgia, e se non è possibile, prima o dopo di essa. Beninteso, in tempo di guerra o di persecuzione, si ammette un'incoronazione di notte e anche in assenza di testimoni, con il sacerdote stesso come unico testimone (visibile).

Tornando al problema dei permessi per l'incoronazione, dobbiamo ricordare che la Chiesa ha raccomandato per questa, in modo speciale, la domenica. Ma l'incoronazione si può celebrare anche in altri giorni della settimana nel corso dell'anno, con alcune eccezioni.

I giorni in cui non si ammette la celebrazione delle incoronazioni sono:

- I quattro periodi di digiuno dell'anno;

- I giorni di digiuno durante la settimana [77];

- La Settimana Luminosa e il periodo tra Natale e l'Epifania;

- La Settimana dei Latticini;

- Le feste del Signore di tutto l'anno e le loro vigilie [78];

- La decollazione di san Giovanni Battista (29 agosto);

- La festa patronale della comunità ecclesiale.

In generale, la Chiesa non parla di casi eccezionali o di emergenza nella celebrazione dell'incoronazione, perciò non dovrebbero essere ammesse violazioni alle regole sui giorni vietati alla celebrazione della benedizione nuziale [79]. Ma se queste situazioni si verificano, la decisione finale sul tempo e sul luogo della celebrazione dell'incoronazione apparterrà al vescovo locale.

Note

[1] Questa confusione nasce dalla teologia occidentale che ha distorto il significato della parola "mistero". Questo termine aveva originariamente un significato strettamente dogmatico e pertanto non deve necessariamente essere sulle denominazioni dei riti liturgici che esprimono un certo mistero della Chiesa. In realtà, i latini non usano in questo caso la parola "mistero - mysterion ", ma "sacramento", e questo è stato un ulteriore motivo, dopo la traduzione di catechismi e manuali latini, per cui si è venuti al nome di "mistero dell'incoronazione".

[2] Cfr. Tertulliano, Gregorio di Nazianzo e Canone Trullano 13, da "Православная Энциклопедия", vol 6, p 147.

[3] Abbiamo parafrasato e riassunto da: В. ЦЫПИН & М. ЖЕЛТОВ, Брак, in "Православная Энциклопедия", volume 6, pp 148-149. Menzioniamo che la teologia cattolica romana ha sancito nel suo Catechismo, come primo scopo del matrimonio, la procreazione dei figli. Questo non è il momento per sviluppare questa idea, ma ricordiamo che questa visione non è del tutto corretta e ha dato luogo a interpretazioni errate nel corso della storia. Purtroppo, queste idee sono penetrate nella Confessione di Fede di Petru Movilă e poi anche in altri Catechismi. Anche se la nascita dei figli è un fine del matrimonio, non è il più importante, soprattutto perché i figli possono nascere anche fuori dal matrimonio (cosa che non è possibile con gli altri due principi / obiettivi di cui sopra), e alcune famiglie non possono avere figli e questo non significa che non abbiano raggiunto l'obiettivo principale, anche se uno di loro – la perpetuazione della stirpe – non è stato raggiunto, e questo pure attraverso un rito divino.

[4] Indipendentemente dal suo sesso (maschio – monaco / donna – monaca), un monaco è la sposa di Cristo, lo Sposo, e qui dalla sessualità del monaco.

[5] Noi sappiamo che Dio ha permesso la poligamia anche al popolo ebraico, ma per una ragione molto semplice: moltiplicarsi quanto più possibile, perché era in numero minore rispetto ai popoli vicini, che per la maggior parte praticavano la poligamia. Anche alcuni giusti dell'Antico Testamento (Abramo, Giacobbe, Davide, Salomone, ecc) hanno avuto diverse mogli. In generale, tuttavia, gli ebrei avevano una sola moglie, perché il diritto a molte mogli lo avevano solo quelli ricchi, in grado di mantenere più mogli e i loro figli.

[6] Questa si praticava un tempo in Oceania e in alcune tribù dell'Africa e dell'America. In casi simili, spesso i mariti della stessa donna erano fratelli tra di loro, come nel caso del "matrimonio per levirato" ebraico (Deuteronomio 25).

