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  Che cos'è l'ANTIMENSIO

dal blog dello ieromonaco Petru (Pruteanu), 10 dicembre 2009

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L'antimensio (αντί - "invece di" e μίνσος - "mensa", "tavola") è un pezzo rettangolare di tela di lino o di seta (con lati di 40-60 cm), che si trova al centro della tavola della santa mensa sulla quale si celebra la Divina Liturgia.

Al centro dell'antimensio è stampata la scena della deposizione dalla croce e nella tomba del corpo del Salvatore. Negli angoli sono dipinti i volti dei quattro evangelisti. nella parte inferiore è l'iscrizione con la menzione del patrono della chiesa per la quale è dato l'antimensio, la data e la firma del gerarca che lo ha dato. Sul retro dell'antimensio, in una piccola tasca, è cucito un pezzo delle reliquie di un santo martire.

L'origine degli antimensi è molto complessa ed è legata a due fasi diverse: quella pre-iconoclasta e quella post-iconoclasta.

Si sa che in epoca pre-iconoclasta esisteva l'abitudine (non generalizzata e non vincolante) di mettere particole di reliquie dei martiri nella santa mensa. Questa pratica è radicata nel cristianesimo primitivo, specialmente nei tempi di persecuzione, quando per il luogo della santa erano preferiti i sepolcri dei martiri. Quest'abitudine si riflette oggi nell'officio di consacrazione di una chiesa, in cui si devono mettere nella santa mensa particole di reliquie di martiri. [1]

Un'altro elemento di storia dell'antimensio è legato in particolare alla chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Là esisteva l'usanza di comunicarsi ai santi misteri in molti luoghi (a causa del gran numero di cristiani); quindi, in quei luoghi si mettevano alcune tavole di legno consacrate, il cui nome era antiminsos. Il nome dimostra chiaramente il fatto che esse erano destinate a sostituire la santa mensa (centrale). [2] Questa usanza è stata presa in prestito anche da altre chiese.

Non molto tempo dopo, non si consacravano più le rispettive tavole, ma si poneva sopra di loro un velo consacrato, che ha ricevuto lo stesso nome di antimensio. Anche in questi veli si è cominciato a porre particole di reliquie - per mostrare la fede nelle sante reliquie (molto importante soprattutto dopo l'anno 787/843), ma anche questa regola non era obbligatoria, specialmente se nella santa mensa erano già presenti sante reliquie. [3]

La moltiplicazione di chiese costruite da diversi governanti bizantini ha introdotto il concetto di "cappella privata." In questi casi, non si consacravano più le sante mense "secondo l'ordine completo", ma vi si ponevano questi veli che avevano anche la firma del gerarca, che dava in tal modo autorità canonica all'antimensio. [4]

Pertanto, agli inizi gli antimensi si utilizzavano solo nelle cappelle private [5] e nelle chiese con una santa mensa non consacrata (senza sante reliquie), ma a partire dal XVII secolo l'uso degli antimensi è stato esteso alle con una santa mensa consacrata, probabilmente più per ragioni pratiche, per raccogliere più facilmente le particole della comunione, ma anche per ragioni canoniche e amministrative, poiché gli antimensi dovevano obbligatoriamente essere firmati dal vescovo del luogo, e il ritiro dell'antimensio significava la sospensione del diritto di servire la Santa Liturgia nella chiesa in questione. [6]

Il santo antimensio è sempre avvolto in un panno rosso, chiamato iliton. L'iliton (dal greco ειλιτόν, che significa “avvolgere”) (ειλιτόν) è leggermente più grande del santo antimensio e serve per avvolgerlo. Attualmente, nella celebrazione della Divina Liturgia, l'iliton e l'antimensio si aprono all'ectenia per i catecumeni, ma nell'antichità si apriva solo l'iliton, poco prima dell'inno cherubico - per gli stessi scopi pratici uguali a quelli di oggi, mentre l'antimensio (fino al XVII) stava sempre parto sotto alla copertura (inditia) della santa mensa, e non in vista come oggi.

Il santo antimensio simboleggia la sindone della sepoltura, e l'iliton - il velo che con cui è stato avvolto il capo del Salvatore.

Note

[1] Non si mettono particole di reliquie di altre categorie di santi, ma solo dei martiri, perché si sono sacrificati per Cristo e costituiscono quindi il modello del supremo sacrificio.

[2] Cfr. М. ЖЕЛТОВ, "Антиминс" in Православная Энциклопедия, том 2, p 489.

[3] Ancora oggi i greci mettono reliquie solo nella santa mensa, alla consacrazione della chiesa, e non nell'antimensio.

[4] Questo argomento è ampiamente discusso nel Sintagma Ateniese, cap. V. Qui possiamo trovare menzione di Manuele II, Patriarca di Costantinopoli (1243-1255), il quale dice che "gli antimensi non devono essere posti su ogni santa mensa, ma solo su quelle di cui non si sa se sono state consacrate, e non sono necessari laddove è noto che la mensa è consacrata". La stessa tesi è sostenuta dal canonista Matteo Vlastaris, che dice che "gli antimensi si pongono su quelle mense che non sono state consacrate con un atto di santificazione" (v. p. Petre Vintilescu, Liturghierul Explicat, ed. 1998, Nota 399, p 156). È chiaro che queste considerazioni non tengono conto del valore canonico-giuridico dell'antimensio, che probabilmente non era neppure in vigore a quel tempo, ma se gli autori ne hanno tenuto conto, significa che si sono riferiti al caso in cui la Liturgia è celebrata dal vescovo stesso, che non ha bisogno di darsi da solo il ​​diritto di officiare la Liturgia.

[5] Il canonista bizantino Teodoro Balsamon ritiene che l'emergere di numerose cappelle fu il motivo per cui gli antimensi sono divenuti obbligatori (v. p. Petre Vintilescu, Op. cit., p 156).

[6] Cfr. М. ЖЕЛТОВ, "Антиминс" in Православная Энциклопедия, том 2, pp 489-493.

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