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  Cronache da un nuovo fronte: la guerra ai giornalisti
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Si stanno moltiplicando dal fronte ucraino le storie di giornalisti arrestati, sequestrati, imprigionati illegalmente, rilasciati dietro riscatto, e anche vittime di guerra (di questo ci si è resi conto in Italia solo perché tra le vittime ci sono un reporter italiano e un suo traduttore russo con cittadinanza italiana), uccise nelle pretese operazioni anti-terrorismo nelle quali si bombardano obiettivi civili.

Ma la vita di un giornalista non muore solo sulle barricate... per avere osato pubblicare un reportage da Slavjansk non "politicamente allineato", perfino la direttrice del New York Times Jill Abramson è stata licenziata.

A queste persecuzioni dirette possiamo aggiungere anche l’immensa opera preventiva di un’informazione libera: ne sono testimoni i numerosi giornalisti respinti alle frontiere ucraine, non solo per la loro intenzione di coprire gli eventi nelle regioni orientali, ma anche le elezioni presidenziali ucraine. Quanta differenza tra le elezioni avvenute in Crimea sotto il pettine di ogni sorta di osservatori, e di quelle più recenti nel Donbass, in cui la popolazione locale ha espresso chiaramente la sua volontà di autodeterminazione pur sotto minaccia armata...

In una nazione presunta civile, ci si aspetterebbe che un giornalista abbia il diritto a commentare la “miracolosa” apparizione in una cassetta elettorale trasparente di un bel blocco di schede nettamente impilate l’una sull’altra:

“Questo non è un miracolo – queste sono le elezioni nell’Ucraina”

In una nazione presunta civile, un’immagine come questa circolerebbe apertamente e farebbe gridare fino al cielo a brogli elettorali su vasta scala. Ma in una nazione presunta civile, ci si aspetterebbe anche che ai giornalisti venga permesso di fare liberamente il proprio lavoro.

Un altro esempio di totale sterminio di libertà giornalistica: chi ha notizie dalla Rus’ Carpatica? Proprio in questi giorni, stanno sfuggendo alla censura poche notizie di inizi di insurrezione locale (e per portare i russini alla resistenza armata, come sa chi li conosce, sono necessarie misure persecutorie di un livello estremo). Purtroppo, dal giornalismo di oggi non abbiamo nessuna notizia fondata da comunicarvi. Ci limitiamo a offrirvi un pezzo del giornalismo di ieri, il documentario Я русин был, есмь и буду... Неудобная правда о Подкарпатской Руси (Io ero, sono e sarò russino... La scomoda verità della Rus' Subcarpatica), tra i cui protagonisti figura padre Dimitri Sidor (di cui abbiamo chiesto e non cessiamo di chiedere il rilascio), e che illustra chiaramente quanto ci sia di “europeista” in questo estremo lembo occidentale dell’Ucraina.

La libertà dei giornalisti è anche un indicatore della nostra libertà... se si impedisce di raccontare le sofferenze subite da una o più persone, questo equivale a mantenere tali persone in stato di schiavitù. Ricordiamocene!

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