[7] In realtà, si poneva un accento molto importante sull' "importo" da pagare per la sposa. Pertanto, come notano specialisti, non a caso il verbo rkm in ebraico significa "vendere", ma in aramaico aveva già acquisito il senso di "sposare".

[8] Ibidem, p 222.

[9] Traduzione romena in PSB 1: Scrierile Părinţilor Apostolici, Bucarest, Ed IBMBOR, 1995, p 227.

[10] Probabilmente i cristiani concludevano il loro matrimonio civile ai sensi del diritto romano (incluso un accordo scritto o orale tra i genitori della coppia), e a questo atto pubblico non potevano partecipare i membri del clero della Chiesa.

[11] Ad uxorem, II, 9, in PL 001, coll. 97-99.

[12] Di questi scritti si veda il nostro libro: Liturghia Ortodoxă. Istorie şi actualitate, Bucureşti, Ed. Sophia, 2013, pp 27-40. Nel libro abbiamo affrontato solo il tema dell'Eucaristia, tuttavia, alcuni aggiornamenti su queste fonti possono essere utili. Un importante studio critico di queste fonti e il testo romeno di alcune di esse si trovano nel volume curato da Ioan ICĂ jr., Canonul Ortodoxiei, Ed Deisis / Stavropoleos, 2008.

[13] Cfr. Sf. DIONISIE AREOPAGITUL, nel volume: Opere complete, trans. p. Dumitru Stăniloae, Ed. Paideea, 1996, pp 71-101.

[14] De Corona 13.4, 14.2, in PL 002, coll. 1302-1304.

[15] Cfr. Lettere 193, 194, 231, 232, da "Православная Энциклопедия", vol 6, p 168.

[16] Cfr. Lettera 231: "... il padre metta le corone come desidera. Così ho deciso per noi quando abbiamo l'opportunità di assistere al matrimonio: che porre le corone spetti ai padri, e a noi spettino le preghiere".

[17] Cfr. Commento a I Timoteo, Omelia 9, da "Православная Энциклопедия", vol 6, p 168.

[18] Cfr. Omelie su Genesi 48:6, trad. Pr. D. Fecioru in PSB 22, Bucuresti, ed IBMBOR, 1989, p 166.

[19] Non si è conservato neppure un testo di una tale preghiera.

[20] Questo si vedrà da quanto riportato più sotto.

[21] Teofilatto Simocatta, Hist. I, 10, da Михаил ЖЕЛТОВ, Венчание брака, p. 662.

[22] Ibidem.

[23] Da tutti gli atti legislativi del tempo vediamo che il matrimonio, in tutti i suoi aspetti, era diverso come cerimoniale a seconda del rango politico della coppia.

[24] Il primo imperatore bizantino incoronato dal Patriarca di Costantinopoli fu Leone I nel 457. Probabilmente da questo momento, il rito dell'incoronazione è diventato "più liturgico" e in qualche modo ha influenzato anche il rito dell'incoronazione degli sposi. Solo a partire dal 1208, per l'influenza latina, gli imperatori bizantini, a partire da Teodoro Lascaris, ritirato a Nicea dopo il 1204, hanno cominciato a essere unti con il santo e grande Myron.

[25] Spesso, il matrimonio dell'imperatore-sposo e di sua moglie co-imperatrice aveva grande importanza politica (soprattutto nel caso di alleanze attraverso il matrimonio), legittimando e assicurando, per mezzo della presenza del patriarca, il potere di una data famiglia.

[26] Cfr. Михаил ЖЕЛТОВ, Венчание брака, p 662.

[27] Osserviamo che le leggi bizantine mettono un enorme accento sul carattere giuridico-formale del matrimonio civile, chiedendo la presenza di testimoni. Questo principio si estende anche al rito ecclesiastico. Ad esempio, nel Prochiron (Πρόχειρος νόμος) del 907 si vieta l'incoronazione in segreto, quindi anche il rito liturgico aveva un carattere giuridico-formale fortemente pronunciato. Sembra che ne riceva al tempo stesso anche uno più spirituale. In alcune epistole di san Teodoro Studita si parla già dell'incoronazione come una benedizione che contiene una invocazione della grazia di Dio.

[28] Cfr. Михаил АРРАНЦ SJ., Избранные сочинения по Литургике, Vol. 1, pp 591-592. È la prima distinzione tra "benedizione " e "incoronazione". Sebbene questo documento (Epanagoge o Isagoge) non avesse forza di legge, è importante per il fatto che fu l'ultimo documento bizantino secondo il quale il "matrimonio religioso" non era obbligatorio.

[29] Cfr. Alexis PENTKOVSKIJ, Le Ceremoniale du Mariage dans l’Euchologe Byzantin du XIe – XIIe siecle, Roma, 1994, pp. 259-287

[30] E proprio lui finì al centro di uno scandalo di grandi proporzioni, a causa del suo quarto matrimonio che la Chiesa non volle riconoscere.

[31] Con il passaggio del tempo, fino ai secoli XIV-XV, le regole bizantine si sono riflesse sugli altri paesi ortodossi orientali, comprese le terre romene e slave – prima sui sovrani, e poi sugli altri cristiani. (Cf. В. ЦЫПИН & Михаил ЖЕЛТОВ, Брак, pag 151). Almeno tra i romeni, ora, non si pone la questione di un matrimonio civile senza incoronazione. Al tempo stesso, non è certo prova di una totale o anche parziale consapevolezza del "mistero" e nemmeno un segno della religiosità di tutti quelli che si sposano.

[32] Anche se in varie fonti (compreso il DEX) si dice che la parola romena logodna (fidanzamento) è di origine slava (e apparentemente svaniscono le perplessità), l'etimologia e significato restano da chiarire, perché in nessuna delle lingue slave si trova una parola simile. Se traduciamo esattamente il greco, dovremmo parlare di una "preparazione al matrimonio" o di un "[primo] stare insieme", quando alla coppia era permesso di passare tempo assieme, discutere tra loro e conoscersi, naturalmente, con l'eccezione del diritto all'unione fisica. È noto che questa preparazione coinvolgeva alcuni elementi molto importanti come: la comprensione dei genitori degli sposi, lo scambio di doni (ἀρραβῶνος → arvon) e degli anelli. In passato, il fidanzamento, compreso quello religioso, durava alcuni mesi prima del matrimonio-nozze, e ora solo il "fidanzamento civile" (comprensione tra i coniugi e i loro genitori) si fa un po' di tempo prima, mentre quello religioso, che è un sigillo del fidanzamento e del matrimonio civile, di solito è fatto contemporaneamente all’incoronazione.

[33] Ho fatto queste osservazioni solo perché esiste un rito di incoronazione (încununare) dei re. In lingua romena è quasi impossibile una tale confusione, dato che per il matrimonio è utilizzato quasi esclusivamente il termine "cununie". In greco e slavonico invece, tra i due riti di incoronazione, non c'è differenza nella terminologia.

[34] A. PENTKOVSKIJ, da Михаил АРРАНЦ SJ., Избранные сочинения по Литургике, vol. 1, p.593.

[35] L'unica traduzione in romeno, anche se di non molto successo, di questo manoscritto è stata realizzata recentemente dal diacono Ioan ICĂ jr., nel libro Canonul Ortodoxiei, vol. 1. Canonul Apostolic al primelor secole, Ed. Deisis / Stavropoleos, 2008, pp. 909-1032.

[36] Per alcuni dettagli vedi V. GAVRILĂ, op. cit., pp 119-148.

[37] Come osservano gli specialisti, i 2 gruppi di 2 preghiere, del fidanzamento e del matrimonio, formano un parallelo per niente casuale. In primo luogo vediamo che in entrambi i casi la prima preghiera è la principale e la successiva è secondaria, dell'inchino dei capi. Si noti inoltre che in entrambi i casi la prima preghiera ha una tematica vetero-testamentaria, e la seconda neo-testamentaria. Nel rito di oggi, in particolare con l'interposizione dell'Apostolo e del Vangelo tra le due preghiere dell'incoronazione, questo parallelismo non è più così ovvio. Tuttavia, queste osservazioni ci fanno ricordare che queste quattro preghiere (2x2) sono le più antiche e forse le più importante di tutto il rito.

[38] In modo del tutto sbagliato, Vasile GAVRILĂ (cfr. op. Cit., P 125) ritiene che questa preghiera sia pronunciata sul calice con i doni presantificati, ma si sa molto chiaramente che si parla di due calici / "coppe", uno dell'Eucaristia e l'altro simbolico. La "coppa comune" non è mai stata vista come un sostituto per la santa comunione. Anche quando la coppia non era degna di partecipare ai Santi Misteri; in due Eucologi (secoli XV e XVI) è prevista una "comunione" con miele e uva passa, a cui seguiva la "coppa comune".

[39] Su questo vedi più sotto i commenti su "La preghiera all'ottavo giorno dopo il matrimonio".

[40] Anche se ci sono diverse tradizioni di scambio degli anelli, in generale, questo gesto avviene così: il sacerdote mette sul dito anulare dello sposo l'anello sposa e sul dito della sposa l'anello dello sposo. Poi padrino, prendendo l'anello della sposa, lo mette allo sposo, mentre la madrina, prendendo l'anello dello sposo, lo mette alla sposa. Ripetendo questo altre 2 volte (cioè in totale 3 volte), gli anelli della coppia sono rimessi alla fine sulla mano destra degli sposi. Nella Chiesa Ortodossa Romena, c'è l’uso che i padrini scambino gli anelli dalla mano destra alla sinistra, anche se questo è in contrasto con il testo della preghiera che segue, di benedizione della destra su cui è stato messo l' anello.

[41] Gli studi critici dei manoscritti e dei testi antichi mostrano che questa preghiera è composta da altre tre preghiere e che, nella forma odierna, si è generalizzata piuttosto tardi. Pertanto, quando per ragioni oggettive o soggettive si accorcia la cerimonia di incoronazione, questa preghiera è soppressa.

[42] Nella Chiesa russa (soprattutto a causa della sentenza del Sinodo russo nel 1775), e non solo, il fidanzamento si celebra sempre assieme alla funzione dell'incoronazione, e in questo caso si salta questo punto, che ha validità solo se le sue parti della funzione si celebrano separatamente. Questa pratica è talvolta usata nella Chiesa romena.

[43] La Chiesa romena mantiene questa abitudine, ma la Chiesa russa sopprime questa incensazione (non però il Salmo 127) e, quindi, il turibolo non viene mai usato nella funzione dell'incoronazione, neanche all'Apostolo.

[44] Queste preghiere, come si può osservare a una lettura più attenta, sono composte da molte parti sovrapposte, con molte ripetizioni e aggiunte, alcune anche recenti, realizzate dai curatori romeni. Provengono da tradizioni e periodi differenti, e la loro redazione in questa funzione dovrebbe essere preceduta da una loro redazione critica (ovviamente non a capriccio di ciascuno). Alcuni sacerdoti le leggono esattamente come appaiono nel Molitfelnic senza essere disturbati dalla loro eccessiva lunghezza e soprattutto dalle incongruenze il testo, mentre altri cercano di adattarle o combinarle (più che altro "sul momento") o non le leggono.

[45] Questa unione delle mani si fa durante la recitazione delle parole "... unisci il tuo servo (N) con la tua serva (N)...", e dopo la fine della preghiera le mani degli sposi sono legate con un panno o coperte (per breve tempo) con l'epitrachilio.

[46] Questa litania di supplica intensa, come quella di intercessione che segue, sono state aggiunte in seguito, copiando in una certa misura lo schema della Liturgia e creando una somiglianza con essa.

[47] In alcuni luoghi è consuetudine, oltre alla coppa comune, dare alla coppia un pezzo di pane o di dolce. Il Molitfelnic in sé parla solo di un bicchiere di vino e nient'altro.

[48] Questo è l’antico canto di comunione che si cantava alla comunione degli sposi, non alla "coppa comune". Credo che oggi sarebbe meglio rinunciare a questo versetto per la "coppa comune", perché sia più evidente la destinazione rigorosamente eucaristica del versetto.

[49] Questi tropari si cantano anche all'ordinazione a diacono e a sacerdote (mentre il candidato gira intorno alla Sacra Mensa), tranne che allora si cantano in un ordine diverso. È una questione di enfasi spirituale che si mette in un caso e nell'altro: all'ordinazione si inizia con il tropario "Santi martiri..." – facendo riferimento al ministero sacrificale del sacerdote, e al matrimonio si inizia con "Isaia esulta di gioia" – sottolineando in primo luogo la gioia del momento.

[50] A Questa azione è data una interpretazione simbolica con lo scopo di dimostrare il principio cristocentrica della vita cristiana familiare secondo i principi evangelici.

[51] Cfr. Arhieratikon, Atene, 1994, da V. GAVRILĂ, op. cit. pp 433-439.

[52] Secondo questo rito, il fidanzamento segue al Mattutino (prima della Liturgia), e l'incoronazione si combina con la Liturgia. Gli sposi infine partecipano ai santi misteri, prima di tutti gli altri laici. Vedi i dettagli in V. GAVRILĂ, op. cit. pp 433-439. Un'idea poco chiara del rito praticato nella Chiesa greca è l'utilizzo delle antifone della Liturgia in mezzo alle preghiere dell'incoronazione. Sarebbe molto meglio se, secondo il modello dell'antica Liturgia battesimale, l'unione della funzione dell'incoronazione si facesse solo dopo il piccolo ingresso, quindi seguissero le letture bibliche (del matrimonio, e se domenica o una festa – prima le letture del giorno), e poi il resto della Liturgia.

[53] Porre ghirlande di fiori sulla porta significava l'annuncio di un evento speciale nella famiglia (di gioia o di lutto), ma tra gli americani, per esempio, è diventato un costume popolare legato al Natale e ad altri eventi pubblici o privati ​​.

[54] Da qui proviene l'espressione "slegare le corone" perché togliere la corona della sposa significava a volte slegare i fiori intrecciati nei suoi capelli. Più tardi, il termine "slegare le corone" ha acquisito un certo senso di magia / stregoneria, e il suo uso dovrebbe essere evitato nel linguaggio della Chiesa.

[55] Ci sono alcuni che credono che solo queste preghiere permettano agli sposi i rapporti coniugali, e che questa settimana tra il matrimonio e la "preghiera dell'ottavo giorno" sia un periodo di "prova" del fatto che si sono sposati non solo per la copulazione carnale. L'idea è più che malsana e priva di qualsiasi fondamento teologico o logico. Non è possibile che un rito apparso così tardi abbia un valore superiore al servizio di un santo mistero, che fa riferimenti molto più chiari ai rapporti coniugali.

[56] Nella vita coniugale, tutti i giorni e periodi di digiuno, più almeno un giorno prima e uno dopo la Comunione, i coniugi dovrebbero astenersi dai rapporti carnali, e la violazione di questa regola deve essere confessata al padre spirituale. Così come per l'astensione dal mangiare cibi non di digiuno in alcuni casi specifici, il confessore può essere più clemente, dato il consiglio di san Paolo in I Cor 7:5.

[57] Per le testimonianze storico-liturgiche su questo aspetto si veda l'articolo: "Sul legame tra confessione e comunione" in (URL): www.teologie.net. La pratica della confessione (anche di "piccoli peccati") prima di ogni comunione proviene dalla tradizione monastica e si è diffusa nello spazio slavo e romeno fin dall'inizio del secondo millennio, anche per i laici, ma non era e non è praticata presso i greci. La pratica è di per sé buona, ma la sua obbligatorietà non dovrebbe essere esagerata per i cristiani che vivono una vita cristiana equilibrata e desiderano fare la comunione in modo sistematico.

[58] Per le testimonianze bibliche, storiche e canoniche riguardo a questa discussione si vedano due articoli su questo tema in (URL): www.teologie.net, in particolare lo studio di madre Vassa Larina sulla "impurità rituale" sullo stesso sito.

[59] Dato che queste domande sono apparse solo nel secolo XVII, nel Trebnik "latinizzato" di Petru Movilă, possiamo considerare che le domande siano state prese dal rito latino, dove a quanto pare sono apparse molto prima e si sono mantenute fino ad oggi.

[60] Celebrata anche questa da sacerdoti; vedere di seguito.

[61] Nel secolo XVII, quando il monachesimo non era più considerato "mistero", ma il matrimonio sì, la funzione dell'incoronazione non poteva sembrare meno seria e priva di alcune formule similari a quelle del monachesimo (indebitamente trasformato in una "semplice ierurgia"). Forse è per questo che queste domande, a volte percepite come "voti", gli sposi rispondano con il termine "reverendo padre" (come nel caso del monachesimo).

[62] Proprio nel "matrimonio civile" si s constata se uno dei coniugi non è già (o ancora) sposato, e gli stessi organi dello Stato sono quelli che (attraverso varie leggi e regolamenti) possono prevenire qualsiasi matrimonio illegale, indesiderato o forzato.

[63] Cfr. la Costituzione della Romania, all'articolo 48 (2): "Il matrimonio religioso può essere celebrato solo dopo il matrimonio civile". In Moldova, questo principio è stato fissato all'articolo 15 (7), della legge sui culti religiosi e i loro componenti.

[64] In conformità a tale antica pratica fino a oggi alcuni considerano sufficiente andare in chiesa a farsi incoronare, e ciò che accade in municipio o presso l'ufficio dell'anagrafe, come una cosa non importante. Non di rado i giovani mettono apparentemente l'incoronazione religiosa al di sopra del matrimonio civile ed evitano di far registrare il matrimonio. Di fatto, però, costoro, anticipando l'eventuale divorzio, mostrano paura per le conseguenze legali del matrimonio civile, più di quelle degli effetti canonici del matrimonio. Ecco perché la Chiesa sottolinea molto chiaramente l'importanza dell'atto civile del matrimonio e da quando ha perso il diritto di far concludere i matrimoni, richiede che prima del matrimonio, questo sia concluso da istituzioni pubbliche competenti.

[65] Si veda in particolare lo studio di p. Mihail JELTOV, Второбрачие, in "Православная Энциклопедия", vol 9, pp 725-727.

[66] Questi non riconoscono il divorzio (se non in situazioni estremamente rare) e accettano il nuovo matrimonio solo in caso di vedovanza e, naturalmente, con un coniuge che non sia mai stato sposato o sia vedovo.

[67] Naturalmente, il divorzio è consentito solo per motivi molto seri, che non hanno soluzioni di riconciliazione. Il sacerdote deve fare diversi tentativi per riconciliare i coniugi e renderli responsabili davanti a Dio e tra di loro, del passo che intendono fare con il divorzio.

[68] Ho fatto questa precisazione ("laici") proprio perché ai diaconi e ai preti sposati è vietato un nuovo matrimonio, anche in caso di vedovanza. Se, tuttavia, uno di loro si risposa, viene deposto automaticamente dal clero.

[69] Cfr. Canone 4 di san Basilio il Grande.

[70] Il vescovo diocesano deve esaminare egli stesso il caso o, almeno, avere una relazione scritta da parte del parroco da dove viene la domanda di scioglimento del matrimonio religioso. Lo scioglimento del matrimonio si fa solo dopo aver consumato tutti i tentativi di convincerli a continuare a vivere così come hanno promesso, soprattutto se i coniugi sull'orlo del divorzio hanno figli.

[71] In seguito alla controversia canonica sul quarto matrimonio dell'imperatore Leone VI il Filosofo, negli anni 912-913 si è tenuto un sinodo a Costantinopoli che ha emesso un Tomos (anche se solo nel 920), con disposizioni precise sui nuovi matrimoni e sulle epitimie che si danno in questi casi. La durata di queste epitimie segue regole più antiche, in particolare quelle di san Basilio il Grande. Secondo il Tomos, il secondo matrimonio è consentito solo in caso di morte o di scomparsa senza tracce di un coniuge, ma non è equivalente al primo matrimonio. Il terzo matrimonio è accettato alle seguenti condizioni: se quello che vuole sposare per la terza volta ha almeno 30 anni e non ha figli – è interdetto dalla comunione per tre anni, e se ha figli – per quattro anni, avendo in seguito il diritto di comunicarsi solo 3 volte l'anno; se invece chi si vuole sposare per la terza volta ha 40 anni e non ha figli – è interdetto dalla comunione per quattro anni, e poi potrà comunicarsi solo a Pasqua; chi ha più di 40 anni e ha figli, non si può sposare una terza volta". Purtroppo, allo stato attuale tali norme non sono rispettate, anche se allora erano viste come piuttosto liberali. (Vedi М. ЖЕЛТОВ, Второбрачие, pp 725-726.)

[72] Cfr. Canone 7 di Neocaesarea, anno 315. Questo canone oggi non è più valido, anche se non è stato ufficialmente cancellato.

[73] Cfr. san Teodoro Studita, Epistole I e II, in "Corpus Historiae Fontium Byzantinae", Series Berolinensis 31, Berlin, 1992, pp 5-11.

[74] Un antico Molitfelnic di Alba Iulia prevedeva che si ponesse la corona solo sul capo di una persona che non fosse mai stata sposata (cf. Dumitru VANCA, "«Cununia» în secolul XVII în Transilvania. Consideraţii pe marginea Molitfelnicului de la Bălgrad (1689)", in Credinţa Ortodoxă, anno IV (1998), n. 3-4, pp 82-98).

[75] Non si menziona neppure il vescovo nell'ectenia, trasformando (apparentemente) la funzione in una semplice Ierurgia.

[76] Anche se il ruolo dei padrini al matrimonio è inferiore a quello dei padrini di battesimo, tuttavia, la Chiesa raccomanda che gli sposi scelgano come padrini una buona famiglia cristiana ortodossa, più anziani di loro, che possano aiutare gli sposi non solo nei loro problemi finanziari, ma soprattutto in quelli spirituali e di famiglia senza sostituirsi in questo modo confessore. L'istituzione stessa dei "padrini di matrimonio" deriva dalla vecchia abitudine di scegliere alcuni "testimoni d'onore" (di solito da parte dello sposo), per aiutare nella loro vita i giovani insieme ai loro genitori corporali e spirituali. I russi ancora oggi chiamano i padrini di nozze свидетели, cioè testimoni. Menzioniamo anche che non è obbligatorio per i padrini di nozze diventare padrini di battesimo dei figli di quei giovani, così come praticato in Bessarabia. Inoltre, non è corretto che al matrimonio o al battesimo si prendano più padrini - anche questa un'abitudine che si ritrova comunemente in Bessarabia e Bucovina.

[77] Beninteso, qui ci riferiamo ai mercoledì e ai venerdì, solo che alcuni comprendono questa regola come i giorni stessi di digiuno, mentre altri (soprattutto i russi) le loro vigilie. La logica vorrebbe che nei giorni astronomici di mercoledì e venerdì (vale a dire dalle 00.00 alle 24.00), non si celebrino incoronazioni, perché è proprio in questo intervallo che si digiuna e la cerimonia dell'incoronazione è quasi obbligatoriamente seguita da banchetti e divertimenti – non adatti a un giorno di digiuno. I russi, tuttavia, trascurando apparentemente il problema della tavola, partono dall'idea che il rapporto carnale degli sposi avrà luogo (molto probabilmente) dopo la mezzanotte e quindi vietano l'incoronazione al martedì e al giovedì (cioè le vigilie del mercoledì e del venerdì) ma l'accettano al mercoledì e al venerdì (vale a dire alla vigilia del giovedi e del sabato). Noi crediamo che questo problema meriti un trattamento molto delicato da discutere almeno in un concilio locale in Bessarabia, dove si incontrano, e spesso si affrontano, due tradizioni teologiche (russa e romena) che differiscono su questo tema. Fino a questo punto, ognuno deve rispettare la tradizione locale e le disposizioni del proprio vescovo.

[78] Partendo dall'idea di onorare la sacralità delle feste e delle domeniche, la Chiesa vieta i matrimoni alla vigilia delle feste del Signore, così come al sabato.

[79] Nel caso di incoronazione di persone sposate civilmente da molto tempo e che non organizzano per l'incoronazione un pasto festivo, né prevedono rapporti carnali in quel giorno, si pone tuttavia la questione se è una violazione così "grave" celebrare il mistero in giorni di digiuno. Il problema sorge anche quando uno dei coniugi è malato o deve partire per un lungo periodo, e la coppia, a volte più per paura, vuole essere incoronata "d'urgenza".

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